NOTE
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1 Oriundo bergamasco, Jules Gritti ha studiato all’Istituto Cattolico di Parigi, laureandovisi nel 1954 in teologia con una tesi su Bonald, apologiste. Già missionario diocesano di Rodez, nel 1951 entrò tra i sulpiziani. Ha insegnato filosofia nei Grandi Seminari della Missione di Francia (Pontigny), di Nimes, di Soissons e di Versailles. È docente presso il CECMAS (Centre d’études de communication de masse) di Parigi. Dal 1968 è Consultore della Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali.

2 Cioè Prêcher aux hommes de notre temps (Toulouse, Privat, 1961): eccellente guida alla predicazione sacra, che meriterebbe di essere riedita, aggiornata secondo il nuovo clima conciliare; e Bonald, de 14 Révolution française au réveil religieux (Paris, Bloud et Gay, 1962): frutto, pensiamo, dei suoi studi per la laurea.

3 S’interessano alla televisione: Télévision et conscience chrétienne (1961) e Les chemins de la télévision (1969), che i nostri lettori già conoscono (Civ. Cat. 1964 I 430; 1970 I 616). S’interessano al cinema ed alla televisione: Cinéma, télévision et pastorale (1963) ed Église, cinéma et telévision (1966), anch’esse presentate su queste pagine (Civ. Catt. 1964 III 506; 1967 I 581). Si allargano a tutti gli strumenti della comunicazione sociale: Dynamique chrétienne de la communication moderne, del 1966 (Civ. Catt. 1968 III 341) ed i tre volumi Mass media (Paris, Bloud et Gay, 1966), che purtroppo non siamo riusciti a procurarci. Infine, dagli “strumenti”, passano ad uno dei più discussi fenomeni sociologici che ne dipendono, i due volumetti Cultura e tecniche di massa e La culture de masse, del 1969 (Civ. Catt. 1970 I 616).

4 J. GRITTI - M. SOUCHON, La sociologie face aux media, Tours, Marne, 1968, 154. – Del Souchon è il cap. V: Audience et influence: Problèmes particuliers des jeunes.

5 Da Fonction, che l’A. definisce (p. 146): "Terme employé par la sociologie fonctionnelle, laquelle se piace au point de vue de l’activité du spectateur, du public (de l’homme récepteur): quel est le role, quel est l’usage d’un moyen de communication dons la vie de l’individu ou de la société?”.

6 A voler esser pignoli, su qualche definizione ci sarebbe da eccepire. Per esempio: a proposito di Leader d’opinion, dove si desidererebbe la distinzione, proposta da H. Cowley, tra il leader propriamente detto e l’headman; di Opinion publique, ove all’elemento ’“giudizio” (représentation) sembra non far riscontro la tendenza all’azione (atteggiamento-comportamento); di Propaganda, dove si tiene presente quella ideologica, e non quella personale; e soprattutto a proposito della terminologia conciliare Instrumenta communicationis socialis, dove si ricalca il luogo comune di un socialis “qui peut laisser affleurer une intention morale” (p. 148), quando invece il termine socialis nell’Inter mirifica comporta un’accezione sociologica, “neutra”.

7 GRITTI, "Démocratie” dans l’Église?, Paris, Ed. du Centurion, 1966, 119. – Di particolare interesse vi è il materiale illustrativo, perché vi assolve una funzione documentativa non minore di quelle dei numerosi e scelti brani di autori, che accompagnano il testo senza romperne la continuità.

8 GRITTI, Jean XXIII dans l’opinion publique, Paris, Ed. du Centurion, 1967, 198.

9 GRITTI, La pillule dans la presse: sociologie de la diffusion d’une encyclique, Tours, Marne, 1969, 158.

10 Così, giustamente, nell’ultima nota del volume: “La sociologia dell’opinione pubblica potrebbe invitare, con tutto il rispetto, filosofi e teologici a moderare certi loro entusiasmi per la ’demitizzazione’ e per un’antropologia dell’uomo di oggi ’scientificamente demitizzato’. Oggi, infatti, i mass media stanno creando a tutto spiano miti, leggende epiche e fantastiche e clichés da cartolina” (p. 196).

