NOTE
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1 Sull’esempio della Provincia autonoma di Trento, hanno proposto o varato leggi per «la diffusione della stampa nelle scuole le seguenti regioni: nel 1979 il Piemonte, nel 1980 la Toscana, l’Abruzzo, il Molise, l’Umbria, la Sicilia, la Sardegna e la Puglia; nel 1981 il Lazio, l’Emilia-Romagna, le Marche, la Campania» (A. SASSONE, ll giornale fuori sede, Armando, Roma 1982, 19).

2 Cfr Civ. Catt. 1976 I 619.

3 Cfr Civ. Catt. 1976 IV 620.

4 Cfr Civ. Catt. 1977 II 208.

5 Cfr Civ. Catt. 1980 I 103.

6 Cfr Civ. Catt. 1982 III 446.

7 Cfr. Civ. Catt. 1983 II 414.

8 Giorgio BRAGA – Carlo CIPOLLI – Enrico MASCILLI MIGLIORINI – Ester MONTI CIVELLI, Accostarsi quotidiano. Organizzazione del giornale e analisi sociologica, semiologica e psicosociale del messaggio stampato, ERI-RAI, Torino 1981, L. 9.000.

9 Cfr Civ. Catt. 1970 III 541 e 1978 III 549

10 Cfr Civ. Catt. 1977 II 263.

11 Cfr Civ. Catt. 1978 III 549 e 1980 IV 104.

12 Cfr Civ. Catt. 1980 IV 519.

13 Cfr Civ. Catt. 1981 IV 621.

14 Cfr Civ. Catt. 1982 II 102.

15 Vittoria SINCERO (a cura di), Guida al giornale. Come nasce e come si legge, Paravia, Torino 1980, 61, L. 3.300.

16 Alberto PESCE – Anna MASSENTI, Il giornale. Chi, che cosa, per chi, La Scuola, Brescia 1981, 158, L. 5.000.

17 Elisabetta LAGEDER – Anna MASSENTI, Il giornale a scuola, La Scuola, Brescia 1982, 176, L. 5.500.

18 Chiara MACCONI, Il nostro giornale quotidiano, LDC, Leumann (Torino) 1981, 160, L. 3.500.

19 Tali: M. De Guzzis, G. Giraldi, G. Gozzer, P. Massimi, A. Rigobello, S. Quinzio e F. Voltaggio, tutti intervenuti sulla Rivista tra il 1979 e il 1980.

20 Antonio SASSONE, Il giornale fuori sede. La stampa degli adulti nella scuola degli adolescenti, Armando, Roma 1982, 190, L. 8.000. L’Autore, docente di storia e filosofia nei licei, ha svolto attività di ricerca presso l’Istituto di sociologia dell’Università di Roma per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

21 Più recente e più duro in quest’argomento è il docente universitario C. F. MANERA, che, fuori del gruppo Armando, in Studi cattolici (novembre 1982, p. 755 ss) si è chiesto: Giornali in classe?, e ha risposto: Meglio fuori, dato che giornali e giornalisti non costituiscono altro che una «scuola parallela» di sinistrese malparlare, di cialtroneria cultural-politica, di sciacallismo cronachistico e di mitizzazione dell’effimero quotidiano.

22 Quando più saggiamente è stato scritto: «Insegna educazione civica qualsiasi professore di qualsiasi materia, che introduca un po’ di democrazia nella scuola, che abitui gli studenti a pensare con la propria testa, a discutere liberamente e ordinatamente, anziché a ricevere passivamente un insegnamento impartito dogmaticamente dalla cattedra» (E. TAGLIACOZZO, Educazione civica e storia, Ass. ltal. per la libertà della cultura. Roma 1960, 14).

