NOTE
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1 Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, Istruzione pastorale «Communio et progressio» (23 maggio 1971). Cfr E. BARAGLI, L’istruzione pastorale «Communio et progressio» in Civ. Catt. 1971 IV.

2 Per le polemiche sulla con-presenza nel sacramento della Penitenza, cfr Clemente VIII, Decreto «Sanctissimus Dominus» (20 giugno 1602); per la Santa Messa alla radio: Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Risposta «Non expedire» (26 gennaio 1927) e Risposta «Sicut responsum praegressum»  (marzo 1928), Congregazione dei Riti, Lettera al card. D.R. Sbarretti, Segretario della Congregazione del S.Uffizio (21 dicembre 1936); per la Santa Messa alla televisione: Pio XII, Telemessaggio «Voici le jour» (17 aprile 1949), Sacra Congregazione del Sant’Uffiio, Risposta “A proposito della Santa Messa in televisione” (7 gennaio 1954), Congregazione del Concilio, Risposta all’Ente dello Spettacolo (27 ottobre 1961).

3 Per il Rosario alla radio: Penetinziera apostolica, Risposta «De recitatione radiophonica sacri rosarii B.M.V.» (8 ottobre 1958); per la benedizione pontificia: Penetinziera apostolica, Decreto «Iam pridem multisque» (15 giugno 1939), Giovanni XXIII, Radiomessaggio «Las Bodas de Plata» (25 novembre 1960); per la Santa Messa: Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Risposta «Non expedire» (26 gennaio 1927) e Risposta «Sicut responsum praegressum»  (marzo 1928), Congregazione dei Riti, Lettera al card. D.R. Sbarretti, Segretario della Congregazione del S.Uffizio (21 dicembre 1936), Pio XII, Telemessaggio «Voici le jour» (17 aprile 1949),  Sacra Congregazione del Sant’Uffiio, Risposta “A proposito della Santa Messa in televisione” (7 gennaio 1954),Congregazione del Concilio, Risposta all’Ente dello Spettacolo (27 ottobre 1961).

 

4 Considerazioni e proposte pratiche in proposito si possono trovare nella serie d’interventi su Liturgia e strumenti della comunicazione sociale, pubblicati in Il nostro cinema dal nov. 1972 in poi, da F. BARAGLI, S. CIPRIANI, M. FLICK, A. MARRANZINI, D. MONDILLO, ORTENSIO DA SPINFTOLI, L. PIGNATELLO e R. SPIAZZI.

5 Sempre l’istruzione pastorale rileva: "È superfluo ricordare che il modo di proporre tutto ciò deve tener conto dell’indole particolare dei singoli strumenti: altro, infatti, è il linguaggio loro, e altro è quello del pulpito” (n. 128); e a proposito di sacra predicazione alla radio e alla televisione inculca: “Conferenze e discorsi sacri si adattino all’indole dello strumento che venga Quanti vengono destinati a questo genere di compito siano scelti con massima prudenza e cautela, previa un’adeguata preparazione teorica tecnica e pratica” (n. 152).

6 Redatta più da giornalisti che da teologi e pastoralisti, in fatto d’informazione la Communio et progressio abbonda più in norme che favoriscano le prestazioni dei primi che in quelle che rispecchino le preoccupazioni dei secondi. Non distinguendo tra le une e le altre, segnaliamo le seguenti.
Per gli informatori in genere: responsabilità dei promotori nell’opinione pubblica (n. 27); dovere di rettificare il falso (n. 41); rispetto del segreto (n. 42); libertà e limiti dell’informazione (n. 47); preparazione specifica dei promotori (nn. 53, 71-77); fornire loro la documentazione (n. 38).
Specialmente per gli informatori cattolici: dovere dell’informazione religiosa (n. 103); dovere della Chiesa d’informare (n. 123 ss.); comunicati ufficiali, uffici d’informazione, portavoce ufficiali, sala stampa (nn. 120, 174, 176); compiti relativi degli uffici nazionali (nn. 106, 117, 170); libertà di opinioni e di espressione (nn. 115 ss., 141); limite del segreto (n. 121); agenzie d’informazione cattoliche (n. 139); qualità dei mass media (nn. 119, 150); esigenze della stampa cattolica (n. 138): preparazione specifica dei promotori (n. 106); loro diritto ad essere assistiti dalla Chiesa (n. 104); dialogo Chiesa-professionisti (nn. 105, 147, 154, 156, 165, 171, 174, ss.); formazione specifica del clero (nn. 106, 110, 111, 164).

