NOTE
×

* Si presentano – soppresso ogni apparato critico di documentazione e quasi tutte le note – alcune grandi linee di quanto compiutamente si espone e si discute nell’omonimo volume di prossima edizione: E. BARAGLI, Il caso McLuhan, Roma, La Civiltà Cattolica, 1980, 8º, 427.

1 A. BOURDIN, Marshall McLuhan: profeta o mistificatore?, Torino, SEI, 1974, 147.

2 Il Nostro non ama parlare di sé e della sua vita. Gli autori più ricchi in notizie in proposito sono: G. GERBNER, McLuhan Herbert Marshal, in Encyclopedia Americana, New York, s. v., 80; R. KOSTELANETZ, McLuhan, sacerdote dei mass media, in Servizio Informazioni AVIO, 1971, nn. 5-6, 219; P.-Y. PETILLON, Avant et après McLuhan, in Critique, juin 1969, 505; R. ROSENTHAL, McLuhan: Pro & Contra, Caracas 1969, 19.

3 Nato nel 1912, nel 1937 era entrato nella Compagnia di Gesù da appena due anni. Sarà sacerdote nel 1946. Nel 1968 ricorderà: «La complessa struttura dell’insegnamento “orale”, ancora prevalente nella Facoltà di teologia della Louis University sino agli anni ’60, ha applicazioni molto interessanti, alcune delle quali interessano il “fenomeno McLuhan”. Egli ha fatto parte di questo milieu ancora in piena attività quando io, negli anni 1937-’44, vi ero giovane insegnante d’inglese. (Communication Media and the State of Theology, in AA.VV., Theology in the City of Man, New York 1968, nota 11). Ma, per l’esattezza, l’Ong fu alla St. Louis University solo negli anni 1938-’41, nell’anno scolastico 1941-’42 essendo passato ad insegnare letteratura inglese e francese a Denver (Colorado).

4 È riportato parzialmente in G. I. STEARN, Pour ou contre McLuhan, Paris, Seuil, 1969, 134.

5 Ivi, 19.

6 Op. cit., 219.

7 U. MORRA, Marshall McLuhan e lo scrittore dell’era elettronica, in La Fiera Letteraria, 1967, n. 14, 3.

8 G. GOZZER, La galassia McLuhan, in Sette giorni in Italia e nel mondo. 15 nov. 1970, 37.

9 M. McLUHAN, The Mechanical Bride. Folklore of Industriai Man, New York, Vanguard Press, 1951; non tradotto in italiano.

10 E. S. CARPENTER – M. McLUHAN, Explorations in Communication, Boston, Bacon Press, 1960; versione italiana, con Introduzione di A. PLEBE: Le comunicazione di massa, Firenze, La Nuova Italia, 1966.

11 Del solo McLuhan sono: Gli effetti del libro stampalo nella lingua del XVI; Aula senza mura; Itinerario delle comunicazioni di massa; Cinque dita sovrane tassavano il respiro e Questi cinque re fecero morire un re, alle pp. 103, 240, 244 e 254; mentre di McLuhan in collaborazione col Carpenter oltre all’Introduzione: Spazio acustico (p. 82).

12 P.-Y. PETILLON, op. cit., 510.

13 R. KOSTELANETZ, op. cit., 222.

14 M. McLUHAN, The Gutenberg Galaxy. The Making of Typografic Man, Toronto, University Press, 1962; versione italiana (con Introduzione di G. GAMALERI): La galassia Gutenberg. Nascita dell’uomo tipografico, Roma, Armando, 1976 (cfr Civ. Catt. 1976 IV 615). Il volume consta di un mosaico di centosette tessere autonome, introdotte da altrettanti aforismi-glosse tra l’ermetico e il bizzarro; quali, ad esempio: «4. La schizofrenia è forse una conseguenza necessaria dell’alfabetizzazione – 68. La separazione operata dalla stampa tra la testa e il cuore è il trauma che affligge l’Europa da Machiavelli fino ai nostri giorni – 75. L’Adamo di Bacone è un mistico medievale, mentre quello di Milton è un attivista sindacale – 76. In quale misura la pagina prodotta in massa dalla stampa divenne un sostituto della confessione auricolare – 91. Gli spagnuoli erano stati immunizzati contro la tipografia dalla loro antica contesa contro i mori – 94 e 97. La stampa [...] rese possibili le sgrammaticature: nessuno ha mai commesso un errore di grammatica in una società non-alfabeta – 103. La tipografia rese rauche le voci del silenzio». Precedono detto mosaico un Prologo e un Avanprologo; li segue un breve capitolo: La galassia riconfigurala. Chiudono il volume un Indice degli aforismi-glosse ed un Indice bibliografico.

14 M. McLUHAN, Understanding Media. The Extension of Man, New York, McGraw-Hill, 1964; uscito in Italia con l’infelice titolo Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1967 (cfr Civ. Catt. 1967 III 495). Nella breve Parte Prima, più generale, vengono proposti quelli che ormai resteranno i pilastri del mcluhanismo. «Il medium è il messaggio» (Cap. I): vale a dire: «Le conseguenze individuali e sociali di ogni medium, cioè di ogni estensione di noi stessi, derivano [non da ciò che viene trasmesso, ma] dalle nuove proporzioni introdotte nelle nostre questioni personali da ognuna di tali estensioni e da ogni nuova tecnologia». Natura ed efficacia di questo «messaggio» dipendono dal «calore» – hot (=caldo) e cool =freddo) – dei media (Cap. II), ossia dalla loro alta o bassa «definizione»; ma anche dal loro «surriscaldamento» (Cap. III), dato che, secondo K. Boulding, «in ogni medium o struttura esiste un limite di rottura nel quale il sistema si muta bruscamente in un altro, o supera nel suo processo dinamico il punto dal quale non è più possibile tornare indietro». Seguono (Cap. IV) le tesi: dei media «prolungamento dei sensi e del sistema nervoso», con conseguente narcisismo-scatenamento del sensorio iperesteso; e quella (Cap. V) della tensione-scatenamento conseguente allo scontro di diverse culture-tecnologie: «Gli ibridi dei media, cioè dell’interpenetrazione di un medium in un altro». Infine McLuhan tratta (Cap. VI) dei media come traduttori di esperienze, e dei rapporti tra estensione elettrica del sistema nervoso e potenzialità artistica come soluzione della tensione-urto tra le odierne culture-tecnologie.

Nella Parte Seconda, che si estende per quattro quinti del volume, McLuhan cerca di provare la teoria riscontrandola, in altrettanti capitoli, con ventisei media o tecnologie, più o meno nell’ordine in cui essi ed esse si sono presentati nella storia dell’uomo, determinandone – questa è la sua tesi – le mutazioni psico-culturali. Essi sono (e riportiamo anche qualcuna delle apposizioni fantasiose con cui li accompagna): 1. La parola parlata, con i suoi vantaggi multisensoriali (Fiore del male?) – 2. La scrittura alfabetica (Un occhio per l’orecchio), responsabile dell’evoluzione sociomentale-politica dell’uomo occidentale. – 3. La ruota e la strada, determinate dal commercio del papiro e della carta, interrotto nel sec. IV e ripreso nell’XI. – 4. I numeri (Profilo della folla), come prolungamento del tatto, lontani responsabili (tra l’altro) della prospettiva rinascimentale e della catena di montaggio industriale. – 5. L’abito-veste (Espansione della nostra pelle). – 6. L’abitazione, in relazione alla luce (elettrica) – 7. Il danaro e la carta moneta (sulla scia di J.M. Keynes). – 8. L’orologio (Profumo del tempo), fattore del tempo gutenberghiano, eliminato dall’implosione elettrica. – 9. La stampa, rispetto alla parola parlata e allo spazio tridimensionale. 10. I fumetti, figli delle xilografie e Anticamera della TV – 11. La parola stampata (Architetto del nazionalismo). – 12. La ruota, madre della bicicletta e nonna dell’aeroplano. – 13. La fotografia (Bordello dei muri). – 14. I giornali e l’informazione. – 15. L’automobile (ovviamente: La sposa meccanica). – 16. La pubblicità – 17. I giuochi, i riti e le arti (anche questi: Estensione dell’uomo). – 18. Il telegrafo: Ormone sociale, che sconvolge il linguaggio, lo stile letterario, l’autorità, e genera angoscia. – 19. La macchina da scrivere – 20. Il telefono (McLuhan è incerto se qualificarlo Tromba squillante o Simbolo [?!] tintinnante). – 21. Il grammofono (Giocattolo che ha contratto il petto della nazione). – 22. Il cinema (senz’altro: Il mondo in bobina). – 23. La radio (Il tamburo tribale). – 24. La televisione (Il gigante timido). – 25. Le armi. – 26. L’automazione.

16 R. KOSTELANETZ, op. cit., 222.

17 C. RICKS, in G.I. STEARN, op. cit., 111.

18 T. ROSZAK, in R. ROSENTHAL, op. cit., 288.

19 S. FINKELSTEIN, McLuhan: prophète ou imposteur?, Tours, Marne, 1970, 11.

20 M. McLUHAN – Q. FIORE (J. AGEL), The Medium is the Massage. An Inventory of Effects, New York, Bantam Book, 1967; versione italiana: Il Medium è il Massaggio. Un inventario di effetti, Milano, Feltrinelli, 1968. L’inventario ricalca i motivi e gli schemi di Understanding Media. Ruota, libro, indumenti e circuiti elettrici: estensioni, rispettivamente, del piede, dell’occhio, della pelle e del sistema nervoso centrale. Le sequenze-catene: alfabeto – occhio – linearità – frammentarietà – razionalità; penna – architettura – città – esercizi – burocrazia; stampa – produzione iterativa industriale – individualismo – prospettiva – distacco. Nell’avvento del villaggio globale per effetto della ferrovia e delle comunicazioni elettriche: svuotamento dei gruppi sociali tradizionali e della privacy per effetto degli archivi computerizzati, della cerchia familiare, della scuola nozionale ottocentesca dei mestieri. Teoria dello specchietto retrovisore: «Di fronte ad una situazione assolutamente nuova tendiamo sempre ad attaccarci agli oggetti, all’aroma del passato più prossimo».

