Articolo estratto dal volume IV del 1982 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
La notizia giornalistica – non c’è informatore che lo ignori – comporta le cinque coordinate significate dai cinque W inglesi: Who (=Chi), What (=Che cosa), Where (=Dove), When (=Quando) e Why (=Perché); in quanto, se ne mancasse una, la notizia sarebbe da ritenere giornalisticamente incompleta, e anche perché esse offrono al giornalista il modo di rendere fedelmente peso e valore degli eventi, più o meno rilevandone, secondo il bisogno, o attenuandone, l’una o l’altra circostanza1.
Nella pubblicistica la formula, così intesa, qualche volta è stata indicata come parametro di oggettività delle notizie, in quanto sembra ignorare, se non respingere, ogni alterazione soggettiva da parte dell’osservatore-informatore; quando, invece, è da ritenere che, tra gli eventi in sé e la loro notizia, già nella visione diretta degli stessi intercorre sempre una più o meno consapevole percezione soggettivamente selettiva2, e che nel caso dell’informazione attuata per tramite dei mass media le probabilità di percezioni e trasmissioni soggettivamente selettive degli eventi-notizie aumentano col moltiplicarsi degli osservatori e informatori intermediari: dalle fonti ufficiali e confidenziali ai corrispondenti e reporter, dalle agenzie alle redazioni, dai capiservizi ai singoli redattori... Un rischio ulteriore per l’oggettività dell’informazione deriva dagli stessi suoi destinatari – i lettori dei giornali, gli ascoltatori e spettatori della radio-televisione –, che con il loro comportamento usuale legano gli informatori a «valori giornalistici» ritagliati esclusivamente su ciò che negli eventi-notizie venga giudicato soggettivamente interessante, e non su ciò che vi sia di oggettivamente importante.
È ciò che si esemplifica in un saggio recentemente reso noto anche in Italia3, che perciò merita qualche parola di commento.
Segnali in sintonia
Teoria e ipotesi del saggio si fondano sull’analisi del modo in cui tre crisi di altrettanti Paesi – quelle del Congo e di Cuba del 1960, e quella di Cipro del 1974 – furono seguite da quattro quotidiani norvegesi; tenendo tuttavia ben presente che il 95% delle notizie proveniva dalle quattro maggiori agenzie internazionali – le americane Associated Press e United International Press, l’inglese Reuter e la francese Agence France Presse –, le quali, ovviamente, sovrastavano al contesto norvegese (cfr p. 134). L’analisi parte poi dal «vecchio slogan sociologico per cui [nel contesto sociale] qualsiasi cosa è [,sì,] rilevante per qualsiasi altra cosa o persona» (p. 114), ma che, di fatto, ogni individuo o gruppo sociale è come se si trovasse nella confluenza di centinaia di segnali radio di diversa lunghezza d’onda, individualmente condizionato a captarne alcuni a preferenza di altri. Si tratta d’un problema della psicologia della percezione che, stando alla metafora, è riducibile a queste implicazioni:
«1. Se la frequenza del segnale è fuori sintonia, non sarà registrato. 2. Più forte è il segnale, maggiore al’mpiezza, più è probabile che sarà selezionato come degno di ascolto. 3. Più chiaro e non ambiguo è il segnale (quanto minore è il rumore), più probabile sarà che sia selezionato come degno di ascolto. 4. Più significativo è il segnale, più probabile sarà che sia selezionato come degno di ascolto. 5. Quanto più il segnale è conforme all’immagine mentale di ciò che uno si aspetta, tanto più probabile sarà che sia selezionato come degno di ascolto. 6. Quanto più inatteso è il segnale, tanto più probabile sarà che sia selezionato come degno di ascolto. 7. Se un segnale già è stato captato, sarà più probabile che continui a essere captato come degno di ascolto. 8. Quanto più un segnale è stato già captato, tanto più è probabile che un segnale molto diverso sarà selezionato come degno di ascolto la volta successiva».
Si tratta – notano gli Autori – di fattori relativamente indipendenti, così dal variare della cultura umana, come da altri condizionamenti principali dell’informazione, sia essa giornalistica oppure radio-televisiva. Ma non c’è dubbio – riprendono gli stessi – che, in questo passaggio dagli avvenimenti alle notizie, intervengano anche fattori legati alla cultura, quali, per esempio, i seguenti quattro, più importanti almeno nella parte Nord occidentale del Globo:
«1. Quanto più l’avvenimento interessa le nazioni d’“elite”, tanto più probabilmente diverrà notizia. 2. Quanto più l’avvenimento interessa persone d’“élite”, tanto più probabilmente diverrà notizia. 3. Quanto più l’avvenimento può essere visto in termini personali, come dovuto all’azione di individui specifici, tanto più probabilmente diventerà notizia. 4. Più un avvenimento è negativo nelle sue conseguenze, più probabilmente diventerà notizia».
