Articolo estratto dal volume IV del 1974 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Da più parti, recentemente s’è messo in dubbio, anzi si è recisamente negato, che gli strumenti della comunicazione sociale – “stampa, cinema, radio, televisione, e gli altri dalle stesse caratteristiche” (Inter mirifica, n. 1) – possano utilmente essere usati per la predicazione, ed in particolare nell’evangelizzazione1. La singolare presa di posizione, in contrasto col Magistero e con la pacifica prassi ecclesiale, non poteva non sconcertare molti operatori di pastorale, e per le sue speciose argomentazioni socio-teologiche, e per le sedi – riviste cattoliche specializzate – che l’hanno ospitata, e perché divulgata quando l’Episcopato. cattolico stava elaborando il documento-base sull’evangelizzazione, argomento del quarto Sinodo dei Vescovi oggi in atto.
Queste note vogliono essere un modesto contributo per una messa a punto della questione alla luce del costante Magistero Romano, soprattutto recente e recentissimo.
Le obiezioni
Il Documento Evangelizzazione e comunicazione sociale del DECOS (Departamento de Comunicación Social) del Consiglio Episcopale dell’America latina (CELAM) inizia rilevando che c’è stato nella Chiesa chi ha salutato nei mass media la soluzione moderna del problema dell’evangelizzazione – insomma “il pulpito delle masse” –, in quanto essi assicurano un’economia di evangelizzatori rispetto alle enormi udienze raggiunte, e l’assicurano con un impatto psico-sociologico negato alla comunicazione verbale; per giunta, raggiungendo a domicilio gli evangelizzandi, che ormai in massa disertano le chiese. Ma i fatti – oppongono gli Autori del Documento – hanno vanificato questo miraggio; infatti – dicono – non si conosce alcun esperimento di evangelizzazione efficace compiuto con i soli media.
Risalendo dai fatti alla dottrina, gli Autori distinguono tra mezzi di massa e mezzi non di massa (macro- e microcomunicazioni), e – assicurando che su di essa “sono d’accordo tutti gli esperti cattolici” – enunciano la tesi: “Quelli di massa non sono adatti a trasmettere la dottrina cristiana nella sua integrità ed a suscitare un’opzione personale libera e cosciente”. Le ragioni di questa incapacità sarebbero soprattutto le limitazioni che gli strumenti, di loro natura, impongono ai loro utenti; cioè: le strutture commerciali che manovrano gli strumenti, strutture che favoriscono i valori di una società consumistica, agli antipodi di quelli evangelici; il concetto di evangelizzazione, quale messaggio personalizzante e coscientizzatore [sic!], che produca effetti veramente innovatori negli individui e nella società; e, di conseguenza, le esigenze di una valida “pedagogia della fede”.
Enucleando queste esigenze, gli stessi Autori allineano sei incompatibilità tra le condizioni di un’autentica evangelizzazione e le prestazioni caratteristiche dei media:
1 - Un’autentica evangelizzazione esige una partecipazione attiva-dialogica tra evangelizzando ed evangelizzatore; mentre la comunicazione dei media è unidirezionale: dallo strumento al “recettore” (passivo).
2 – Un’autentica evangelizzazione deve partire dalla situazione personale concreta dell’evangelizzando; mentre i media si rivolgono a masse anonime, eterogenee.
3 – L’evangelizzazione deve rispettare il ritmo degli evangelizzandi, diverso da persona a persona e da gruppo a gruppo; mentre i media, per le stesse ragioni, non possono tenerne conto, proponendo tutto a tutti.
4 – Nell’evangelizzazione è preferibile la comunicazione di gruppo, comunitaria, non individuale; mentre la recezione dei media, per lo più, è di isolati.
5 – La fede non è mera acquisizione nozionistica, ma prassi esistenziale: si vive confrontandola ogni giorno nella realtà concreta, così costruendo una società secondo il piano di Dio; intento impossibile ai media, che, in mano a gruppi di potere economico o ideologico, sono interessati a mantenere lo statu quo, e, in ogni caso, certamente non a mutarlo secondo il Vangelo.
6 – In America Latina l’evangelizzando non è religiosamente ’’vergine”, vivendo in un contesto religioso “socio-culturale cattolico-popolare non-evangelizzato”; ora è universalmente ammesso che i mass media sono più atti a consolidare ’’visioni del mondo” già esistenti nel contesto sociale in cui operano, che a modificarle.
In armonia con la loro tesi, gli Autori del Documento affermano di non avere nessuna obiezione contro l’uso dei mezzi non-di massa, e gli audiovisivi in genere, i quali, anzi, sono da considerare come sussidi oggi insostituibili; nello stesso tempo, però, prendono posizione netta contro quelli di massa, quali veicoli basici, sostitutivi della parola parlata interpersonale, considerandoli, quindi, complementari – pre- e co-evangelizzatori –, parallelamente al modo con cui l’UNESCO distingue tra mezzi di educazione sistematica (scolastica) e sussidi di educazione a-sistematica (i media).
Ora, la prima affermazione è valida; ma – non riguardando i mass media – qui non interessa. Meno valida, invece, sembra la seconda presa di posizione, in quanto parte da due presupposti fuorvianti, ed imposta il rapporto “evangelizzazione - mass media” in modo ideale, ma a-storico.