21 M. McLUHAN – Q. FIORE, War and Peace in the Global Village, New York. McGraw-Hill, 1968.

22 M. McLUHAN – H. PARKER, Through the Vanishing Point. Space in Poetry and Painting, New York, Harper and Row, 1968.

23 Se ne conosce la versione francese: Mutations 1990, Tours, Marne, 1969. Il primo capitolo – Come ci si amerà domani – è sulla vita sessuale e sul matrimonio nelle concezioni passate, presenti e il secondo – L’avvenire dell’educazione – tratta dell’educazione della generazione del 1989: vale a dire di quanti, nati nel 1968, ventenni si diplomeranno in detto anno. Il terzo tratta «del vero influsso della televisione sui vostri figli». L’ultimo, e più disorganico, accenna alle «grandi mutazioni che vi riguardano».

24 M. McLUHAN – W. WATSON, From Cliché to Archetype, New York. Viking Press, 1970.

25 M. McLUHAN, Culture is Our Business, New York, McGraw-Hill, 1970.

26 M. McLUHAN – B. NEVITT, Take Today: The Executive as Dropout, New York, Harcourt, 1972.

27 Educazione e comunicazione di massa, intervista con Kenneth Richmond, in Tuttoscuola, apr. 1976.

28 E. BIERNATZKI, Catholic Communication Research, Topic and Rationale, London 1978, 33.

29 J. CAZENEUVE, Les communications de masse, Paris. Denoël-Gonthier. 1976, 94.

30 U. MORRA, Il terrorismo è favorito dai mass media, in Il Tempo, 14 mar. 1978.

31 B. SPOLETINI, Comunicación social y lglesia, Bogotá, Ed. Paulinas, 1977, 26.

32 In proposito, cfr, tra gli altri: E. KATZ – P. F. LAZARSFELD, L’influenza personale nelle comunicazioni di massa, Torino, ERI, 1969: Sez. I: Immagini del processo...; D. McQUAIL, Sociologia delle comunicazioni di massa, Bologna, Il Mulino, 1973: Cap. III: La tradizione empirica ...; G. STATERA, Società; e comunicazioni di massa, Palermo. Palumbo, 1972, Cap. 3: Origini della sociologia ...; F. BALLE – J.-G. PADIOLEAU, Modèles d’analyse de la communication de masse, in Sociologie de l’information, Paris, Laroussc, 1973, 27.

33 M. McLUHAN, Gli strumenti del comunicare, cit., 335.

34 Cfr O. BURGELIN, Un essayiste pop: Marshall McLuhan, in Esprit, juin 1969, 1110.

35 M. McLUHAN, op. cit., 40.

36 Riportato in McLUHAN, La galassia Guttnberg, cit., 25.

37 Op. cit., 62.

38 Cfr P. BABIN – M. McLuHAN, Autre homme autre chrétien à l’âge électronique, Lyon, Chalet, 1978, 41; J. GRAPIN, Entretien, in Le Monde, 18 oct. 1977; E. FORCELLA, Ma il video fatto in casa non interessa McLuhan, in la Repubblica, 1° ott. 1973.

39 In R. ROSENTHAL, op. cit., 41.

40 In Mutations 1990, riportato da L. DE OLIVEIRA LIMA, La educación del futuro según McLuhan, Petrópolis, Ed. Vozes, 1971, 62.

41 Il termine è stato coniato dall’americano Zbigniew Brzezinski, in L’America nell’era tecnotronica (in Futuribili, 1959, 3), e poi in Between Two Ages. America’s Role in the Technotronic Era, New York 1970; ed indica appunto lo stretto legame di tutta la tecno(logia) con l’(elet)tronica. E si rifà alla cibernazione, cioè alla trasformazione radicale della società mediante la cibernetica (e l’informatica).

42 Coniato in Francia nel 1965 da inform(azione) e (autom)atica, il termine vale «Teoria e pratica del trattamento dell’informazione», ovvero: il complesso delle metodologie e delle tecniche elettroniche con le quali raccogliere, elaborare e distribuire l’informazione. Cfr, in proposito, A. STEFANIZZI, Calcolatori elettronici e informatica, in Civ. Catt. 1979 II 143.

MENU

Articolo estratto dal volume II del 1980 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

Il boom del «profeta» canadese Marshall McLuhan rimonta agli anni ’60. Presto, come oggigiorno avviene con tutti i miti, fu il tramonto; e ormai è caro e grazia se lo ricordano, non diciamo i manuali di sociologia ed i saggi sui mass media, ma gli stessi rotocalchi che lo strombazzarono. Tuttavia, non sembri inutile esumarne la figura e il pensiero: per quanto eccentrici e paradossali, non sono tutti da buttar via. Come già notava un suo saggista francese: «Il flusso portò McLuhan, e il riflusso potrebbe riportarlo via; ma dipende da noi che restino sulla spiaggia scarti, oppure tesori. Cerchiamo, dunque, di decantarlo e di utilizzarlo»1.

E questo è lo scopo. delle pagine che gli dedichiamo. Prima presentando l’uomo, le sue opere e il suo pensiero; poi discutendo, per quasi tutti criticarli, i modi ed i contenuti del suo ragionare; infine rilevando alcune vantaggiose innovazioni di prassi culturale e pastorale, deducibili da quel poco, ma prezioso, che del suo pensiero si salva, sintetizzato nello slogan: «Il mezzo è il messaggio».

Dalla letteratura ai mass media2

Herbert Marshall McLuhan nasce in Edmonton (Alberta, Canada), da genitori protestanti, il 21 luglio 1911. Adolescente trasloca con la famiglia a Winnipeg (Manitoba), e nella facoltà di letteratura inglese dell’Università del Manitoba è Bachelor of Arts nel 1933, Master nel 1934. Nello stesso anno passa, studente di filosofia e di letteratura medievale e del Rinascimento, al Trinity College di Cambridge (Inghilterra), dove è Bachelor nel 1936 e Master nel 1940; e dove termina gli studi con una tesi di laurea su «l’Aretino inglese» il prosatore elisabettiano Thomas Nashe (1567-1601). Nel frattempo, tre eventi vengono ad orientare tutta la sua vita: nel 1936 un primo incarico nell’Università del Wisconsin lo avvia alla carriera universitaria; nel 1937, dopo aver letto Quel che va storto nel mondo, di G. K. Chesterton, c’è la sua conversione al cattolicesimo; e nel 1939 c’è il matrimonio con l’attrice texana Corinne Keller Lewis, dalla quale avrà sei figli.

Dal 1937 al 1944 lo troviamo docente di letteratura inglese nella St. Louis University (Missouri) dei gesuiti, dove incontra il p. Walter Ong3, poi suo quasi sodale e maestro. Nel 1944 rientra in patria per insegnare teatro, poesia moderna e critica letteraria nell’Assumption College, sezione cattolica dell’Università di Toronto, poi diventata Windsor University. Quivi, diventato titolare della cattedra nel 1952, i suoi interessi per i mass media, già giudicati più che altro una bizzarria, ne avviano la fama di «oracolo dell’era elettronica». Del 1953-1955 è il Center for Culture and Technology che, patrocinato dalla Fondazione Ford, egli fonda e dirige; ed è del 1959-1960 la direzione di un Progetto di studio sui mass media4 affidatogli dall’U.S. Office of Education (diciamo: il Ministero della Pubblica Istruzione USA) e dalla National Association of Educational Broadcasters (vale a dire: l’Associazione Nazionale delle Radiodiffusioni Educative).

Ormai famoso, nel 1967-1968 – contestato a causa dei 100.000 dollari di dotazione annua – è stato titolare della cattedra di lettere Albert Schweitzer e di un Center of Communications nella gesuitica Fordham University di New York. Recentemente continua a vivere e ad insegnare nel St. Michael College della sua Toronto.

Gerald Immanuel Stearn, che con l’antologia di saggi e critiche McLuhan Hot & Cool, del 1967, ha contribuito molto a lanciarlo, ne scriveva: «Bisogna ammettere che ci sono due McLuhan. C’è il professore, piuttosto pedante e un tantino eccentrico, tutto dedito ai suoi studi letterari tra le quattro mura del suo piccolo e muffito mondo universitario; e c’è l’originale, vagamente maniaco, che ha trovato un ricco filone – l’analisi dei media – e lo sfrutta a fondo»5.

Richard Kostelanetz, suo amico e collaboratore, lo descriveva così nel 1970: «Alto, snello, di mezza età, capelli brizzolati, abiti di tipo convenzionale, ha un volto così poco caratteristico che è difficile ricordarne i lineamenti propri. Fotografato più volte, sembra che ogni volta si tratti di una persona diversa. Il suo studio, pieno di libri e di disordine professorale, si presenta poco diverso dalla vicina cartolibreria, con la sola eccezione che in un angolo, circondato ai tre lati da colonne di libri che vanno dal pavimento al soffitto, c’è un segretario, che risponde alla posta, batte a macchina la sua colossale corrispondenza col mondo esterno e dà ascolto a un numero infinito di chiamate telefoniche [...]. Vive con la famiglia in un modesto fabbricato a tre piani. L’interno è modesto, se non dimesso, e ordinario: salvo per il gran numero di libri, in parte disposti in scaffali, e in parte dispersi dappertutto»6.

