Articolo estratto dal volume II del 1974 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Da quattordici anni la RAI-TV ci programma Tribuna politica1: quali gli effetti? Nel 1966-’67 il Gruppo Studi Audiovisivi dell’Istituto di Sociologia dell’Università di Firenze, su incarico e finanziamento del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha condotto una indagine sistematica in proposito2, e nel l 971 ne ha pubblicato in volume alcuni risultati3. Mette conto rilevarne specialmente due, che ci riguardano più da vicino come fruitori, e che – concluderemo – ci propongono, forse, una revisione del nostro comportamento, non proprio brillante, di cittadini tele-utenti. Il primo riguarda le parti recitate in Tribuna politica dagli uomini politici; l’altro riguarda il comportamento degli spettatori destinatari del Programma.
Le “dramatis personae”
Sia per il condizionamento del mezzo – la televisione –, sia soprattutto per le modalità con le quali il programma in Italia è stato impostato, Tribuna politica, più che come comunicazione-informazione, si presenta quale spettacolo-gioco. Attori ne sono i moderatori e gli eventuali giornalisti; ma prima e soprattutto gli uomini politici che, appunto, vi “recitano la parte”.
Nel periodo di propaganda elettorale preso in esame – la prima serie oratoria dei Leaders politici: dal 12 al 21 ottobre 19604 – questi attori protagonisti sono stati otto. Ed altrettante, ovviamente, sono tate le “parti”, tutte però modellate su uno stesso schema di discorso, riducibile – per usare la terminologia dei ricercatori – a sei attanti, disposti su tre assi semantici opposti binariamente. Vale a dire, in termini meno iniziatici, in tre coppie; la prima delle quali (asse della ricerca) riguarda il Partito ed il suo Programma; la seconda (asse della prova) gli altri partiti o gruppi, secondo che siano Alleati o Avversari; la terza (asse della comunicazione) riguarda il Destinante ed il Destinatario del Programma. Sicché, in sintesi, lo schema comune del discorso politico televisivo sarebbe questo: il Partito, rappresentato dall’“attore”, propone il proprio Programma, appoggiato dagli Alleati ed osteggiato dagli Avversari, appellandosi ad un Destinante che “fa autorità” su un determinato Destinatario.
Questo schema di discorso, non tanto lambiccato quanto sembrerebbe, non è esclusivo del discorso politico, ma comune ad ogni discorso ideologico-suasorio. Per facilitarne la comprensione, i Ricercatori lo esemplificano (Tabella A) con due “casi”, non sappiamo quanto appropriati, non-politici. Il primo riguarda la filosofia classica, supponendone come fine la conoscenza; il secondo riguarda l’ideologia marxista militante, supponendone come fine la salvezza dell’uomo.
TABELLA A
ATTANTI | FILOSOFIA CLASSICA | MARXISMO MILITANTE |
Asse-RICERCA: il Soggetto l’Oggetto |
Il filosofo Il mondo |
L’uomo La società senza classi |
Asse-PROVA: gli Alleati gli Avversari |
Lo spirito La materia |
La classe operaia La classe borghese |
Asse-COMUNICAZIONE: il Destinante il Destinatario |
Dio L’umanità |
La storia L’umanità |
In quale maniera gli otto leaders hanno seguìto questo schema comune nella relativa strategia di convincimento, rispetto al particolare momento politico O’apertura a sinistra) delle elezioni amministrative del 1960?
Nella Tabella B riportiamo alcuni dei risultati cui sono pervenuti i Ricercatori: nei quali, allo scopo di questa nostra Nota, giova rilevare, non tanto l’annessione o meno di alleati di comodo o le scelte proposte agli elettori, perché, trattandosi di partiti politici, la cosa era scontata in partenza; quanto la messa in luce o in ombra, ed anche la manipolazione più o meno flagrante, con cui vi risultano trattati gli elementi del discorso (gli attanti), in funzione suasoria, per dare del proprio partito l’immagine più gradevole possibile o, almeno, meno nera di quella, si presume, presentata dagli avversari.