23 In argomento va tenuto presente il Decreto ministeriale del 10 febbraio 1982 (in Gazzetta Ufficiale, n. 56/1982). Nell’art. 1, confermato l’ambito di diffusione dei giornali negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, li specifica in giornali che siano «quotidiani o periodici a carattere culturale e scientifico»; e precisa che la loro consultazione dovrà avvenire in ore diverse da quelle delle lezioni. Inoltre, nel secondo comma, delibera che il luogo di lettura sia la sala della biblioteca scolastica, o nelle riunioni dei docenti, o un’aula scolastica. Della scelta delle testate tratta l’art. 2, disponendo che spetta al Collegio dei docenti, vincolati a criteri generali indicati dal Consiglio d’istituto, e tenuto conto delle proposte formulate dai Consigli di classe. Criteri, dunque, d’imparzialità – come si dichiara con prosa enfatica – «al fine di assicurare nella scuola l’equilibrata presenza di più fonti d’informazione, ispirate a esperienze culturali diverse, indispensabili per un costruttivo confronto di opinioni, e per stimolare l’acquisizione dell’attitudine all’analisi critica dell’informazione» (C. GESSA – A. FRAGOLA, La legge sull’editoria, GEA, Roma 1982, 32).

24 Cfr in proposito Neil POSTMAN, Ecologia dei media. La scuola come contropotere, Armando, Roma 1981; presentato e discusso in Civ. Catt. 1982 III 499.

25 «I mass media sono messi alla portata di recettori di qualsiasi età e livello culturale. Affinché questi ne facciano un uso appropriato occorre quindi provvedere alla loro adatta e specifica formazione teorica e pratica. Perciò nelle scuole cattoliche d’ogni grado [...] si favoriscano e moltiplichino iniziative atte a questo scopo, soprattutto se destinate a giovani» (n. 16).

26 «Siffatta formazione deve impartirsi metodicamente e regolarmente nelle stesse scuole, dove gli studenti siano addestrati, gradualmente ma con sicurezza, alla conoscenza teorica e pratica dei principi, alla lettura e alla critica delle opere più recenti. Perciò questa disciplina trovi una sua collocazione nei programmi scolastici [...]» (n. 69).

27 Mentre andiamo in stampa la discussione continua. Segnaliamo la buona recensione sul Sassone uscita in Problemi dell’informazione, febbraio-giugno 1983, p. 302; il volume L’educazione al quotidiano nella scuola, Atti del Seminario organizzato a Milano (17-18 aprile 1980) dall’Assessorato all’istruzione e formazione professionale; infine il Convegno su Il giornale nella scuola (Mestre: 16-17 dicembre 1982), organizzato dagli Assessorati alla pubblica istruzione del comune e della provincia di Venezia.

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Articolo estratto dal volume IV del 1983 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

Da una ventina di anni si va discutendo anche in Italia sull’introdurre o no i giornali nelle scuole. La discussione si è ravvivata da quando, nell’agosto del 1979, prima tra le regioni d’Italia, la regione Piemonte approvò una legge sperimentale per gli anni scolastici 1979-80 e 1980-81, stanziando allo scopo 1.200 milioni, per introdurre i giornali nelle scuole medie di primo e di secondo grado: legge che altre regioni hanno imitato1. La discussione ci sembra senz’altro degna di attenzione, e meritevole ci sembra il parteciparvi; non prima, però, di aver girato una panoramica su i molti autori che in questi ultimi anni hanno fornito sussidi e guide, prima per la lettura dei giornali in generale, e poi per l’uso degli stessi nella scuola.

Sette guide al giornale

In questi ultimi anni si sono moltiplicate in Italia le guide alla lettura del giornale, e la nostra rivista non ha mancato di segnalarle. Tali l’eccellente, anche se un po’ lacunosa, Come si legge il giornale (Bari, 1975), di P. Murialdi2, la pur essa eccellente, anche se con qualche svista, La verità confezionata: Come leggere il giornale (Torino, 1974), di P. Bianucci3, l’orientata a sinistra Guida alla lettura del quotidiano (Rimini, 1976), di E. Cavazzoni4, la passabile e un po’ discutibile Che cos’è il giornale (Milano, 1977), di E. Sterpa5, l’aperta anche ai problemi religiosi Guida al giornale (Torino, 1981), di P. Paoluzi6, e soprattutto «la — al dire di G. Spadolini — meritevole di ogni attenzione» Il giornale (Firenze, 1980), del navigato giornalista parlamentare e dell’ANSA F. Pettinelli7. Nel 1981 ne è uscita un’altra, che ben merita qualche parola di presentazione.