Tra gli italiani così lo ricordava nel 1967 il giornalista Umberto Morra: «Faccia quadrata, un che di atletico nel portamento [...]. Fotogenico, può ricordare Gary Cooper. Alla televisione si rifà al tipo di Kennedy, piuttosto che a quello di Nixon. Nella parola è eclettico e brillante. Ben conscio della fama raggiunta, se ne preoccupa e, malgrado le sue calcolate esuberanze, evita di mettere il piede in fallo»7.

E il pedagogista Giovanni Gozzer, che gli ha fatto visita nel 1970, così ha descritto l’ambiente in cui vive: «L’Istituto di cultura sociologica e tecnologica da lui diretto a Toronto non presenta affatto quel carattere di modernità ostentata ed eccentrica che è facile supporre per “l’antro” del profeta della giungla elettronica. Accedervi non è cosa facile. Una orrida costruzione in cemento, forse un garage, è quasi contigua. Dietro le piante del campus, ancor ricche di foglie giallo-rosse, spuntano altissimi pinnacoli di grattacieli. McLuhan vive in quest’atmosfera, a un tempo medievale e ultramoderna, la sua giornata intensissima»8.

Un libro su dieci

Molti scritti di McLuhan – libri, ed anche articoli in riviste specializzate – non trattano di mass media, bensì di argomenti ed autori attinenti al suo insegnamento letterario: da Tommaso d’Aquino e Nashe, Flaubert, Baudelaire e Mallarmé, a Tennyson, Coleridge, Dos Passos; e soprattutto a Hopkins, Eliot e Joyce. E di quanto egli ha scritto sui mass media ed annessi, solo un libro, di fatto, ne ha innescato il boom pirotecnico, da lui poi alimentato a furia di razzi-paradossi, in articoli conferenze e riviste.

Ad esempio, il primo suo libro in argomento – The Mechanical Bride (La sposa meccanica), del 19519 – per un buon decennio restò quasi inosservato; verosimilmente per il suo contenuto critico, del tutto agli antipodi delle visioni ireniche del futuro cantore della galassia Marconi. Infatti la stroncatura risentiva dello choc da orientamento subito dal McLuhan venticinquenne nel primo contatto con le matricole USA dell’Università del Wisconsin, e con la loro cultura pop, nutrita di pubblicità e di film (la televisione non c’era ancora); e, mediante un’esegesi satirica dei messaggi palesi ed occulti della pubblicità, soprattutto della Reader’s Digest Selection, denunciava la dissociazione psico-sociale prodotta dalla macchina nella società industriale USA: meccanizzazione dell’uomo e umanizzazione della macchina; dissociazione che aveva portato l’automobile ad occupare, nella vita dell’uomo americano, il posto già occupato – di qui il titolo del libro – dalla fidanzata e dalla moglie.

Secondo suo libro in argomento si può considerare Explorations in Communication (La comunicazione di massa) del 196010: antologia di ventisei articoli, usciti, tra il 1953 e il 1959, nel periodico di avanguardia sui problemi della comunicazione di massa Explorations, già curato, nell’ambito del Center for Culture di Toronto, da McLuhan insieme col condirettore Edmund Carpenter. Ora, nei sette pezzi che gli appartengono11, spicca senz’altro un McLuhan diverso e contrario dal precedente, in quanto condizionato – s’è detto – dall’esplosione televisiva degli anni ’50 in USA, e più dall’ambiente accademico di Toronto, frequentato, tra gli altri, dall’etnologa e antropologa statunitense Margaret Mead, dallo svizzero storico delle civiltà Siegfried Giedion, e soprattutto dal già economista, e poi storico della comunicazione umana, Harold Adams Innis. Sta, tuttavia, il fatto che soltanto vari anni dopo si parlò di questa raccolta, o per lamentare il voltafaccia con cui, nell’esame critico dell’ambiente culturale, McLuhan era passato armi e bagagli al nemico12, oppure per rilevare che i sette pezzi erano la migliore introduzione al suo pensiero futuro13.

Neanche The Gutenberg Galaxy (= La galassia Gutenberg)14, suo terzo libro in argomento, edito dall’Università di Toronto nel 1962, riscosse un gran successo di pubblico, nonostante ottenesse il Premio del Governatore Generale del Canada: una specie dell’americano Pulitzer. Lo conobbe, invece, il successo sull’onda di quello clamoroso del seguente Understanding, quando anche certi studiosi lo preferirono addirittura a questo.

La spinta a scriverlo gli era venuta – secondo quanto egli stesso affermerà – apprendendo, da un saggio del suo collaboratore in Explorations H.J. Chaytor, come le convenzioni letterarie fossero state determinate dalle diverse forme di comunicazione: orale, scritta o stampata; quindi leggendo in un altro saggio, questa volta dello psichiatra J.C. Carothers, gli effetti rapidi e sconvolgenti prodotti dalla parola scritta sulle già analfabete popolazioni africane. In effetti, come precisa il sottotitolo: The Making of Tipografie Man (= Nascita – o, più esattamente, Produzionedell’uomo tipografico), tema-tesi dell’opera è che l’influsso operato dall’introduzione dei caratteri tipografici mobili di Gutenberg in tutta la cultura dell’Europa occidentale dal 1500 al 1900 e, di riflesso, nelle culture che si sono modellate sulla stessa, ha prodotto un uomo radicalmente diverso, tanto da quello dei remotissimi villaggi tribali, quanto dall’uomo elettronico dell’unico odierno «villaggio planetario».

Originale, almeno nella sua assolutezza, è il meccanismo sensorio-psicologico che McLuhan vi propone per spiegare la rivoluzione di Gutenberg. Quel che per lui conta nella stampa è il suo processo meccanico – «il torchio di Gutenberg prototipo di tutte le macchine»! -; e conta l’aspetto sensoriale del prodotto: la stampa stereotipa visivo-lineare. Leggendola – afferma McLuhan – l’uomo tipografico, più che nella sua mente e dalle idee comunicate, viene mutato nel suo sistema sensoriale, «che crea i vortici e le matrici del pensiero e dell’azione». Di qui, nell’uomo tipografico, una nuova percezione-rappresentazione delle categorie spazio-tempo ed, in esse, del mondo che lo circonda; di qui le variazioni nei suoi modi di esprimersi e di comunicare: dal fissarsi delle strutture linguistiche (lessico, ortografia, grammatica, sintassi) al variare dei generi letterari, dei versi, della musica, dello spazio pittorico...; di qui anche il diverso modo di pensare e di operare religioso e sociale dell’uomo tipografico. Onde la morte della Cavalleria medievale, la Riforma protestante e l’omogeneità militare della Compagnia di Gesù, i nazionalismi (con i relativi mercati, ed eserciti, nazionali), la riduzione della proprietà privata e dell’intimità personale, la desacralizzazione...; insomma: tutta la storia dal secolo XV al secolo XX.

Ed eccoci finalmente ad Understanding Media – letteralmente: Comprendere i media –: frutto, pare, della Relazione sul modo di agire dei media e sulle loro conseguenze storico-socio-culturali, presentata, come s’è detto, da McLuhan nel 1960 all’U.S. Office of Education15.

Tanto nel merito quanto nella sua confezione letteraria, le critiche non scarseggiarono. Per il pur benevolo R. Kostelanetz, «il libro, almeno per la metà era pieno di intuizioni brillanti, per un quarto era pieno di ipotesi suggestive, per l’altro quarto era pieno di non-sensi»16. Più risoluti, altri critici lo dissero: «Il peggiore dei suoi libri»17, e Summa popologica18, nel senso di filosofia-metafisica pop. Per suo conto, nell’Introduzione l’Autore notava soddisfatto che un redattore della casa editrice a prima lettura aveva osservato sgomento che la materia del libro era per il settantacinque per cento nuova, quando, per riscuotere successo, un libro non può avventurarsi su un terreno nuovo più del dieci per cento...

Invece, in America e fuori – tradotto in settanta lingue – il successo fu enorme. Per Sidney Finkelstein – uno dei più pungenti suoi critici –, la ragione prima e fondamentale sia da individuare nel posto centrale e rassicurante che vi occupava la televisione, e il modo con cui McLuhan – dimenticato il sarcasmo di La sposa meccanica – rispondeva alle domande ansiose dell’americano (e dell’uomo) di oggi, rappacificandolo con quello che, ormai, egli doveva considerare il suo mondo:

«Egli nota che molti americani avvertono di vivere in un’epoca molto insicura, se non anche critica; conosce l’ansia crescente di quanti si chiedono se quello che passa per progresso tecnico sia veramente progresso, o non piuttosto sfacelo imminente; sa che la gente chiede sempre più di poter conoscere e controllare le forze che ne condizionano la vita: e nel suo libro egli si presenta come uno che conosce queste ansie della gente, pronto a consolarla e ad aiutarla [...]: e predice il futuro con l’ottimismo di un medico che dicesse al suo paziente: Perché cercare di guarire? Ti devi persuadere che quel che tu pensi che sia la salute, di fatto è malattia; e che quel che credi malattia, in realtà è una fase verso la salute»19.