Effetti di complementarità
Lasciamo al lettore di approfondire, sulla scorta di quanto i due Autori vanno poi sottilmente esponendo e discutendo, questi che passano come truismi di ogni «buon» giornalismo, per piuttosto attirare la sua attenzione sulle Considerazioni conclusive alle quali gli stessi pervengono circa la complementarità dei dodici fattori delle notizie4; vale a dire – per limitarsi a sole due variabili tra essi – circa le coppie di fattori dalle quali c’è da aspettarsi l’effetto di complementarità più o meno forte. Le elencano così:
«(1 e 4): Quanto più una nazione è distante, tanto più un avvenimento dovrà soddisfare il criterio di frequenza. (4 e 3): Quanto più un evento è distante, tanto meno esso dovrà essere ambiguo. (4 e 5): Quanto più la nazione è distante, tanto più conforme dovrà essere la notizia. (7 e 2): Quanto più alto è l’effetto di continuità, tanto più bassa può essere la soglia. (8 e 2): Quanto più alto è l’effetto di composizione, tanto più bassa può essere la soglia. (1 e 12): Tanto meno la notizia è negativa, tanto più importante è la condizione di frequenza. (9 e 4): Minore è l’importanza della nazione, minore deve essere la distanza culturale. (9 e 5): Minore è l’importanza della nazione, tanto più conforme dovrà essere la notizia. (10 e 6): Minore è l’importanza della persona, tanto più inaspettata dovrà essere la notizia. (9 e 10): Minore è l’importanza della nazione, tanto più alta dovrà essere la posizione di una persona in quella nazione. (9 e 12): Minore è l’importanza della nazione, tanto più negativa dovrà essere la notizia proveniente da quella nazione. (10 e 12): Minore è l’importanza di una persona, tanto più negative dovranno essere le sue azioni. (11 e 12): Quanto meno la notizia è personale, tanto più dovrà essere negativa».
Come si vede, si tratta di «valori giornalistici» senz’altro ovvi per ogni informazione che voglia, appunto, riuscire interessante ai destinatari, solo in quanto essi rispondano alle attese istintive di questi, ma che prescindono dall’importanza oggettiva degli eventi in quanto riferiti a un quadro di assoluti valori etico-sociali; e si tratta, per giunta, di «valori giornalistici» che – come nel privilegiare sempre l’eccezionale sul frequente, e gli eventi negativi su quelli positivi – finiscono col dare della realtà, che non sempre è eccezionale e negativa, una visione certamente distorta.
Ai due Autori non sfugge quest’aspetto alogicamente soggettivo dell’informazione giornalistica, e giustamente si affrettano a suggerire i seguenti correttivi (sunteggiamo):
- Nella produzione globale dei mezzi d’informazione dare maggior rilievo ai fondamenti e ai precedenti dei fatti. I giornalisti dovrebbero concentrarsi di meno sugli «avvenimenti», per afferrarne meglio gli sviluppi a lungo termine.
- Pubblicare servizi occasionali anche se non fanno «notizia», per controbilanciare l’immagine di un mondo fatto soltanto di avvenimenti drammatici.
- Applicarsi di più agli avvenimenti complessi e ambigui, senza con ciò necessariamente interpretarli.
- Abbondare in resoconti delle zone culturalmente distanti, anche se il contenuto non ha per sé una rilevanza immediata.
- Maggior attenzione a ciò che non è conforme ai propri stereotipi mentali, prendendo maggiore consapevolezza del fattore di conformità.
- Come al punto 2, dare maggiore rilievo al predicibile e frequente.
- Curare meglio il fattore di continuità; e, insieme, dare maggior rilievo alle conseguenze, anche se il susseguirsi degli avvenimenti per un certo tempo è stato interrotto; così si eviterà che l’interruzione dia l’impressione di qualche cosa di negativo, senza che si sia fatta qualche cosa per fronteggiarlo.
- Tener meglio presente il fattore di composizione, per non creare notizie artificiose.
