Articolo estratto dal volume I del 1964 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Si compie un decennio
Il 3 gennaio 1964 si sono compiuti dieci anni dall’inaugurazione degli spettacoli televisivi in Italia.
Quello che nel 1954 cominciò come una curiosità lussuosa, goduta da pochi privilegiati e, di straforo, dalle folle accodatesi avanti ai negozi di televisori, o stipate nei caffè e nei cinema, oggi costituisce elemento integrante della nostra vita privata e pubblica. E non tanto nei richiami eccezionali e di punta – quali Lascia o raddoppia?, lo sposalizio di Grace di Monaco e l’incoronazione di Elisabetta d’Inghilterra, le Olimpiadi e le elezioni, Telstar e il Vaticano II, le morti di Giovanni XXIII e di Kennedy, l’elezione di Paolo VI, il Vajont... – quanto in quelli ordinari – Carosello, il telegiornale, i film, i varietà, le partite settimanali...–, che ormai reclamano il loro posto nell’orario della giornata, come il radersi e il mettersi a tavola, rivoluzionando ritmi di vita secolari, ancora dieci anni fa ritenuti immutabili. Come a tutto si fa, l’abitudine! Il meraviglioso di ieri oggi è ovvio, e quello che era straordinario, in pochi mesi diventa routine; sicché, se qualcuno ci forza a considerare la realtà della nostra vita quale la tecnica moderna la va foggiando, la cosa, più che costatazione, ci sembra una rivelazione, una scoperta.
Ciò avviene, per esempio, sfogliando l’Annuario RAI, recante la Relazione e bilancio dell’esercizio 19621; la più vasta e documentata panoramica dell’attività pubblica Radio e TV, condotta, in condizioni di concessione monopolistica, dalla RAI. Già alcune cifre danno le dimensioni del fenomeno, che normalmente ci sfuggono. Dipendenti dell’azienda: circa 9.000; collaboratori esterni: 15.000. Proventi per 67 miliardi, e spese per quasi 63 miliardi. Abbonati alla TV: quasi tre milioni e mezzo, con un incremento netto – il più alto dall’inizio del servizio – di circa 700.000 unità (quasi 2.000 televisori al giorno!). Punte di visione-ascolto (dalle ore 21 alle 22) di 12/13 milioni di utenti; ore di trasmissione: tredici di media al giorno, con un totale annuale di circa 4.500 ore, corrispondenti ad un ipotetico spettacolo continuativo di sei mesi!2.
Interessante anche la documentazione che riguarda i tre fatti più salienti dell’anno televisivo 1962 – il secondo programma, il Telstar, il Vaticano II – che il Rapporto non manca di menzionare negli aspetti, insieme, tecnico, economico e contenutistico, ma anche nelle risonanze di latitudine e di profondità socializzanti verificatesi per fa prima volta nella storia della nazione, della cattolicità e dell’umanità.
Per il momento, fermiamoci sul Vaticano II. Con una punta di paradosso, un giornalista francese notò che l’11 ottobre, quando i 2.775 Padri conciliari uscivano processionalmente dal Portone di bronzo per entrare nella Basilica, contro ogni aspettativa la Piazza San Pietro era quasi vuota: i romani erano quasi tutti avanti ai televisori... Il rilievo faceva, per dir così, toccare con mano una realtà pastorale che non doveva sfuggire all’attenzione degli stessi Padri, chiamati, nel primo e secondo periodo conciliare, a pronunciarsi sull’incidenza religiosa e morale degli strumenti della comunicazione sociale. Interessa, tuttavia, conoscere quale impegno tecnico abbia dovuto prestare la RAI per attuare quel servizio veramente «cattolico» a domicilio.
«I servizi di radio e di televisione per il Concilio Ecumenico sono stati curati in esclusiva dalla Radiotelevisione italiana, che ha fornito agli Organismi europei ed extra europei una documentazione quanto più possibile completa dell’avvenimento, assicurando nel tempo stesso assistenza tecnica ai radiocronisti e telecronisti inviati a Roma dagli Organismi stessi.
«I servizi televisivi sono stati disimpegnati direttamente dalla RAI, mentre quelli radiofonici sono stati effettuati in stretta collaborazione con la Radio Vaticana... Nell’ambito della Basilica di San Pietro e dei Palazzi Apostolici sono state approntate numerose installazioni, in massima parte a carattere fisso, per agevolare e semplificare i collegamenti audio e video con la Città del Vaticano.
