Articolo estratto dal volume II del 1972 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Organizzatore industriale, da venticinque anni giornalista – ed oggi presidente – della Nuova Antologia, viaggiatore cosmopolita, il barone Guido M. Zerilli-Marimò s’interessa anche alla televisione. Suoi sono i cinque grossi volumi in argomento che qui presentiamo, senza aspettare il sesto, che dovrebbe chiudere la serie1.
Il primo volume2 è dedicato per metà a Considerazioni generali e per metà allo Status della televisione in Inghilterra:
“Sia perché — ecco un esempio dello stile personalissimo dell’A. — l’Inghilterra è il paese nel quale la televisione apparve la prima volta, sia perché il sistema inglese, che del resto è servito da modello per molti altri, sembra avere una serie di aspetti particolarmente interessanti, sia per riguardo alla mirabile tradizione di una vera, libera democrazia, pienamente conscia dei valori di uno Stato di diritto garante, e non arbitro, della libertà e dei destini della nazione, dove i cittadini sono veri cittadini, non sudditi, né materia prima strumentale per ambizioni e manovre politiche, e sono consapevoli dei loro doveri e dei loro diritti, a partire da quello dell’indipendenza del voto. Perché l’Inghilterra è tra quei paesi nei quali gli operai sono, anche dai sindacalisti, rispettati nella loro meritata dignità umana, e non considerati come ’materia prima’ da adoperare per una particolare ’industria della politica’, per conto proprio, o ’per conto di terzi’, traditi nella loro buona fede e ingannati, circa i loro interessi veri, da signori che dei lavoratori si proclamano tutori e rappresentanti e che sembrano mirare a distruggere i risultati dell’opera faticosa di tanti politici onesti, leali e patrioti, e di tanti protagonisti, di ogni livello e categoria, della vita nazionale” (pp. 118-119).
Anche il secondo volume3 consacra un centinaio di pagine a Considerazioni generali, spiegando, tra l’altro, in quale senso anche il titolo del volume parli di “crepuscolo ed aurora della televisione”:
“La televisione americana (e ci riferiamo ad essa come a una fra le più tecnicamente avanzate), si avvia al tramonto della sua lunga e radiosa giornata, durata circa 25 anni [...]. Già si intravedono le prime luci dell’alba, anzi, si può dire, già siamo all’aurora della nuova giornata, che occuperà i 25 anni prossimi. La grande portata delle novità tecniche che già distinguono la televisione, e ancor più la caratterizzeranno domani, sposterà molte delle basi politico-sociali, tecnico-economiche, giuridiche, nazionali e internazionali, che hanno per essa avuto vigore sinora” (p. 92).
La Parte Seconda documenta su La televisione negli Stati Uniti di America e nel Canadà, mentre la Parte Terza lo fa per diciassette paesi dell’America Latina.
Il terzo volume4 torna ad interessarsi tutto alle più disparate questioni generali, più o meno tecniche o sociologiche, informative o polemiche, come: pericolosità della tv come “lavaggio di cervelli”, “preghiera della sera”, “armadio dei veleni”, “sommergibile Polaris carico di missili antisociali”, “fiera delle scemenze”, ecc.; tv e cultura (tv e cinema, tv e teatro, tv e giornali, tv e democratizzazione della cultura); televisione e politica: interventi e giurisdizione degli Stati, televisione come servizio pubblico, Stato imprenditore e (fine dei) monopoli; televisione e pubblicità, televisione ed informazione obiettiva, televisione ed uso educativo-universitario, ecc.
Il quarto volume5 s’interessa alla televisione di sedici nazioni dell’Europa occidentale continentale: ma anch’esso dedica, in apertura ed in chiusura, alcuni capitoli a considerazioni generali, quali la televisione diretta via-satellite e via-cavo, il pensiero dell’Istruzione pastorale Communio et progressio circa il monopolio ed il pluralismo dei mass media, ecc.
Finalmente, il quinto – e, per ora, ultimo – e più mastodontico volume6 è tutto dedicato alla Francia. Dell’ORTF (Office de Radiodiffusion-Télévision Française) vi viene detto il dicibile e documentato il documentabile: inquadramento generale, status giuridico, struttura: prima e dopo le riforme 1970-’71; sfaldamento del monopolio con le stazioni periferiche; aspetti amministrativi (personale, canone, pubblicità...), tecnologici (il colore SECAM contro il PAL), redazionali (canali e programmi), politici (la tv-De Gaulle e la tv-Pompidou); contestazioni e scioperi, a cominciare dagli eventi del maggio ’68, che appunto nell’ambito dell’ORTF ebbero il loro innesco; riforme e relativi rapporti: senatoriale Diligent (del 1968), della Commissione Paye (del 1969), della Commissione Riou (del 1970); ed altre cose ancora.