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Articolo estratto dal volume IV del 1973 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

Un Giubileo privilegiato

In fatto di informazione e di “presenza” nel mondo, a questo Giubileo si offrono condizioni del tutto privilegiate rispetto a tutti i giubilei passati.

A diffondere la notizia del primo, indetto da Bonifacio VIII nel 1300, ed a infervorare la pietà dei suoi romei di dantesca memoria, la cristianità disponeva soltanto del lento passo e della viva voce dei predicatori. Né molto cambiarono le cose due secoli dopo, con l’invenzione di Gutenberg. Perché, stante l’analfabetismo quasi universale dell’Europa di allora, la stampa soccorse poco o nulla, anche se il tempestivo uso fattone da Lutero e dai Riformati, specialmente affiggendo avvisi e distribuendo opuscoli e fogli volanti (i noti Flugschriften e Flugblätter), ne avesse dimostrata tutta l’efficacia, come oggi si direbbe, pubblicistica: d’informazione e di persuasione popolare.

Con la seconda metà del secolo XIX inizia, nella storia della comunicazione umana, la rivoluzione dei mass media; ed anche nella Cristianità, ormai dilatata dal Mediterraneo e dall’Europa “fino agli estremi confini della terra”, le cose cambiano: ma non troppo. Certo, anche l’indizione del giubileo del 1900, e le cerimonie romane, corrono sui fili del telegrafo e cominciano a fare notizia nella stampa d’informazione, primo odierno “strumento di comunicazione sociale”. Tuttavia, sia perché il giornale stenta a diffondersi dalla borghesia alle grandi masse, sia per la tenace reciproca diffidenza tra la gente di Chiesa ed il mondo della stampa prevalentemente agnostico, se non anche anticlericale, la – diciamola così – mobilitazione giubilare resta sostanzialmente ancora affidata alla predicazione dai pulpiti delle chiese.

Il giubileo del 1925 dispone già dell’informazione via-radio: terzo odierno mass medium; quello poi del 1933 anche direttamente dal Vaticano, al quale il grande Marconi ha approntato una trasmittente propria. Ma le radioriceventi sono piuttosto costose; e non a transistor: dipendenti perciò dalle centrali elettriche: pertanto precluse ai meno abbienti e alla maggior parte delle popolazioni di quello che poi verrà detto il Terzo Mondo.

Finalmente, l’ultimo giubileo celebrato, del 1950, dispone anche del quarto e più “sociale” mass medium: la televisione. Tuttavia, stante la sua ancora scarsa diffusione e l’anche più alto costo dei televisori, pochi sono i fedeli che, sia pure non in diretta, possono assistere, lontani da Roma, all’apertura della Porta Santa compiuta da Pio XlI il 24 dicembre I949.

Invece, in fatto d’informazione, questo giubileo del 1975 ha la sorte privilegiata di disporre di apparecchiature tecniche che, integrandosi a vicenda, di fatto raggiungono capillarmente tutta, si può dire, la popolazione del globo. In cifre tonde siamo, infatti, per la stampa, a quasi 8.000 testate, con circa 400 milioni di copie giornaliere; per il cinema: 250.000 sale sono frequentate ogni anno da 20 miliardi di spettatori; per la radio: 20.000 trasmittenti servono non meno di 700 milioni di ricevitori, quasi tutti ormai transistorizzati, mentre, per la televisione, le trasmittenti sono 15.000, ed i televisori non meno di 300 milioni.

Informazione e presenza

Quali i compiti nuovi nella Chiesa, corrispondenti a queste sue nuove e privilegiate possibilità di comunicazione? – Li traccia l’istruzione pastorale Communio et progressio1, che, in argomento, può considerarsi la Magna Charta del suo più recente magistero.

