NOTE
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1 Si era laureato Bachelor of Arts nel 1933, e Master nel 1934, nell’Università del Manitoba (Canada), e frequentava il Trinity College di Cambridge (Inghilterra), per laurearvisi: Bachelor nel 1936, e Master nel 1940.

2 Su di lui cfr i tre articoli pubblicati Il caso McLuhan - L’uomo, le opere, il pensiero  (Civ. Catt. 1980 II 433); Per una valutazione critica del pensiero di Marshall McLuhan (Civ. Catt. 1980 III 375) e Dopo McLuhan - Un’eredità con beneficio d’inventario (Civ. Catt. 1981 I 116): poi raccolti e integrati in E. BARAGLI, Dopo McLuhan, LDC, Torino-Leumann 1981. Per uno studio più completo cfr ID., Il caso McLuhan, La Civiltà Cattolica, Roma 1980.

3 Cfr G. E. STEARN, Pour ou contre McLuhan, Seuil, Paris 1969, 255; R. ROSENTHAL, McLuhan: Pro & Contra, Monte Avila, Caracas 1969, 22.

4 M. McLUHAN, The Mechanical Bride: Folklore of Industrial Man, Vanguard Press, New York 1951.

5 Nel 1960 ne scriverà: «Un genere di creazione del mito viene spesso associato [...] alle agenzie pubblicitarie della Madison Avenue. Per quanto riguarda gli annunci pubblicitari, essi in realtà cercano, o almeno ne hanno l’intenzione, di condensare in una singola immagine l’insieme degli atti o dei processi sociali che si desidera suscitare. Ciò vuol dire che un annuncio pubblicitario cerca, sia d’informarci, sia di produrre in noi, per anticipazione, tutti gli stadi di una metamorfosi, privata e sociale. Cosicché, mentre il mito potrebbe apparire come la documentazione di una tale prolungata metamorfosi, un annuncio pubblicitario procede anticipando il mutamento, anticipando simultaneamente le cause con gli effetti, e gli effetti con le cause. [...] È quanto ho cercato di mettere a fuoco nel mio libro The Mechanical Bride». «È facile puntare le armi della letteratura contro la nuova iconologia della Madison Avenue. È facile rilevare il meccanismo in un’epoca post-meccanica. Ma a quel tempo non riuscii a vedere che eravamo già passati dall’era meccanica a quella elettronica, ed era proprio questo fatto che rendeva il macchinismo al tempo stesso impiccioso e odioso» (in H. A. MURRAY, Myth and Mythmaking, G. Braziller, New York 1960, riportato in M. McLUHAN, Dall’occhio all’orecchio, Armando, Roma 1982, 133, 139). E su La galassia Gutenberg - di cui subito – lo stesso McLuhan scriverà: «L’omogeneizzazione delle donne fu finalmente compita nel sec. XIX, dopo che il perfezionamento della fotoincisione permise di realizzare la stessa uniformità e ripetibilità visiva che la stampa aveva operato sugli uomini. Ho dedicato un intero volume [...] all’approfondimento di questo tema» (p. 282).

6 M. McLUHAN, The Gutenbtrg Galaxy: The Making of Typographic Man, University Press, Toronto 1961.

7 ID., Understanding Media: The Extension of Man, McGraw-Hill, New York 1964.

8 In McLuhan sommo sacerdote del culto «pop» e metafisico dei media, intervista con E. Norden, in Playboy, n. 3, 1969, riportata in M. McLUHAN, Dall’occhio all’orecchio, cit., 11.

9 G. GAMALERI, Primi passi nel «dopo McLuhan», in M. McLUHAN, Dall’occhio all’orecchio, cit., 12. L’Autore è noto anche per aver tradotto in italiano The Gutemberg Galaxy.

10 M. McLUHAN, La sposa meccanica. Il folklore dell’uomo industriale, Prefazione di R. Faenza, SugarCo, Milano 1984, 302, L. 18.000. Ne hanno trattato: un Anonimo e G. Almansi in la Repubblica, rispettivamente del 23 marzo e del 13 aprile 1984; U. Eco in L’Espresso del 25 marzo 1984; C. Gorlier in La Stampa del 5 maggio 1984, e G. Dorfles, nel Corriere della Sera del 25 maggio 1984, dove scrive: «Questo libro merita di essere considerato con la massima attenzione, perché ci offre un esempio del McLuhan migliore».

11 George Meredith as Poet and Dramatic Parodist, del 1934. George Meredith (1818-1909) fu romanziere e poeta inglese, ultimo dei grandi vittoriani e primo degli scrittori dell’era nuova. Svolse la sua teoria dell’arte, sia del romanzo sia del teatro, nel saggio teorico On Idea of Comedy and the Uses of the Comic Spirit (1877). Non si esclude che il suo stile epigrammatico, ricco di aforismi, di allusioni, di metafore, paradossi e reticenze, e in periodi anarchici e capricciosi, sia all’origine di quello tutto razzi e a mosaico del McLuhan massmediologo.

12 Thomar Nashe and His Place in the Learning of His Time, del 1941. Thomas Nashe (1567-1601), inglese, fu il più pittoresco e brioso dei prosatori elisabettiani. Detto «l’Aretino inglese», con Christopher Marlowe e Robert Greene, fu figura caratteristica della bohéme londinese. Anche la sua prosa altamente uditiva può aver avviato McLuhan alla sua prosa «sensoriale».