Una “Summa” della televisione?
Se, in argomento, c’è un lavoro che s’impone per la sua “voluminosità .. è certamente questo di G. Zerilli-Marimò con le sue – finora! – ben 2.739 pagine. Tuttavia non lo diremmo, come giornalisticamente un giornalista l’ha qualificata, una "Summa”7. Intanto perché non tutti gli aspetti e problemi della televisione vi vengono trattati8; poi perché, pur volendo essere opera d’informazione sullo status della televisione nel mondo, vi vengono esplicitamente ignorati – oltre all’italiana RAI-TV – tutte le televisioni dei paesi d’oltrecortina; ma soprattutto perché, di una Summa, l’A. non si propone una sintesi metodologica. Vale, infatti, per l’intera collana quanto egli lealmente precisa nella premessa del quinto volume: “Questo è un libro di compilazione, più che altro documentaria. Abbiamo cercato di raccogliere [...] il massimo numero possibile di notizie, di informazioni e di dati...” (p. 33).
Pertanto, come il lettore avrà già rilevato nella silloge che ne abbiamo tracciata, nessun piano organico presiede alla distribuzione della materia nell’opera: dati e considerazioni generali, documenti e spunti polemici si alternano, nei volumi e nei capitoli, con pittoresca libertà; e con eguale libertà si accumulano sunti e stralci di articoli altrui, intere interviste, questionari ecc. Lo stile, poi, è quello della conversazione amichevole, nella quale – come ci è stato riferito – l’A., per il suo ingegno poliedrico, le conoscenze e le esperienze svariatissime e la perdurante curiosità giovanile, riesce simpaticamente brillante. Niente, dunque, impacci bibliografici rispetto a fonti, saggisti e trattatisti (diciamo così) “classici”, ma citazioni estemporanee di varia cultura, notizie di attualità desunte dalla stampa periodica (per lo più divulgativa), tanti excursus9, e perfino, così in nota come nello stesso testo, cordiali inviti a recarsi presso il domicilio dell’A. per un supplemento di documentazione.
Questo simpatico modo di procedere, se può riuscire piacevole in un lavoro di modeste proporzioni e d’intrattenimento, finisce col diventare spossante e dispersivo in uno di documentazione e di tanta mole. C’è perciò da sperare che l’ A. faciliti ai lettori la navigazione e la pesca in questo suo mare magnum accludendo all’ultimo volume, in gestazione, un essenziale indice analitico di tutto il materiale raccolto.
Ma l’A. non si limita ad accumulare materiali; egli propugna anche alcune sue posizioni. Per esempio: su piano tecnico-culturale, sostiene che i programmi in presa diretta sono da preferire a quelli “congelati” e trasmessi in differita; su piano socio-politico egli si mostra acerrimo oppositore di qualsiasi monopolio televisivo, specialmente se gestito dallo Stato, ritenendolo radicalmente nocivo alla libertà-obiettività-pluralità d’informazione; e su piano ideologico non si stanca di lanciare accuse e denunce, rampogne ed ironie, dileggi e sarcasmi contro il marxismo, i suoi prodotti ed i suoi adepti10.
Ovviamente, su tutti e tre i punti non si può non concordare con lui; rilevando tuttavia che, in quanto ad ideologie, anche quella capitalista non é immune da un suo peccato originale e da intollerabili egoistiche storture, sicché l’entusiasmo dell’A. per essa, e per i paesi che se ne fanno un dogma, andrebbe moltissimo ridimensionato; e che in quanto a televisioni “libere” (commerciali), saggisti sociologi e politici, non tutti da buttar via, abbondano in pesanti critiche d’incultura e d’immoralità11, e che perciò il nostro A. avrebbe fatto bene a non ignorarle, almeno per (se possibile) confutarle12.
L’esperienza di dodici nazioni
D’impostazione del tutto diversa sono i due recenti volumi sullo stesso argomento, redatti dall’ISLE (Istituto per la documentazione e gli studi legislativi)13. Lo scopo di essi è concreto e prossimo: la riforma della radiotelevisione italiana, sollecitata anche dalla prossima scadenza (15 dicembre 1972) della ventennale convenzione monopolistica tra Stato e RAI-TV14.