Preso atto che “gli uomini di oggi vengono come avviluppati e quasi sommersi dal cumulo delle comunicazioni divulgate da questi strumenti, i quali ne modellano continuamente le opinioni ed il comportamento, in tutti gli aspetti della vita, quello religioso compreso” (n. 127); e rilevato che “chi trascurasse gli enormi vantaggi che questi strumenti apportano nel recare a numeri stragrandi di uomini la dottrina ed i precetti evangelici non ottempererebbe al mandato di Cristo, che ha comandato agli Apostoli ed ai loro successori di ’insegnare a tutte le genti’ (Mt 28, 19), e di essere ’la luce del mondo’ (Mt 5,14)” (n. 126); l’Istruzione esorta ad usarli “perché, tramite le vie ed i modi nuovi da essi offerti, gli uomini incontrino il messaggio evangelico; perché i cristiani possano assistere, anche lontanissimi, alle solenni celebrazioni ecclesiastiche nelle quali tutta la comunità cristiana realizza una più intima coesione; e, finalmente, perché tutti si sentano invitati a prendere parte più viva alla vita della Chiesa” (n. 128).

Limitandoci a quelli che riguardano quanti operano in questi strumenti (i “promotori”), o che possono direttamente influire nella loro programmazione pastorale, due sono dunque, in sintesi, rispetto al Giubileo, questi nuovi compiti: quello di un’informazione più ampia e tempestiva possibile, e quello di una presenza-partecipazione ecclesiale il più possibile capillare ed efficace.

Sul primo compito, l’informazione, ogni commento sarebbe superfluo. Nota ancora l’Istruzione: “Dato che questi strumenti sono gli unici canali e fonti d’informazione tra la Chiesa e il mondo, chi li trascurasse, veramente occulterebbe i talenti elargiti da Dio” (n. 123). Non è superfluo, invece, richiamare l’attenzione su di una sua conseguenza pastorale pratico-economica, non sufficientemente attesa da operatori di pastorale... ancien régime. È ancora l’Istruzione a rilevarla, notando realisticamente che “Questa attività dei cattolici [...], giovandosi degli strumenti della comunicazione sociale quali doni della Provvidenza, richiede attrezzature rilevanti e mezzi finanziari proporzionati” (n. 133); e non meno realisticamente inferendo:

“Le Conferenze Episcopali sono istantemente pregate di considerare l’importanza sempre crescente degli strumenti di comunicazione sociale [...] per la vita della Chiesa; e di riservare – molto più di quanto oggi per lo più si faccia – a questi argomenti di attività pastorale nel settore delle comunicazioni una priorità nella ’programmazione pastorale’, e di destinare allo stesso scopo, per i propri paesi e per le necessità di tutti i popoli, il danaro occorrente” (n. 134).

In pratica, la quantità ottimale di questa informazione dipenderà dall’accorto sfruttamento delle prestazioni differenziate dei mass media. Per esempio, piuttosto che al cinema o alla televisione, per un’informazione primaria, specie in questo primo tempo (periferico) dell’Anno Santo, e soprattutto a raggio nazionale e mondiale, converrà ricorrere a frequenti, anche se necessariamente sommari, notiziari radio; mentre per un’informazione di rincalzo, soprattutto a livello diocesano e locale, converrà affiancare sempre più a quelli i notiziari stampa, necessariamente meno tempestivi, ma più circostanziati e di maggiore interesse locale.

Ma dipenderà anche dalla disponibilità o meno degli stessi strumenti da parte della Chiesa, oppure da parte di pubblicisti cattolici, o almeno di informatori oggettivi, vale a dire che non vogliano, per partito preso, ignorare un evento in qualche modo “di attualità” anche per pubblici non cattolici. È ancora la Communio et progressio (n. 132) a notarlo, demandando alle competenti autorità ecclesiastiche le scelte opportune:

“La Chiesa può far conoscere il proprio pensiero, o utilizzando, a determinate condizioni, strumenti di comunicazione non di sua proprietà, o, eventualmente, mediante strumenti che possegga o gestisca in proprio: le soluzioni saranno diverse secondo i diversi paesi ed i singoli strumenti. Toccherà alle autorità ecclesiastiche dare in proposito le convenienti direttive a quanti le prestano la loro opera, udito il parere di esperti locali, nazionali e, occorrendo, anche internazionali”.

* * *

L’altro compito, invece, anche perché più nuovo e caratteristico di quest’Anno Santo, merita qualche maggiore considerazione.