Accostarsi al quotidiano8 è forse la più professionale di tutte, redatta com’è da quattro specialisti e cattedratici. G. Braga, docente di sociologia delle comunicazioni a Trento9, vi tratta del quotidiano nel quadro di una società democratica quale quella italiana, con particolare attenzione alle alternative offerte dagli altri mass media. E. Mascilli Migliorini, docente di sociologia delle comunicazioni a Urbino10, vi delinea la circolarità del processo formativo del messaggio: dalla raccolta e selezione delle notizie alla loro distribuzione e lettura. Entro tale quadro, E. Monti Civelli e C. Cipolli, anch’essi docenti alla facoltà di sociologia di Trento, vi rilevano: l’una le caratteristiche formali del messaggio stampato, onde favorirne una corretta interpretazione, e l’altro il momento stesso della fruizione, con le sue implicazioni psicologiche. Ma non si esclude che qualche lettore chiuda questo professorale testo-guida chiedendosi se veramente, per accostarsi al quotidiano, si richieda nei lettori tanta esorbitanza di dottrina, probabilmente impervia alla stragrande maggioranza degli stessi professionisti del giornale; e se, almeno, nella stessa esorbitanza non potevano trovare qualche spazio anche i problemi etico-morali relativi all’uso e all’abuso dei messaggi giornalistici; infine, se per indurre i non-lettori ad accostarsi al quotidiano sia proprio necessario e utile un linguaggio specialistico-iniziatico quale quello del Braga.

E altri otto sul giornale in classe

In questi stessi anni sono uscite almeno altre otto guide sul giornale a scuola. Tali le pratiche ed elementari: Il giornale è tuo (Alba, 1978) e Il giornale a scuola (Torino, 1979), di G. Bonetto11, l’ottimo e vasto Il quotidiano in classe (Bologna, 1980), curato da N. D’Amico e L. Della Seta per la Divisione Quotidiani Gruppo Rizzoli-Corriere della Sera12, la buona, ma forse anche troppo folta, I giornali (Milano, 1980), di O. Calabrese e P. Violi13, e l’ottima ma intimidatoria raccolta di saggi accademici Il quotidiano a scuola (Firenze, 1981), curata da A. Cesareo14; infine le quattro più recenti che attendono di essere presentate.

Prima, viene la Guida curata per la Paravia da V. Sincero15. Si tratta di un sussidio per docenti piemontesi – non per nulla La Stampa di Torino vi ha collaborato – che fossero del tutto digiuni di giornalismo. Chiara, essenziale e pratica, abbonda su quanto riguarda storia terminologia e strutture del giornale; scarseggia, invece, sui condizionamenti economico-politico-ideologici contro l’obiettività dell’informazione, e sul conseguente necessario spirito critico nei lettori.

Viene, seconda, Il giornale, di A. Pesce e A. Massenti16. Benché calibrata per alunni della scuola media, vale anche per l’addestramento del lettore adulto. In 35 brevi capitoli, prima dà una presentazione generale del giornale, poi ne descrive i codici propri comunicativi, quindi ne spiega l’organizzazione produttiva: dalla ricerca delle notizie alla distribuzione in edicola, infine descrive le caratteristiche delle singole «pagine» o «rubriche». Originale e gradevole è il metodo con cui i singoli capitoli vi vengono strutturati. Precede una breve proposta dell’argomento, seguono uno o più ampi brani di autori che ne abbiano trattato con particolare competenza, completati da scelte e copiose illustrazioni, da dati documentativi e da didatticamente preziosi Riflettiamo insieme. In breve: una delle migliori e più pratiche guide oggi disponibili nella scuola e fuori.

La terza guida, di E. Lageder e A. Massenti17, non è da meno, anche se un po’ alta per lettori di scuole medie, come pure per docenti che non dispongano della ricca esperienza scolastica e didattica delle due Autrici: nell’ambito della scuola elementare la prima, e della scuola media l’altra. Loro proposito è prospettare le linee fondamentali e generali di un progetto di educazione al giornale, mirando a un decondizionamento precoce dei giovani lettori, tenendo conto delle reali condizioni di partenza della scuola d’obbligo. E lo perseguono ottimamente, con ricchezza di esercizi, itinerari operativi e abbondante materiale di lavoro; nella persuasione che l’uso del quotidiano nella scuola non debba rispondere, o non esclusivamente, come diffusione di dati e di notizie, ma come proposta di idee, e sollecitazione del pensiero e della coscienza. A questo proposito, singolare consenso merita la continua attenzione concessa dalle Autrici ai valori etico-religiosi.

