NOTE
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1 P. BALDELLI, Comunicazione audiovisiva e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1966, in-16º, pp. 296. L. 1.750.

2 V. MARCOZZI, Australopitecine e utensili, in Civ. Catt. 1965, III, 17-27.

3 H. BREUIL, Le gisement à Sinanthropus de Chou-Kou-Tien (Chine) et ses vestiges de feu et d’industrie, in Anthropos, 37, 1932, pp. 1-8; W. SCHMIDT, Remarques sur le fait qu’on n’a trouvé que de crdnes et de mandibules du Sinanthropus, ivi, pp. 9-10.

4 A. LEROI-GOURHAN, Les religions de la préhistoire (Paléotithique), Paris, P.U.F., 1964.

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Articolo estratto dal volume III del 1967 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

Il professor Pio Baldelli pubblica ancora un volume1 Si tratta di una raccolta di studi e saggi, di varia lunghezza ed impegno, probabilmente scritti o detti in diversi tempi secondo che le circostanze – film in circolazione, libri ed articoli di cinema, vicende di attori, convegni, ecc. – lo sollecitavano; quasi tutti vòlti a scagionare cinema e spettatori dalle accuse di essere, il primo: stupefacente, criminogeno e diseducatore; i secondi: greggi succubi ed evasori inerti; e, conseguentemente, vòlti a dibattere il problema: se, come e quanto il cinema possa essere, o convertirsi, in strumento di formazione genuinamente umana.

Per quanto un po’ ridondante ed affastellato, il volume si legge utilmente; e si chiude con alcune certezze e con molti dubbi.

Le certezze riguardano la generosa fiducia del Baldelli nei ragazzi (e questa ci trova fondamentalmente d’accordo); la sua stima entusiastica per il cinema in sé (ma qui, secondo noi, qualche «distinguo» non guasterebbe; come subito si vedrà); e, finalmente, il suo esuberante spirito polemico: che, se lo rende efficace nell’attaccare e smontare le posizioni false, o presunte false, degli altri, lo lascia poi piuttosto sguernito nei suoi punti vulnerabili, e soprattutto nell’esposizione positiva di una sua verità coerente.

Branca, Tarroni, Leglise, Agazzi, Epstein, D’Ancona, Gemelli, Agel, Mann, Volpicelli, Barbaro, Balasz, Michotte, Di Giammatteo...: come all’opera dei pupi, con gran rumore di ferraglia, a ciascuno una botta, ed è sistemato. E non sempre i colpi cadono a torto. Perché circa il cinema, anche da grossi nomi, di sciocchezze, magari confortate da statistiche (fasulle) e da (più fasulle) inchieste, se ne son dette tante! Ma, qualche volta, tanto armeggiare sembra sproporzionato rispetto alla modesta pericolosità dell’avversario.

Restando, ovviamente, nel campo degli opinabili, ci pare che la polemica si ridurrebbe e si chiuderebbe più fruttuosamente se, intanto, si scalassero nel tempo autori ed affermazioni: molti e molte, poniamo degli anni ’40 e ’50, riscotendo ormai un peso appena appena cronachistico. Inoltre se, quando possibile, non si sforzassero le obiezioni al caso limite, contro il quale è fin troppo agevole la smontatura polemica, tanto esso si manifesta paradossale. Infine, se alle eventuali differenze di opinione non si accompagnassero necessariamente giudizi di valore opposti, e perciò, nella prassi, alternative esclusive, e non, poniamo, complementari.