Presupposti fuorvianti
Il Documento sembra supporre che i mass media, nell’evangelizzazione, vengano proposti quali sostitutivi della comunicazione parlata interpersonale. Ora, può essere che qualcuno l’abbia pensato e detto, e può essere anche che, con questa mentalità, ne abbia tentato l’esperimento, col risultato deludente denunciato dagli Autori; ma questo, certamente, non è mai stato il pensiero del Magistero. Questo, infatti, solo dopo aver dichiarato il primato (normalmente) insostituibile della comunicazione orale interpersonale, ha consigliato ed ordinato anche il ricorso alla comunicazione per tramite degli strumenti della comunicazione sociale.
Affermava Paolo VI nell’Ecclesiam suam (n. 90):
“Ci limitiamo a ricordare ancora una volta la somma importanza che la predicazione cristiana conserva, ed assume oggi maggiormente, nel quadro dell’apostolato cattolico [...]. Nessuna forma di diffusione del pensiero, anche se tecnicamente assurta, con la stampa e con i mezzi audiovisivi, a straordinaria potenza, la sostituisce. Apostolato e predicazione, in un certo senso, si equivalgono. La predicazione è il primo apostolato. Il nostro è innanzi tutte ministero della Parola”2.
Altro presupposto fuorviante del Documento è considerare gli odierni mass media come tecnicamente immutabili e, in ogni caso, come un tutt’uno con le strutture economico-politiche che oggi li manovrano, condizionandone messaggi ed udienze. Invece, le prestazioni tecniche dei mass media possono mutare – e di fatto stanno mutando3 –, riducendone, per esempio, la unidirezionalità della comunicazione; e non è detto che la odierna dipendenza economico-ideologica debba restare per sempre immutabile, anzi è credibile che, soprattutto per effetto dell’evoluzione tecnologica, possa, prima o poi, in tutto o in parte, cambiare. In ogni modo non è vero che tutti, senza eccezione, i mass media, già oggi, siano così condizionati e condizionanti; è sperabile, infatti, che non lo siano i giornali, le imprese cinematografiche e le stazioni radio e televisive “cattoliche” – o, comunque, religiose e culturali che, poche o molte che siano, pur esistono ed operano nel mondo di oggi.
“Evangelizzazione” a-storica
In dottrina, le condizioni postulate dal Documento per un’autentica evangelizzazione sono ineccepibili4; ma è lecito chiedersi quanto, in realtà, esse siano verificabili, sia negli evangelizzandi, sia da parte degli evangelizzatori.
I suoi Autori sembrano infatti supporre che gli evangelizzandi, oggi, siano tutti, o almeno in maggioranza, persone psicologicamente maturissime, cioè nel pieno sviluppo ed esercizio delle proprie facoltà d’intelligenza e di volontà, capaci perciò di agire con piena maturità personale e sociale. Ma le cose, in realtà, non stanno così. A parte le masse dei bambini e degli analfabeti – e siamo già a due terzi dell’umanità, anche questi da evangelizzare! –, del terzo rimanente, quanti, che appaiono adulti, “persone”, lo sono veramente, pienamente? Se lo chiedono psicologi e sociologi, magari per incolpare proprio i mass media della loro progressiva diminuzione; e, a suo tempo, se lo chiese pure un famoso teologo, proprio a proposito di evangelizzazione e di adesione degli infedeli alla fede5.
Ma, dato anche e non concesso che queste ideali condizioni soggettive degli evangelizzandi si siano verificate in passato, o che siano comuni oggi, ci si può chiedere quanto siano oggi verificabili le condizioni oggettive di evangelizzazione richieste dal Documento; e soprattutto quanto possano esserlo domani, con la crescente drammatica sproporzione tra il numero degli evangelizzatori e le masse da evangelizzare. Anzi è lecito chiedersi quanto si siano verificate in passato, non solo nell’evangelizzazione dei grandi missionari – da san Bonifacio a san Francesco Saverio –, ma nella stessa prima predicazione apostolica.
Si saranno verificate senz’altro nel dialogo a quattr’occhi tra Filippo e il funzionario della regina Candace (At 8,26); ed anche nei colloqui romani di Paolo “con quanti venivano da lui” (At 28,30). E poniamo pure che si siano verificate nell’evangelizzazione di Pietro all’uditorio (omogeneo?) del Portico di Salomone (At 3,12 ss.). Ma l’ipotesi è già meno attendibile nell’evangelizzazione di Paolo “a quasi tutta la città” di Antiochia di Pisidia (At 13,44). In quanto poi alla prima evangelizzazione di Pietro, nella sera di Pentecoste, a “circa tremila” ascoltatori – tra i quali si trovavano “Parti, Medi, Elamiti, e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e della parte della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma e proseliti, Cretesi ed Arabi” (At 2,41 e 9 ss.) –, è del tutto improbabile che l’Apostolo abbia “dialogato” con i singoli, “partendo dalle loro situazioni concrete”, e “rispettando i ritmi personali e di gruppo”.
Avanti al problema teologico-pastorale, da una parte, di una fede personale necessaria per la salute eterna, e quindi della necessità del suo annuncio a tutti gli uomini; e, dall’altra, di masse sterminate di uomini mai evangelizzate e, di fatto, non evangelizzabili dalla presenza fisica di predicatori umani, i teologi in passato fecero ricorso ad ipotesi di interventi straordinari della Provvidenza nei singoli individui (L. Capéran, E. Pinard de la Boullaye...), ipotizzando addirittura interventi angelici (san Tommaso d’Aquino, Alessandro d’Ales, F. Suarez...)6. In tempi di globale “comunicazione sociale” realizzata dagli strumenti della comunicazione sociale, quando perciò, di fatto, anche l’annuncio della salvezza può arrivare a tutti gli uomini, forse quei teologi avrebbero riconosciuto in questi mezzi una via per risolvere (in parte) il loro problema, riconoscendo, con l’Inter mirifica (n. 2), che anche nell’evangelizzazione essi sono strumenti atti “per estendere e consolidare il Regno di Dio”.