Ormai la sua fama poteva prosperare di rendita. Scriveva A. Vernay su Le Figaro: «Quale altro professore-conferenziere può vantarsi di aver avuto la propria faccia riprodotta contemporaneamente in Time e in Newsweek, e di aver divulgato con le sue teorie un altro “ismo” – il mcluhanismo – anche tra quanti non ne hanno una conoscenza diretta?». In realtà ad Understanding seguirono soltanto pubblicazioni minori, più che altro ripetitive, che ne confermarono, in bene o meno, il nome.

Nel 1967 – collaboratore il grafico e designer Quentin Fiore, e coordinatore Jerome Agel – di McLuhan esce The Medium is the Massage (= Il mezzo è; il Massaggio)20. Conforme al sottotitolo, documentando a modo suo un Inventario di effetti, McLuhan vi cercava di dimostrare che «il medium, ossia il processo del nostro tempo – la tecnologia elettrica –, sta riplasmando e ristrutturando i modi d’interdipendenza sociale e ogni aspetto della nostra vita individuale»; perciò «ci costringe a riconsiderare e a rivalutare praticamente ogni pensiero, ogni azione e ogni istituzione che prima si davano per scontati».

Ricercato ormai come un divo, nell’anno seguente, in collaborazione con lo stesso Q. Fiore pubblica un altro libro21, per provare che le relazioni internazionali e tra i gruppi sociali dipendono dallo sviluppo dei media; e un altro ancora, in collaborazione con l’architetto Harley Parker22, in cui spiega le forme dell’espressione artistica e le maniere con cui i media aiutano l’artista a percepire lo spazio. Segue, pare nel 1969, del solo McLuhan, il breve ma significativo Mutations 1990, sui problemi dei giovani e sulla loro educazione23. Nel 1970 pubblica altri due volumi: uno con W. Watson24 e uno da solo25. Infine, nel 1972, insieme all’ingegnere elettronico Barrington Nevitt, pubblica, salvo errori, il suo ultimo volume sui media26. Come poi egli stesso preciserà: «Tutti e tre riguardano gli effetti della tecnologia sulla comunità umana»27.

Il suo pensiero. La tesi-slogan

Da quanto s’è detto è facile arguire che il pensiero del Nostro non s’è sviluppato in modo organico, ma per accessioni e svolte, in incontri con ambienti, persone ed autori disparati. Da quanto, poi, su lui diremo si vedrà che egli, non solo non si è mai curato di comporre il suo pensiero in una sintesi logica, ma irride come anacronistica una simile impresa da parte di uomini, oggi, marconiani e non più gutenberghiani.

Tuttavia, non foss’altro che per agevolarne l’esame critico, qui sembra opportuno dargli una sistemata. Partiremo, perciò, dalla tesi-slogan: «Il mezzo è il messaggio», che, bene o male, nell’opinione corrente ha finito col sintetizzarlo. Passeremo poi alle quattro sottotesi – i media distinti in caldi e freddi; i media: estensioni dell’uomo; i media che portano dall’esplosione all’implosione; i media in rapporto agli emisferi cerebrali – con le quali McLuhan, di fatto, cerca di convalidarla. Descriveremo, infine, gli eventi socio-culturali che nella visione antropologica di McLuhan confermerebbero e tesi e sottotesi; vale a dire: il succedersi dei media (e dei relativi messaggi), prima nell’esplosione delle passate epoche storiche, poi nell’implosione dell’odierno e futuro «Villaggio cosmico».

McLuhan ha formulato la tesi-slogan in modi diversi. Ad esempio, nel 1960 scriveva: «Affermando “Il mezzo è il messaggio” voglio dire che il medium determina i modi di percezione, e forma la matrice delle ipotesi di lavoro che determina gli obiettivi». Del 1967 è la variante-urto: «Il mezzo è il massaggio»; e del 1974 è la postilla: «Si tratta della trasformazione globale dell’hardware in software, cioè dell’oggetto in informazione». E si comprende come, più o meno consapevolmente, molti autori benpensanti ne abbiano smussata la perentorietà assiomatica quasi che lo slogan non andasse più là dall’affermare che «talvolta il mezzo è il messaggio»28; «quel che più importa nella vita sociale, non è; tanto il contenuto dei messaggi, quanto e molto più; i modi per trasmetterli»29; «il medium non si limita a trasmettere il contenuto della comunicazione, ma lo modifica profondamente»30; «i mezzi producono determinati effetti indipendentemente dal loro contenuto»31; ecc;

Ma, che in McLuhan si tratti di un paradosso provocatorio – a prescindere, per il momento, dall’ambigua accezione dei due termini «mezzo» e «messaggio» – appare chiaro quando si consideri la linea di sviluppo degli studi e delle ricerche sui mass media nella quale egli ha introdotto il suo slogan: linea che, di fatto, non aveva prestato alcuna attenzione al medium. In effetti, detti studi e ricerche32, avviati in USA negli anni ’20 col diffondersi della radiofonia circolare, mossero dagli interessi economici o politici delle imprese che li finanziavano; interessi collegati esclusivamente agli effetti immediatamente rilevabili di dati messaggi: come, cioè, assicurare il massimo di efficacia alle campagne pubblicitarie, e come assicurarsi il consenso di elettori che, con l’avvento della radio, non erano più raggiungibili con i tradizionali comizi. In questa empirica prospettiva economico-politica, tra i quattro elementi della formula di Lasswell – Chi (comunica), Che cosa, A chi, Con quali effetti –. Il Chi (cioè quelli che detenevano i media) venne considerato un dato per sé noto e, di fatto, invariabile, preso come un tutt’uno col medium (allora soltanto il giornale e la radio). Quindi le ricerche s’indirizzarono sul facilmente quantificabile e computabile terzo elemento – l’A chi –, cioè sulla quantità e qualità dei destinatari-recettori, potenziali o effettivamente raggiunti (l’analisi di mercato), dei media; per poi passare sul secondo elemento – il Che cosa –: vale a dire la formulazione e i contenuti dei messaggi (la content analysis), in relazione alle concrete condizioni di recettività, consapevoli o meno, degli stessi destinatari.

Né le cose cambiarono molto negli anni ’40, quando i padri fondatori della Communication Research (V. Hovland, K. Levin, W. Schramm ...), e poi i fondatori della teoria matematica dell’informazione (C.E. Shannon e W. Weaver), portarono l’attenzione su altre variabili ignorate nella formula di Lasswell. E non cambiarono neanche molto negli anni ’50-’60, quando col boom postbellico della televisione, studi e ricerche – in USA, in Inghilterra e altrove – s’interessarono anche agli effetti socio-culturali più duraturi dell’azione globale dei media. Infatti, sociologi e mass-mediologi continuarono ad occuparsi prevalentemente dei loro contenuti, manifesti o latenti; sia in se stessi (B. Berelson, E. Morin, A. A. Moles...), sia in relazione ai recettori; considerati, questi, o quali soggetti di esposizione-percezione-memorizzazione selettiva (J. P. Klapper) e di feed back sugli stessi, oppure quali oggetto di flussi di comunicazione a due stadi per tramite degli opinion leaders (E. Katz e P. Lazarsfeld, R. K. Merton, C. W. Mills...). E la stessa polemica sulle benemerenze o meno dei mass media, che tra umanisti e culturologi vide contrapposti gli apocalittici agli integrati, s’incentrò quasi tutta sulla qualità, massificante o meno, dei loro contenuti. Eccezion fatta per quanti si schierarono pro o contro la cosiddetta «civiltà delle immagini»; i quali, tuttavia, non trasmodarono tanto da attribuire tutti gli effetti, buoni o cattivi che fossero, alla iconicità dei media, appunto, iconici, e da ignorarne i contenuti-messaggi, informativi o suasòri.

La temperatura dei media

In che modo, secondo McLuhan, i media in quanto tali incidono durevolmente nella visione e nella strutturazione socio-culturale del mondo? – Essenzialmente – egli risponde – con le caratteristiche percettive con le quali comunicano i loro messaggi, cioè secondo il tipo e l’area di stimolazione sensoriale loro propria: «Gli effetti della tecnologia non si verificano a livello delle opinioni e dei concetti, ma alterano costantemente, e senza incontrare resistenza, le reazioni sensoriali o le forme di percezione». Perciò, in relazione al sensorio del recettore egli distingue i media in hot (caldi) e cool (freddi), secondo il loro grado di «definizione»: mutuando l’accezione di questo termine dalla televisione (medium freddo), in paragone del cinema (medium caldo).

«L’immagine televisiva non ha nulla in comune col cinema [...]. Essa è visivamente scarsa di dati [...]. L’immagine televisiva offre allo spettatore circe tre milioni di puntini al secondo, ma egli ne accetta soltanto una dozzina alla volta e con essa costruisce un’immagine. L’immagine cinematografica, invece, offre ogni secondo molti milioni di dati in più, e lo spettatore, per formarsi un’impressione, non deve effettuare la stessa drastica riduzione, ma accettarli in blocco»33.

Poi, però, le cose non restano tanto semplici. Come nota O. Burgelin34: manca in realtà un criterio univoco per giudicare se un medium sia hot oppure cool, e per prevedere con certezza le attribuzioni di McLuhan all’una o all’altra categoria; attribuzioni che, per giunta, egli estende dai media (di comunicazione) propriamente detti, alle tecnologie in genere, ed anche alle persone e alle cose umane, dove è arduo parlare di «definizione-partecipazione» nell’accezione sopra precisata.