13 Il suo primo saggio letterario, pubblicato nel 1934 nella Dalhousie Review, fu G. K. Chesterton: A Pratical Mystic. Secondo Neil Compton, McLuhan vi «elogiava Chesterton e gettava la colpa della confusione delle idee in quegli anni ’30 su gli anatemi di Lutero contro la ragione e sul disprezzo professato da Descartes per Aristotele e san Tommaso» (in R. ROSENTHAL, McLuhan: Pro &; Contra, cit., 110). Da ricordare come alla lettura di What’s Wrong With the World (Quel che va storto nel mondo, del 1910), dello stesso Chesterton, McLuhan rapportava il suo passaggio alla Chiesa cattolica.

14 M. McLUHAN, The Interior Landscape: The Literary Criticism, McGraw-Hill, New York 1969.

15 ID., Il paesaggio interiore. La critica letteraria di Marshall McLuhan, a cura di E. McNamara, SugarCo, Milano 1983, 113, L. 15.000. Il traduttore A. Lorenzini vi premette la presentazione-commento Letteratura come comunicazione. Ne hanno scritto E. Besana, in il Giornale del 9 ottobre 1983, e T. Pisanti, in Il Mollino dell’11 novembre 1983; G. Dorfles ne inferisce «una formazione letteraria, i cui frutti non sono tuttavia particolarmente eccelsi».

16 Ma, per rilevare lo sviluppo del pensiero di McLuhan critico letterario, conviene leggere i quattordici pezzi in ordine cronologico. Ora, due non sono datati: Wyndham Lewis: Teoria dell’arte e della comunicazione (p. 92) e La prosa critica di Pound (p. 86). Del 1945 è Modello estetico delle odi di Keats (p. 107); del 1944 sono Gli specchi analogici (p. 77) e La tradizione di Pot (p. 202); del 1946 è Un’antica disputa negli Stati Uniti di oggi (p. 211); del 1947 è La qualità sudista (p. 180); del 1951 sono John Dos Passos: tecnica contro sensibilità (p. 65), Tennyson e la poesia pittoresca (p. 137) e Il momento estetico nella poesia paesaggistica (p. 156); del 1953 sono Joyce, Mallarmé e la stampa (p. 26), James Joyce: triviale e quadriviale (p. 42); finalmente del 1957 è Coleridge artista (p. 120) e ultimo, del 1962, è Sul Dunciand di Pope (p. 166).

17 Resta isolato A. Lorenzini, che nella sua presentazione-commento Letteratura come comunicazione (cit., 11) assicura: «Il vero indiscusso capolavoro di McLuhan è un’opera prettamente letteraria, la sua prima opera: The Mechanical Bride; la satira più devastante e al tempo stesso la più divertente della nostra epoca più recente, che pone indubbiamente McLuhan nella scia di Swift e di Shaw, nella grande tradizione della satira anglosassone. La gioventù dei fiori adottò la Mechanical Bride per difendersi con il suo humour dalla pubblicità del consumismo dominante. In Mechanical Bride McLuhan manipola il linguaggio dello slang americano, della terminologia del technical nowhow in modo stupendo: la lezione di Joyce è evidente; soprattutto ci si rende conto di come McLuhan abbia trattato letterariamente la pubblicità. Mechanical Bride [...] è ancora attuale oggi, anzi, più attuale che mai, nonostante che McLuhan l’abbia, in parte, ripudiata per un certo suo contenuto moralistico».

18 La sposa meccanica vi viene detta «il punto di partenza dello strapazzato o idolatrato McLuhan, il suo libro-chiave, più attuale che mai», perché «già nel 1951 in essa egli aveva capito che l’uomo era precipitato nel cuore di una nuova immensa rivoluzione: l’informatizzazione della società». Le «omissioni editoriali – vi si afferma – hanno sempre un significato, e il ritardo con cui arriva questa traduzione italiana [...] non può non alimentare qualche sospetto».

19 Tra l’altro vi afferma che ne La sposa meccanica «si trova tutto quello che ha caratterizzato McLuhan delle opere più note», anche se «in una chiave molto diversa, che impone una rilettura del Personaggio». Ne dà tre (discutibili) costanti, e lo paragona a un Adorno che si esprime a fumetti, riferendosi «a un universo dei mass media». Per finire, – come poi farà G. Dorfles – parla di una «formazione cattolica dell’Autore».

20 È la soluzione radicale da lui proposta contro il terrorismo usato della televisione; cfr G. AGNESE, Ma la possiamo togliere la spina?, in Il Tempo, 4 gennaio 1981.

21 Scrive: «Per il cristiano non vi é problema, dal momento che egli accetta, sia la rivelazione, secondo cui il mondo fu fatto dal nulla, sia il dogma della risurrezione del corpo. Ma per l’artista praticante non vi è scopo nella disputa, dal momento che le opere d’arte non vengono derivate dalle idee o dalle dottrine, ma, al pari di noi stessi, devono venire a esistere secondo un processo che è indifferente ai vènti delle dottrine» (Il paesaggio interiore, cit., 123).

22 A proposito della sua ricordata intervista a Playboy, nota G. GAMALERI (in Primi passi nel «dopo McLuhan», cit., 14): «Anche la spregiudicatezza nell’accettazione di questo “pulpito” la dice lunga su quanto considerasse importante che un medium fosse idoneo, al di là di ogni moralismo farisaico».