11 In Francia, solo i cattolici La Croix, France catholique, Homme nouveau, Informations catholiques internationales, Témoignage chrétien e Vie catholique illustrée; in Canadà, solo Le devoir e Le droit.

12 Nel testo, per un’evidente svista, si ripete "italien”.

13 JULES GRITII – BRUNO GAURIBR – BERNARD PIERRE, Langage du monde, langage d’Église, Paris, Ed. du Centurion, 1970, 133.

14 È la traduzione francese della ironica lettura romanesca delle targhe automobilistiche della Città del Vaticano: SCV (= Se Cristo Vedesse).

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Articolo estratto dal volume III del 1970 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

In Italia e fuori è relativamente facile trovare sacerdoti che trattino e scrivano su l’uno o l’altro degli strumenti della comunicazione sociale: oggi ancora, per lo più, sul cinema, in ritardo sui tempi, ormai segnati dall’esplosione televisiva. Raro, invece, è trovarne che abbiano fatta propria la presa globale sugli strumenti della comunicazione sociale, attuata dal decreto conciliare Inter mirifica, e, di conseguenza, che abbiamo vòlto l’attenzione anche ai grossi fenomeni sociologici – quali: la comunicazione e la cultura “di massa”, le pubbliche opinioni, la propaganda-pubblicità, e simili... – che, senza esaurirsi negli “strumenti”, in questi trovano insieme i fattori, le espressioni e la problematica più rilevanti. Rarissimo, infine, è trovare sacerdoti che ne trattino con una sensibilità e preparazione sociologica specifica, ad indispensabile sostegno degli interessi teologico-morali-pastorali, ovvi in un sacerdote. Sotto questo rispetto Jules Gritti1 può ritenersi un pioniere.

Di ben sedici sue pubblicazioni – di cui: sette in collaborazione con altri autori –, soltanto le prime due2 non riguardano le “comunicazioni sociali”. Otto, invece, s’interessano al cinema, alla televisione, all’insieme degli strumenti della comunicazione sociale ed ad alcuni tra i più discussi fenomeni sociologici che ne dipendono3. E, fin qui, altri autori cattolici, anche sacerdoti, accompagnano più o meno il Gritti. Dove egli appare propriamente pioniere è nei cinque volumetti che sono oggetto particolare di questa breve nota.

* * *

Come impostare lo studio dei fenomeni della comunicazione di massa? – In un primo volumetto4 il Gritti risponde adottando il noto schema delle quattro domande – Chi comunica? Che cosa? A chi? Con quali effetti? – proposto da Harold D. Laswell. Ma poi ne avverte i limiti, comuni ai primi studi in materia, quando si supponeva nei mass media una potenza quasi magica, e nei recettori una passività quasi totale, e quando ci si affidava a metodi di ricerche quasi soltanto quantitativo-statistici. Perciò lo corregge e completa con una sociologia funzionale5, che spieghi, tra l’altro, il fenomeno ormai pacifico, degli “effetti di ritorno” (feed-back) sui contenuti (“Che cosa?”) e sui promotori (“Chi comunica?”) da parte dei recettori (“A chi?”).

Tra i pregi del volumetto: conoscenza dei migliori studiosi e ricercatori, specialmente americani, anche se la esemplificazione statistica resta in massima parte francese; padronanza nell’analisi strutturale dei “messaggi”. Particolarmente utili i rilievi sull’attendibilità delle interviste, e soprattutto quello della impreteribile conoscenza ed applicazione dei metodi della sociologia “profana” alla sociologia religiosa, pur fatte salve le caratteristiche specifiche delle realtà rivelate-cristiane. Per finire: piccoli capolavori le due Appendici - gli apocalittici vi andranno a nozze! – sui contenuti “culturali” della Guide Bleu (la sorella francese della nostra Guida del Touring) e sui luoghi comuni della Posta delle lettrici dei rotocalchi. Chiaro6 e pratico il Piccolo lessico finale.