Il secondo volume contiene appunto gli Atti integrali dell’Incontro-dibattito su questo problema, svoltosi nella sede romana dell’ISLE, nei giorni 8-9 luglio e 7 ottobre 1970; e contiene, in particolare, le tre relazioni di E. Cheli (Diritto comparato delle radiotelevisioni europee), di P. Barile (Principali problemi nella riforma della RAI-TV) e di D. Luisi (Aspetti dell’evoluzione tecnologica nella comunicazione di massa); ed i tre Progetti conclusivi di riforma: secondo la formula dell’ente pubblico, dell’ente gestione e la formula IRI, proposti rispettivamente da M. D’Antonio, da Fois-G. Motzo-P. Barile e da E. Cheli-A. Loiodice15.
Proprio per preparare questo Convegno-dibattito, l’Istituto di Diritto Costituzionale della Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Firenze, col finanziamento del Consiglio Nazionale delle Ricerche, negli anni accademici 1967-’68 e 1968-’69, sotto la direzione del prof. P. Barile, conduceva una ricerca sulle linee organizzative della legislazione radiotelevisiva straniera, nei seguenti dodici paesi – dieci del continente europeo a democrazia parlamentare e i due principali paesi del mondo anglosassone –: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Inghilterra, Norvegia, Olanda, Repubblica Federale Tedesca, USA, Svezia e Svizzera. Ed il primo di questi due volumi raccoglie appunto i risultati di quella ricerca, aggiornati a tutto il 30 settembre 1969.
Esso si articola in una serie di note informative svolte con criteri oggettivi, meramente espositivi, e miranti a fornire un quadro sintetico, sotto il profilo della libertà di manifestazione del pensiero, del regime giuridico dell’organizzazione radiotelevisiva in ciascuno dei paesi esaminati. Ogni nota informativa è preceduta da un indice sommario, da un elenco delle fonti nonnative e giurisprudenziali, e dalla bibliografia; ed è svolta – salvo varianti dovute alla peculiarità della organizzazione radiotelevisiva di alcuni paesi – secondo questo schema fisso: 1. Cenni sulla disciplina costituzionale della libertà di espressione del pensiero. - 2. Evoluzione storica e descrizione di sintesi del regime giuridico dell’organizzazione radiotelevisiva. - 3. Organizzazione del servizio. – 4. Finanziamento. - 5. Controlli. - 6. Impiego del mezzo. - 7. Problemi particolari dell’ordinamento esaminato. - 8. Valutazione e sintesi.
Per una riforma attuale
Insomma questa ricerca costituisce, in materia, l’indagine comparativistica più aggiornata oggettiva e, relativamente, completa. Fa piacere rilevarlo. Ed il piacere sarà doppio qualora sapessimo che essa ha contribuito a preparare una buona riforma della RAI-TV.
Ormai i tempi ne sono più che maturi. Anche se non ci fosse, a sollecitarla, la ricordata scadenza del 15 dicembre prossimo, la rendono indifferibile, da una parte l’istituzione delle Regioni, dall’altra lo sviluppo tecnologico, specialmente nei tre capitoli: televisione a colori, video-cassette ed apparecchiature similari16, trasmissioni via-satellite17. Anche la Communio et progressio (n. 148) nota realisticamente: “La rapidissima evoluzione tecnologica, soprattutto realizzando la trasmissione per tramite dei satelliti artificiali e la registrazione dei programmi per la trasmissione in differita, ha finito di liberare questi strumenti da ogni condizionamento di luogo e di tempo. E pare che, sotto questo aspetto, l’avvenire riservi più e meglio”.
Soluzioni ideali non ne esistono. Si tratta, più che altro, di trovarne una che – tenendo conto delle prestazioni presenti e future del “mezzo”, e tenendo conto dell’ambiente socio-culturale nel quale esso è chiamato ad operare –, eviti il massimo degli inconvenienti ed assicuri il massimo dei vantaggi. Di qui l’utilità di questi studi comparati su quanto altrove si è tentato e si è attuato. E di qui anche il merito di chi li ha compiuti.
1 Con libertà terminologica l’A. ne tratta come di fascicoli, ma poi presenta tutta l’opera in quattro volumi, comprendendo però sotto il terzo volume tre tomi. Semplificando le cose, qui li presentiamo, quali in concreto sono, come cinque volumi. Il sesto, che si attende, sotto li titolo Una fabbrica di uomini, tratterà della televisione nei paesi dell’Africa, Asia ed Oceania.