23 In G. STEARN, op.cit., 233.

24 R. REBETEZ, Prologo a La comprensión de los medios como las extensiones del hombre, Diana, México 1969, 6.

25 M. McLUHAN, Il paesaggio interiore, cit., 145.

26 Ivi, 147, 157.

27 Ivi, 38, 158.

28 Ivi, 33, 26.

29 Nel suo recente Retorica (Mondadori, Milano 1983), l’incondizionato ammiratore di McLuhan Renato Barilli, pur ricordandolo varie volte (cfr pp. 84, 98, 143, 160-161, 164, 166), stranamente lo ignora proprio come critico letterario, e soprattutto come autore del saggio Un’antica disputa negli Stati Uniti di oggi (p.211), così parallelo all’argomento del suo volume.

30 Salvo sviste, il primo accenno di McLuhan ai mass media si trova nel non datato Wyndham Lewis: teoria dell’arte e della comunicazione: «Questa è la chiave per capire l’essenza dei nuovi mass media» (p. 94): ed è in relazione all’attività artistica. Mentre il primo accenno datato è in Joyce, Mallarmé e la stampa, del 1953, dove riporta un brano del suo collaboratore nella rivista Explorations Henry John Chaytor, di cui poi (in La galassia Gutenberg, p. 128) confesserà: «Fu apprendendo [dal suo libro From Script to Print] come le comunicazioni letterarie siano state influenzate dalle diverse forme [di comunicazione] – orale, scritta o stampata – che mi sentii spinto a scrivere il presente saggio».

31 Cfr E. McNAMARA, Il passaggio interiore, cit., 178. Se, infatti, The Gutenberg Galaxy e Understanding Media insieme schierano ben 358 autori (cfr E. BARAGLI, Il caso McLuhan, cit., 194-202), questi due volumi-reperti non sono da meno: La sposa meccanica ammassando 238 citazioni di 151 autori, e Il paesaggio interiore sommandone 136 di 128 autori.

32 Cfr E. BARAGLI, Con Marshall McLuhan verso una pastorale del «Villaggio cosmico», in La palestra del clero, giugno 1981, 529; ID., Il paradosso di McLuhan e il magistero romano sui mass media, ivi, nn. 15/16, 1983, 528; ID., La scuola come contropotere. Applicando il paradosso di McLuhan, in Civ. Catt. 1982 III 500.

33 H. A. INNIS, Le tendenze della comunicazione, SugarCo, Milano 1982. In proposito, cfr E. BARAGLI, Harold A. Innis, sociologo e massmediologo, in Civ. Catt. 1983 II 463.

34 Dell’Innis egli scrive: «Innis è stato il grande pioniere nell’iniziare lo studio delle conseguenze economiche e sociali dei vari mezzi di comunicazione; cosicché oggi ogni studioso di lettere è necessariamente in debito con lui per le sue intuizioni riguardanti gli atteggiamenti mutevoli verso il tempo e verso lo spazio quale conseguenza del mutamento dei mezzi di comunicazione. In particolare i suoi studi sul giornale quale ramo principale della tecnologia della stampa sono pertinenti allo studio della letteratura moderna. Avendo iniziato come storico economico, Innis fu gradualmente costretto a considerare non solo le commerciali vie esterne del mondo, ma anche le grandi vie commerciali della mente. Egli divenne consapevole che il mondo moderno, avendo risolto il problema delle merci, aveva volto la sua tecnologia a impacchettare l’informazione e le idee» (p. 30).
«Innis ha dimostrato come i nuovi passaggi universali della stampa, non solo fossero ingranati verso l’industria, ma fossero essi stessi i mezzi di pagamento per nuove strade, per ferrovie, telegrafo e cablogramma. Il paesaggio fisico della terra viene mutato molto rapidamente dal paesaggio del giornale» (M. McLUHAN, Il panorama interiore, cit., 31).
«Nella sua analisi dei libri degli autori e dei mercati, Pope, come Harold Innis in Le tendenze della comunicazione, dà per scontato che l’intero operato della stampa per quanto riguarda la nostra vita, non solo sia inconscio, ma che, per questa stessa ragione, allarghi smisuratamente il dominio dell’inconscio» (ivi, 171).

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Articolo estratto dal volume III del 1984 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

Venticinquenne, fresco di studi umanistici e di titoli accademici1, e di recente passato al cattolicesimo, il canadese Marshall Herbert McLuhan2 negli anni 1936-37 iniziava la sua docenza di letteratura inglese nelle università americane del Wisconsin e di St. Louis (Missouri). I primi contatti con quelle gioventù, e soprattutto il mondo industriale-consumistico USA lo sconcertarono. Una trentina d’anni dopo confesserà:

«Esaminai le matricole, e mi resi conto improvvisamente che ero incapace di comprenderle. Sentii un pressante bisogno di studiare la cultura di massa di quell’ambiente: pubblicità, giuochi, film... Stabilire un dialogo nel loro stesso terreno era il mio metodo pedagogico: il mondo della cultura pop»3.

«La sposa meccanica»

Di qui l’origine del suo primo libro The Mechanical Bride, poi completato e pubblicato nel 19514: una raccolta di sessanta pezzi, per lo più caustiche ed eccentriche esegesi di annunci economici della stampa americana – soprattutto di Life e della Reader’s Digest Selection -, per denunciare la dissociazione psico-sociale indotta dalla civiltà delle macchine nella vita dell’uomo USA, nella quale l’automobile occupava il posto una volta detenuto dalla fidanzata e dalla sposa5.