Precisiamo i termini
Quale, in proposito, il pensiero del Magistero Romano? Per coglierlo appieno occorre precisare che cosa s’intenda propriamente con “evangelizzare” ed “evangelizzazione”.
Seguendo D. Grasso7, notiamo che predicazione e Kérigma8, predicazione missionaria e predicazione kerigmatica, evangelizzazione e iniziazione cristiana, ministero della parola, catechesi e catechetica, pastorale, omiletica, missione, testimonianza... sono tutti termini che negli anni ’50 e nel post-Concilio sono stati proposti ed usati dagli studiosi, in accezioni fluide e discordanti. Per mettere un po’ d’ordine, è preferibile intendere Predicazione come genere, nell’accezione di “Proclamazione del mistero della salvezza fatta da Dio stesso nei suoi legittimi rappresentanti in vista della fede e della conversione e dell’approfondimento della vita cristiana”9.
Scendendo dal genere alle specie con una distinzione piuttosto estrinseca, secondo i destinatari si ha: una predicazione missionaria, destinata ai pagani, cioè a persone che non hanno mai sentito il Vangelo, almeno in modo adeguato; una predicazione di iniziazione, destinata ai catecumeni, che hanno ascoltato ed accettato sommariamente il Vangelo; e una predicazione di formazione, destinata ai già cristiani, che conoscono sufficientemente il Vangelo e che solo debbono tradurlo in pratica.
Con un criterio, invece, intrinseco, cioè secondo il fine che l’annuncio del messaggio si propone – produrre, conoscere, vivere la fede –, le varie forme di predicazione meglio si distinguono in: evangelizzazione (o predicazione missionaria), destinata ai pagani per ottenere l’adesione alla fede; catechesi (o predicazione di iniziazione), diretta ai catecumeni, per la conoscenza della fede nelle sue implicitazioni dottrinali e morali; omilia (o predicazione liturgica), diretta alla comunità cristiana per far vivere la fede già accettata e conosciuta.
Tuttavia – nota lo stesso Autore –:
“Nella prassi della vita pastorale la distinzione tra le tre forme di predicazione è meno netta di quello che appare nella teoria. Esse s’intrecciano e si completano a vicenda. Anche se l’evangelizzazione è diretta ai pagani per provocarne la conversione, essa dev’essere continuamente proclamata agli stessi cristiani perché in pericolo di ricadere nel paganesimo. Ce ne offre un esempio lo stesso san Paolo, il quale, nella Lettera ai Galati si stupisce che i suoi convertiti siano già stati tratti in un altro Vangelo (Gal 1,6). Egli chiama i suoi destinatari insensati, perché si sono lasciati affascinare da una falsa verità (Gal 5,8). Lo stesso si dica della catechesi. Per quanto istruito nella sua religione, il cristiano non lo sarà mai abbastanza. Continuamente nel suo cammino quotidiano egli trova nuovi problemi che deve risolvere nella luce di Cristo. La catechesi, perciò, non è una fase della educazione cristiana che si compie una volta per sempre. Ha bisogno di essere sempre aggiornata”10.
“Predicatelo a tutte le creature”
In verità, numerosi documenti del Magistero che trattano l’argomento non seguono una terminologia rigida. Tuttavia, scorrendoli, il meno che si può affermare è che in essi non v’è traccia di preclusioni nell’uso degli strumenti della comunicazione sociale rispetto all’una o all’altra specie di predicazione: evangelizzazione, catechesi, omilia; ed, anzi, che se alcuni termini – come: animazione ed educazione cristiana, istruzione religiosa, valori spirituali, molteplici forme di apostolato... – stanno piuttosto per le due altre forme di predicazione; innumerevoli altri – come: diffusione del Vangelo, del messaggio evangelico, del messaggio dell’Altissimo, del messaggio redentore di Cristo; predicazione del Verbo, diffusione della Parola, evangelizzazione, difesa e diffusione della fede. testimonianza... – stanno piuttosto per la prima11.
In particolare, in Pio XII e in Giovanni XXIII le possibilità della radio-televisione richiamano il miracolo della Pentecoste, ma anche il privilegio. dell’ubiquità, degli apostoli di oggi rispetto al lento passo degli Apostoli che uscivano dal Cenacolo;
“Le comunicazioni, e in particolare la radiodiffusione, hanno come la prerogativa di poter essere diretti ed efficaci veicoli del messaggio di Cristo. Il messaggio di Cristo per le vie dell’etere o lungo i cavi inabissati negli oceani! Quale privilegio e quale responsabilità per gli uomini del presente secolo! E quale differenza tra i giorni lontani, in cui l’insegnamento della verità, il precetto della fraternità, le promesse della beatitudine eterna, seguivano il lento passo degli Apostoli sugli aspri sentieri del vecchio mondo, ed oggi, in cui la chiamata di Dio può raggiungere nel medesimo istante milioni di uomini!”12.