Si tratta di quella presenza-partecipazione dei recettori ad eventi che vengano trasmessi in diretta (e, almeno in parte, anche non in diretta), dalla radio, e soprattutto dalla televisione, per la quale, quasi dimenticandosi di essere lontanissimi nello spazio, (e, magari, anche nel tempo) dall’evento trasmesso, più che riceverlo come semplice informazione-notizia, i recettori lo “vivono” come esperienza, individuale o di gruppo. Basti ricordare le reazioni immediate – i tecnici dei mass media direbbero “sincroniche” – di tifo, di suspense, di eccitazione-imitazione, che, a raggio anche nazionale e mondiale, si sono verificate durante certe trasmissioni sportive (l’incontro di calcio Italia-Messico), tecnico-spaziali (l’allunaggio degli astronauti americani) o di cronaca (la contestazione studentesca del maggio ’68), convalidanti l’intuizione di McLuhan di un mondo ormai tutto ridotto dai mass media ad un unico “Villaggio planetario”.

Ci sono psicologi e sociologi che scorgono – e, crediamo, con ragione – in siffatta esistenziale partecipazione a distanza di individui e di gruppi una vera rivoluzione in atto nel concetto stesso di “presenza”, anteriormente ai mass media identificata quasi esclusivamente con quella spaziale-fisica; rivoluzione che già spiegherebbe alcune radicali mutazioni nella vita associata: culturale, economica, politica..., e che – informatica ed elettronica aiutando – più ne spiegherà in un prossimo avvenire. E non è da escludere che il contraccolpo sia per risentirsi anche nell’ambito ecclesiale, dove, del resto, i teologi di sacramentaria e di liturgia ben ricordano certe discussioni apertesi in passato circa la con-presenza nel sacramento della Penitenza, nonché quelle, più recenti, che precedettero ed accompagnarono le prime trasmissioni radiofoniche e televisive della Santa Messa2.

Certo è che siffatte esperienze, anche macroscopiche, si sono verificate pure in occasione di trasmissioni a contenuto religioso, e non soltanto nel mondo cattolico. Siamo ancora in molti a ricordare l’emozione corale, il sospeso traffico cittadino, la gente inginocchiata avanti alle radio nelle famiglie, e persino nelle strade, quando, il 12 febbraio 1931, ci giunse per la prima volta, sulle onde hertziane, la voce del papa Pio XI. Qualcosa di simile provarono i fedeli che per la prima volta accolsero dai televisori – e non era in diretta! – nel 1949 l’ampio gesto benedicente di Pio XII. E la pia morte di Giovanni XXIII non avvenne, forse, come “in piazza”, grazie soprattutto alla ininterrotta informazione radio-televisiva, sicché tutto il mondo poté, come di presenza, seguirne e piangerne l’agonia e le esequie? In quanto poi alla Santa Messa televisiva, ancora oggi sono molti i fedeli che si comportano come quelli che nel 1949, da Parigi e da New York, la seguirono per la prima volta sui teleschermi, pregando, inginocchiandosi all’elevazione, segnandosi alla benedizione-commiato finale...

Altrettanto certo è che siffatta nuova con-presenza attuata tra lontani dalla radio e dalla televisione è stata spiritualmente gratificata dall’autorità ecclesiastica, permettendo l’acquisto di indulgenze da parte di quanti, via radio-televisione, recitino il Rosario, o ricevano la benedizione Urbi et Orbi del Papa. In quanto alla Santa Messa radio-televisiva, pur ribadendo che con essa non si soddisfa il relativo precetto festivo, le stesse autorità non hanno mancato di raccomandarne l’ascolto a quanti, per malattia o per altro motivo, non possano parteciparvi di presenza3.

Si offre, dunque, a questi “Doni di Dio” la possibilità di caratterizzare questo Anno Santo attuando come un globale pellegrinaggio di preghiera, di penitenza e di grazia, diretto dalla Sede di Pietro e dalle Sedi Episcopali verso gli estremi confini delle diocesi e della terra; un pellegrinaggio che incroci, o meglio s’integri, con quello dei romei tradizionali diretti verso le Cattedrali e le Basiliche Romane, che, per quanto incrementato dai moderni mezzi di trasporto, resterà sempre di minoranze privilegiate; un pellegrinaggio che includa in un’unica e tutta moderna con-presenza ed esperienza ecclesiale anche, e soprattutto, gli indigenti, i vecchi, i malati, i sequestrati dalla vita civile, siano essi emarginati nelle bidonvilles, confinati in casolari remoti, reclusi nelle prigioni o dietro le sterminate “cortine” politiche...