Si può parlare di democrazia nella Chiesa? – A questa domanda risponde un altro volumetto del nostro autore7, tutto sostanza dottrina ed equilibrio. Dai modi concreti nei quali la Chiesa si è insieme via via modellata e distinta rispetto ai modelli societari storici nei quali essa s’è trovata a vivere, l’A. passa ad analizzare il concetto di democrazia nei suoi valori storici ed essenziali; quindi a studiare la natura della Chiesa, esemplificandola nell’ecclesiologia del Möhler e del Congar, verso la sintesi del “Popolo di Dio” attuata nella Lumen gentium. Quindi conclude provando che, se la democrazia, in senso “politico”, non può essere trasferita di peso nella Chiesa, possono e devono entrarvi i principali costituenti dell’ideale democratico come stimolo per svilupparvi germi e valori suoi originari. Tale il democratico diritto alla parola, in funzione di legittima opinione pubblica anche (e soprattutto) nella Chiesa; la libertà; democratica, come spazio armonico di servizi e di responsabilità; l’uguaglianza democratica, come modo di vivere l’incorporazione a Cristo; l’attesa democratica, da trasfigurare in speranza cristiana. In sintesi: una democrazia nella Chiesa, per la quale struttura e comunione ecclesiali si compenetrino ed armonizzino, sicché quella resti la faccia visibile di questa. Come si vede, in questo volumetto l’esemplare pionierismo del Gritti non verte direttamente sui mass media, ma piuttosto su due realtà, quali la libertà di parola e l’opinione pubblica nella Chiesa, con quelli connesse; da lui studiate e proposte, infatti, non con un facile dottrinarismo aprioristico, ma aderendo al vivo della nuova realtà sociale, determinata in gran parte dall’avvento della stampa tipografica (sec. XV) e quotidiana (secc. XVIII e XIX), e soprattutto dall’odierna esplosione tecnologico-comunicatoria degli altri mass media. Invece, esclusivamente sul rapporto opinione pubblica-mass media s’incentrano altri due studi del Gritti; il primo su Giovanni XXIII8, l’altro sull’enciclica Humanae vitae, di Paolo VI9; rapporto, in ambedue i casi, doppiamente interessante il sociologo cattolico, trattandosi in essi, insieme, e di contenuti religioso-cattolici e di ambienti opinionali, almeno in parte, religioso-cattolici.

Il primo studio, anticipandone uno più vasto in corso sull’argomento, analizza e precisa i contenuti d’opinione intorno alla figura di Giovanni XXIII, attraverso tre sondaggi d’opinione svolti in Francia nel 1963 (cap. I); quindi attraverso le illustrazioni di dieci rotocalchi (specialmente di Paris-Match e della Vie catholique illustrée) e di cinque quotidiani (soprattutto di France-Soir e della Croix) (cap. II), nonché attraverso i testi redazionali di quindici tra giornali e settimanali parigini di ogni estrazione ideologica (capp. III e IV), pubblicati durante la sconvolgente “novena mondiale” (27 maggio-5 giugno 1963) dell’agonia e morte del Papa. Un capitolo conclusivo – Dialogo – passa dall’analisi scientifica, perciò “neutra”, dei contenuti opinionali, ad un giudizio teologico di essi.