TABELLA B
LEADERS | ATTANTI | |||||
Asse della RICERCA | Asse della PROVA | Asse della COMUNICAZIONE | ||||
Soggetto | Oggetto | Alleati | Avversari | Destinante | Destinatario | |
1. Moro | DC: partito democratico, popolare, né di destra né di sinistra | Sicurezza e consolidamento dell’area democratica | Quelli che apprezzano la DC sostengono il governo | Destra e sinistra, forze estreme e totalitarie | Elettori | Il Paese, la democrazia |
---|---|---|---|---|---|---|
2- Michelini | MSI: coerente agli impegni | Chiudere a sinistra | Nessuno: per colpa dei partiti di destra | La sinistra, il marxismo | Corpo elettorale | La Nazione |
3. Togliatti | PCI (?) | Svolta a sinistra, difesa della COstituzione e della democrazia, contro il monompolio della DC | Gli antifascisti, i democratici popolari | La DC: autoritaria, monopolista, anticostituzionale | Elettori | Il Paese |
4. Covelli | PDI: monarchico, democratico, religioso, nazionale | Lotta morale alla sinistra, difesa della Patria | I cattolici, i democratici, i lierali: se nazionalisti ed antimarxisti | La sinistra (anche DC), i demagoghi | Elettori, il popolo italiano | La Patria, la Nazione |
5. Malagodi | PLI: democratico | Distinzione fra democrazia e non-democrazia | Partiti democratici | L’estrema destra e l’estrema sinistra: nemici della democrazia | Elettori | Il Paese, tutti |
6. Reale | PRI: disinteressato | Solo amministrativo: per la sicureza e l’allargamento della democrazia | Forze democratiche: DC se antitotalitaria, PSI se non frontista | All’interno: le istituzioni corrotte; all’esterno: gli estremisti di destra e di sinistra | I cittadini, gli elettori | I cittadini |
7. Saragat | PSDI (?) | Consolidare la democrazia, giustizia sociale | I democratici, i ceti medi non conservatori, i proletari non comunisti | Il PCI totalitario, l’estrema destra, i capitalisti, i conservatori | La classe lavoratrice, gli elettori | La classe lavoratrice |
8. Nenni | PSI: autonomo | Svolta a sinistra per battere la destra e innovare il Paese | Classe operaia, schieramento operaio antifascista | La destra politica e sociale (clerico-fascista) | Il Paese, gli elettori | Il Paese, la società |
Da notare, intanto, la carica di valore o di disvalore con cui i leaders usano di alcuni termini, come destra, centro, sinistra, ordine e rinnovamento; come, secondo le ideologie, optano tra termini similari, quali Paese, Patria, Nazione, popolo, società, corpo elettorale, cittadini; scelgono tra popolare e classi lavoratrici; tra religioso, cattolico e clericale; tra proletari, marxisti e frontisti...; e soprattutto come usano del termine democrazia. Quasi tutti i leaders ne fanno uso abbondante, eccezion fatta – e pour cause! – di quello del MSI; ed anche di quello del PSI, perché tutto preoccupato, sul momento, di dimostrare l’autonomia del suo partito dal PCI. Tuttavia, solo due ne rilevano l’ambiguità: quello del PLI distinguendo tra autentica e pseudo-democrazia, e quello del PDI tra democrazia e demagogia. In particolare – ed anche questo pour cause! – ne ignora ogni precisazione ideologico-semantica il leader del PCI, pur attaccando come antidemocratico un partito quale la DC, che nella sua stessa ragione sociale si qualifica sostantivamente democratica. Da notare anche le reticenze alle quali ricorrono gli stessi leaders nel qualificare i propri programmi, ridotti, dato il momento, a semplicistici “chiudere o no a sinistra”, “battere o no la destra”; e nello spiegare la fisionomia specifica del proprio partito. Eccezion fatta per la DC e per il PDI, che a dichiarare i propri connotati, autentici o ritoccati, non hanno nulla da perdere, gli altri si qualificano con cautela “autonomo”, “democratico”, “disinteressato”; il MSI e il PCI, poi, poli referenziali della partita elettorale, se la cavano: il primo con un nebuloso “coerente agli impegni”, il secondo tacendo del tutto il proprio programma specifico, anzi ignorando del tutto i termini marxismo, socialismo, comunismo, pur usati invece da Nenni e da Saragat, e presentandosi, non anti-sistema, non lotta sistematica e, se necessario, eversiva, ma integrato nella Costituzione, paladino di essa, manomessa dalla violenza della DC. A queste reticenze si accompagna il garbo tattico usato dagli stessi nel trattare gli altri partiti: concorrenti, sì, nella lizza elettorale, ma non da alienarseli, nella strategia di future possibili alleanze. Così Togliatti ce l’ha anche col PSI, ma non troppo: staccarlo dalla DC, ma conservarselo compagno!; cosi Saragat col PLI: non si sa mai!; cosi Nenni con la DC: no alle frange clerico-fasciste, ma sì con gli antifascisti!; così Covelli col MSI: è vero, non è democratico, ma almeno non è a sinistra!