Sul momento il libro passò quasi inosservato, per invece poi attirare l’attenzione generale – tanto da venir ricercato, a prezzi proibitivi, nel mercato dell’usato – soltanto una dozzina d’anni dopo, quando McLuhan si laureava «Profeta dei mass media» pubblicando i due suoi best seller: The Guttenberg Galaxy, del 19626, e Understanding Media, del 19647, e quando l’Autore – nientedimeno che sulla rivista Playboy così lo rinnegava:

«Per molti anni, finché non scrissi il mio primo libro The Mechanical Bride, avevo adottato un approccio estremamente moralistico verso la tecnologia ambientale. Detestavo le macchine, aborrivo le città, ponevo la rivoluzione industriale allo stesso livello del peccato originale e i mass media a quello della caduta dell’uomo. In breve, respingevo ogni componente della vita moderna a favore di un’utopia rousseauiana. Ma a poco a poco mi sono reso conto di quanto sterile fosse quell’atteggiamento e compresi che i più grandi artisti del XX secolo [...] avevano adottato un diverso approccio [...]. Cessai di essere un moralista e divenni uno studioso»8.

Invece recentemente, di diverso avviso, un noto studioso e ammiratore del «Profeta dei mass media» lamentava: «È ben strano che quest’opera, che è oltretutto curiosa, appetitosa, ricca d’immagini che assumono oggi un’interessante patina di revival, non sia stata ancora presentata in un’edizione italiana»9. Ebbene: il Nostro può dirsi soddisfatto. Riesumata e rilanciata a mezzo secolo dalla sua compilazione, dai primi di questo 1984 La sposa meccanica10 passeggia anche per l’Italia.

«Il paesaggio interiore»

Come s’è detto, la formazione accademica di McLuhan fu critico-letteraria. La coronò svolgendo, nel Manitoba, una tesi sul poeta e drammatico-parodistico George Meredith11 e, a Cambridge, un’altra sullo scrittore elisabettiano Thomas Nashe, e sul posto dallo stesso occupato nella cultura del tempo12. Sino ai suoi ultimi anni restato docente di letteratura, soprattutto dal 1944 al 196213, su riviste e raccolte americane e canadesi andò pubblicando una quarantina tra articoli e saggi su: Wyndham P. Lewis ed Ezra Pound, John Keats, Edgar Poe e Gerald M. Hopkins, John Dos Passos, Alfred Tennyson, James Joyce, Stéphane Mallarmé, Samuel T. Coleridge, Alexander Pope, Thomas St. Eliot... Restati, anche questi scritti, in gran parte ignorati dal gran pubblico, in quanto soverchiati dagli articoli e dalle interviste del McLuhan massmediologo, nel 1969 Eugene McNamara ne raccoglieva e pubblicava in USA quattordici sotto il titolo Interior Landscape14; e anche questi, come Paesaggio interiore15, riesumati dopo quindici anni, da qualche mese passeggiano in Italia con La sposa meccanica.

Il Curatore non ce li dà in ordine cronologico, ma distribuiti (e prefazionati) in tre parti secondo questi criteri:

«Nella prima parte – Le reti dell’analogia – vediamo il “paesaggio interiore” riflesso analogicamente nelle opere che furono il risultato degli sforzi di numerosi artisti moderni per affrontare il loro nuovo universo sconcertante e discontinuo. Nella seconda – Il movimento beatriciano –, una considerazione su diversi poeti romantici e vittoriani rivela la stessa prospettiva “cubista” e suggerisce che il mondo spezzato e rifratto di Joyce e di Pound non è un limitato fenomeno del ventesimo secolo, ma ha le sue origini molto indietro nel tempo. Il saggio finale di questo gruppo, sul Dunciad di Pope, si muove a ritroso nel secolo XVIII e in esso considera l’impatto della tecnologia della stampa sulle masse ingenue. Infine nella terza parte – Scenario per il sogno americano - viene trattato attentamente il paesaggio americano: la tradizione sudista, Poe alla luce di quella tradizione, e dove tutto ebbe inizio: la “antica disputa” fra i retorici e i dialettici, fra gli umanisti e i tecnologici, che continuò in guise diverse sin dal tempo di Socrate ed ebbe una nuova vita negli Stati Uniti con la tradizione legalitaria e forense, trovando un terreno ospitale nel sud, mentre il nord optò per l’astrazione e la tecnologia» (p. 15)16.

La lettura – specialmente del primo: tutto lazzi e sprazzi, motti e allusioni – non è agevole. Anche per questo ci si chiede se valesse proprio la pena di riesumare siffatti reperti. Per, tuttavia, riconoscere che, se essi davvero non valgono a far rimontare il loro autore sull’orizzonte di una fama ormai tramontata17, almeno provvedono a precisare e confermare alcuni particolari sul Personaggio e sul suo discusso pensiero; particolari raramente attesi dai molti che, nel boom della sua fama, ne hanno scritto su giornali e rotocalchi.

Quanti McLuhan?

Il primo dato che vien fatto di rilevare è che non si può parlare di un solo McLuhan: del Canadese, infatti, essendocene stati, contemporanei o successivi, almeno tre o quattro. Tanto per cominciare – cosa ignorata nella pubblicità lanciatane dall’Editrice su la Repubblica18 e, forse, anche da Umberto Eco su L’Espresso19 –, il pensiero di McLuhan di La sposa meccanica è tutt’altro da quello dei McLuhan successivi. Il primo, infatti – che non per nulla, come abbiamo visto, è stato da lui rinnegato e sconfessato – spicca come moralmente pessimista, e soltanto rispetto ai messaggi della stampa pubblicitaria USA; mentre i successivi si presentano: o psicosocialmente pessimisti, ma rispetto soltanto alla stampa gutenberghiana, oppure – salvo il pessimistico tardivo «Staccare la spina» dell’ultimo McLuhan20 – enfaticamente ottimista rispetto alla sinestesica marconiana televisione.