Ad esempio: tra i media che più o meno si rifanno alla comunicazione: sono hot (caldi), secondo il Nostro, la carta, la fotografia, la stampa di Gutenberg, il grammofono, il giornale, il cinema, la radio e l’attore donna; mentre sono cool (freddi) la pietra, la xilografia, il manoscritto, il telefono, la televisione e l’attore uomo. Tra le tecnologie di trasporto: è hot (calda) l’automobile americana di grossa cilindrata, ed è cool (fredda) la nostra utilitaria. Tra gli sport: è caldo il base-hall, è freddo lo sci. Tra gli uomini: sono hot quelli di città, le ragazze con gli occhiali chiari, i presidenti Roosevelt, Nixon e Kruscev; e sono cool quelli di campagna, le ragazze con gli occhiali scuri, i presidenti Coolidge e Kennedy...

Questa teorizzazione calorica si complica ulteriormente quando McLuhan v’introduce sotto-teorie; quali, ad esempio, quella di K. Boulding sul «capovolgimento del medium surriscaldato» e quella del rapporto tra il calore dei media e quello dei recettori, o delle culture, in cui essi operino. Scrive, ad esempio:

«Le cose cambiano moltissimo, secondo che un medium caldo sia usato in una cultura calda o in una cultura fredda. Un medium caldo come la radio, per esempio, usato in culture fredde o illetterate, ha un effetto ben diverso da quello prodotto, mettiamo, in Inghilterra o in America [...]. In ogni medium o struttura esiste quello che K. Boulding chiama “un limite di rottura”, nel quale il sistema muta bruscamente in un altro, o supera nel suo processo dinamico il punto dal quale non è più possibile tornare indietro»35.

I media estensioni dell’uomo

Che i ritrovati ed i manufatti dell’uomo si possano considerare quasi sue estensioni-prolungamento, non è una scoperta di McLuhan. Oltre che ad Henry Bergson, tra gli antropologi l’analogia era nota ad H. Selye, A. Jonas e, più recentemente, ad Edward T. Hall, che in The Silent Language ha scritto: «In realtà, tutti gli oggetti materiali fatti dall’uomo possono essere trattati come estensioni di ciò che l’uomo una volta faceva con il proprio corpo, o con una parte specializzata di esso»36. Ma dove finisca l’analogia letteraria ed inizi l’oggettività scientifica è difficile dirlo.

Da parte sua, McLuhan più di una volta enunzia l’assioma in termini categorici; ad esempio: «Tutti i media sono estensione di qualche facoltà psichica o fisica»; e, a proposito di Understanding Media: «Tema insistente di questo libro è che tutte lè tecnologie sono estensioni del nostro sistema fisico e nervoso». Ma poi, nelle variazioni ed esemplificazioni che ne fa, le accezioni dei due termini-chiave – media (- tecnologie) ed estensione (- prolungamento) – diventano tanto vaghe e trasposte da, o svotare l’assioma, per troppa genericità, d’ogni contenuto significativo, oppure da farne, per troppa comprensione, una variante tautologica della stessa tesi-slogan: «Il mezzo (= l’ambiente trasformato dall’uomo) è il messaggio (= modifica l’uomo che vi vive e vi opera). Scrive, ad esempio, nel suo best seller maggiore (passim):

«Nell’era elettrica abbiamo come pelle l’intera umanità [...]. Tutte le tecnologie precedenti i media elettrici sono soltanto estensioni delle mani, dei piedi, dei denti e dei controlli termici del corpo, comprese le città [...]. Se il vestiario è un’estensione della nostra pelle personale per immagazzinare e incanalare calore ed energia, l’alloggio è un mezzo collettivo perché la famiglia o il gruppo possano pervenire allo stesso fine. L’alloggio è un’ulteriore estensione dei nostri meccanismi per il controllo della temperatura del corpo, una pelle o un indumento collettivo. Le città sono un’ulteriore estensione degli organi fisici per soddisfare i bisogni di gruppi più vasti [...]. Il danaro: estensione di un desiderio o di una motivazione interna [...]. La sedia: estensione della nostra schiena [...]. Le lingue, e tutti i giuochi, sono estensione delle nostre immediate vite interiori».

Dall’esplosione all’implosione

Terza tesi-puntello dello slogan-paradosso è l’esplosione-implosione, così da McLuhan enunciata in apertura dello stesso best seller:

«Dopo essere esploso per tremila anni con mezzi tecnologici frammentari e puramente meccanici, il mondo occidentale è ormai entrato in una fase d’implosione. Nelle ere della meccanica avevamo operato un’estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo oltre un secolo d’impiego dell’elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio. Ci stiamo rapidamente avvicinando alla fase finale dell’estensione dell’uomo: quella in cui attraverso la simulazione tecnologica, il processo creativo di conoscenza verrà collettivamente esteso all’intera società umana, proprio come, tramite i vari media, abbiamo esteso i nostri sensi e i nostri nervi» (p. 9).

Non è agevole precisarne la portata concettuale, a partire, anche qui, dall’accezione dei due termini. Inoltre, occorrerebbe precisare chi e che cosa, secondo McLuhan, esplode ed implode; e quale sia, poi, la correlazione tra questo esplodere-implodere ed il calore hot-cool dei media. Secondo A. Bourdin, egli distinguerebbe «due tipi di rottura, che hanno rapporti diretti con la coppia hot-cool: l’implosione, passaggio dal “caldo” al “freddo”, si oppone all’esplosione, passaggio dal “freddo” al “caldo” [...]. L’implosione è piuttosto caratterizzata dall’auto-distruzione di un sistema»37. Ma è dubbio che precisamente questo sia il pensiero di McLuhan.

Gli emisferi cerebrali

Recentissima, nella teorizzazione di McLuhan, è la sotto-tesi – derivata dagli americani R. J. Trotter, A. R. Luria (ed E. H. Lenneberg) – dei rapporti fisiologici tra i media-sensorio ed i due emisferi del cervello umano; sotto-tesi di cui, tuttavia, egli non ha ancora precisato le connessioni con le tre precedenti. Confidava nel 1974 a P. Babin, e poi, nel 1977, a J. Grapin e ad E. Forcella38, «con la stessa disarmata sicurezza con cui il professore di matematica ci dimostrava, al ginnasio, i suoi teoremi»:

«Ormai non si tratta più di una semplice ipotesi, ma di una scoperta scientifica fondata sull’anatomia e la neurochirurgia. Ecco come gli scienziati sintetizzano oggi i caratteri propri dei due emisferi. Quello di sinistra è specializzato nell’analisi, quello di destra nel pensiero globalizzante [...]. Da questo emisfero dipende soprattutto il nostro orientamento spaziale, il nostro operare artistico, l’abilità operativa, l’immagine del nostro corpo, il riconoscimento delle fisionomie [...]. Esso copre interamente il campo percettivo, mentre quello di sinistra si concentra su un aspetto. E siamo al “punto di vista”! Gutenberg si rifà all’emisfero sinistro. L’orale, l’acustico, e perciò l’elettronico, a quello destro».
«Quando scrivevo Understanding Media non lo sapevo: ma il cervello umano si compone di due parti: quella di sinistra è quella dell’occhio, e quella di destra è dell’orecchio. Ora, come si sa, il mondo dell’elettronica è quello dell’acustica. Solo il mondo visivo è continuo ed omogeneo: non gli altri sensi, l’udito compreso. Propria della civilizzazione è l’analisi quantitativa: perciò l’emisfero sinistro ha dominato il mondo occidentale sino al sec. XIX. L’altro emisfero, il destro, dell’acustica, è quello della percezione simultanea. Che in noi prevalga l’uno o l’altro emisfero dipende dall’ambiente [i media?] in cui viviamo. Se questo ambiente è lineare, industriale, con un linguaggio e una scrittura grammaticale, si avvantaggia l’emisfero sinistro. Ma dato che oggi dappertutto l’ambiente sta diventando elettronico e simultaneo, l’emisfero prevalente è quello di destra, come sempre è stato per il Terzo Mondo. Il quale, però, oggi si alfabetizza e s’industrializza: perciò sta via via sviluppando anch’esso l’emisfero sinistro».

Le quattro età

Come si vede, tesi e sotto-tesi sui media, più o meno integrate da elementi avventizi, cercano di reggere tutta l’antropologia culturale e la psico-sociologia di McLuhan. Ne risulta una visione globale dell’uomo e della storia: monistica, in quanto un solo fattore, i media, vi viene predicato come autosufficiente per rendere ragione di tutti i fenomeni psico-socio-culturali, passati presenti e futuri; dialettica, in quanto gli stessi fenomeni ed epoche storiche vi vengono visti nella dinamica di tesi-antitesi-sintesi tra coppie opposte degli stessi media; infine ideologica, in quanto giudizi, previsioni e proposte operative vi optano pro alcuni media-messaggi, contro altri. Sicché, come nota Dwight MacDonald39, per McLuhan l’evoluzione dell’uomo parte dall’Età dell’oro dell’arcaico villaggio tribale analfabeta, declina nell’Età d’argento alfabeto-chirografica; degenera nell’Età del ferro della stampa di Gutenberg, per avviarsi – almeno stando al penultimo McLuhan! – verso una rinnovata Età dell’oro del villaggio cosmico elettronico.

Senza, per il momento, scendere a giudizi, mette conto rilevarne le linee maestre.