Non è questa la sede per appurare quali e quante di queste astuzie nel “gioco delle parti” rientrino nell’armamentario della convenzione oratoria, oppure facciano parte della manipolazione adescatrice. Ci si può chiedere, invece, quanti dei telespettatori siano in grado di avvertirle, sì da orientare le proprie scelte non sull’onda del bel discorso, e tanto meno imboniti e frodati; quanti, poi, di essi, a distanza di anni, siano in grado di ricordare i codici semantici usati dai singoli oratori e partiti nelle campagne precedenti, e di giudicarne le probabili variazioni; quanti, almeno, in una stessa campagna di Tribuna politica trovino tempo e volontà per ascoltare tutte le campane, e siano in grado di giudicarvi, nel confronto, l’attendibilità delle diverse voci.
Come reagiscono
Qualche elemento per sciogliere alcuni di questi quesiti lo offre la Ricerca di cui trattiamo, riferendo sul controllo empirico da essa eseguito del pubblico di Tribuna politica. Vero è che il campione su cui essa ha operato non può considerarsi sufficientemente rappresentativo del comportamento generale e stabile degli italiani: è composto, infatti, di appena una sessantina di teleutenti, tutti di una città: Firenze, e tutti interrogati su una sola serie di Tribuna politica: quella dell’11 maggio e 22 giugno del 19675. Tuttavia i risultati da essa segnalati sono sorprendentemente indicativi, non foss’altro quale ulteriore conferma della risaputa teoria del Klapper6.
Com’è noto, contro l’opinione corrente, che attribuiva ai mass media un travolgente effetto-valanga, una decina di anni fa il Klapper, partendo da ricerche e conclusioni dei sociologi americani più seri, mise in dubbio che le comunicazioni dei mass media fossero, di per se stesse, cause efficienti degli effetti ad essi attribuiti, ed avanzò l’ipotesi che agissero piuttosto insieme ad altri fattori esterni, i quali finivano col renderle più causa di rafforzamento delle opinioni e dei comportamenti dei recettori, che di variazioni e di “conversioni”; e tra questi fattori esterni egli pose innanzi tutto le predisposizioni degli stessi recettori, determinanti i loro processi, come egli li ha detti, di esposizione, di percezione e di memorizzazione selettiva ai mass media ed ai loro contenuti; concludendo così (pp. 53 ss., 99 ss):
”In generale la gente tende ad esporsi a quelle comunicazioni di massa che concordano con gli atteggiamenti e gli interessi persistenti in ciascuno, mentre consciamente o inconsciamente evita le comunicazioni discordanti. Quando, nondimeno, le persone vengono esposte a materiale non congeniale, sembrerebbe che spesso esso non venga percepito, oppure che venga modellato o interpretato fino a farlo quadrare con le vedute preesistenti, o anche che sia dimenticato assai più rapidamente del materiale più congeniale. I processi che queste forme di autodifesa comportano sono noti come esposizione selettiva (o, più classicamente, ’autoselezione’), percezione selettiva e memorizzazione selettiva”.
Ebbene, come si espone percepisce e memorizza, a proposito di mass media, ed alla televisione in particolare, molto pubblico nostrano? – Spigoliamo nel volume (pp. 93 ss.).
Alla domanda: “Quali programmi tv lei vede più volentieri?”, le preferenre, tanto dei due gruppi DC e PCI quanto di quello di controllo vanno quasi tutte a favore dei programmi evasivi, con un piccolo scarto in favore di quelli culturali da parte del gruppo PCI7.
Richiesti come fruiscano di Tribuna politica, i membri del gruppo PCI rispondono di orientarsi di preferenza sui rappresentanti del proprio partito (uno del gruppo dichiara: “Vedo solo quelle del PCI, perché il mio partito è il più bello e il più esemplare”), e, in misura minore, su tutti i telecomizi, esclusi però in ogni caso gli oratori dei partiti di estrema destra.
Richiesti quali fossero gli oratori più efficaci, quelli del gruppo DC pongono primo assoluto Rumor; però, sia pure con netto distacco, seguono Malagodi e Nenni, quindi anche Romualdi e Piccoli, Fanfani e Tanassi, Moro e Scelba. Il meno efficace risulta Longo, seguito da La Malfa e Covelli, poi da Reale, Moro e Michelini. Per il gruppo PCI invece i più efficaci risultano Longo e Paietta, immediatamente seguiti da Togliatti e Terracini, quindi da Ingrao, Vecchietti, Amendola, Natta, Granelli, Napolitano, Basso, Valori, Malagodi. I più inefficaci sono Michelini, Moro e Nenni, seguiti da Rumor, De Martino e Covelli, infine da Malagodi e Tanassi. Commentano i Ricercatori:
“La variabile partitica appare essere più rigida nel gruppo comunista che non in quello democristiano: i primi infatti ritengono efficaci solo gli oratori del proprio partito, con l’unica eccezione di Vecchietti, Basso e Valori, peraltro appartenenti ad un partito di sinistra come il PSIUP, e un’isolata indicazione di Malagodi; a conferma di ciò, tra gli inefficaci non appaiono mai oratori del PCI, e neppure del PSIUP” (p. 102).