«I nuovi impianti comprendevano anzitutto una serie di postazioni per telecamere (in totale 41), lungo tutto il perimetro della Basilica e negli altri ambienti del Vaticano maggiormente impegnati dalle cerimonie ufficiali; le postazioni erano collegate per cavo con i pullman-regia, che stazionavano in prossimità. Per le riprese nelle quali venivano impiegati diversi pullman (fino a 5 per la cerimonia di apertura) è stato allestito un impianto di sincronizzazione tra i vari pullman in modo da permettere ad un regista centrale di selezionare e mandare in onda le immagini provenienti da ciascuno di essi. Una vasta rete di cavi coassiali e telefonici collegava inoltre le postazioni dei pullman-regia, allo scopo di raccogliere e convogliare i segnali televisivi e radiofonici verso i Centri di produzione TV Radio e verso l’estero.
«Per consentire ai numerosi radiocronisti e telecronisti di tutti i Paesi di effettuare le trasmissioni dirette dalla Basilica, sono state sistemate speciali postazioni: per i radiocronisti sono state costruite delle tribune sui due finestroni dell’Aula delle Benedizioni, in corrispondenza dei due ingressi laterali della Basilica, in modo che essi potessero seguire direttamente, oltre che dai monitors, le varie fasi delle cerimonie; i telecronisti sono stati invece sistemati nelle Grotte vaticane, e commentavano le cerimonie seguendole sui monitors...
«Per la realizzazione dei nuovi impianti tecnici a carattere fisso installati nella Città del Vaticano sono stati impiegati complessivamente circa 65.000 metri di linee telefoniche, cavi coassiali video e cavi per telecamere. ... Quanto agli impianti di carattere provvisorio, basterà ricordare che, in occasione delle riprese televisive delle cerimonie, l’illuminazione della Basilica Vaticana ha impegnato una potenza di oltre un migliaio di Kw, distribuiti su numerosi proiettori da 10.000 Watt.
«L’11 ottobre 1962 la solenne cerimonia di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II ha richiesto la mobilitazione di tutti i servizi radiofonici e televisivi, per la cronaca completa dell’avvenimento... La televisione, in collegamento con tutti gli Organismi dell’Eurovisione, ha messo in onda ininterrottamente, per circa cinque ore, la telecronaca diretta della cerimonia... Alle ore 13,50 veniva effettuato il previsto collegamento televisivo con l’America del Nord attraverso il satellite Telstar, per la trasmissione di una sintesi registrata della cerimonia di apertura. La trasmissione intercontinentale ha avuto inizio con alcune immagini in ripresa diretta del Pontefice, che in quella stessa ora appariva alla finestra del suo appartamento per salutare la folla riunita in Piazza San Pietro. Il resoconto della prima giornata conciliare si concludeva con una cronaca diretta, trasmessa per radio e per televisione, nel servizio Concilio ora zero, della fiaccolata popolare in Piazza San Pietro, sotto Ia finestra del Palazzo Vaticano, dalla quale il Papa si affacciava per chiudere con un umanissimo discorso la solenne giornata».
L’anno del Telstar
Come si vede, scrivendo di televisione, subito il discorso si dilata su dimensioni mondiali. Ma se, da questa impressione, generica e ovvia, si vuole passare ad una documentazione concreta e persuasiva, occorre scavare nella miniera di dati raccolta e sistemata da Guido Guarda nel volume TV Lexicon 19633, primo di una serie che dovrebbe farsi annuale.
Lo compongono nove parti. Prima: la cronologia, contenente, giorno per giorno, un elenco di tutti i fatti attinenti alla TV.
Giustamente, già a questo proposito, il Guarda rileva:
«Nel metterci ad annotare alcuni fatti salienti annessi al mondo della TV, o che per un motivo qualsiasi avessero attinenza con la TV, ci siamo accorti che una cronologia di questo genere abbraccia avvenimenti e persone degli ambienti più vari. In una cronologia della Televisione si incontrano fatti e figure della vita politica, letteraria, artistica; della cronaca nera e bianca; dell’industria, della finanza, del giornalismo, del “mondanume " e così via. È curioso scoprire che una cronologia della TV è un po’ la cronologia della nostra esistenza quotidiana. La TV fa parte di noi, è in noi: non ci rimane che affezionarcisi, cosi come l’uomo d’affari è affezionato alla “sua” ulcera» (p. 7).
Questa prima parte si chiude con due pezzi complementari di grande interesse: politico-nostrano il primo4, scientifico-universale il secondo. Dedicato alla Cronologia della TV spaziale, questo si apre con una degna introduzione:
«Pochi mesi sono trascorsi dal tripudio del mondo per i sensazionali risultati conseguiti nel campo delle telecomunicazioni spaziali mediante il Telstar, primo satellite-ripetitore attivo in orbita terrestre. Ma pochi se ne ricordano. TV Lexicon ha raccolto qui una documentazione di quei fatti, allo scopo di contribuire ad una storia dell’ingegno umano, illuminato dalla volontà di Dio, in un’epoca in cui l’opinione pubblica cerca emozioni e commozioni durature negli eroi della fantascienza, dei fumetti e dei telefilms».