Leitmotiv, poi, dei documenti è che la radio e la televisione rendono finalmente possibile attuare la missione di evangelizzazione commessa agli Apostoli: “Predicatelo sui tetti” (Lc 12,3), “Predicatelo a tutte le creature” (Mc 16,15), “Fino agli estremi confini della terra” (At 1,8)13.
Nel Concilio e nel post-Concilio
Peccato che ai contestatori dell’utilizzazione dei mass media in funzione di evangelizzazione siano sfuggiti tanti documenti del Magistero conciliare e post-conciliare, particolarmente illuminanti in proposito. Dei molti che si potrebbero arrecare, basti rilevarne quattro, che trattano l’argomento con maggiore ampiezza e sistematicità.
Il testo principe è, ovviamente, il decreto conciliare Inter mirifica, il quale, in apertura, difende il “diritto nativo della Chiesa ad usare e possedere questi strumenti” proprio perché, “fondata dal Cristo Signore per portare la salvezza a tutti gli uomini, e posta perciò nell’urgente necessità di diffondere il Vangelo, essa ritiene suo dovere predicare l’annuncio della salvezza anche con questi strumenti” (n. 3); dopo di che lo stesso Decreto sollecita “tutti i figli della Chiesa [...] ad impegnarsi perché questi strumenti [...] vengano efficacemente adoperati nelle molteplici forme di apostolato [...], specialmente nei Paesi dove lo sviluppo morale e religioso richieda con più urgenza il loro impiego”; e sollecita in particolare i sacri Pastori “ad assolvere in questo campo il loro compito strettamente connesso col loro dovere ordinario della predicazione” (n. 13)14.
Passiamo alla Communio et progressio, l’istruzione pastorale che sviluppa ed applica “i principi e le norme del Decreto” (n. 23):
“Nell’assolvere la propria funzione in questo settore, la Chiesa cerca di armonizzare i dati della fede con le leggi proprie della comunicazione sociale. Così facendo compie la missione affidatale da Dio nella cura pastorale universale [...] della predicazione evangelica”15.
“Gesù Cristo ha comandato agli Apostoli e ai loro successori di [...] proclamare il Vangelo in ogni tempo e in ogni luogo. Perciò [...], sull’esempio degli Apostoli, che ricorsero ai mezzi di comunicazione di cui il loro tempo disponeva, oggi la missione apostolica deve essere espletata anche mediante i mezzi e gli strumenti oggi in uso. Sicché si dovrà dire che non ottempera al mandato di Cristo chi trascurasse gli enormi vantaggi che questi strumenti apportano nel recare a numeri stragrandi di uomini la dottrina e i precetti evangelici [...]”16.
“Quanto ciò sia necessario è meglio dimostrato quando si consideri che gli uomini di oggi vengono come avviluppati e quasi sommersi dal cumulo delle comunicazioni divulgate da questi strumenti, i quali ne modellano continuamente le opinioni ed il comportamento in tutti gli aspetti della vita, quello religioso compreso”17.
“Gli strumenti odierni offrono vie e modi nuovi perché gli uomini incontrino il messaggio evangelico”18.
“Le varie trasmissioni religiose permesse dalle risorse proprie della radio e della televisione [...] fanno arrivare l’annuncio evangelico nelle regioni dove la Chiesa di Cristo ancora non esercita la sua attività: sono questi altrettanti motivi perché la Chiesa s’ingaggi tutta nel migliorare ogni giorno più queste trasmissioni, e nel renderle sempre più efficienti”19.
Due anni dopo l’Istruzione pastorale, a cura della S. Congregazione dei Vescovi veniva pubblicato (22 febbr. 1973) l’atteso Direttorio per il ministero pastorale dei Vescovi: “Pagine – ha scritto Paolo VI – nelle quali all’antica sapienza si fondono mirabilmente lo studio e l’esperienza dei tempi nostri [...], cosicché in esse possiamo scorgere, organicamente raccolta, l’odierna pedagogia della Chiesa Cattolica”20. Eccone alcuni passi, tratti dal Capitolo ll Vescovo maestro nella comunione di fede:
“Con l’aiuto di presbiteri, religiosi e laici idonei il Vescovo si adopera affinché la parola di Dio, come il fermento di cui parla il Vangelo, penetri negli ambienti e nelle categorie in cui si articola la società contemporanea: le officine, le scuole, i centri culturali, i luoghi di villeggiatura, di cura, di turismo, di divertimento pubblico, ecc. [...]. Così la luce della verità cristiana splenderà ovunque e illuminerà ogni realtà [...]. Non viene trascurato l’aiuto che in questo campo possono offrire gli strumenti della comunicazione sociale”21.
“Il Vescovo, insieme all’intera comunità diocesana, in unione di intenti con i confratelli della sua Conferenza, si adopera affinché ’gli strumenti della comunicazione sociale [...], vengano utilizzati nelle varie forme di apostolato’. Perciò, là dove la Chiesa può darsi propri strumenti di comunicazione sociale, o almeno usare liberamente di quelli esistenti, il Vescovo unisce gli sforzi della sua diocesi a quelli di altre diocesi allo scopo di realizzare senza indugio tale possibilità [...]. Infine, egli studia la possibilità di un impiego pastorale diretto dei mezzi di comunicazione sociale, oggi chiaramente e diffusamente richiesto: cosi se ne avrà un aiuto [...] per l’evangelizzazione”22.