Non basta. C’è un McLuhan religioso credente e cattolico, il quale sino ai suoi ultimi giorni pratica fedelmente la fede da lui accolta venticinquenne; e un altro McLuhan scrittore, che non sempre accorda pensiero e comportamento con le esigenze di questa sua credenza. Se, infatti, egli bene rileva la non provenienza dell’operare artistico dalle opinioni e dalle credenze personali dell’artista21, non opera altrettanto bene quando trascura e ignora ogni giudizio morale su gli eventi gli autori e gli scritti – non sempre moralmente ineccepibili – di cui egli tratta22; e men che meno quando segue e propone posizioni intellettuali – come quelle di un empirismo alla Berkeley-Hume, o di un sensismo alla Condillac – certamente estranee a ogni religione che si ritenga fondata su certezze logiche.

Ancora. C’è un McLuhan, poco noto, che fin verso il 1953, soprattutto trattando di letteratura e di costume, si esprime e comunica in un linguaggio terminologicamente e sintatticamente corretto, rispettoso della logica e del senso comune; e un altro ce n’è, famoso, che, emulando il James Joyce dell’Ulysses del Finnegans Wake, indulge ad anarchie semantiche, spara razzi e paradossi: non tanto per gioco, quanto in esplicita sfida a ogni correttezza logica. Sotto quest’aspetto la raccolta Il paesaggio interiore merita attenzione, in quanto presenta le prime avvisaglie dello stile cerebro-destro alogico del venturo – come lo definirà Michael Arlen - «Iconoclasta di Toronto»23, o – come lo qualificherà René Rebetez - «il James Joyce dell’elettronica»24.

Si veda, per esempio, del 1951, la sua predilezione per il paesaggio interiore quale «mezzo per presentare, senza la copula dell’enunciazione logica, alcune esperienze che sono unite nell’esistenza ma non nel pensiero concettuale»25: paesaggio interiore che egli rinviene anche in filosofi come Leibniz, e in scienziati come Newton26. Si veda, del 1952, la sua scoperta del grottesco in John Ruskin e Arthur Rimbaud:

«Un bel grottesco è l’espressione, in un momento, mediante una serie di simboli gettati insieme, in una connessione coraggiosa e senza paura, di verità che sarebbe stato lungo esprimere in qualsiasi modo verbale, e la connessione è lasciata all’osservatore perché la risolva in sé; le lacune rimaste o scavalcate dalla furia dell’immaginazione formano il carattere del grottesco»27.

E si vedano, del 1953, il primo suo razzo da decrittare, e il suo primo parallelo-(pseudo)argomentazione:

«L’artista non è un lettore di forme radianti su materia signata, ma il firmatario di un assegno falso emesso sulle nostre speranze e simpatie». «Come una valvola termoionica viene usata per formare e controllare vasti bacini idraulici, l’artista può manipolare la bassa corrente di parole casuali, di ritmi e di risonanze per evocare armonie primordiali dell’esistenza, o per richiamare i morti»28.

Non sempre, chi ha, sa anche vendere

Se si confrontano questi due recenti ritrovamenti del primo McLuhan con gli scritti e le interviste che poi ne esaltarono la fama, si può concludere che, infine e soprattutto, altri due personaggi sono seguiti a quello episodico, moral-conservatore, di La sposa meccanica: il critico letterario, ferratissimo in materia, in quanto passato attraverso un duplice curricolo accademico29, e l’autodidatta «Profeta», poco più che orecchiante in psicologia, sociologia, antropologia e altre discipline afferenti alla massmediologia30. I quali, tuttavia, hanno in comune due criteri per persuadere lettori e ascoltatori. Il primo, più o meno accoglibile, sta nel provare le proprie tesi e proposte, non con ragioni intrinseche e con argomenti personali, ma accumulando «autorità» e citazioni altrui; di qui il noto «irriverente graffito: “McLuhan legge libri”»31. L’altro criterio, scientificamente inaccettabile, sta nel suo vedere trattare e giudicare tutte le cose, in ogni campo dello scibile, per tramite della percezione uditivo-sinestesica globale dell’emisfero cerebrale destro: esplicitamente privilegiato da McLuhan uomo elettronico-«marconiano»; avverso a ogni percezione visivo-logica analitica dell’emisfero cerebrale sinistro, proprio del da lui ripudiato uomo lineare «gutenberghiano».

Specialmente quest’ultimo criterio non è stato tenuto presente dai molti che acriticamente hanno accolto lo slogan-paradosso che ha lanciato la fama del «Profeta dei mass media»: «Il mezzo è il messaggio» (poi metamorfosato in «Il mezzo è il massaggio»); non avvertendo che gli apporti da lui addotti per provarne la fondatezza sollecitavano, più che altro, una critica estetico-letteraria, e non un’analisi storico-scientifica. Il che, però, non impedisce di riconoscere a Marshall McLuhan il grandissimo merito di aver dirottato l’attenzione degli storici e psicologi, dei sociologi e pedagogisti, e anche di moralisti e pastoralisti, dagli effetti, utili o dannosi, prodotti dai messaggi comunicati dai mass media, a quelli psico e socioculturali indotti direttamente dagli stessi mass media32.