Le loro prestazioni potranno essere diverse secondo le circostanze di persone e di luoghi. La trasmissione delle funzioni, romane e diocesane, caratteristiche dell’Anno Santo sembra la più ovvia; ma non dovrebbe essere né l’unica né la principale. Un posto di rilievo dovrebbero ottenerlo, per esempio, gli atti penitenziali, di preghiera comune, di carità sociale, di incontri ecumenici, propri di questo “Giubileo della riconciliazione”; né sembrano da escludere – sempre che le vigenti norme ecclesiastiche le consentano – alcune integrazioni tecniche, più o meno connesse con i mass media, in attività di pietà locali, anche liturgiche4.

Condizioni di efficienza

Ma i mass media, se consentono vantaggi e se impongono doveri pastorali, presentano anche rischi. Non usarli secondo le loro prestazioni specifiche, come anche usarli non superando le loro “tentazioni”, potrebbe, non solo compromettere i vantaggi intesi, ma anche produrre effetti ad essi contrari. Per limitarci alle condizioni di efficienza più ovvie: occorrerà curare, in ogni caso, la qualità tecnica dei programmi, d’informazione o di partecipazione che siano.

“Gli uomini di oggi – nota l’Istruzione pastorale – sono tanto abituati alle gradevolissime ed abilissime maniere di comunicare e di persuadere degli strumenti di comunicazione sociale che mal sopportano prestazioni mediocri negli spettacoli, tanto meno nei riti liturgici, nella predicazione e nella catechesi [...]. Perciò non s’insisterà mai abbastanza sulla necessità di assicurare ai programmi religiosi di questi strumenti l’eccellente qualità normalmente raggiunta da quelli profani” (nn. 130, 128).

Circa poi i contenuti da trasmettere, intanto sarà necessario tener conto del tipo di pubblico presumibilmente raggiunto dai singoli strumenti e programmi. Non si esclude, infatti, che articoli, informazioni, riti penitenziali o liturgici, solenni funzioni papali, ecc. possano riuscire accetti ed edificanti se rivolti ad “udienze” omogenee cattoliche (bollettini diocesani, stampa cattolica, proiezioni e cinema nelle sale parrocchiali e magari nelle chiese, radio e televisione in circuito chiuso...), ed, invece, riuscire irritanti e ridicoli, o almeno incomprensibili, a “udienze” indifferenziate, o di non credenti (per esempio: della grande stampa d’informazione, delle radio-televisioni circolari...). Perciò opportunamente nota, esemplificando, l’Istruzione pastorale: “Nelle trasmissioni della Santa Messa si tenga presente la non omogeneità del pubblico e, se le trasmissioni vanno oltre i limiti di una nazione, si tengano presenti anche le credenze religiose ed i costumi diffusi in altri paesi” (n. 151).

Ma, sempre circa i contenuti, occorrerà soprattutto cercare un non facile equilibrio tra, da una parte, la tutela dell’integrità e della purezza del messaggio religioso e pastorale trasmesso, e, dall’altra, le esigenze dei mass media, siano esse dipendenti dalla loro stessa natura, oppure dalle concrete condizioni socio-culturali ed economiche nelle quali essi di fatto operano.

Generalmente la gente di Chiesa, specie se anziana, di estrazione culturale classico-umanistica, tende a preoccuparsi esclusivamente della prima, ignorando, per esempio, che al cinema, strumento di espressione-comunicazione per immagini, non si confà l’espressione-comunicazione letteraria e logicizzante; che alla radio, e in genere ai microfoni, ripugna l’oratoria da pulpito; che giornali, radio e televisione si prestano magnificamente bene all’informazione di attualità, e magari al dialogo, mentre rifiutano l’insegnamento cattedrattico, l’omelia (vecchio stile), il saggio argomentante ed erudito. Onde la proclività della gente di Chiesa ad usare dei mass media in modo improprio, forzandone la natura, così alienandosi ed assottigliando ascolti e presenze5. Viceversa, gli operatori dei mass media, e specialmente i giornalisti, tendono ad ubbidire esclusivamente alle esigenze dello strumento. Nota ancora l’Istruzione:

“Dovendo comunicare sempre ’novità’, sono portati a rilevare soltanto i particolari, come si dice, di viva attualità [...], a scegliere, tra la massa delle notizie, quelle che essi giudicano più interessanti per il pubblico [...], spesso frettoloso e distratto, attirandone l’attenzione con la vivacità della presentazione [...], isolando amplificando e drammatizzando i fatti, sì da finire col falsare l’informazione” (nn. 37, 40).