Il quarto recente documento è il Messaggio di Paolo VI in occasione dell’VIII Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali, celebrata il 26 maggio di quest’anno 1974, sul tema, appunto, Le comunicazioni sociali e l’evangelizzazione del mondo contemporaneo: “Tema che coincide opportunamente con lo studio condotto nei vari Paesi in preparazione alla prossima Assemblea del Sinodo dei vescovi” (n. 4)23. Ancora una volta, la terminologia non vi è rigorosa24; tuttavia l’evangelizzazione propriamente detta vi è ben messa in luce rispetto alle altre forme di predicazione, in cui usare gli strumenti della comunicazione sociale.
“Sorge nella Chiesa [...] una chiara avvertenza della missione che la trascende, di un annuncio da diffondere” (n. 5).
“Questo dovere prende il volto di ogni periodo della storia, e pertanto nel nostro tempo si deve compiere anche per il tramite degli strumenti della comunicazione sociale” (n. 6).
“L’evangelizzazione è parte costitutiva della missione della Chiesa, inviata da Cristo nel mondo a predicare il Vangelo a tutte le creature (Mc 16,15). Essa svolge questo compito soprattutto nella vita liturgica, ma si sforza di adempierlo anche per tutte le vie e con tutti i mezzi di cui può usufruire nella sua permanenza tra gli uomini di ogni continente” (n. 7).
“Va considerato il ricorso agli strumenti della comunicazione sociale per raggiungere i paesi, gli ambienti, le persone a cui l’apostolato della parola non può pervenire direttamente a causa di particolari situazioni per la scarsità dei ministri, o perché la Chiesa non può esercitare liberamente la sua missione” (n. 11)25.
Da Roma a Tokio e a Dublino
Ai primi di agosto di quest’anno 1974 le Commissioni Episcopali per le Comunicazioni Sociali dell’Asia si riunivano a Tokio per studiarvi l’applicazione della Communio et progressio nei loro immensi territori. Com’è consuetudine, la Segreteria di Stato coglieva l’occasione per reiterare incoraggiamenti e direttive con una lettera del card. Segretario di Stato, J. Villot, al card. P. Taguchi, arcivescovo di Tokio. A proposito di evangelizzazione e mass media rilevava, tra l’altro:
“la necessità che tutta la comunità cristiana, e in particolare le sue guide, abbiano una visione chiara delle possibilità dei mass media rispetto al messaggio evangelico ed alla missione della Chiesa. I cristiani devono essere fermamente convinti dell’urgente necessità e del dovere di sfruttare pienamente tutte le ricche possibilità dei media per comunicare a tutti gli uomini la verità [...], e per portare al mondo il messaggio elevante e unificante di Cristo.
”[...] Lo scopo della Chiesa nell’uso dei mass media è quanto mai chiaro: predicare efficacemente Gesù Cristo via verità e vita (cfr Gv 14,16) [...]. L’apostolato della Chiesa mediante i mass media riveste una grandissima importanza nel mondo odierno. Questa importanza dipende dal fatto che essi sono una via necessaria ed efficace per promuovere l’evangelizzazione [...]. I Vescovi assolvano il loro compito, e prima di tutto quello che è tutto loro proprio, in quanto intimamente connesso con la missione di predicare Gesù Cristo. Perciò il Santo Padre è particolarmente lieto di costatare lo zelo pastorale, degno di ogni elogio, dei Vescovi dell’Asia; i quali recentemente, trattando degli strumenti della comunicazione sociale, hanno scritto: ’Noi Vescovi dell’Asia, consideriamo nostro compito pastorale urgente metterli pienamente al servizio dell’evangelizzazione [...] dei nostri popoli’.
“Sua Santità considera di primaria importanza che con questa chiarezza di vedute e col loro ardente zelo i suoi amati fratelli nell’episcopato inculcheranno a tutti i fedeli delle loro Chiese locali l’urgenza di proclamare il messaggio di Cristo mediante i mezzi propri del mondo odierno [...]; e considera di primaria importanza che i milioni di uomini che vivono in Asia siano messi nella possibilità effettiva di ricevere l’autentica testimonianza della Cristianità, che può giungere ad essi soltanto per tramite dei meravigliosi mezzi moderni”26.
Un mese dopo, ai primi di settembre, l’Organizzazione Internazionale Cattolica per la Radio e la Televisione – UNDA – si raccoglieva in Assemblea Plenaria a Dublino con rappresentanti di sessanta Paesi. Nel Messaggio rivolto alla stessa così si esprime Paolo VI:
“L’Assemblea [...] esaminerà anche i rapporti tra mass media ed evangelizzazione. I primi predicatori della Buona Novella della salvezza usarono i mezzi che erano a quei tempi disponibili per annunciare il Vangelo al più gran numero di uomini possibile. Disponevano di mezzi molto modesti, eppure compirono un’opera tanto vasta. Noi possiamo ricavare dal loro esempio un’efficace ispirazione, specialmente in Irlanda, dove l’interesse per la diffusione del messaggio di Cristo non è meno attivo oggi di quel che fu ai tempi in cui Colombano, Gall, Fergal e Killian illuminarono la via dell’evangelizzazione. Gli straordinari progressi tecnici pongono oggi nelle nostre mani meravigliosi strumenti di comunicazione; e di questi mezzi, che la presente epoca mette a nostra disposizione, dobbiamo usare nel miglior modo possibile”27.