Invitati a dare un giudizio sulle figure dei leaders, quelli del gruppo DC sceglievano quasi esclusivamente qualificazioni positive per Rumor, e negative per Longo. Persuasivo, disinvolto, obbiettivo, abile e non polemico il primo; fazioso, polemico, sfuggente, impacciato, inefficace e non abile il secondo. Ed ovviamente avveniva esattamente il contrario nel gruppo PCI: persuasivo, obbiettivo, non polemico, disinvolto ed abile Longo; inefficace e fazioso Rumor.
Una conferma della drasticità di tale divaricazione tra i due gruppi si aveva dalle risposte alle domande: “Su quale argomento è stato più felicemente persuasivo Longo? " e “Ci sono argomenti che le sembra siano stati da lui trattati in modo oscuro o confuso?”. Rispetto alla prima domanda, ai “nessuno” corali dei democristiani si opponevano i decisi “tutti” dei comunisti”; e rispetto alla seconda: tutti i democristiani senza eccezione hanno risposto “sì”, e tutti i comunisti hanno risposto “no”.
His stantibus, la risposta alla domanda “La trasmissione di questa sera ha in qualche modo modificato l’opinione che lei aveva dei problemi trattati?” risulta scontata: tutti infatti gli spettatori, così comunisti come democristiani, hanno concordemente risposto “no”; e altrettanto scontata risulta la risposta alla domanda seguente: “La stessa trasmissione ha in parte modificato l’opinione che lei aveva degli oratori?”: tutti infatti i membri dei due gruppi si sono ancora una volta espressi in modo negativo; così confermando la tesi del Klapper, che la televisione (come l’insieme dei media) abbia efficacia nel rafforzare le opinioni e gli atteggiamenti precedenti, ma non nel modificarli.
Oltre “Tribuna politica”
I Ricercatori chiudono questa loro Ricerca con dodici ipotesi di lavoro specifiche (pp. 120 ss.). Non le riportiamo, anche perché la loro comprensione suppone la conoscenza di tutte le risultanze della stessa Ricerca, molto più numerose e particolareggiate di quelle che in questa Nota siamo andati rilevando. Per conto nostro chiudiamo con due considerazioni.
La prima è che, a prescindere dal caso specifico della rubrica Tribuna Politica, è da ritenere, in generale, che l’impatto della televisione, e dei mass media in genere, dipende in massima parte dalla preparazione culturale e critica dei recettori. La seconda è che una riforma della RAI-TV8, per essere veramente valida, deve essere contestuale; vale a dire: deve essere inserita entro una politica globale delle comunicazioni, la quale, a sua volta, venga inserita in una politica generale tout court, volta dunque anche a formare gli stessi recettori all’uso critico dei media. Nota G. Braga9:
“Qualsiasi politica delle comunicazioni, la quale voglia porre un argine alla riduzione del fenomeno culturale e semplice consumo, non può limitarsi a definire il modo in cui viene regolato l’accesso dei messaggi alle reti centralizzate e diffusive, bensì richiede anche un rafforzamento delle capacità dei recettori a situare correttamente il messaggio ed a comprenderlo in modo critico. Il che non può avvenire se non v’è un’adeguata politica della scuola ed una costruttiva politica editoriale, cioè una trasformazione dell’intero livello della cultura organizzata”.
1 AA.VV., Dieci anni di Tribuna politica: 1960-1970, Roma, RAI, 1970 (Civ. Catt. 1971 II 410).
2 L’ha diretta il Camillo Pellizzi, coadiuvato dal prof. Gilberto Tinacci Mannelli, e dai dott. Gabriella Busignani Buzzatti, Paolo Fabbri, Pier Paolo Giglioli e Carlo Massa.
3 Il telecomizio: aspetti semiologici e sociologici del messaggio politico televisivo, Urbino, Ed. Montefeltro, 1971, 259. L. 3.500.
Malgrado la non coincidenza del piano di ricerca (il Cahier la estende anche alla radio e alla stampa), è utile un confronto con un’indagine similare condotta in Belgio nello stesso torno di tempo, documentata nel n. 19 di Etudes de radio-télévision: Les Cahiers de Radiodiffusion-Télévision Beige, Bruxelles 1973, 115.