Non si esclude che, in un domani più o meno prossimo, l’agiografo ed il panegirista di Giovanni XXIII possano utilmente attingere dal volumetto, pur tenendo conto dei suoi limiti, dato che campioni di sondaggi e testate di quotidiani e di periodici presi in esame dall’A. si limitano alla Francia ed a Parigi. Certo però è che il sociologo cattolico ed il teologo trovano, specialmente nelle ultime pagine, un’ottima traccia di studio e di teorizzazione dottrinale circa le relazioni possibili tra opinioni pubbliche e contenuti religiosi radicalmente soprannaturali; perciò anche circa l’opinione pubblica nella Chiesa – s’identifica essa, o no, col sensus fidelium? –, e circa le opinioni pubbliche intorno alla Chiesa presso i non credenti – i mass media le permettono “rette”, nel modo e nei contenuti, come auspica l’Inter mirifica? –.

Il Gritti rileva nelle opinioni intorno a Giovanni XXIII un calo notevole di quei valori spirituali-soprannaturali che nel genuino pensiero cattolico dovrebbero illuminare l’istituto pontificale e, in particolare, la figura di quel Papa; e rileva, per converso, la proliferazione del pittorico, del curioso, del convenzionale, del sensazionale... e del politico. Quanto di questa svalorizzazione dipende, consapevolmente o meno, dai promotori: in questo caso, i giornalisti? Quanto dai recettori: in questo caso, i lettori, che li condizionano? E quanto dal “mezzo” concreto – in questo caso: la stampa –, con la sua tendenza miticizzante10? Chiudendo queste pagine, forse non tutti i lettori potranno rispondere. Per tutti, però, l’onestà ed il rigore scientifico con cui il Gritti ha condotto la ricerca resteranno monito e modello.

Gli stessi rilievi valgano per lo studio sociologico sulla diffusione dell’enciclica Humanae vitae, condotto dal Gritti su nove giornali, diciotto illustrati e sei quindicinali o mensili parigini, più quattro quotidiani canadesi di lingua francese (prima parte); inoltre su sette documenti collettivi degli episcopati austriaco, belga, canadese, francese, inglese, italiano e tedesco (parte seconda).

Vale la pena di trascriverne quasi integralmente (le parentesi sono nostre), le Conclusioni.

Rispetto alla parte prima:

  1. Nell’insieme dei giornali l’Humanae vitae è data come un atto, insieme, funzionale [del magistero pontificio] e personale del papa. C’è chi ne rileva l’intervento coraggioso, e chi, invece ne rileva l’incertezza. Inoltre le controversie portano o sul carattere infallibile o su quello imperatorio del documento.
  2. Affiorano relazioni tra il grado di rappresentatività che il giornalista si attribuisce e la portata che egli attribuisce all’enciclica. La rappresentatività che si dà come ufficiale si affianca all’universalità attribuita all’enciclica, mentre quella che si dà come personale si affianca ad una limitazione di portata della stessa.
  3. Il quadro delle reazioni mondiali [?!] impegna sistemi selettivi diversi, vicendevolmente simmetrici o inversi: le posizioni favorevoli all’enciclica tendendo a rilevare le reazioni favorevoli, e quelle sfavorevoli tendendo a rilevarne le difficoltà. Ma la simmetria non è totale... Questa dissimetria dimostra che nel quadro delle reazioni predominano le difficoltà di accettazione.
  4. L’analisi delle scelte operate dai giornali sul testo dell’enciclica prova che essi, per la maggior parte, hanno almeno riportato o sunteggiato le sue indicazioni pratiche. Prevalentemente i giornali d’ispirazione cristiana hanno operato scelte che rispettano l’interezza del testo11 e tutte le funzioni della comunicazione [destinatore, messaggio e destinatari], pur con delle variazioni, secondo il rilievo dato all’autorità pontificia o alla vita ecclesiale.
  5. L’analisi del “trattamento” riservato dai giornali all’enciclica rispecchia la consistenza dei rispettivi “arsenali” ideologici... Di conseguenza, assistiamo al fenomeno globale di un’apologetica vigorosa per varietà di argomenti e quantità di commenti, rispetto ad un’opposizione larga vivace e massiccia, ma meno fornita di argomenti e meno continua. Resta vero che l’evento ha mosso le acque generando una polemica con argomenti molto dissimili: considerazioni teologiche ben salde si sono affiancate, per esempio, a rilievi di carattere medico, commenti [oggettivi] sono stati rimpiazzati da interpretazioni politiche.
  6. L’analisi dei “codici” adoperati ha permesso di illustrare ancora una volta lo spinoso problema delle “trascrizioni” [da un codice all’altro]. Nonostante le eccezioni, sin troppo palesi, i giornali del 1968 mostrano, più che non quelli del 1963, una maggiore familiarità con i temi ed i linguaggi religiosi. Così, in termini accessibili al gran pubblico i giornali hanno potuto trattare di nozioni teologiche, come l’“infallibilità”, senza deformarle troppo, o intuire i difficili problemi di “natura” e di “cultura”. Inoltre, ricorrere agli specialisti (teologi, medici) s’è fatto corrente, e gli stessi specialisti si sono fatta la mano allo stile giornalistico. Certo: restano ancora incertezze ed equivoci; ma, nell’insieme, si toccano con mano progressi raggiunti nella comunicazione.