- Abbondare di più su nazioni non di élite.
- E anche su persone non di élite.
- Dare maggior risalto ai fattori non personali degli avvenimenti. Allo scopo, probabilmente è necessaria una formazione appropriata.
- E dare maggior risalto agli avvenimenti positivi (p. 132 ss).
Ma, non illudiamoci! Questa normativa di oggettività, che dovrebbe far parte di un codice di correttezza professionale specialmente di quanti operano nei mass media, ha scarsa probabilità di esser accolta e praticata dagli informatori finché gli stessi, nei loro discutibili «valori giornalistici», continuino a essere condizionati e confermati dall’alogico comportamento dei loro lettori, ascoltatori o spettatori; finché cioè, di fatto, resti indiscusso e indiscutibile l’assioma: «Le notizie sono ciò che è interessante, non necessariamente ciò che è importante»: valido, forse, per il magnate americano della stampa gialla, William Randolph Hearst, ma non per quanti, informatori o informati, intendano rispettare l’oggettività dei fatti.
1 Nota M. DARDANO: «Dei fattori che costituiscono la notizia il più importante è l’attore. Infatti chi legge tende a immedesimarsi nel protagonista del fatto, rispecchiandone il punto di vista, i sentimenti, le emozioni, a causa dell’istinto sociale di “simpatia”. Secondo W. Schramm, nel Chi? hanno il loro centro le notizie di “pronto premio” (immediate reward), capaci di suscitare nel lettore un interesse e un piacere istintivi (notizie di cronaca nera, mondana, sportiva), mentre le notizie “a premio differito” (delayed reward) riguardano i problemi più che le persone, e rientrano nel campo della riflessione, non dell’istinto. È chiaro che nel primo caso si avrà un’esaltazione del protagonista, ottenuta con vari mezzi: ricchezza di contenuti a esso relativi, particolare disposizione degli enunciati, predisposizione di una retorica di appello. Il Che cosa? è il centro della notizia, la parte maggiormente suscettibile di analisi del contenuto e, pertanto, definibile quantitativamente. Il Dove? è un elemento essenziale d’inquadramento; al tempo stesso determina il cosiddetto “valore di vicinanza” (in senso figurato), da cui dipende il “grado d’interesse” che la notizia suscita nei lettori. Il Quando? è un altro elemento d’inquadramento, dal quale dipende l’attualità; della notizia. Il Perché? il Come? rappresentano elementi non secondari della notizia: infatti, nella maggior parte dei casi il lettore è incapace di rendersi conto delle cause di un fatto e del modo in cui si è svolto. Soprattutto intorno a queste circostanze si svolge il commento, cioè l’interpretazione dei fatti che si vuole accreditare presso i lettori» (Il linguaggio dei giornali italiani, Laterza, Bari 1973, 32 ss).
2 Commenta D. DE GREGORIO: «Un quotidiano inglese una volta uscì con il seguente titolo: “Nebbia sulla Manica. Il Continente è isolato”[...]. È il principio ormai universalmente accettato che l’obiettività assoluta è impossibile, e che tutto quello che si può e si deve chiedere al soggetto promotore dell’informazione è la volontà dell’obiettività, cioè la sincera intenzione di essere il più che è possibile obiettivo. Un buon sistema da seguire per il raggiungimento di questo scopo è quello di far apparire chiara la propria intenzione nel momento in cui si dà un’informazione: se cioè s’intende esporre dei fatti, o interpretarli»
(L’informazione, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 1981, 34).
3 J. GALTUNG e M. HOLMBOE RUGE, La struttura delle notizie dall’estero, in AA.VV., Il giornalismo come professione, Il Saggiatore, Milano 1980, 113-136; versione riveduta ed estesa di un saggio presentato alla First Nordic Conference on Peace Research (Oslo, 4-8 gennaio 1963) e poi alla Journalisthöjskole danese di Arthus (maggio 1964).
4 Vale a dire: «1. frequenza; 2. soglia (intensità assoluta, aumento d’intensità); 3. assenza di ambiguità; 4. significatività (affinità culturale, rilevanza); 5. conformità (predicibilità, richiesta); 6. inaspettatezza (imprevedibilità, rarità); 7. continuità; 8. composizione; 9. riferimento a nazioni di élite; 10. riferimento a persone di élite; 11. riferimento a persone; 12. riferimento a qualcosa di negativo» (pp. 123-124).