* * *
Queste costanti in un Magistero, sollecito, sì, di conservare all’Annuncio della Salvezza la sua genuinità ed integrità, ma anche di portarlo, finalmente, a tutti gli uomini; e fiducioso, a questo scopo, nelle possibilità degli strumenti odierni, dovrebbero indurre gli operatori della pastorale a non voler sacrificare i vantaggi di una situazione di fatto a quelli di una situazione ideale, ma ipotetica. Cadrebbero, su un altro piano, nello stesso equivoco di Platone, che, nell’Apologo di Theuth-Thamous28, auspicava la rinuncia all’invenzione della scrittura per tutelare la memoria, da lui identificata col “sapere dal di dentro”, proprio della comunicazione verbale. Ci si chiede quali sarebbero, oggi, la cultura ed il sapere se, cancellati quattro millenni di comunicazione anche scritta, disponessimo esclusivamente della parola parlata.
1 S. DIAZ, Mass media ed annuncio evangelico, in Rassegna di teologia, Napoli 1973, n. 4, 252 ss.; DECOS-CELAM, Evangelización: Perspectiva del comunicador social, in Boletín informativo: Vox Christiana, Montevideo, gennaio 1974; e, con versione tedesca, in Communicatio socialis, 1974, n. 2, 170 ss. Qui si tiene presente soltanto il Documento DECOS-CELAM di cui alcune obiezioni coincidono col saggio polemico del DIAZ. Il quale saggio, più che altro, merita attenzione quale modello di certa disinvolta teologia pastorale, proposta da sacerdoti e religiosi, studiosi e devoti della “cultura” laica, ma sistematicamente ignoranti il Magistero della Chiesa. Cfr due risposte al suo saggio: E. BARAGLI, Mass media e annuncio evangelico, in Il nostro cinema, Roma 1974, n. 4; R.F. ESPOSITO, Mass media e annuncio evangelico, in Vita pastorale, 1974, n. 2, 50 ss.; n. 3, 44 ss.
2 Da notare come questa affermazione, teologicamente ineccepibile, in molti documenti del Magistero ha cercato una conferma, solo parzialmente valida, nel fatto che i mass media sono (anche) “parola”, ossia comunicazione verbale-orale, più idonea a comunicare determinati messaggi che non altri modi di comunicazione non verbali-orali Così Pio XI – per il quale “l’attuale conquista della figurazione, dell’immagine era [pur] notevole”, ma la parola restava “sempre la grande arte, la grande, classica, naturale, sovrana espressione del pensiero” –, dichiarava la lettura “succedanea della parola udita” (Pio XI, Discorso ai parroci e ai quaresimalisti di Romani del 28 febbraio 1928, n. 5); quindi faceva l’elogio della parola-parlata quale flexanima omnium regina rerum trattando del giornalismo (Pio XI, Discorso «Tout ce que Nous» del 18 aprile 1936, nn. 6,7,12; Discorso «Era affatto superfluo» del 25 maggio 1936 n. 2), e ad essa riduceva anche la pubblicità (Pio XI, Discorso «Ecco il primo Congresso» del 31 ottobre 1936, nn. 4 ss.). Per Pio XII, ovviamente, è parola potenziata la radio-televisione (Pio XII, Discorso «En vous souhaitant» del 21 ottobre 1955, n. 2); e sono parola tutti gli strumenti della comunicazione sociale per Paolo VI, il quale può perciò proclamare se stesso, in quanto Ministro della Parola, “addetto alla comunicazione sociale” (Paolo VI, Radiomessaggio «Il nostro messaggio» dell’8 novembre 1964, nn. 3; Discorso «Salute, fratelli» del 6 maggio 1967, n. 5; Messaggio “Le comunicazioni sociali a servizio della verità” per la 6ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1972, n. 8).
3 Crf E. BARAGLI, Arrivano le video-cassette e Ancora sulle video-cassette, in Civ. Catt. 1970 II 59 ss., 1971 II 563 ss.
4 Si ritrovano, fra l’altro, nella Lettera enciclica «Ecclesiam suam», n. 71 ss., nel Directorium Catechisticum Generale. Cfr anche la Prolusione del card. J. WRlGHT in AA. VV., Atti del IIº Congresso Catechistico Internazionale: Roma 1971, Roma 1972, 29 ss.; R. A. LUCKER, La catechesi e i mezzi di comunicazione sociale, ivi, 176 ss.
5 L. BILLOT, La providence divine et le nombre infini d’hommes hors de la voie normale du salut, in Etudes, anni 1919-1923. Per un’esposizione e discussione di questa ipotesi cfr R. LOMBARDI, La salvezza di chi non ha fede, vol. I, Roma 1945, 52 ss.
6 Cfr R. LOMBARDI, op. cit., voL II, 197 ss.
7 D. GRASSO, L’annuncio della salvezza, Napoli 1965, 326, 338, 341 ss. Dello stesso: Il Kérigma e la predicazione, in Gregorianum, 41 (1960), 124 ss.; Evangelizzazione, catechesi, omilia. Per una terminologia della predicazione, ivi, 42 (1961), 241 ss. Tra gli autori ricordati: J. Daniélou, A.M. Roguet, S. Maggiolini, O. Händler, J. A. Jungmann, H. Rahner, J. Hofinger, R. Geiselmann, A. Rétif, A. Liégé, P. Hitz, C. Moeller, Y. Congar, A. M. Henry, C. Colombo, G. Ceriani, C. B. Cannizzaro, R. Spiazzi.