Nella seconda parte dello studio... s’è cercato di confrontare i temi del magistero pontifico e quelli dell’episcopato a proposito dell’Humanae vitae: compito particolarmente interessante da quando il Vaticano II ha messo in maggiore evidenza le strutture dell’autorità e della comunione gerarchica nella Chiesa.

  1. Gli episcopati, intermediari tra la ’’Cattedra di Pietro” ed i fedeli delle Chiese locali, nel presentare un’enciclica di cui il Papa stesso prevedeva le difficoltà di accoglimento, dovevano tener conto dei relativi contesti nazionali. Dal nostro studio deriva l’impressione che i documenti italiano ed austriaco si mantengono più aderenti ai motivi sviluppati nell’Humanae vitae, mentre quelli belga, tedesco, inglese, canadese12 e francese si muovono più liberamente nei commenti, con particolare attenzione alle situazioni concrete. Da tutti risalta come punto fuori discussione la fedeltà di comunione col Sommo Pontefice...
  2. Confrontando l’insieme dei documenti del Magistero con l’insieme di quelli giornalistici, si nota un “abbassamento”, che possiamo ridurre ad una parola: “la pillola”, del tutto assente tanto dall’enciclica quanto dalle dichiarazioni degli episcopati. Comune a tutti questi documenti è inquadrare i problemi della limitazione delle nascite in una visione “teologica” di tutto uomo, del matrimonio e della famiglia, alla luce della Creazione e della Salvezza. Questo loro puntare in alto non ignora né la previsione né la costatazione delle difficoltà in cui si dibattono gli uomini, i focolari ed i popoli in questo XXº secolo, ma comporta insieme una speranza, una legge di crescita, un’“economia”. Invece i giornali, anche quelli più caldi difensori dell’enciclica, parlano di “pillola”, parola che è sulla bocca di tutti i lettori; e, di conseguenza, dimostrano una vicinanza più immediata alla mentalità comune. Questo “abbassamento” ripropone il problema di come comunicare in un mondo condizionato dai mass media (pp. 155-158).

Come si vede, sono grossi problemi d’opinione, entro e fuori la Chiesa, che investono lo stesso esercizio del Magistero. Ignorarli non è lecito. Affrontarli o giudicarli col semplice buon senso o, peggio, partendo da pregiudizi, non giova, anzi nuoce. La via seguita dal Gritti sembra quella giusta. Non foss’altro per tener presente che, accertato che i fatti della Chiesa oggi “fanno notizia” anche fuori di essa, solo un’analisi delle reazioni condotta con rigore “scientifico” potrà appurarne la portata reale, e fornire dati attendibili per interventi operativi efficaci.