Nel villaggio tribale

Ammesso che, sulla terra, l’uomo «parla» da almeno trenta millenni, e che la sua comunicazione scritta-alfabetica risalga a circa quattro millenni fa, l’uomo analfabeta del mcluhaniano villaggio tribale, tra preistoria e storia, ha popolato la terra per almeno ventisei millenni. Durante i quali, insieme con altri fattori, rilevanti innovazioni tecnologiche interdipendenti – dall’utensileria e dall’uso del fuoco e dei metalli, ai mezzi di trasporto, alle armi... – segnarono il trapasso dell’uomo, da cacciatore e nomade, all’allevamento e alla cultura sedentaria, ai villaggi permanenti e agli apparati difensivi; e poi alle prime città e grandi civiltà, con tutto ciò che esse comportarono di classi, di capi, di strutture amministrative, di eserciti e di guerre.

Sorvolando su siffatta complessa evoluzione – non solo di tecnologie: «prolungamenti dell’uomo»! –, ed in parte sorvolando anche sull’avvento delle prime scritture tout court, in quanto ideografiche e non alfabetiche, McLuhan caratterizza, invece, il suo villaggio tribale esclusivamente rispetto all’unico medium di comunicazione di cui l’uomo disponeva: la parola orale. La quale – egli insegna –, stimolando non la vista ma l’udito, «coinvolgeva» sensorialmente ed emotivamente l’ascoltatore, così integrandolo nel gruppo sociale: famiglia, clan o tribù. Nel villaggio tribale, unica possibilità di immagazzinare le esperienze da trasmettere nello spazio (ristretto) e nel tempo (corto): la memoria di gruppo. Niente storia, niente scuole, nessuna burocrazia, niente eserciti, niente guerre. Agli uomini «di natura» di allora, sensorialmente integrati, ignote le angosce del futuro uomo civilizzato!

L’uomo alfabetico-chirografico

La sua «era d’argento» va, per quasi tre millenni e mezzo, da circa il 2000 a.C. sino alla stampa di Gutenberg. A parte numerose altre «estensioni dell’uomo» – nell’utensileria, le macchine, le nuove fonti di energia... –, la caratterizzano, per restare al nostro mondo occidentale: le civiltà greca, etrusca, latino-romana, bizantina, islamica; e soprattutto le due storie-civiltà cointegrantisi: d’Israele e della Cristianità. McLuhan concede qualche attenzione, più che altro rapportandoli all’era di Gutenberg, alle strade: come trasporto-accelerazione dei messaggi cartacei; alla staffa: come origine e causa della cavalleria medievale e degli eserciti convenzionali; al danaro: come «metafora» della merce-baratto; all’orologio: come «macchina che produce ore, minuti e secondi uniformi, secondo la tecnica della catena di montaggio», separando il «tempo dai ritmi dell’esperienza umana», e contribuendo «a creare l’immagine di un universo numericamente quantificato e mosso da forze meccaniche».

La sua attenzione, invece, va quasi esclusivamente alla scrittura alfabetica. E non tanto quale medium che, raccogliendo conservando e trasmettendo nello spazio e nel tempo le esperienze umane, doveva ridurre nel gruppo sociale la funzione mnemotica dei singoli, il peso dogmatico dei proverbi, ed anche l’autorità degli anziani, già depositari delle tradizioni, stornandola verso élites amministrative, religiose e censuali, che monopolizzeranno la scrittura; quanto all’alfabeto nella sua concretezza sensoriale-visiva e nella sua funzione analitico-lineare. Infatti, alla ridotta egemonia coinvolgente degli altri sensi – udito, gusto e tatto – rispetto a quella analitico-lineare della vista, e al derivante dissociarsi della sensibilità interiore dell’uomo alfabeta, McLuhan attribuisce, tra l’altro – oltre che il dissolversi della famiglia e del clan, ed il passaggio dalle società chiuse a quelle aperte, con le crisi che ne seguono –, anche la trasposizione ed omogeneizzazione delle culture, la percezione (da euclidea a cartesiana) dello spazio e del tempo uniformi, l’uniformità degli individui di fronte alle leggi scritte, ecc.; ma soprattutto attribuisce la rivoluzione psico-culturale segnata dal pensiero greco: dal «pensiero selvaggio» al logos della filosofia e della scienza. Scrive:

«L’avvento della scrittura ebbe, nella Grecia antica, conseguenze stupefacenti, facendo nascere la nozione di persona individua e responsabile. L’uomo che viveva nella cerchia tribale s’identificava del tutto col gruppo, che non era altro che il prolungamento di quello familiare. La società tribale provava il sentimento profondo di vivere in simbiosi totale con le energie cosmiche. Uomo e natura erano uniti in una comunanza mistica. La parola scritta fece nascere l’individuo distinto e personalmente responsabile troncando il legame tra l’uomo e la natura, per effetto della idea di oggettività scientifica di assegnare alle cose il loro proprio posto»40.

La galassia Gutenberg

Introducendo The Gutenberg Galaxy, McLuhan nota che forse sarebbe stato meglio usare, al posto di «galassia» la parola «ambiente»; poi, però, ci ripensa, e corregge: «Il termine “galassia” rende perfettamente l’insieme simultaneo e reciproco di diversi fattori non direttamente relazionati tra di loro». Sta, tuttavia, il fatto che «galassia Gutenberg» per lui vale: «Configurazione di eventi che si situano molto dopo il mondo dell’alfabeto e della cultura degli scribi»; diciamo, dunque: i circa quattro secoli che vanno da Gutenberg a, verosimilmente, i primi decenni dell’800, quando, col telegrafo Morse, per la prima volta l’elettricità fece da vettore alla comunicazione umana.

In questa «configurazione di eventi» oltre alle innovazioni tecnologiche – più spinta meccanizzazione, rivoluzione delle armi da fuoco, nuove fonti energetiche... –, tra i fenomeni più rilevanti che coinvolsero tutta la vita, individuale e sociale, dalle scienze alle arti, dall’economia alla politica, dalla filosofia alla religione, sono da ricordare, nei secc. XIII-XV, in tutta l’Europa centro-occidentale, la rivalutazione umanistica del mondo antico greco-romano; nei secc. XIV-XVI, sempre in Italia e in Europa, il Rinascimento; ed anche: la scoperta dei nuovi mondi, la crisi della Cristianità (Riforma e Controriforma) nella secessione luterana, la nascita della scienza e degli Stati moderni. Infine, nella seconda metà del ’700: la rivoluzione industriale, l’Illuminismo laico, la Costituzione democratica americana, la Rivoluzione francese...

Ancora una volta scarsamente attento a siffatta complessa interazione di fenomeni, McLuhan lamenta che «non siano stati mai capiti gli effetti psichici e sociali della stampa» e che «in cinque secoli siano stati pochissimi gli studiosi esplicitamente consapevoli di questi effetti sulla sensibilità umana». Cerca, perciò, di colmare questa lacuna facendo rimontare, direttamente o indirettamente, a Gutenberg fatti ed eventi di cui – egli sostiene – essi costituiscono appunto «la galassia»; primo tra questi: l’esplosione della meccanizzazione. Sorvolando sulla secessione protestante, egli attribuisce alla stampa, tra i più macroscopici fenomeni ed eventi socio-politici: lo «scontro di due culture» esemplificato con Tommaso Moro e Pierre de la Ramée, le società di mercato, i nazionalismi, gli eserciti, le guerre di religione, la Rivoluzione francese...

Non basta. Nel e col mutare delle strutture sociali, muta, secondo McLuhan, la stessa psicologia dell’uomo gutenberghiano. Infatti, alla «specializzazione» della stampa egli attribuisce la separazione psicosociale dei sessi, il senso della privacy e del pudore nella convivenza familiare, ed anche l’omosessualità e la prostituzione; il passaggio da un mondo di ruoli ad un mondo di lavori, la «segmentazione omogenea di persone, di rapporti e di funzioni», il trapasso dal medievale tempo-spazio «inclusivo» al rinascimentale tempo-spazio «esclusivo», ma soprattutto attribuisce il variare delle forme espressivo-culturali: artistico-filosofico-religioso-morali.

Non può non riconoscere che «soltanto un terzo della storia del libro, nel mondo occidentale, è stata tipografica»; ma rileva la stretta interdipendenza tra questa e la precedente comunicazione alfabetico-chirografica. Di conseguenza, egli fa coincidere «civiltà» con «cultura della scrittura», oggi ormai alle prese con quella elettronica. Quando, però, cerca di rilevare le differenze complementari tra scrittura alfabetico-chirografica e stampa gutenberghiana, per lui, ancora una volta, l’agente determinante resta il sensorio umano, chiamato in causa dal medium. Tuttavia, mentre nella chirografica rilevava piuttosto «l’insignificanza» e «il torpore dell’irritazione specialistica», propri del segno visivo, nella pagina stampata egli rileva piuttosto la linearità e la ripetitività.

Il villaggio cosmico

Secondo McLuhan, il ciclo-rapporto storico tra mezzi-messaggi ed uomo-fruitore si conclude nell’odierna e futura età elettronica, o «galassia Marconi», caratterizzata soprattutto dal medium televisivo. Medium che, cool e «tattile», e prolungamento del sistema nervoso, porta l’uomo alfabetico e gutenberghiano a superare il secolare condizionamento visivo-lineare, e lo riconduce così ad un neo-tribalismo; non più, tuttavia, nel piccolo ed isolato villaggio dell’uomo prealfabetico, bensì nell’unico villaggio cosmico dell’intera umanità.