8 Ordinariamente Kérigma viene inteso come la proclamazione, fatta a uomini non ancora cristiani, della salvezza che da Dio è accordata a tutti per mezzo di Gesù. Il contenuto essenziale dell’annuncio kerigmatico è che Cristo è morto e risorto. I temi più frequentemente sviluppati in una predicazione kerigmatica sono: Gesù, per mezzo della sua risurrezione, è stato stabilito Signore e Messia; gli Apostoli sono testimoni di questa risurrezione; mediante la fede nel Cristo risorto il credente ottiene la remissione dei peccati e così partecipa alla sua passione e morte, e alla sua risurrezione. I principali annunci kerigmatici sono negli Atti degli Apostoli: 2,14-40; 3,12-26; 13,26-41.
9 L’A. sviluppa così la sua definizione: “Con la parola proclamazione si esprime ciò che la predicazione ha di proprio e la distingue da ogni forma d’insegnamento. Essa, infatti., non è un insegnamento, la dimostrazione di una tesi o di un sistema, né un discorso sacro, ma un annuncio solenne di fatti, dei più grandi fatti della storia. Perciò questo annuncio è una proclamazione, parola che indica la solennità e l’importanza dei fatti che si annunciano.
”Del mistero della salvezza: con queste parole viene indicato l’oggetto della predicazione, che si compendia nella persona di Cristo morto e risuscitato. Preferiamo l’espressione mistero della salvezza usata da san Paolo anziché Parola di Dio o Vangelo perché ci sembra più densa. Essa permette di includere nella predicazione tutta la storia della salvezza, mentre le altre due espressioni ci sembrano meno chiare per indicare un oggetto così vasto.
”Fatta da Dio stesso: con questi termini si afferma che il soggetto della predicazione è Dio stesso. È lui che parla, è lui che annuncia la sua volontà di salvare l’uomo chiamandolo alla fede.
”Nei suoi legittimi rappresentanti: nella predicazione accanto a un soggetto principale c’è anche un soggetto secondario e strumentale: la parola che Dio dice, il Vangelo che egli proclama, lo proclama tramite i suoi rappresentanti qualificati. Così si specifica che la predicazione è una funzione della Chiesa, un atto gerarchico e non un dono privato fatto da Dio a qualcuno.
”In vista: il fine cui la predicazione tende, nel piano di Dio, è la conversione alla fede. Nello stesso tempo, però, questo fine può anche non essere raggiunto a causa delle cattive disposizioni dell’uomo. Anche se Dio proclamando la sua volontà di salvezza vuole che l’uomo vi aderisca e si saIvi, l’uomo lo può rigettare. In tal caso la predicazione non produce la fede, benché sia in vista della fede.
”Della conversione alla fede: lo scopo della predicazione è la fede, l’accettazione del piano saIvifico di Dio, accettazione che include la conversione. Nella fede l’uomo risponde a Dio, accetta la sua Parola di salvezza e di grazia.
”O di un suo approfondimento nella vita cristiana. Si allude qui alle altre due forme della predicazione. La conversione, effetto della fede, è una realtà suscettibile di approfondimento e di progresso. E ciò, sia nella linea intellettuale (catechesi), sia nella linea volitiva (omilia)” (D. GRASSO, L’annuncio della salvezza, loc. cit.).
10 Ivi, 338.
11 Animazione ed educazione cristiana (Pio XII, Radiomessaggio «Amadísimos hijos campesinos colombianos» dell’11 aprile 1953, n. 3; Segreteria di Stato, Lettera a mons. Jacques Haas, presidente UNDA del 12 aprile 1968, n. 4), istruzione religiosa (Giovanni XXIII, Radiomessaggio «Era el doce» del 29 maggio 1960, n. 3; Paolo VI, Radiomessaggio «Desde los nuevos» del 31 luglio 1965, n. 2), valori spirituali (Paolo VI, Messaggio “Le comunicazioni sociali e l’affermazione e promozione dei valori spirituali” per la 7ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1973, n. 10), molteplici forme di apostolato (Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica», n. 13); diffusione del Vangelo (Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica», nn. 3, 13; Paolo VI, Discorso «Nous sommes heureux» del 10 dicembre 1963, n. 6; Radiomessaggio «Desde los nuevos» del 31 luglio 1965, n. 2; Paolo VI, Messaggio “Le comunicazioni sociali e l’affermazione e promozione dei valori spirituali” per la 7ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1973, n. 10), del messaggio evangelico (Pio XI, Esortazione apostolica ai vescovi italiani «I rapidi progressi» del 1º gennaio 1954, n. 11; Paolo VI, Radiomessaggio «Ci è assai gradito» del 15 novembre 1965, n. 7; Discorso «È con viva compiacenza» del 30 giugno 1966, n. 8; Discorso «Ringraziamo il venerato» del 15 marzo 1971, n. 4), del messaggio dell’Altissimo (Paolo VI, Radiomessaggio «Hace siete años» del 12 giugno 1960, n. 7), del messaggio redentore di Cristo (Pio XII, Radiomessaggio «Your “Catholic Hour”» del 4 dicembre 1955, n. 6); predicazione del Verbo (Congregazione di Riti, Decreto «Benedictio Stationis Radiophonicae» del 24 ottobre 1957, n. 2), diffusione della Parola (Giovanni XXIII, Radiomessaggio «Las Bodas de Plata» del 25 novembre 1960, n. 2; Paolo VI, Discorso «Salutiamo con piacere» del 27 febbraio 1971, n. 5; Discorso «Ringraziamo il venerato» del 15 marzo 1971, n. 4), evangelizzazione (Concilio Vaticano II, Decreto «Inter mirifica», nn. 3), difesa e diffusione della fede (Giovanni XXIII, Lettera a p. Johannes Benedictus Kors, presidente UNDA del 22 luglio 1960, n. 4; Paolo VI, Messaggio “Le comunicazioni sociali a servizio della verità” per la 6ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1972, n. 8), testimonianza (M. Pio XII, Discorso «Con intenso gaudio» del 3 dicembre 1944, n. 9; Paolo VI, Messaggio “Le comunicazioni sociali a servizio della verità” per la 6ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1972, n. 8).