L’ultimo volumetto13 che presentiamo in questa rassegna riguarda il recente più clamoroso fenomeno di “contestazione nella Chiesa” da parte di alcune centinaia di sacerdoti francesi, culminato nel “Convegno di Lione” (23-25 settembre 1968), che scosse specialmente l’ambiente cattolico ed ecclesiastico, e nell’“Assemblea di Parigi” (11-12 gennaio 1969), che ebbe risonanza specialmente nell’opinione pubblica non ecclesiale. Il Gritti ed i suoi collaboratori sottopongono ad una serrata analisi strutturale tre (gruppi di) documenti relativi a quei fatti; vale a dire: il gruppo Forum de Lyon (stampati e ciclostilati di preparazione, convocazione, dibattiti, mozioni presentate e mozioni approvate); la lettera aperta Si le Christ Voyait cela14, inviata da 740 tra preti e laici a Paolo VI; ed Echange et dialogue (lettere di convocazione, stampati e ciclostilati vari riguardanti l’Assemblea parigina), rilevandone sistematicamente i livelli di cultura umana e religiosa, i campi di opposizione, la dinamica del discorrere e le relazioni con i destinatari. Poi, dalla critica del linguaggio dei documenti, gli autori enucleano l’ecclesiologia in essi esplicita o soggiacente.

Chiudendo il suo studio, il Gritti caritatevolmente si astiene da un giudizio-condanna di carattere morale-teologico. Si limita a rilevare la radicale diversità di linguaggio ecclesiologico tra clero contestatore e teologia tradizionale: diversità che può, sì, rivelare anche contaminazioni ideologiche aliene dal pensiero genuinamente cristiano e cattolico, ma che, in ogni caso, denota nei contestatori un humus culturale-sociologico, profondamente diverso da quello di cui si nutre il linguaggio teologico tradizionale. Ora, senza un linguaggio comune, la contestazione nella Chiesa non passerà mai, com’è da augurarsi, in dialogo ecclesiale. Occorre perciò una duplice revisione: quella dei linguaggi dei gruppi minoritari (contestatori), affinché si aprano ad un dialogo “cattolico” nella Chiesa; e quella del linguaggio teologico tradizionale, sicché, nel rispetto dei dati acquisiti ed irreformabili, diventi espressione di una Chiesa non cristallizzata in particolari e passati schemi socio-culturali, ma fatta, come il suo Fondatore l’ha voluta, tradizione creativa, aperta ai “segni dei tempi”.

Che nel disorientamento-ubriacatura in cui oggi si dibatte tanta parte anche del clero il Gritti si dimostri sempre equilibrato, fedele al magistero conciliare e pontificio ed, insieme, aperto alle problematiche specifiche del mondo odierno, torna tutto a sua lode. Ma merito suo precipuo resta l’aver affrontato le questioni di pensiero (ideologie) non disgiungendole dalla “comunicazione sociale”, e di aver usato dell’analisi scientifica di questa come premessa ad un discorso teologico-pastorale.

Soprattutto sotto questo aspetto egli è un esemplare pioniere. Auguriamoci che altri, sacerdoti e laici, lo imitino.

1 Oriundo bergamasco, Jules Gritti ha studiato all’Istituto Cattolico di Parigi, laureandovisi nel 1954 in teologia con una tesi su Bonald, apologiste. Già missionario diocesano di Rodez, nel 1951 entrò tra i sulpiziani. Ha insegnato filosofia nei Grandi Seminari della Missione di Francia (Pontigny), di Nimes, di Soissons e di Versailles. È docente presso il CECMAS (Centre d’études de communication de masse) di Parigi. Dal 1968 è Consultore della Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali.

2 Cioè Prêcher aux hommes de notre temps (Toulouse, Privat, 1961): eccellente guida alla predicazione sacra, che meriterebbe di essere riedita, aggiornata secondo il nuovo clima conciliare; e Bonald, de 14 Révolution française au réveil religieux (Paris, Bloud et Gay, 1962): frutto, pensiamo, dei suoi studi per la laurea.