Vero è che in ciò, nel The Bias of Communication33 , fin dal 1951, il suo maestro e guida Harold Adams Innis l’aveva autorevolmente preceduto34: ma senza successo di gran pubblico. A dimostrare ancora una volta che, nel mondo pubblicistico, fama e onori spesso non arridono a chi sappia scoprire e dimostrare il vero, ma piuttosto a chi sappia venderlo.

1 Si era laureato Bachelor of Arts nel 1933, e Master nel 1934, nell’Università del Manitoba (Canada), e frequentava il Trinity College di Cambridge (Inghilterra), per laurearvisi: Bachelor nel 1936, e Master nel 1940.

2 Su di lui cfr i tre articoli pubblicati Il caso McLuhan - L’uomo, le opere, il pensiero  (Civ. Catt. 1980 II 433); Per una valutazione critica del pensiero di Marshall McLuhan (Civ. Catt. 1980 III 375) e Dopo McLuhan - Un’eredità con beneficio d’inventario (Civ. Catt. 1981 I 116): poi raccolti e integrati in E. BARAGLI, Dopo McLuhan, LDC, Torino-Leumann 1981. Per uno studio più completo cfr ID., Il caso McLuhan, La Civiltà Cattolica, Roma 1980.

3 Cfr G. E. STEARN, Pour ou contre McLuhan, Seuil, Paris 1969, 255; R. ROSENTHAL, McLuhan: Pro & Contra, Monte Avila, Caracas 1969, 22.

4 M. McLUHAN, The Mechanical Bride: Folklore of Industrial Man, Vanguard Press, New York 1951.

5 Nel 1960 ne scriverà: «Un genere di creazione del mito viene spesso associato [...] alle agenzie pubblicitarie della Madison Avenue. Per quanto riguarda gli annunci pubblicitari, essi in realtà cercano, o almeno ne hanno l’intenzione, di condensare in una singola immagine l’insieme degli atti o dei processi sociali che si desidera suscitare. Ciò vuol dire che un annuncio pubblicitario cerca, sia d’informarci, sia di produrre in noi, per anticipazione, tutti gli stadi di una metamorfosi, privata e sociale. Cosicché, mentre il mito potrebbe apparire come la documentazione di una tale prolungata metamorfosi, un annuncio pubblicitario procede anticipando il mutamento, anticipando simultaneamente le cause con gli effetti, e gli effetti con le cause. [...] È quanto ho cercato di mettere a fuoco nel mio libro The Mechanical Bride». «È facile puntare le armi della letteratura contro la nuova iconologia della Madison Avenue. È facile rilevare il meccanismo in un’epoca post-meccanica. Ma a quel tempo non riuscii a vedere che eravamo già passati dall’era meccanica a quella elettronica, ed era proprio questo fatto che rendeva il macchinismo al tempo stesso impiccioso e odioso» (in H. A. MURRAY, Myth and Mythmaking, G. Braziller, New York 1960, riportato in M. McLUHAN, Dall’occhio all’orecchio, Armando, Roma 1982, 133, 139). E su La galassia Gutenberg - di cui subito – lo stesso McLuhan scriverà: «L’omogeneizzazione delle donne fu finalmente compita nel sec. XIX, dopo che il perfezionamento della fotoincisione permise di realizzare la stessa uniformità e ripetibilità visiva che la stampa aveva operato sugli uomini. Ho dedicato un intero volume [...] all’approfondimento di questo tema» (p. 282).

6 M. McLUHAN, The Gutenbtrg Galaxy: The Making of Typographic Man, University Press, Toronto 1961.

7 ID., Understanding Media: The Extension of Man, McGraw-Hill, New York 1964.

8 In McLuhan sommo sacerdote del culto «pop» e metafisico dei media, intervista con E. Norden, in Playboy, n. 3, 1969, riportata in M. McLUHAN, Dall’occhio all’orecchio, cit., 11.

9 G. GAMALERI, Primi passi nel «dopo McLuhan», in M. McLUHAN, Dall’occhio all’orecchio, cit., 12. L’Autore è noto anche per aver tradotto in italiano The Gutemberg Galaxy.

10 M. McLUHAN, La sposa meccanica. Il folklore dell’uomo industriale, Prefazione di R. Faenza, SugarCo, Milano 1984, 302, L. 18.000. Ne hanno trattato: un Anonimo e G. Almansi in la Repubblica, rispettivamente del 23 marzo e del 13 aprile 1984; U. Eco in L’Espresso del 25 marzo 1984; C. Gorlier in La Stampa del 5 maggio 1984, e G. Dorfles, nel Corriere della Sera del 25 maggio 1984, dove scrive: «Questo libro merita di essere considerato con la massima attenzione, perché ci offre un esempio del McLuhan migliore».

11 George Meredith as Poet and Dramatic Parodist, del 1934. George Meredith (1818-1909) fu romanziere e poeta inglese, ultimo dei grandi vittoriani e primo degli scrittori dell’era nuova. Svolse la sua teoria dell’arte, sia del romanzo sia del teatro, nel saggio teorico On Idea of Comedy and the Uses of the Comic Spirit (1877). Non si esclude che il suo stile epigrammatico, ricco di aforismi, di allusioni, di metafore, paradossi e reticenze, e in periodi anarchici e capricciosi, sia all’origine di quello tutto razzi e a mosaico del McLuhan massmediologo.

12 Thomar Nashe and His Place in the Learning of His Time, del 1941. Thomas Nashe (1567-1601), inglese, fu il più pittoresco e brioso dei prosatori elisabettiani. Detto «l’Aretino inglese», con Christopher Marlowe e Robert Greene, fu figura caratteristica della bohéme londinese. Anche la sua prosa altamente uditiva può aver avviato McLuhan alla sua prosa «sensoriale».