Quarta, e per il momento ultima guida, viene Il nostro giornale della Macconi18. Particolarmente attenta alla controinformazione e informazione alternativa, come pure alla stampa femminile, sportiva e per ragazzi: anche per la sua lingua dotta è più saggio-conversazione che manuale. Nelle prime tre parti – Che cos’è il giornale, Riproduzione e diffusione della notizia e Cenni di storia del giornale – si rivolge ad adulti, e di buona cultura, fuori dell’ambito scolare. Solo nell’ultima parte, teorica e pratica, si rifà a Il giornale a scuola, verosimilmente a livello liceale.

Una polemica fuori segno

Per tutti questi Autori sembra pacifico che il giornale debba, o almeno possa, entrare liberamente nella scuola, come materia o come sussidio d’insegnamento. Dissentono, invece, tra gli altri, insieme col romano editore A. Armando, alcuni collaboratori della sua rivista Servizio Informazioni AVIO19, primo e più tenace tra i quali A. Sassone, soprattutto col suo volume dal titolo e sottotitolo programmatici: Il giornale fuori sede. La stampa degli adulti nella scuola degli adolescenti20.

Documentatissimo sulla legislazione e su tutta la letteratura in argomento, egli pone e discute la questione nei suoi presupposti pedagogico-politici. Prima, in tre capitoli, s’adopera a dimostrare che, né l’apertura all’attualità né l’educazione civica, predicate dagli «emerofili» quali imprescindibili funzioni rimodernatrici della scuola, quadrano di fatto con le attese e le capacità degli alunni e degli insegnanti: sia per i limiti dell’età adolescenziale dei primi, sia per l’impreparazione culturale dei secondi in campi che esulino dalla loro specifica preparazione di routine – quali sono quasi tutte le diverse rubriche giornalistiche –, sia per l’ormai stremata loro autorità scolastica, stante anche il logorio psicologico che mortifica la loro professione, declassata a mestiere e defraudata di ogni gratificazione sociale ed economica; sia, infine, per l’assurdità di una supplenza avanzata dagli stessi giornalisti21. Quindi, nella restante metà del volume egli cerca di convalidare le sue tesi descrivendo e documentando la Cronaca di un’illusione; vale a dire: di due esperienze di lettura e di comportamento di alunni e di insegnanti – a suo giudizio del tutto negative – da lui condotte in due licei romani dopo che una legge della regione Lazio vi aveva introdotto i giornali.

A parte alcune, forse troppo nere, sue valutazioni sull’atonia culturale e sull’apatia civile dei giovani d’oggi e circa l’odierna rovinosa condizione didattica e pedagogica della scuola in Italia – l’Autore non generalizza, forse, casi e situazioni limite? –, non si può non convenire con lui, come, in genere, con quelli del suo gruppo romano, nel ritenere senz’altro utile l’introduzione spontanea del giornale quale sussidio sporadico nell’insegnamento di singole materie – dalla filosofia alla religione, dalla storia alla letteratura alle lingue e alle scienze –, ma nel ritenerla, invece, incongrua rischiosa e fuori segno se imposta come sistematica e legale. E ciò soprattutto per due ragioni, più o meno rilevate dagli stessi Autori, più una terza che inesplicabilmente loro sfugge.

La prima ragione riguarda la carismatica funzione terapeutica attribuita dagli «emerofili» all’attualità giornalistica per rendere finalmente viva e moderna una scuola che – essi affermano – è restata arcaica e morta proprio perché chiusa alle vive realtà di ogni giorno. A prescindere dall’opinione, probabilmente ’68esca, che della scuola a essa soggiace, questa proposta sembra ignorare l’indigestione di attualità che, già fuori della scuola, procurano agli alunni la radio e la televisione; l’inflazione delle materie che già sono in programma rispetto ai ridotti orari scolastici; la propensione dei ragazzi a cercare nel giornale, non l’attualità che comporti riflessioni e valutazioni, bensì lo spettacolare e il sensazionale più evasivo, contro l’antipatia che, invece, in essi suscita ogni insegnamento che sia sanzionato da interrogazioni, compiti e voti; infine, almeno per l’Italia, la proposta dimentica il generalizzato uso e consumo di un linguaggio di «addetti ai lavori» da parte di giornalisti, politici, sindacalisti, e altri pochi adepti «che se l’intendono», incomprensibile agli studenti, buona parte dei quali ignora il senso delle parole più comuni e che, più che del giornale, ha bisogno della grammatica e del vocabolario.