3 S’interessano alla televisione: Télévision et conscience chrétienne (1961) e Les chemins de la télévision (1969), che i nostri lettori già conoscono (Civ. Cat. 1964 I 430; 1970 I 616). S’interessano al cinema ed alla televisione: Cinéma, télévision et pastorale (1963) ed Église, cinéma et telévision (1966), anch’esse presentate su queste pagine (Civ. Catt. 1964 III 506; 1967 I 581). Si allargano a tutti gli strumenti della comunicazione sociale: Dynamique chrétienne de la communication moderne, del 1966 (Civ. Catt. 1968 III 341) ed i tre volumi Mass media (Paris, Bloud et Gay, 1966), che purtroppo non siamo riusciti a procurarci. Infine, dagli “strumenti”, passano ad uno dei più discussi fenomeni sociologici che ne dipendono, i due volumetti Cultura e tecniche di massa e La culture de masse, del 1969 (Civ. Catt. 1970 I 616).

4 J. GRITTI - M. SOUCHON, La sociologie face aux media, Tours, Marne, 1968, 154. – Del Souchon è il cap. V: Audience et influence: Problèmes particuliers des jeunes.

5 Da Fonction, che l’A. definisce (p. 146): "Terme employé par la sociologie fonctionnelle, laquelle se piace au point de vue de l’activité du spectateur, du public (de l’homme récepteur): quel est le role, quel est l’usage d’un moyen de communication dons la vie de l’individu ou de la société?”.

6 A voler esser pignoli, su qualche definizione ci sarebbe da eccepire. Per esempio: a proposito di Leader d’opinion, dove si desidererebbe la distinzione, proposta da H. Cowley, tra il leader propriamente detto e l’headman; di Opinion publique, ove all’elemento ’“giudizio” (représentation) sembra non far riscontro la tendenza all’azione (atteggiamento-comportamento); di Propaganda, dove si tiene presente quella ideologica, e non quella personale; e soprattutto a proposito della terminologia conciliare Instrumenta communicationis socialis, dove si ricalca il luogo comune di un socialis “qui peut laisser affleurer une intention morale” (p. 148), quando invece il termine socialis nell’Inter mirifica comporta un’accezione sociologica, “neutra”.

7 GRITTI, "Démocratie” dans l’Église?, Paris, Ed. du Centurion, 1966, 119. – Di particolare interesse vi è il materiale illustrativo, perché vi assolve una funzione documentativa non minore di quelle dei numerosi e scelti brani di autori, che accompagnano il testo senza romperne la continuità.

8 GRITTI, Jean XXIII dans l’opinion publique, Paris, Ed. du Centurion, 1967, 198.

9 GRITTI, La pillule dans la presse: sociologie de la diffusion d’une encyclique, Tours, Marne, 1969, 158.

10 Così, giustamente, nell’ultima nota del volume: “La sociologia dell’opinione pubblica potrebbe invitare, con tutto il rispetto, filosofi e teologici a moderare certi loro entusiasmi per la ’demitizzazione’ e per un’antropologia dell’uomo di oggi ’scientificamente demitizzato’. Oggi, infatti, i mass media stanno creando a tutto spiano miti, leggende epiche e fantastiche e clichés da cartolina” (p. 196).

11 In Francia, solo i cattolici La Croix, France catholique, Homme nouveau, Informations catholiques internationales, Témoignage chrétien e Vie catholique illustrée; in Canadà, solo Le devoir e Le droit.

12 Nel testo, per un’evidente svista, si ripete "italien”.

13 JULES GRITII – BRUNO GAURIBR – BERNARD PIERRE, Langage du monde, langage d’Église, Paris, Ed. du Centurion, 1970, 133.

14 È la traduzione francese della ironica lettura romanesca delle targhe automobilistiche della Città del Vaticano: SCV (= Se Cristo Vedesse).