Di qui il pericolo che anche la loro informazione giubilare, come spesso avvenne per quella conciliare, si degradi verso il sensazionale, l’esteriore, l’aneddotico, il folclore, e magari lo scandalistico, a tutto danno dell’autentico messaggio dell’Anno Santo: preghiera, penitenza, conversione, rappacificazione; messaggio che, bisogna riconoscerlo, molto “sensazionale” non è.

Continuare a tirare la corda da una parte e dall’altra, come avvenne nel Vaticano Il non giova. Tanto meno giova continuare a litigare. Più saggio sarà aprirsi gli uni alle esigenze degli altri. La gente di Chiesa, persuadersi che la loro formazione umanistica filosofica e teologica non li prepara granché all’uso giusto dei mass media in funzione pastorale; i professionisti degli stessi, farsi consapevoli che il solo mestiere non dà loro né la sensibilità né la preparazione dottrinale in campi specialistici, tanto meno in quello religioso e pastorale. Tutti, dunque, venirsi incontro in amichevole aiuto e collaborazione, attuando le norme indicate soprattutto nella Communio et progressio6: la Magna Charta dell’informazione nella Chiesa, il cui studio, anche in occasione di questo Giubileo, non sarà mai raccomandato abbastanza.

1 Pontificia Commissione per le Comunicazioni Sociali, Istruzione pastorale «Communio et progressio» (23 maggio 1971). Cfr E. BARAGLI, L’istruzione pastorale «Communio et progressio» in Civ. Catt. 1971 IV.

2 Per le polemiche sulla con-presenza nel sacramento della Penitenza, cfr Clemente VIII, Decreto «Sanctissimus Dominus» (20 giugno 1602); per la Santa Messa alla radio: Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Risposta «Non expedire» (26 gennaio 1927) e Risposta «Sicut responsum praegressum»  (marzo 1928), Congregazione dei Riti, Lettera al card. D.R. Sbarretti, Segretario della Congregazione del S.Uffizio (21 dicembre 1936); per la Santa Messa alla televisione: Pio XII, Telemessaggio «Voici le jour» (17 aprile 1949), Sacra Congregazione del Sant’Uffiio, Risposta “A proposito della Santa Messa in televisione” (7 gennaio 1954), Congregazione del Concilio, Risposta all’Ente dello Spettacolo (27 ottobre 1961).

3 Per il Rosario alla radio: Penetinziera apostolica, Risposta «De recitatione radiophonica sacri rosarii B.M.V.» (8 ottobre 1958); per la benedizione pontificia: Penetinziera apostolica, Decreto «Iam pridem multisque» (15 giugno 1939), Giovanni XXIII, Radiomessaggio «Las Bodas de Plata» (25 novembre 1960); per la Santa Messa: Sacra Congregazione del Sant’Uffizio, Risposta «Non expedire» (26 gennaio 1927) e Risposta «Sicut responsum praegressum»  (marzo 1928), Congregazione dei Riti, Lettera al card. D.R. Sbarretti, Segretario della Congregazione del S.Uffizio (21 dicembre 1936), Pio XII, Telemessaggio «Voici le jour» (17 aprile 1949),  Sacra Congregazione del Sant’Uffiio, Risposta “A proposito della Santa Messa in televisione” (7 gennaio 1954),Congregazione del Concilio, Risposta all’Ente dello Spettacolo (27 ottobre 1961).

 

4 Considerazioni e proposte pratiche in proposito si possono trovare nella serie d’interventi su Liturgia e strumenti della comunicazione sociale, pubblicati in Il nostro cinema dal nov. 1972 in poi, da F. BARAGLI, S. CIPRIANI, M. FLICK, A. MARRANZINI, D. MONDILLO, ORTENSIO DA SPINFTOLI, L. PIGNATELLO e R. SPIAZZI.