Per esemplificare: trattando dell’influsso pernicioso del cinema, perché ipotizzare soltanto, o soprattutto, quello che riguardi la delinquenza, come condotta o come tecnica? La risposta, oggi, almeno da parte di chi non sia orecchiante in materia, è scontatissima; perciò è inutile polemizzarci su. Resta, invece, apertissima, la questione dell’influsso più generale del cinema, che si attuerebbe non traumatizzando lo spettatore (anche questo può succedere), ma stratificando in lui per via di impulsi coerenti, soprattutto se armonici con quelli di altri strumenti di comunicazione sociale, e non ridimensionati dall’ambiente familiare e sociale più vasto. Similmente, perché opporre linguaggio a linguaggio, quasi che ce ne fossero, in concreto ed isolati, alcuni necessariamente «tutto raziocinio e logicità», altri, invece, «tutto emozione e paticità»; e non parlare, al più, di prevalenze, di tendenze: da moderare e da equilibrare, dunque, e non da negare ed opporre? Per ricorrere – questa volta siamo noi – ad un caso limite: come non ammettere che con la musica non si possa né esporre, tanto meno dimostrare, il teorema di Pitagora, e che, per converso, non c’è formula algebrica capace di esporre e comunicare stati d’animo e sentimenti del poeta? Ma, ciò posto, mette conto discutere se il linguaggio algebrico sia superiore, inferiore o contrario a quello della musica? Non sarebbe più utile e realistico, al più, indagare su come, nell’uomo vivo e concreto, equilibrare eventuali eccessi fantastico-emotivi dell’artista con qualche apporto positivo-logico, di cui forse abbonda ed avanza il matematico, o con esperienze di altro genere?

Ancora: ci sembra che molte occasioni polemiche cadrebbero se si distinguesse sempre tra cinema come mero strumento di registrazione (e tra le cose da esso registrate ci potrebbero essere anche altri modi di comunicazione...), e cinema come modo di espressione-comunicazione tipico; indi applicare eventuali teorie sul cinema in sé al contesto reale nel quale il cinema oggi agisce; contesto che rarissimamente permette al mezzo di agire in situazione di limite: vale a dire in funzione di semplice registrazione o di espressione creativa del tutto autonoma; ma lo fa veicolo, volta a volta, di comunicazioni, per esempio, letterarie, teatrali, pittoriche, mimiche, coreutiche, musicali, ecc., in funzione ora di spettacolo scacciapensieri, ora di dignitose ed anche alte esperienze culturali, ora di più o meno parziali fruizioni estetiche, ora di predicozzi moralistici e di comizi ideologico-politici, ora di beveraggi, inebrianti o afrodisiaci...: casi tutti che, invocati come espedienti di attacco e difesa polemici, poco o nulla possono risolvere su questioni generali e di fondo.

Questo rilievo ci pare che valga pure circa i Documenti che il Baldelli raccoglie nella parte terza ed ultima del volume. Interessantissimi: ma che cosa provano ai fini dell’argomento controverso? Come dopo tanti altri referendum, inchieste e ,simili, ci pare che nessun dubbio, toccato nel resto del volume, vi viene sciolto; nessuna certezza nuova vi viene acquisita, e le cose restano al punto di prima.

O, meglio: un’altra certezza c’è. Ed è che ragazzi come quelli che il Baldelli ha saggiamente ed appassionatamente iniziato ed educato al cinema non rappresentano affatto la massa degli spettatori comuni. ll che prova l’urgente necessità di allargare a tutti detta iniziazione ed educazione, con passione ed impegno. Anche su questo ci troviamo pienamente d’accordo.

1 P. BALDELLI, Comunicazione audiovisiva e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1966, in-16º, pp. 296. L. 1.750.

2 V. MARCOZZI, Australopitecine e utensili, in Civ. Catt. 1965, III, 17-27.

3 H. BREUIL, Le gisement à Sinanthropus de Chou-Kou-Tien (Chine) et ses vestiges de feu et d’industrie, in Anthropos, 37, 1932, pp. 1-8; W. SCHMIDT, Remarques sur le fait qu’on n’a trouvé que de crdnes et de mandibules du Sinanthropus, ivi, pp. 9-10.

4 A. LEROI-GOURHAN, Les religions de la préhistoire (Paléotithique), Paris, P.U.F., 1964.

In argomento

Mostre

n. 2830, vol. II (1968), pp. 358-364
n. 2815, vol. IV (1967), pp. 55-58
n. 2793, vol. IV (1966), pp. 263-268
vol. IV (1964), pp. 213-226
vol. III (1964), pp. 551-562
n. 2721, vol. IV (1963), pp. 234-247
n. 2691, vol. III (1962), pp. 232-245
n. 2576, vol. IV (1957), pp. 152-166
n. 2570, vol. III (1957), pp. 166-180
n. 2551, vol. IV (1956), pp. 49-62
n. 2528, vol. IV (1955), pp. 148-162
n. 2432, vol. IV (1951), pp. 141-151