In argomento

Massmedia

n. 3405, vol. II (1992), pp. 260-268
n. 3351, vol. I (1990), pp. 260- 269
n. 3310, vol. II (1988), pp. 351-363
n. 3218, vol. III (1984), pp. 144-151
n. 3200, vol. IV (1983), pp. 158-164
n. 3202, vol. IV (1983), pp. 362-368
n. 3195-3196, vol. III (1983), pp. 209-222
n. 3197, vol. III (1983), pp. 402-408
n. 3188, vol. II (1983), pp. 154-161
n. 3191, vol. II (1983), pp. 463-467
n. 3179, vol. IV (1982), pp. 464-467
n. 3141, vol. II (1981), pp. 222-237
n. 3088, vol. I (1979), pp. 351-359
n. 3075-3076, vol. III (1978), pp. 223-238
n. 3072, vol. II (1978), pp. 566-573
n. 3062, vol. I (1978), pp. 151-159
n. 3058, vol. IV (1977), pp. 349-362
n. 3055, vol. IV (1977), pp. 45-53
n. 3053, vol. III (1977), pp. 385-398
n. 3045, vol. II (1977), pp. 260-272
n. 3034, vol. IV (1976), pp. 336-351
n. 3036, vol. IV (1976), pp. 580-587
n. 3022, vol. II (1976), pp. 323-336
n. 3013, vol. I (1976), pp. 20-36
n. 2990, vol. I (1975), pp. 144-157
n. 2983, vol. IV (1974), pp. 36-48
n. 2973, vol. II (1974), pp. 250-256
n. 2967, vol. I (1974), pp. 258-263
n. 2961, vol. IV (1973), pp. 258-263
n. 2950, vol. II (1973), pp. 347-358
n. 2942, vol. I (1973), pp. 144-150
n. 2927, vol. II (1972), pp. 451-456
n. 2911, vol. IV (1971), pp. 39-48
n. 2913, vol. IV (1971), pp. 235-253
n. 2907-2908, vol. III (1971), pp. 247-257
n. 2902, vol. II (1971), pp. 352-358
n. 2870, vol. I (1970), pp. 155-160
n. 2859-2860, vol. III (1969), pp. 219-230
n. 2856, vol. II (1969), pp. 576-580
n. 2847, vol. I (1969), pp. 250-253
n. 2739, vol. III (1964), pp. 246-254
n. 2729, vol. I (1964), pp. 422-435
n. 2702-2704, vol. I (1963), pp. 105-118, 313-325
n. 2636, vol. II (1960), pp. 124-39
n. 2612, vol. II (1959), pp. 113-124
n. 2548, vol. III (1956), pp. 400-408

In argomento

Magistero

n. 3195-3196, vol. III (1983), pp. 209-222
n. 3188, vol. II (1983), pp. 154-161
n. 3141, vol. II (1981), pp. 222-237
n. 2990, vol. I (1975), pp. 144-157
n. 2983, vol. IV (1974), pp. 36-48
n. 2979-2980, vol. III (1974), pp. 242-247
n. 2950, vol. II (1973), pp. 347-358
n. 2951, vol. II (1973), pp. 425-438
n. 2952, vol. II (1973), pp. 547-559
n. 2911, vol. IV (1971), pp. 39-48
n. 2913, vol. IV (1971), pp. 235-253
n. 2859-2860, vol. III (1969), pp. 219-230
n. 2847, vol. I (1969), pp. 250-253
n. 2787-2788, vol. III (1966), pp. 314-315
n. 2702-2704, vol. I (1963), pp. 105-118, 313-325
n. 2636, vol. II (1960), pp. 124-39
n. 2612, vol. II (1959), pp. 113-124
n. 2605, vol. I (1959), pp. 66-69
n. 2555, vol. IV (1956), pp. 521-532
n. 2545, vol. III (1956), pp. 30-42
n. 2532, vol. IV (1955), pp. 601-609