L’altra ragione per giudicare, oltre che incongrua, anche rischiosa, la proposta degli «emerofili» sta nella fallace loro persuasione che il giornale possa e sappia senz’altro operare quale strumento di educazione civica: in particolare, di rodaggio democratico nel pluralismo e nella tolleranza delle opinioni altrui22. Essa ignora, infatti, o minimizza il pericolo d’indottrinamento che – se è comandato in tutti i Paesi a regime dittatoriale, dove tutti i mass media echeggiano la «Voce del padrone» per il mantenimento dello status quo –, è difficilmente evitabile anche in Italia. Infatti – è da chiedersi –: con quali criteri scegliere o escludere, per le singole classi o per intera una scuola, tra i tanti giornali di partito, o cosiddetti indipendenti? E a chi affidare scelte ed esclusioni? Ai singoli insegnanti, alla direzione degli istituti, oppure agli stessi studenti? E nella migliore – ma anche più improbabile – delle ipotesi di una presenza di più giornali di tendenze diverse in una stessa scuola, dove trovare, o come formare, gli insegnanti che sappiano vogliano e possano guidare gli alunni alla lettura «critica» del giornale, alla ricerca dell’informazione più oggettiva attestando chiaramente come loro «libera opinione» la propria ideologia, o almeno occultandola? Esperienze finora condotte in proposito, sia nelle regioni pilota, sia in libere iniziative locali, sono purtroppo risultate tutt’altro che rassicuranti. Troppo spesso il giornale in classe è divenuto uno strumento di propaganda ideologica e partitica23.

La terza, e a nostro parere, più persuasiva ragione avversa alla proposta didattico pedagogica degli «emerofili», sta nella preferenza esclusoria da essa concessa al giornale, sconoscendo tutti gli altri mass media, come se questi, nella realtà quotidiana, non costituissero la scuola parallela più concorrenziale rispetto alla scuola istituzionale d’obbligo24. Il fatto dipende da una circostanza che la dice lunga sull’obiettivo originale e primario – per lo più pudicamente sottaciuto – della proposta. Ed è che essa non è stata avanzata per iniziativa del mondo scolastico in pro dei propri interessi pedagogico-culturali, bensì dal mondo giornalistico, per almeno alleggerire, con un po’ di introiti extra, la cronica crisi economica in cui, specie in Italia, esso si dibatte. Infatti, nell’illusoria attesa che gli scolari, oggi forzati lettori dei giornali a spese delle regioni e dello Stato, passino domani a liberi acquirenti degli stessi, qualche boccata di ossigeno intanto se la sono assicurata, incassando, per esempio, 150 milioni l’anno dalla provincia di Trento, 600 milioni l’anno rispettivamente dalle due regioni Piemonte e Lazio, e ben un miliardo dalla regione Campania.

Sia permesso opinare che tanto denaro pubblico sarebbe molto meglio speso per finanziare iniziative atte a sensibilizzare educare e allenare gli studenti di ogni corso e livello di studi ai problemi e all’uso critico e giovevole di tutti i mass media. Tra parentesi, è quello che, almeno per le scuole cattoliche, vent’anni fa pionieristicamente disponeva il decreto conciliare Inter mirifica25 su i mass media, e quanto, dodici anni fa, confermava l’istruzione pastorale applicativa dello stesso Decreto Communio et progressio26. Due disposizioni però – dispiace doverlo rilevare – che ancora attendono di essere tradotte in pratica27.

1 Sull’esempio della Provincia autonoma di Trento, hanno proposto o varato leggi per «la diffusione della stampa nelle scuole le seguenti regioni: nel 1979 il Piemonte, nel 1980 la Toscana, l’Abruzzo, il Molise, l’Umbria, la Sicilia, la Sardegna e la Puglia; nel 1981 il Lazio, l’Emilia-Romagna, le Marche, la Campania» (A. SASSONE, ll giornale fuori sede, Armando, Roma 1982, 19).