4 E precisamente, nell’ordine: il 12 ottobre Moro, per la Democrazia Cristiana; il 13 A. Michelini, per il Movimento Sociale Italiano; il 14 P. Togliatti, per il Partito Comunista Italiano; il 17 A. Covelli, per il Partito Democratico Italiano; il 18 G. Malagodi, per il Partito Liberale Italiano, il 19 O. Reale, per il Partito Repubblicano Italiano; il 20 G. Saragat, per il Partito Socialista Democratico Italiano; il 2 P. Nenni, per il Partito Socialista Italiano.
5 Eccone i criteri di scelta: “Si è proceduto innanzi tutto ad una scelta di metodo casuale negli albi degli iscritti alle sezioni fiorentine dei due massimi partiti italiani (DC e PCI) di un gruppo di quindici elementi, che sono stati invitati ad assistere, rispettivamente presso la Sezione Centro della DC e presso la Casa del popolo Andrea Sarto, alle trasmissioni televisive di Tribuna politica dell’11 maggio e del 22 giugno 1967: la prima imperniata sulla conferenza stampa dell’on. Longo, segretario del PCI, e la seconda sulla conferenza stampa dell’on. Rumor, segretario della DC.
“Alla fine della prima trasmissione è stato consegnato ai partecipanti un questionario in cui una parte delle domande aveva carattere generale, e si riferiva al tipo di esposizione che i soggetti avevano nei confronti della televisione, alle esperienze di fruizione da essi già avute in merito alla rubrica Tribuna politica, alle loro opinioni circa la trattazione dei problemi politici alla televisione e infine alle loro preferenze circa le varie fonti di informazione di cui potevano normalmente disporre. Una seconda parte del questionario era esplicitamente connessa alla conferenza stampa testé fruita, con domande ad essa inerenti. Questa seconda parte del questionario ha formato oggetto di compilazione, sia in occasione della prima che della seconda conferenza stampa.
“Dopo la compilazione dei questionari si è promossa una discussione di gruppo, al fine di controllare empiricamente come l’opinione dei leaders nell’ambito dei singoli gruppi influenzasse le reazioni individuali, anche in riferimento ai protocolli di base rappresentati dai questionari già raccolti.
“Un’analoga raccolta di dati a mezzo dello stesso questionario veniva contemporaneamente espletata in un gruppo di una trentina di persone, che avevano come unico elemento comune la non iscrizione ad alcun partito politico: tale gruppo aveva esclusivamente funzione di controllo al fine di far risaltare l’eventuale tipizzazione delle risposte che venivano date alle stesse domande degli iscritti ai partiti” (pp. 90-91).
6 Nell’ormai classico: The Effects of Mass Communication, del 1960; trad. ital.: Gli effetti delle comunicazioni di massa, Milano, ETAS Kompass, 1965, 357. L. 5.000 (Civ. Catt 1968 I 509).
7 È un particolare che non riguarda Tribuna politica, e neanche la televisione, ma che va segnalato. Notano i Ricercatori: “Per il gruppo DC la principale fonte, sia d’informazione in genere che d’informazione politica, e la stampa, e il giornale maggiormente segnalato da tutti è La Nazione. Tale indicazione è indubbiamente dovuta al fatto che questo giornale ha in Firenze la sua zona di preponderanza assoluta, superando la sua diffusione quella di tutta la concorrenza messa insieme: pur tuttavia non si può non sottolineare che – tranne un solo interpellato, che segnala il giornale cattolico L’Avvenire d’Italia – la totalità degli appartenenti al gruppo DC appare stranamente orientata ad avere come suo organo d’informazione un giornale come La Nazione [...] d’intonazione indubbiamente liberale. Si conferma inoltre attraverso le risposte date a questa domanda la costatazione che, circa il gruppo DC è stata fatta sopra, cioè che essi appaiono fruire della televisione principalmente in funzione evasiva: infatti uno solo dei telespettatori assidui la cita come la principale fonte di informazione, mentre tutti gli altri, assidui o no, la pongono sempre in posizione subordinata rispetto alla stampa.
“Per il gruppo PCI le due fondamentali fonti d’informazione politica sono costituite dalla stampa e dai rapporti personali [...]. Per quanto riguarda la stampa, la segnalazione è unanime per L’Unità, e parziale per gli altri organi del PCI (Rinascita, Vie nuove, Paese sera, Noi donne); in un solo caso si ha l’indicazione del giornale La Nazione” (pp. 93-94).
8 Cfr La Radio-Televisione è cosa nostra, in Civ. Catt. 1974 I 258 ss.
9 G. BRAGA, La comunicazione sociale, Torino, ERI, 1969, 179.