2 Uomo televisione libertà, Roma, De Luca Editore, 1970, 16º, 309. L. 2.500.
3 Crepuscolo e aurora della televisione, ivi, 1970, 16º, L. 3.000.
4 Trasmettere la verità o trasformare la verità?, ivi, 1971, 16º, L. 4.000.
5 Televisioni all’europea, ivi, 1971, 16º, L. 5.000.
6 La “Voce della Francia”, ivi, 1971, 16º, L. 5.000.
7 NINO BADANO, La “Summa” della televisione, in Tempo, 1º agosto 1971, recensendo il III volume. Va tuttavia notato che questa singolare “voluminosità” è anche frutto di accorgimenti tipografici piuttosto inusitati in questo genere di lavori, quali: il “corpo” grande dei caratteri, la spaziatura generosa, i margini lussuosi, la titolazione dei capitoli (e sono centinaia!) in occhiello, anche per capitoli di poche righe; vedi, per esempio, vol. III, 185 e 371; vol. V, 241; ecc.
8 Per esempio, salvo sviste, l’A. non s’interessa, neanche come excursus, all’argomento, pur rilevante, delle scuole di formazione televisiva; non alla problematica morale e pastorale cattolica, ed alla relativa documentazione magisteriale in argomento; non alla questione, aperta, dello “specifico” televisivo; ecc.
9 Per esempio: sulla libertà e sulla Comunità Europea (I, 101 e 264); sull’obiettività dell’informazione e l’etica giornalistica, sulla riforma scolastica, sulle virtù degli USA e di Nixon (II, 18, 44 e 74); sui meriti dell’imprenditore, sulla creatività, sullo Stato imprenditore, sul socialismo svedese, sulla gioventù e la scuola (III, 108, 126, 225 e 248, 389, 449), ecc.
10 Eccone un esempio. In un “glossario di scemenze”, in parte derivato da Jean Dutourd (III, 133 ss.), egli dà le seguenti “definizioni”:
CONSERVATORE. Nei paesi dell’Est significa accanito sostenitore del comunismo totalitario, della censura, della soppressione o della collettivazione della proprietà, della polizia segreta. Nei paesi occidentali “conservatore” significa tutto il contrario.
CRICCA REVISIONISTA. Significa qualsiasi governo comunista, qualunque esso sia, visto da un altro governo comunista.
FORZE DI REPRESSIONE. Vengono chiamate tutte le polizie, qualunque esse siano, ad eccezione della polizia sovietica, di quella cinese, di quella cubana; tutti gli eserciti, qualunque essi siano, salvo l’Armata Rossa.
IMPEGNATO. Una volta era un oggetto depositato al Monte di Pietà a garanzia di un prestito ricevuto. Oggi significa: venduto a una ideologia straniera.
LIBERTÀ. Occorre essere molto intransigenti su questa espressione. Per esempio, l’uomo è considerato non libero (variazione: è “alienato”) negli Stati in cui i giornali stampano quello che vogliono, in cui ciascuno vota secondo la sua opinione, in cui chiunque può insultare pubblicamente il governo e in cui si ha il diritto di fare disordini sulle piazze. Invece, l’uomo è libero negli Stati in cui tutto ciò è proibito sotto pena dei lavori forzati, della morte, o della pazzia artificialmente procurata in “case di cura” psichiatriche.
NORMALIZZAZIONE. Espressione di origine recente, che significa cristallizzazione (o calcificazione) della anormalità. Si normalizza la situazione in un paese socialista mandandovi 50 divisioni di carri armati, sopprimendo gli ultimi residui di libertà di stampa, sciogliendo le organizzazioni ispirate al menomo soffio di redenzione. Si deve presumere che, per normalizzare la situazione di un paese “capitalista”, si farebbe il contrario?
PATRIA DEI LAVORATORI. Luogo in cui gli operai sono privati di ogni e qualsiasi diritto, a cominciare dal diritto di sciopero.
PROVOCAZIONE. Nello Stato borghese, e specialmente in Francia e in Italia, qualsiasi azione compiuta dal governo, dalla pubblica amministrazione, dalla polizia. Negli Stati socialisti, qualsiasi azione compiuta fuori del governo, della pubblica amministrazione o della polizia.
REGIME POLIZIESCO. È un regime liberale nel quale la polizia serve specialmente a regolare la circolazione e ad arrestare i ladri. La Francia e l’Italia hanno regimi polizieschi. Invece quelli dell’URSS, della Germania comunista, della Cina, ecc. non sono regimi polizieschi.