12 Pio XII, Radiomessaggio «Con la più viva soddisfazione» dell’11 ottobre 1955m n. 9. Vedi pure: Pio XII, Radiomessaggio «La solennità della Pentecoste» del 1º giugno 1941, n. 3; Telemessaggio «Non è forse una fausta» del 6 giugno 1954, n. 1; Paolo VI, Discorso «Salute, fratelli» del 6 maggio 1967, n. 8.
13 Così Pio XI: Discorso al “Bureau Catholique International de la Radio” del 10 novembre 1936, n. 7.
Così Pio XII: Lettera enciclica «Summi Pontificatus» del 20 ottobre 1939, n. 45; Discorso «Con intenso gaudio» del 2 dicembre 1944, n. 7; Telemessaggio «Voici le jour» del 17 aprile 1949, n. 2; Discorso «Das symbolische Geschenk» del 19 maggio 1950, n. 10; Lettera enciclica «Miranda prorsus» dell’8 settembre 1957 n. 126; Radiomessaggio «Attendite populi» del 27 ottobre 1957 n. 4; Radiomessaggio «Las Bodas de Plata» del 25 novembre 1960, n. 2.
Così Paolo VI: Messaggio “La stampa, la radiotelevisione ed il cinema per il progresso dei popoli” per la 2ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali del 1968, n. 8; Lettera a p. Agnellus Andrew, presidente UNDA del gennaio 1969, n. 2; Istruzione pastorale «Communio et progressio», n. 10; Statuto dell’UNDA del 30 novembre 1972, Protocollo addizionale art. 4.
14 Consuona il decreto conciliare Christus Dominus (n. 13): “Occorre assolutamente servirsi dei vari strumenti della comunicazione sociale per annunziare il Vangelo di Cristo”.
15 Istruzione pastorale «Communio et progressio», n. 10.
16 Istruzione pastorale «Communio et progressio», n. 126.
17 Istruzione pastorale «Communio et progressio», n. 127.
18 Istruzione pastorale «Communio et progressio», n. 128.
19 Istruzione pastorale «Communio et progressio», n. 150.
20 Congregazione dei Vescovi, Direttorio«Ecclesiae imago» del 22 febbraio 1973, n. 2.
21 Congregazione dei Vescovi, Direttorio«Ecclesiae imago» del 22 febbraio 1973, n. 71.
22 Congregazione dei Vescovi, Direttorio«Ecclesiae imago» del 22 febbraio 1973, n. 74.
23 Oss. Rom., 17 maggio 1974.
24 “Evangelizzazione” in senso lato è usato, per esempio, nei nn. 8-10: “A ben rifletterci, l’intera vita del cristiano, in quanto conformata al Vangelo, è in situazione permanente di evangelizzazione in mezzo al mondo. Il cristiano, vivendo fra gli altri uomini, partecipando alle ansie e alle sofferenze del mondo, impegnandosi nel promuovere lo sviluppo dei valori temporali, inserendosi nel dinamismo delle ricerche e del confronto delle idee, realizza la sua testimonianza evangelica e offre il suo contributo di fermento e di orientamento. Nel mondo delle comunicazioni sociali questa attitudine del cristiano trova vastissime prospettive di influsso evangelizzatore” (n. 8).
“La nostra attenzione è sollecitata, in questo settore, da molti urgenti impegni: per primo, quello di dare all’informazione e allo spettacolo contemporaneo una linea di sviluppo che facilita la diffusione della Buona Novella e favorisce l’approfondimento dei concetti della dignità della persona umana, della giustizia, della fratellanza universale: valore che facilitano all’uomo la comprensione della sua vera vocazione e gli aprono la strada al dialogo costruttivo con gli altri e alla comunione con Dio” (n. 9).
“Poi la ricerca per un rinnovamento dei metodi di apostolato, applicando i nuovi strumenti audiovisivi e di stampa alla catechesi, alla multiforme opera educativa della Chiesa, della sua liturgia, delle sue finalità, delle sue difficoltà, ma soprattutto della testimonianza di fede e di carità che la anima e la rinnova” (n. 10).
25 Oss. Rom., 17 maggio 1974. E nella “Giornata” stessa, al Regina Coeli in Piazza S. Pietro (Oss. Rom, 26 maggio 1974): "È una parola [quella degli strumenti] che tende a farsi universale, e insieme a farsi educatrice, liberatrice. Ora, questa è la prerogativa caratteristica del Vangelo. Perché il Vangelo che è, per divina eccellenza, l’annuncio all’umanità, non dovrebbe valutare come suoi questi strumenti? Sono trombe, trombe ai quattro venti: perché il messaggio della verità e della salvezza non dovrebbe servirsene? Anzi, non dovrebbe avvertire l’intrinseca intenzione profetica che li qualifica e li nobilita?”.
26 Oss. Rom., 4 agosto 1974.
27 Oss. Rom., 4 settembre 1974.
28 PLATONE, Fedro, LXIV.