2 Cfr Civ. Catt. 1976 I 619.

3 Cfr Civ. Catt. 1976 IV 620.

4 Cfr Civ. Catt. 1977 II 208.

5 Cfr Civ. Catt. 1980 I 103.

6 Cfr Civ. Catt. 1982 III 446.

7 Cfr. Civ. Catt. 1983 II 414.

8 Giorgio BRAGA – Carlo CIPOLLI – Enrico MASCILLI MIGLIORINI – Ester MONTI CIVELLI, Accostarsi quotidiano. Organizzazione del giornale e analisi sociologica, semiologica e psicosociale del messaggio stampato, ERI-RAI, Torino 1981, L. 9.000.

9 Cfr Civ. Catt. 1970 III 541 e 1978 III 549

10 Cfr Civ. Catt. 1977 II 263.

11 Cfr Civ. Catt. 1978 III 549 e 1980 IV 104.

12 Cfr Civ. Catt. 1980 IV 519.

13 Cfr Civ. Catt. 1981 IV 621.

14 Cfr Civ. Catt. 1982 II 102.

15 Vittoria SINCERO (a cura di), Guida al giornale. Come nasce e come si legge, Paravia, Torino 1980, 61, L. 3.300.

16 Alberto PESCE – Anna MASSENTI, Il giornale. Chi, che cosa, per chi, La Scuola, Brescia 1981, 158, L. 5.000.

17 Elisabetta LAGEDER – Anna MASSENTI, Il giornale a scuola, La Scuola, Brescia 1982, 176, L. 5.500.

18 Chiara MACCONI, Il nostro giornale quotidiano, LDC, Leumann (Torino) 1981, 160, L. 3.500.

19 Tali: M. De Guzzis, G. Giraldi, G. Gozzer, P. Massimi, A. Rigobello, S. Quinzio e F. Voltaggio, tutti intervenuti sulla Rivista tra il 1979 e il 1980.

20 Antonio SASSONE, Il giornale fuori sede. La stampa degli adulti nella scuola degli adolescenti, Armando, Roma 1982, 190, L. 8.000. L’Autore, docente di storia e filosofia nei licei, ha svolto attività di ricerca presso l’Istituto di sociologia dell’Università di Roma per conto del Consiglio Nazionale delle Ricerche.

21 Più recente e più duro in quest’argomento è il docente universitario C. F. MANERA, che, fuori del gruppo Armando, in Studi cattolici (novembre 1982, p. 755 ss) si è chiesto: Giornali in classe?, e ha risposto: Meglio fuori, dato che giornali e giornalisti non costituiscono altro che una «scuola parallela» di sinistrese malparlare, di cialtroneria cultural-politica, di sciacallismo cronachistico e di mitizzazione dell’effimero quotidiano.

22 Quando più saggiamente è stato scritto: «Insegna educazione civica qualsiasi professore di qualsiasi materia, che introduca un po’ di democrazia nella scuola, che abitui gli studenti a pensare con la propria testa, a discutere liberamente e ordinatamente, anziché a ricevere passivamente un insegnamento impartito dogmaticamente dalla cattedra» (E. TAGLIACOZZO, Educazione civica e storia, Ass. ltal. per la libertà della cultura. Roma 1960, 14).

23 In argomento va tenuto presente il Decreto ministeriale del 10 febbraio 1982 (in Gazzetta Ufficiale, n. 56/1982). Nell’art. 1, confermato l’ambito di diffusione dei giornali negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, li specifica in giornali che siano «quotidiani o periodici a carattere culturale e scientifico»; e precisa che la loro consultazione dovrà avvenire in ore diverse da quelle delle lezioni. Inoltre, nel secondo comma, delibera che il luogo di lettura sia la sala della biblioteca scolastica, o nelle riunioni dei docenti, o un’aula scolastica. Della scelta delle testate tratta l’art. 2, disponendo che spetta al Collegio dei docenti, vincolati a criteri generali indicati dal Consiglio d’istituto, e tenuto conto delle proposte formulate dai Consigli di classe. Criteri, dunque, d’imparzialità – come si dichiara con prosa enfatica – «al fine di assicurare nella scuola l’equilibrata presenza di più fonti d’informazione, ispirate a esperienze culturali diverse, indispensabili per un costruttivo confronto di opinioni, e per stimolare l’acquisizione dell’attitudine all’analisi critica dell’informazione» (C. GESSA – A. FRAGOLA, La legge sull’editoria, GEA, Roma 1982, 32).