SOCIALISMO. Regime altamente desiderabile tale quale può essere osservato nei paesi dell’Est, nei quali i popoli sono estremamente felici, prosperi, gai, regnandovi una libertà fisica e morale senza limiti; paesi che non hanno né polizia, né censura, e nei quali gli operai sono così contenti della loro condizione che non si mettono mai in sciopero; dove l’esercito non serve che a difendere la felicità socialista contro eventuali attacchi delle dittature borghesi.
11 Per esempio H. SKORNIA, Televisione e società in USA, Torino, ERI, 1969 (cfr Civ. Catt. 1970 IV 202).
12- Per brevità sorvoliamo su molti punti particolari che, a nostro avviso, meriterebbero bene un po’ di commento. Tali il giudizio giornalisticamente semplicistico che l’A. dà di McLuhan (I, 55), più volte trascritto in Mac Luhan; il rimprovero da lui mosso alla Chiesa di “aver messo, negli ultimi lustri, troppo l’accento sull’importanza, per l’uomo, dei valori materiali” (III, 64); alcuni suoi sommari giudizi sulla contestazione giovanile, sulle “sacche” di povertà nel mondo, sul cinema, ecc.; la sua frettolosa e sommaria trattazione delle tecniche anticoncezionali (III, 485), non si comprende bene quanto rispettose della morale naturale e cattolica...
Ma su un punto mette conto soffermarsi. Della istruzione pastorale Communio et progressio egli riferisce come di “una lettera di istruzioni pastorali”, presentata da “un premier dei Cardinali membri della Commissione Pontificia” (IV, 23); ne dà una presentazione vaga e stralci casuali, quindi conchiude con sicurezza:
“Rileviamo come questa istruzione [...], più che completarlo, sostituisca quasi radicalmente il Decreto Inter mirifica del 1963, epoca in cui fermentavano i contrasti tra coloro che ritenevano la Chiesa dovesse difendersi, rafforzando la concezione autoritaria di una religione puramente moralizzante, e i padri conciliari, che tendevano a prospettive rinnovatrici. Se si pensa che il primo rapporto presentato al Vaticano II nel novembre 1962 considerava ancora radio e televisione come ’strumenti di divertimento’, ci si rende conto della capacità evolutiva della Chiesa, già in parte con l’Inter mirifica [...], e assai di più ora, con le istruzioni pastorali attuali”.
Be’, si spera che altrove l’A. si sia documentato meglio, ed abbia riferito con maggiore oggettività, e padronanza della materia.
13 ISLE, Libertà di espressione e organizzazione – Vol. I: La radiotelevisione al ’estero: linee organizzative della legislazione, Milano, Giuffrè, 1970, 16º L. 5.600. Vol. II: La riorganizzazione legislativa della Radiotelevisione italiana, ivi: 1971, 16º, 209. L. 2.600.
14 Cfr Verso una riforma della RAI-TV, in Civ. Catt. 1971 I 7-17; 140-148. – Per aggiornarsi sulle polemiche in corso sono indispensabili i tre fascicoli reprint del Quaderno n. 2: Rai, il dibattito per la riforma, sino ad oggi editi dal Centro sperimentale di cinematografia, Roma 1970 e 1971, 159, 103 e 224; che riportano la documentazione giornalistica italiana dal 1 febbraio 1970 al 31 dicembre 1971. Cfr anche TV 72: i materiali intervento proposte per la riforma, in Il Ponte, 28 (genn.-febbr. 1972), 367. L 2.200.
15 Di ALDO LOIODICE segnaliamo l’eccellente e fondamentale Contributo allo studio sulla libertà d’informazione nella Costituzione italiana, Napoli, Jovene, 1969, 16º ,L. 6.000.
16 Cfr Arrivano le video-cassette e Ancora sulle video-cassette, in Civ. Catt. 1970 II 59ss., 1971 II 563 ss.
17 A questo proposito è da segnalare il n. 2 (maggio-agosto 1971) della rivista ll diritto delle radiodiffusioni e delle telecomunicazioni, tutto dedicato agli Accordi sottoscritti a Washington, il 20 agosto 1971, tra ottanta Nazioni (tra le quali l’Italia e lo Stato Città del Vaticano), circa li modo di gestire l’attuale sistema speciale Intelsat e di rafforzare e svilupparne la consistenza.