5 Sempre l’istruzione pastorale rileva: "È superfluo ricordare che il modo di proporre tutto ciò deve tener conto dell’indole particolare dei singoli strumenti: altro, infatti, è il linguaggio loro, e altro è quello del pulpito” (n. 128); e a proposito di sacra predicazione alla radio e alla televisione inculca: “Conferenze e discorsi sacri si adattino all’indole dello strumento che venga Quanti vengono destinati a questo genere di compito siano scelti con massima prudenza e cautela, previa un’adeguata preparazione teorica tecnica e pratica” (n. 152).

6 Redatta più da giornalisti che da teologi e pastoralisti, in fatto d’informazione la Communio et progressio abbonda più in norme che favoriscano le prestazioni dei primi che in quelle che rispecchino le preoccupazioni dei secondi. Non distinguendo tra le une e le altre, segnaliamo le seguenti.
Per gli informatori in genere: responsabilità dei promotori nell’opinione pubblica (n. 27); dovere di rettificare il falso (n. 41); rispetto del segreto (n. 42); libertà e limiti dell’informazione (n. 47); preparazione specifica dei promotori (nn. 53, 71-77); fornire loro la documentazione (n. 38).
Specialmente per gli informatori cattolici: dovere dell’informazione religiosa (n. 103); dovere della Chiesa d’informare (n. 123 ss.); comunicati ufficiali, uffici d’informazione, portavoce ufficiali, sala stampa (nn. 120, 174, 176); compiti relativi degli uffici nazionali (nn. 106, 117, 170); libertà di opinioni e di espressione (nn. 115 ss., 141); limite del segreto (n. 121); agenzie d’informazione cattoliche (n. 139); qualità dei mass media (nn. 119, 150); esigenze della stampa cattolica (n. 138): preparazione specifica dei promotori (n. 106); loro diritto ad essere assistiti dalla Chiesa (n. 104); dialogo Chiesa-professionisti (nn. 105, 147, 154, 156, 165, 171, 174, ss.); formazione specifica del clero (nn. 106, 110, 111, 164).

In argomento

Massmedia

n. 3405, vol. II (1992), pp. 260-268
n. 3351, vol. I (1990), pp. 260- 269
n. 3310, vol. II (1988), pp. 351-363
n. 3218, vol. III (1984), pp. 144-151
n. 3200, vol. IV (1983), pp. 158-164
n. 3202, vol. IV (1983), pp. 362-368
n. 3195-3196, vol. III (1983), pp. 209-222
n. 3188, vol. II (1983), pp. 154-161
n. 3191, vol. II (1983), pp. 463-467
n. 3179, vol. IV (1982), pp. 464-467
n. 3141, vol. II (1981), pp. 222-237
n. 3088, vol. I (1979), pp. 351-359
n. 3075-3076, vol. III (1978), pp. 223-238
n. 3072, vol. II (1978), pp. 566-573
n. 3062, vol. I (1978), pp. 151-159
n. 3058, vol. IV (1977), pp. 349-362
n. 3055, vol. IV (1977), pp. 45-53
n. 3045, vol. II (1977), pp. 260-272
n. 3034, vol. IV (1976), pp. 336-351
n. 3036, vol. IV (1976), pp. 580-587
n. 3022, vol. II (1976), pp. 323-336
n. 3013, vol. I (1976), pp. 20-36
n. 2990, vol. I (1975), pp. 144-157
n. 2983, vol. IV (1974), pp. 36-48
n. 2973, vol. II (1974), pp. 250-256
n. 2967, vol. I (1974), pp. 258-263
n. 2950, vol. II (1973), pp. 347-358
n. 2942, vol. I (1973), pp. 144-150
n. 2927, vol. II (1972), pp. 451-456
n. 2911, vol. IV (1971), pp. 39-48
n. 2913, vol. IV (1971), pp. 235-253
n. 2882, vol. III (1970), pp. 154-160
n. 2870, vol. I (1970), pp. 155-160
n. 2859-2860, vol. III (1969), pp. 219-230
n. 2847, vol. I (1969), pp. 250-253
n. 2739, vol. III (1964), pp. 246-254
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n. 2636, vol. II (1960), pp. 124-39
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n. 2548, vol. III (1956), pp. 400-408

In argomento

Magistero

n. 3195-3196, vol. III (1983), pp. 209-222
n. 3188, vol. II (1983), pp. 154-161
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n. 2990, vol. I (1975), pp. 144-157
n. 2983, vol. IV (1974), pp. 36-48
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