24 Cfr in proposito Neil POSTMAN, Ecologia dei media. La scuola come contropotere, Armando, Roma 1981; presentato e discusso in Civ. Catt. 1982 III 499.

25 «I mass media sono messi alla portata di recettori di qualsiasi età e livello culturale. Affinché questi ne facciano un uso appropriato occorre quindi provvedere alla loro adatta e specifica formazione teorica e pratica. Perciò nelle scuole cattoliche d’ogni grado [...] si favoriscano e moltiplichino iniziative atte a questo scopo, soprattutto se destinate a giovani» (n. 16).

26 «Siffatta formazione deve impartirsi metodicamente e regolarmente nelle stesse scuole, dove gli studenti siano addestrati, gradualmente ma con sicurezza, alla conoscenza teorica e pratica dei principi, alla lettura e alla critica delle opere più recenti. Perciò questa disciplina trovi una sua collocazione nei programmi scolastici [...]» (n. 69).

27 Mentre andiamo in stampa la discussione continua. Segnaliamo la buona recensione sul Sassone uscita in Problemi dell’informazione, febbraio-giugno 1983, p. 302; il volume L’educazione al quotidiano nella scuola, Atti del Seminario organizzato a Milano (17-18 aprile 1980) dall’Assessorato all’istruzione e formazione professionale; infine il Convegno su Il giornale nella scuola (Mestre: 16-17 dicembre 1982), organizzato dagli Assessorati alla pubblica istruzione del comune e della provincia di Venezia.

In argomento

Massmedia

n. 3405, vol. II (1992), pp. 260-268
n. 3351, vol. I (1990), pp. 260- 269
n. 3310, vol. II (1988), pp. 351-363
n. 3218, vol. III (1984), pp. 144-151
n. 3200, vol. IV (1983), pp. 158-164
n. 3195-3196, vol. III (1983), pp. 209-222
n. 3188, vol. II (1983), pp. 154-161
n. 3191, vol. II (1983), pp. 463-467
n. 3179, vol. IV (1982), pp. 464-467
n. 3141, vol. II (1981), pp. 222-237
n. 3088, vol. I (1979), pp. 351-359
n. 3075-3076, vol. III (1978), pp. 223-238
n. 3072, vol. II (1978), pp. 566-573
n. 3062, vol. I (1978), pp. 151-159
n. 3058, vol. IV (1977), pp. 349-362
n. 3055, vol. IV (1977), pp. 45-53
n. 3045, vol. II (1977), pp. 260-272
n. 3034, vol. IV (1976), pp. 336-351
n. 3036, vol. IV (1976), pp. 580-587
n. 3022, vol. II (1976), pp. 323-336
n. 3013, vol. I (1976), pp. 20-36
n. 2990, vol. I (1975), pp. 144-157
n. 2983, vol. IV (1974), pp. 36-48
n. 2973, vol. II (1974), pp. 250-256
n. 2967, vol. I (1974), pp. 258-263
n. 2961, vol. IV (1973), pp. 258-263
n. 2942, vol. I (1973), pp. 144-150
n. 2927, vol. II (1972), pp. 451-456
n. 2911, vol. IV (1971), pp. 39-48
n. 2913, vol. IV (1971), pp. 235-253
n. 2882, vol. III (1970), pp. 154-160
n. 2870, vol. I (1970), pp. 155-160
n. 2859-2860, vol. III (1969), pp. 219-230
n. 2739, vol. III (1964), pp. 246-254
n. 2729, vol. I (1964), pp. 422-435
n. 2702-2704, vol. I (1963), pp. 105-118, 313-325
n. 2636, vol. II (1960), pp. 124-39
n. 2612, vol. II (1959), pp. 113-124
n. 2548, vol. III (1956), pp. 400-408