13 Il suo primo saggio letterario, pubblicato nel 1934 nella Dalhousie Review, fu G. K. Chesterton: A Pratical Mystic. Secondo Neil Compton, McLuhan vi «elogiava Chesterton e gettava la colpa della confusione delle idee in quegli anni ’30 su gli anatemi di Lutero contro la ragione e sul disprezzo professato da Descartes per Aristotele e san Tommaso» (in R. ROSENTHAL, McLuhan: Pro &; Contra, cit., 110). Da ricordare come alla lettura di What’s Wrong With the World (Quel che va storto nel mondo, del 1910), dello stesso Chesterton, McLuhan rapportava il suo passaggio alla Chiesa cattolica.

14 M. McLUHAN, The Interior Landscape: The Literary Criticism, McGraw-Hill, New York 1969.

15 ID., Il paesaggio interiore. La critica letteraria di Marshall McLuhan, a cura di E. McNamara, SugarCo, Milano 1983, 113, L. 15.000. Il traduttore A. Lorenzini vi premette la presentazione-commento Letteratura come comunicazione. Ne hanno scritto E. Besana, in il Giornale del 9 ottobre 1983, e T. Pisanti, in Il Mollino dell’11 novembre 1983; G. Dorfles ne inferisce «una formazione letteraria, i cui frutti non sono tuttavia particolarmente eccelsi».

16 Ma, per rilevare lo sviluppo del pensiero di McLuhan critico letterario, conviene leggere i quattordici pezzi in ordine cronologico. Ora, due non sono datati: Wyndham Lewis: Teoria dell’arte e della comunicazione (p. 92) e La prosa critica di Pound (p. 86). Del 1945 è Modello estetico delle odi di Keats (p. 107); del 1944 sono Gli specchi analogici (p. 77) e La tradizione di Pot (p. 202); del 1946 è Un’antica disputa negli Stati Uniti di oggi (p. 211); del 1947 è La qualità sudista (p. 180); del 1951 sono John Dos Passos: tecnica contro sensibilità (p. 65), Tennyson e la poesia pittoresca (p. 137) e Il momento estetico nella poesia paesaggistica (p. 156); del 1953 sono Joyce, Mallarmé e la stampa (p. 26), James Joyce: triviale e quadriviale (p. 42); finalmente del 1957 è Coleridge artista (p. 120) e ultimo, del 1962, è Sul Dunciand di Pope (p. 166).

17 Resta isolato A. Lorenzini, che nella sua presentazione-commento Letteratura come comunicazione (cit., 11) assicura: «Il vero indiscusso capolavoro di McLuhan è un’opera prettamente letteraria, la sua prima opera: The Mechanical Bride; la satira più devastante e al tempo stesso la più divertente della nostra epoca più recente, che pone indubbiamente McLuhan nella scia di Swift e di Shaw, nella grande tradizione della satira anglosassone. La gioventù dei fiori adottò la Mechanical Bride per difendersi con il suo humour dalla pubblicità del consumismo dominante. In Mechanical Bride McLuhan manipola il linguaggio dello slang americano, della terminologia del technical nowhow in modo stupendo: la lezione di Joyce è evidente; soprattutto ci si rende conto di come McLuhan abbia trattato letterariamente la pubblicità. Mechanical Bride [...] è ancora attuale oggi, anzi, più attuale che mai, nonostante che McLuhan l’abbia, in parte, ripudiata per un certo suo contenuto moralistico».

18 La sposa meccanica vi viene detta «il punto di partenza dello strapazzato o idolatrato McLuhan, il suo libro-chiave, più attuale che mai», perché «già nel 1951 in essa egli aveva capito che l’uomo era precipitato nel cuore di una nuova immensa rivoluzione: l’informatizzazione della società». Le «omissioni editoriali – vi si afferma – hanno sempre un significato, e il ritardo con cui arriva questa traduzione italiana [...] non può non alimentare qualche sospetto».

19 Tra l’altro vi afferma che ne La sposa meccanica «si trova tutto quello che ha caratterizzato McLuhan delle opere più note», anche se «in una chiave molto diversa, che impone una rilettura del Personaggio». Ne dà tre (discutibili) costanti, e lo paragona a un Adorno che si esprime a fumetti, riferendosi «a un universo dei mass media». Per finire, – come poi farà G. Dorfles – parla di una «formazione cattolica dell’Autore».

20 È la soluzione radicale da lui proposta contro il terrorismo usato della televisione; cfr G. AGNESE, Ma la possiamo togliere la spina?, in Il Tempo, 4 gennaio 1981.

21 Scrive: «Per il cristiano non vi é problema, dal momento che egli accetta, sia la rivelazione, secondo cui il mondo fu fatto dal nulla, sia il dogma della risurrezione del corpo. Ma per l’artista praticante non vi è scopo nella disputa, dal momento che le opere d’arte non vengono derivate dalle idee o dalle dottrine, ma, al pari di noi stessi, devono venire a esistere secondo un processo che è indifferente ai vènti delle dottrine» (Il paesaggio interiore, cit., 123).

22 A proposito della sua ricordata intervista a Playboy, nota G. GAMALERI (in Primi passi nel «dopo McLuhan», cit., 14): «Anche la spregiudicatezza nell’accettazione di questo “pulpito” la dice lunga su quanto considerasse importante che un medium fosse idoneo, al di là di ogni moralismo farisaico».