Ciò proponendo, McLuhan si riferisce, di fatto, ma piuttosto ad orecchio, a tre distinti ordini di innovazioni tecnologiche; le quali, in effetti, hanno rivoluzionato la comunicazione umana negli ultimi due secoli, e soprattutto in questi ultimi decenni; ma non da sole, né sotto lo stesso aspetto. Infatti, ad un ordine che possiamo dire semplicemente elettrico appartengono il telegrafo Morse e il telefono: che hanno, sì, ridotto il tempo-spazio psico-sociale, ma insieme ad altri mezzi – di trasporto e non di comunicazione, e che «elettrici» propriamente non erano –, quali il piroscafo, il treno, l’automobile e l’aereo. Ad un secondo ordine, propriamente elettronico – vale a dire: di dispositivi il cui funzionamento è prevalentemente basato sull’uso di valvole termoioniche, tubi a vuoto o a gas, o componenti a stato solido, quali i transistori –, appartengono, invece, due strumenti di comunicazione per eccellenza, quali la radio e soprattutto la televisione. La quale, tuttavia, ha utilizzato largamente il cinema, che – strumento non «elettronico» né «elettrico», e «di comunicazione» fino a un certo punto – per oltre mezzo secolo aveva modellato un mondo tutto «icono-visivo», congiuntamente ad altre invenzioni non «elettroniche» né «elettriche», quali la litografia, la fotografia e la fotoriproduzione.

Infine, ad un terzo e tutto diverso ordine appartengono altre tecnologie elettroniche più recenti; le quali, se da un lato, invadendo tutte le tecniche convenzionali di comunicazione – stampa, cinema, radio e televisione – anche mediante i satelliti, le fanno confluire in un’unica integrata universale comunicazione-informazione tecnotronica41; dall’altro superano l’ambito della comunicazione umana propriamente detta, per occupare e rivoluzionare come informatica42 – di cui il calcolatore elettronico è lo strumento specifico – tutti ormai gli aspetti della vita associata umana: dalla ricerca scientifica all’organizzazione industriale ed economica, dall’amministrazione dello Stato al funzionamento dei servizi sociali, dal settore medico-sanitario a quelli metereologico, militare, della didattica, degli elettrodomestici, dei giocattoli...

* * *

«Villaggio cosmico» e «galassia Marconi» – insieme con lo slogan-paradosso «Il mezzo è il messaggio» e «galassia Gutenberg» – hanno finito col diventare i dati segnaletici di maggior spicco nel passaporto del nostro estroso astronomo. Da quanto, in modo sommario, si è esposto, risulta abbastanza che si tratta di termini piuttosto figurati, e non congruenti. Per giudicare nel merito di tutto il pensiero di McLuhan occorre passare dal descrittivo al valutativo.

Tenteremo di farlo in un prossimo articolo, dedicato all’analisi spettroscopica di quella che – seguendo il Nostro nel suo linguaggio astronomico – chiameremo la «cometa McLuhan».

* Si presentano – soppresso ogni apparato critico di documentazione e quasi tutte le note – alcune grandi linee di quanto compiutamente si espone e si discute nell’omonimo volume di prossima edizione: E. BARAGLI, Il caso McLuhan, Roma, La Civiltà Cattolica, 1980, 8º, 427.

1 A. BOURDIN, Marshall McLuhan: profeta o mistificatore?, Torino, SEI, 1974, 147.

2 Il Nostro non ama parlare di sé e della sua vita. Gli autori più ricchi in notizie in proposito sono: G. GERBNER, McLuhan Herbert Marshal, in Encyclopedia Americana, New York, s. v., 80; R. KOSTELANETZ, McLuhan, sacerdote dei mass media, in Servizio Informazioni AVIO, 1971, nn. 5-6, 219; P.-Y. PETILLON, Avant et après McLuhan, in Critique, juin 1969, 505; R. ROSENTHAL, McLuhan: Pro & Contra, Caracas 1969, 19.

3 Nato nel 1912, nel 1937 era entrato nella Compagnia di Gesù da appena due anni. Sarà sacerdote nel 1946. Nel 1968 ricorderà: «La complessa struttura dell’insegnamento “orale”, ancora prevalente nella Facoltà di teologia della Louis University sino agli anni ’60, ha applicazioni molto interessanti, alcune delle quali interessano il “fenomeno McLuhan”. Egli ha fatto parte di questo milieu ancora in piena attività quando io, negli anni 1937-’44, vi ero giovane insegnante d’inglese. (Communication Media and the State of Theology, in AA.VV., Theology in the City of Man, New York 1968, nota 11). Ma, per l’esattezza, l’Ong fu alla St. Louis University solo negli anni 1938-’41, nell’anno scolastico 1941-’42 essendo passato ad insegnare letteratura inglese e francese a Denver (Colorado).

4 È riportato parzialmente in G. I. STEARN, Pour ou contre McLuhan, Paris, Seuil, 1969, 134.

5 Ivi, 19.

6 Op. cit., 219.

7 U. MORRA, Marshall McLuhan e lo scrittore dell’era elettronica, in La Fiera Letteraria, 1967, n. 14, 3.

8 G. GOZZER, La galassia McLuhan, in Sette giorni in Italia e nel mondo. 15 nov. 1970, 37.

9 M. McLUHAN, The Mechanical Bride. Folklore of Industriai Man, New York, Vanguard Press, 1951; non tradotto in italiano.

10 E. S. CARPENTER – M. McLUHAN, Explorations in Communication, Boston, Bacon Press, 1960; versione italiana, con Introduzione di A. PLEBE: Le comunicazione di massa, Firenze, La Nuova Italia, 1966.

11 Del solo McLuhan sono: Gli effetti del libro stampalo nella lingua del XVI; Aula senza mura; Itinerario delle comunicazioni di massa; Cinque dita sovrane tassavano il respiro e Questi cinque re fecero morire un re, alle pp. 103, 240, 244 e 254; mentre di McLuhan in collaborazione col Carpenter oltre all’Introduzione: Spazio acustico (p. 82).

12 P.-Y. PETILLON, op. cit., 510.

13 R. KOSTELANETZ, op. cit., 222.

14 M. McLUHAN, The Gutenberg Galaxy. The Making of Typografic Man, Toronto, University Press, 1962; versione italiana (con Introduzione di G. GAMALERI): La galassia Gutenberg. Nascita dell’uomo tipografico, Roma, Armando, 1976 (cfr Civ. Catt. 1976 IV 615). Il volume consta di un mosaico di centosette tessere autonome, introdotte da altrettanti aforismi-glosse tra l’ermetico e il bizzarro; quali, ad esempio: «4. La schizofrenia è forse una conseguenza necessaria dell’alfabetizzazione – 68. La separazione operata dalla stampa tra la testa e il cuore è il trauma che affligge l’Europa da Machiavelli fino ai nostri giorni – 75. L’Adamo di Bacone è un mistico medievale, mentre quello di Milton è un attivista sindacale – 76. In quale misura la pagina prodotta in massa dalla stampa divenne un sostituto della confessione auricolare – 91. Gli spagnuoli erano stati immunizzati contro la tipografia dalla loro antica contesa contro i mori – 94 e 97. La stampa [...] rese possibili le sgrammaticature: nessuno ha mai commesso un errore di grammatica in una società non-alfabeta – 103. La tipografia rese rauche le voci del silenzio». Precedono detto mosaico un Prologo e un Avanprologo; li segue un breve capitolo: La galassia riconfigurala. Chiudono il volume un Indice degli aforismi-glosse ed un Indice bibliografico.

14 M. McLUHAN, Understanding Media. The Extension of Man, New York, McGraw-Hill, 1964; uscito in Italia con l’infelice titolo Gli strumenti del comunicare, Milano, Il Saggiatore, 1967 (cfr Civ. Catt. 1967 III 495). Nella breve Parte Prima, più generale, vengono proposti quelli che ormai resteranno i pilastri del mcluhanismo. «Il medium è il messaggio» (Cap. I): vale a dire: «Le conseguenze individuali e sociali di ogni medium, cioè di ogni estensione di noi stessi, derivano [non da ciò che viene trasmesso, ma] dalle nuove proporzioni introdotte nelle nostre questioni personali da ognuna di tali estensioni e da ogni nuova tecnologia». Natura ed efficacia di questo «messaggio» dipendono dal «calore» – hot (=caldo) e cool =freddo) – dei media (Cap. II), ossia dalla loro alta o bassa «definizione»; ma anche dal loro «surriscaldamento» (Cap. III), dato che, secondo K. Boulding, «in ogni medium o struttura esiste un limite di rottura nel quale il sistema si muta bruscamente in un altro, o supera nel suo processo dinamico il punto dal quale non è più possibile tornare indietro». Seguono (Cap. IV) le tesi: dei media «prolungamento dei sensi e del sistema nervoso», con conseguente narcisismo-scatenamento del sensorio iperesteso; e quella (Cap. V) della tensione-scatenamento conseguente allo scontro di diverse culture-tecnologie: «Gli ibridi dei media, cioè dell’interpenetrazione di un medium in un altro». Infine McLuhan tratta (Cap. VI) dei media come traduttori di esperienze, e dei rapporti tra estensione elettrica del sistema nervoso e potenzialità artistica come soluzione della tensione-urto tra le odierne culture-tecnologie.