23 In G. STEARN, op.cit., 233.

24 R. REBETEZ, Prologo a La comprensión de los medios como las extensiones del hombre, Diana, México 1969, 6.

25 M. McLUHAN, Il paesaggio interiore, cit., 145.

26 Ivi, 147, 157.

27 Ivi, 38, 158.

28 Ivi, 33, 26.

29 Nel suo recente Retorica (Mondadori, Milano 1983), l’incondizionato ammiratore di McLuhan Renato Barilli, pur ricordandolo varie volte (cfr pp. 84, 98, 143, 160-161, 164, 166), stranamente lo ignora proprio come critico letterario, e soprattutto come autore del saggio Un’antica disputa negli Stati Uniti di oggi (p.211), così parallelo all’argomento del suo volume.

30 Salvo sviste, il primo accenno di McLuhan ai mass media si trova nel non datato Wyndham Lewis: teoria dell’arte e della comunicazione: «Questa è la chiave per capire l’essenza dei nuovi mass media» (p. 94): ed è in relazione all’attività artistica. Mentre il primo accenno datato è in Joyce, Mallarmé e la stampa, del 1953, dove riporta un brano del suo collaboratore nella rivista Explorations Henry John Chaytor, di cui poi (in La galassia Gutenberg, p. 128) confesserà: «Fu apprendendo [dal suo libro From Script to Print] come le comunicazioni letterarie siano state influenzate dalle diverse forme [di comunicazione] – orale, scritta o stampata – che mi sentii spinto a scrivere il presente saggio».

31 Cfr E. McNAMARA, Il passaggio interiore, cit., 178. Se, infatti, The Gutenberg Galaxy e Understanding Media insieme schierano ben 358 autori (cfr E. BARAGLI, Il caso McLuhan, cit., 194-202), questi due volumi-reperti non sono da meno: La sposa meccanica ammassando 238 citazioni di 151 autori, e Il paesaggio interiore sommandone 136 di 128 autori.

32 Cfr E. BARAGLI, Con Marshall McLuhan verso una pastorale del «Villaggio cosmico», in La palestra del clero, giugno 1981, 529; ID., Il paradosso di McLuhan e il magistero romano sui mass media, ivi, nn. 15/16, 1983, 528; ID., La scuola come contropotere. Applicando il paradosso di McLuhan, in Civ. Catt. 1982 III 500.

33 H. A. INNIS, Le tendenze della comunicazione, SugarCo, Milano 1982. In proposito, cfr E. BARAGLI, Harold A. Innis, sociologo e massmediologo, in Civ. Catt. 1983 II 463.

34 Dell’Innis egli scrive: «Innis è stato il grande pioniere nell’iniziare lo studio delle conseguenze economiche e sociali dei vari mezzi di comunicazione; cosicché oggi ogni studioso di lettere è necessariamente in debito con lui per le sue intuizioni riguardanti gli atteggiamenti mutevoli verso il tempo e verso lo spazio quale conseguenza del mutamento dei mezzi di comunicazione. In particolare i suoi studi sul giornale quale ramo principale della tecnologia della stampa sono pertinenti allo studio della letteratura moderna. Avendo iniziato come storico economico, Innis fu gradualmente costretto a considerare non solo le commerciali vie esterne del mondo, ma anche le grandi vie commerciali della mente. Egli divenne consapevole che il mondo moderno, avendo risolto il problema delle merci, aveva volto la sua tecnologia a impacchettare l’informazione e le idee» (p. 30).
«Innis ha dimostrato come i nuovi passaggi universali della stampa, non solo fossero ingranati verso l’industria, ma fossero essi stessi i mezzi di pagamento per nuove strade, per ferrovie, telegrafo e cablogramma. Il paesaggio fisico della terra viene mutato molto rapidamente dal paesaggio del giornale» (M. McLUHAN, Il panorama interiore, cit., 31).
«Nella sua analisi dei libri degli autori e dei mercati, Pope, come Harold Innis in Le tendenze della comunicazione, dà per scontato che l’intero operato della stampa per quanto riguarda la nostra vita, non solo sia inconscio, ma che, per questa stessa ragione, allarghi smisuratamente il dominio dell’inconscio» (ivi, 171).

In argomento

Massmedia

n. 3405, vol. II (1992), pp. 260-268
n. 3351, vol. I (1990), pp. 260- 269
n. 3310, vol. II (1988), pp. 351-363
n. 3200, vol. IV (1983), pp. 158-164
n. 3202, vol. IV (1983), pp. 362-368
n. 3195-3196, vol. III (1983), pp. 209-222
n. 3188, vol. II (1983), pp. 154-161
n. 3191, vol. II (1983), pp. 463-467
n. 3179, vol. IV (1982), pp. 464-467
n. 3141, vol. II (1981), pp. 222-237
n. 3088, vol. I (1979), pp. 351-359
n. 3075-3076, vol. III (1978), pp. 223-238
n. 3072, vol. II (1978), pp. 566-573
n. 3062, vol. I (1978), pp. 151-159
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n. 3055, vol. IV (1977), pp. 45-53
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n. 3034, vol. IV (1976), pp. 336-351
n. 3036, vol. IV (1976), pp. 580-587
n. 3022, vol. II (1976), pp. 323-336
n. 3013, vol. I (1976), pp. 20-36
n. 2990, vol. I (1975), pp. 144-157
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n. 2973, vol. II (1974), pp. 250-256
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