Nella Parte Seconda, che si estende per quattro quinti del volume, McLuhan cerca di provare la teoria riscontrandola, in altrettanti capitoli, con ventisei media o tecnologie, più o meno nell’ordine in cui essi ed esse si sono presentati nella storia dell’uomo, determinandone – questa è la sua tesi – le mutazioni psico-culturali. Essi sono (e riportiamo anche qualcuna delle apposizioni fantasiose con cui li accompagna): 1. La parola parlata, con i suoi vantaggi multisensoriali (Fiore del male?) – 2. La scrittura alfabetica (Un occhio per l’orecchio), responsabile dell’evoluzione sociomentale-politica dell’uomo occidentale. – 3. La ruota e la strada, determinate dal commercio del papiro e della carta, interrotto nel sec. IV e ripreso nell’XI. – 4. I numeri (Profilo della folla), come prolungamento del tatto, lontani responsabili (tra l’altro) della prospettiva rinascimentale e della catena di montaggio industriale. – 5. L’abito-veste (Espansione della nostra pelle). – 6. L’abitazione, in relazione alla luce (elettrica) – 7. Il danaro e la carta moneta (sulla scia di J.M. Keynes). – 8. L’orologio (Profumo del tempo), fattore del tempo gutenberghiano, eliminato dall’implosione elettrica. – 9. La stampa, rispetto alla parola parlata e allo spazio tridimensionale. 10. I fumetti, figli delle xilografie e Anticamera della TV – 11. La parola stampata (Architetto del nazionalismo). – 12. La ruota, madre della bicicletta e nonna dell’aeroplano. – 13. La fotografia (Bordello dei muri). – 14. I giornali e l’informazione. – 15. L’automobile (ovviamente: La sposa meccanica). – 16. La pubblicità – 17. I giuochi, i riti e le arti (anche questi: Estensione dell’uomo). – 18. Il telegrafo: Ormone sociale, che sconvolge il linguaggio, lo stile letterario, l’autorità, e genera angoscia. – 19. La macchina da scrivere – 20. Il telefono (McLuhan è incerto se qualificarlo Tromba squillante o Simbolo [?!] tintinnante). – 21. Il grammofono (Giocattolo che ha contratto il petto della nazione). – 22. Il cinema (senz’altro: Il mondo in bobina). – 23. La radio (Il tamburo tribale). – 24. La televisione (Il gigante timido). – 25. Le armi. – 26. L’automazione.

16 R. KOSTELANETZ, op. cit., 222.

17 C. RICKS, in G.I. STEARN, op. cit., 111.

18 T. ROSZAK, in R. ROSENTHAL, op. cit., 288.

19 S. FINKELSTEIN, McLuhan: prophète ou imposteur?, Tours, Marne, 1970, 11.

20 M. McLUHAN – Q. FIORE (J. AGEL), The Medium is the Massage. An Inventory of Effects, New York, Bantam Book, 1967; versione italiana: Il Medium è il Massaggio. Un inventario di effetti, Milano, Feltrinelli, 1968. L’inventario ricalca i motivi e gli schemi di Understanding Media. Ruota, libro, indumenti e circuiti elettrici: estensioni, rispettivamente, del piede, dell’occhio, della pelle e del sistema nervoso centrale. Le sequenze-catene: alfabeto – occhio – linearità – frammentarietà – razionalità; penna – architettura – città – esercizi – burocrazia; stampa – produzione iterativa industriale – individualismo – prospettiva – distacco. Nell’avvento del villaggio globale per effetto della ferrovia e delle comunicazioni elettriche: svuotamento dei gruppi sociali tradizionali e della privacy per effetto degli archivi computerizzati, della cerchia familiare, della scuola nozionale ottocentesca dei mestieri. Teoria dello specchietto retrovisore: «Di fronte ad una situazione assolutamente nuova tendiamo sempre ad attaccarci agli oggetti, all’aroma del passato più prossimo».

21 M. McLUHAN – Q. FIORE, War and Peace in the Global Village, New York. McGraw-Hill, 1968.

22 M. McLUHAN – H. PARKER, Through the Vanishing Point. Space in Poetry and Painting, New York, Harper and Row, 1968.

23 Se ne conosce la versione francese: Mutations 1990, Tours, Marne, 1969. Il primo capitolo – Come ci si amerà domani – è sulla vita sessuale e sul matrimonio nelle concezioni passate, presenti e il secondo – L’avvenire dell’educazione – tratta dell’educazione della generazione del 1989: vale a dire di quanti, nati nel 1968, ventenni si diplomeranno in detto anno. Il terzo tratta «del vero influsso della televisione sui vostri figli». L’ultimo, e più disorganico, accenna alle «grandi mutazioni che vi riguardano».

24 M. McLUHAN – W. WATSON, From Cliché to Archetype, New York. Viking Press, 1970.

25 M. McLUHAN, Culture is Our Business, New York, McGraw-Hill, 1970.

26 M. McLUHAN – B. NEVITT, Take Today: The Executive as Dropout, New York, Harcourt, 1972.

27 Educazione e comunicazione di massa, intervista con Kenneth Richmond, in Tuttoscuola, apr. 1976.

28 E. BIERNATZKI, Catholic Communication Research, Topic and Rationale, London 1978, 33.

29 J. CAZENEUVE, Les communications de masse, Paris. Denoël-Gonthier. 1976, 94.

30 U. MORRA, Il terrorismo è favorito dai mass media, in Il Tempo, 14 mar. 1978.

31 B. SPOLETINI, Comunicación social y lglesia, Bogotá, Ed. Paulinas, 1977, 26.

32 In proposito, cfr, tra gli altri: E. KATZ – P. F. LAZARSFELD, L’influenza personale nelle comunicazioni di massa, Torino, ERI, 1969: Sez. I: Immagini del processo...; D. McQUAIL, Sociologia delle comunicazioni di massa, Bologna, Il Mulino, 1973: Cap. III: La tradizione empirica ...; G. STATERA, Società; e comunicazioni di massa, Palermo. Palumbo, 1972, Cap. 3: Origini della sociologia ...; F. BALLE – J.-G. PADIOLEAU, Modèles d’analyse de la communication de masse, in Sociologie de l’information, Paris, Laroussc, 1973, 27.

33 M. McLUHAN, Gli strumenti del comunicare, cit., 335.

34 Cfr O. BURGELIN, Un essayiste pop: Marshall McLuhan, in Esprit, juin 1969, 1110.

35 M. McLUHAN, op. cit., 40.

36 Riportato in McLUHAN, La galassia Guttnberg, cit., 25.

37 Op. cit., 62.

38 Cfr P. BABIN – M. McLuHAN, Autre homme autre chrétien à l’âge électronique, Lyon, Chalet, 1978, 41; J. GRAPIN, Entretien, in Le Monde, 18 oct. 1977; E. FORCELLA, Ma il video fatto in casa non interessa McLuhan, in la Repubblica, 1° ott. 1973.

39 In R. ROSENTHAL, op. cit., 41.

40 In Mutations 1990, riportato da L. DE OLIVEIRA LIMA, La educación del futuro según McLuhan, Petrópolis, Ed. Vozes, 1971, 62.

41 Il termine è stato coniato dall’americano Zbigniew Brzezinski, in L’America nell’era tecnotronica (in Futuribili, 1959, 3), e poi in Between Two Ages. America’s Role in the Technotronic Era, New York 1970; ed indica appunto lo stretto legame di tutta la tecno(logia) con l’(elet)tronica. E si rifà alla cibernazione, cioè alla trasformazione radicale della società mediante la cibernetica (e l’informatica).

42 Coniato in Francia nel 1965 da inform(azione) e (autom)atica, il termine vale «Teoria e pratica del trattamento dell’informazione», ovvero: il complesso delle metodologie e delle tecniche elettroniche con le quali raccogliere, elaborare e distribuire l’informazione. Cfr, in proposito, A. STEFANIZZI, Calcolatori elettronici e informatica, in Civ. Catt. 1979 II 143.

In argomento

Massmedia

n. 3405, vol. II (1992), pp. 260-268
n. 3351, vol. I (1990), pp. 260- 269
n. 3310, vol. II (1988), pp. 351-363
n. 3218, vol. III (1984), pp. 144-151
n. 3200, vol. IV (1983), pp. 158-164
n. 3202, vol. IV (1983), pp. 362-368
n. 3195-3196, vol. III (1983), pp. 209-222
n. 3188, vol. II (1983), pp. 154-161
n. 3191, vol. II (1983), pp. 463-467
n. 3179, vol. IV (1982), pp. 464-467
n. 3141, vol. II (1981), pp. 222-237
n. 3088, vol. I (1979), pp. 351-359
n. 3075-3076, vol. III (1978), pp. 223-238
n. 3072, vol. II (1978), pp. 566-573
n. 3062, vol. I (1978), pp. 151-159
n. 3058, vol. IV (1977), pp. 349-362
n. 3055, vol. IV (1977), pp. 45-53
n. 3045, vol. II (1977), pp. 260-272
n. 3034, vol. IV (1976), pp. 336-351
n. 3036, vol. IV (1976), pp. 580-587
n. 3022, vol. II (1976), pp. 323-336
n. 3013, vol. I (1976), pp. 20-36
n. 2990, vol. I (1975), pp. 144-157
n. 2983, vol. IV (1974), pp. 36-48
n. 2973, vol. II (1974), pp. 250-256
n. 2967, vol. I (1974), pp. 258-263
n. 2961, vol. IV (1973), pp. 258-263
n. 2942, vol. I (1973), pp. 144-150
n. 2927, vol. II (1972), pp. 451-456
n. 2911, vol. IV (1971), pp. 39-48
n. 2913, vol. IV (1971), pp. 235-253
n. 2882, vol. III (1970), pp. 154-160
n. 2870, vol. I (1970), pp. 155-160
n. 2859-2860, vol. III (1969), pp. 219-230
n. 2739, vol. III (1964), pp. 246-254
n. 2729, vol. I (1964), pp. 422-435
n. 2702-2704, vol. I (1963), pp. 105-118, 313-325
n. 2636, vol. II (1960), pp. 124-39
n. 2612, vol. II (1959), pp. 113-124
n. 2548, vol. III (1956), pp. 400-408