Quindi si svolge in una selva di dati che si direbbero davvero di fantascienza. Spigoliamo qua e là:
COSTO DEL PROGETTO. «È difficile valutare quanto sia costata l’impresa Telstar. Il piano completo per un sistema di telecomunicazioni tramite una serie di satelliti artificiali attivi, è stato valutato dalla American Telephone and Telegraph Company a circa 500 milioni di dollari. Per ogni lancio la stessa AT&TC paga alla NASA, proprietaria del razzo vettore, circa tre miliardi di lire italiane, anche se il lancio non riesce. Il piano della TV spaziale, prevede, per ora, una cinquantina di lanci.
DATI DEL SATELLITE. «Cape Canaveral, 10 luglio 1962, ore 3,55. Con un razzo Thor Delta a tre stadi viene lanciato in orbita il Telstar I. Il razzo... è alto m. 27,43, ha un diametro massimo di m. 2,44 e, al decollo, pesa poco meno di 51 tonnellate... Il Telstar ha un diametro di 876 millimetri, pesa 77 chili ed è costruito in magnesio, salvo che per l’involucro, dove si è adoperato, l’alluminio... È composto di 15.000 parti. Sull’involucro sono sistemate 3.600 cellule solari, aventi la base di ceramica, l’ossatura di platino e la protezione di zaffiro sintetico... L’erogazione iniziale della batteria solare è di 15 Watt; un anno dopo il lancio dovrebbe essere di 11,5 Watt... Il sistema potrebbe assicurare 60 conversazioni telefoniche contemporanee... Dal momento della trasmissione a quello della ricezione via satellite, i segnali vengono amplificati 10 miliardi di volte complessivamente (10.000 volte dal solo satellite)... La durata massima del progetto è di due anni... Complessivamente ogni minuto vengono prese e trasmesse 115 misurazioni diverse...
IMPRESE COLLEZIONATE. «11 luglio 1962, ore 0,48 (ora europea). Le stazioni spaziali inglesi di GoonhiJly Down e francese di Pleumeur Bodou ricevono le prime immagini provenienti dalla stazione americana di Andover. Il programma durerà 7’40”... Il Telstar sta compiendo la sua sesta orbita... Alle ore 22,29 (ora europea), la stazione spaziale inglese invia in America, mentre Telstar compie la sua sedicesima orbita, un programma di circa 9’ in ripresa diretta... 13 luglio. Viene effettuato il primo scambio di telefoto in facsimile tra l’Inghilterra e la Francia. 14 luglio...: La stazione inglese trasmette diapositive a colori... A Torino, i fratelli radioamatori Achille e Giambattista Judica Cordiglia captano via Telstar immagini della TV sovietica. 20 luglio: Parigi e New York si scambiano immagini fotografiche in facsimile... 23 luglio: alle ore 20 giungono in Europa le prime immagini elettroniche provenienti dall’America, via Telstar. Il programma viene ritrasmesso al Centro TV dell’EUR di Bruxelles, e di qui inviato a 16 reti televisive collegate in Eurovisione... Il Telstar era alla sua 123ª orbita... Il programma è durato circa 18’. Alle ore 22,59, l’Eurovisione..., mentre il Telstar compie la sua 124ª orbita, invia in America un programma, cui hanno collaborato nove nazioni del Vecchio Continente... Nel complesso sono state utilizzate 50 telecamere, di cui 11 italiane, per trasmettere un programma di 18’, di cui 5 affidati all’Italia.” 8 agosto: prova di trasmissione di dati per elaboratori elettronici via Telstar, al ritmo di 45.000 caratteri al minuto secondo. Con una telefonata via satellite l’ufficio di Parigi dell’Air France effettua una prenotazione a New York... Londra, 13 agosto: l’anziana signora Gertrude Parks (Batley, Yorkshire), apprende da una telefonata di aver vinto una Rolls-Royce da dodici milioni. Lei, le spiegano, è la prima utente a ricevere una chiamata via Telstar... Parigi, 22 agosto: un fioraio riceve via Telstar da un americano di Minneapolis, l’ordinazione di un mazzo di fiori per la sua fidanzata... 27 agosto: Gli Stati Uniti d’America e l’Inghilterra si servono del Telstar per sincronizzare i rispettivi orologi con una precisione di un milionesimo di secondo... 29 agosto: Durante la sua 461ª orbita il Telstar consente una conversazione telefonica tra il presidente della TWA, che si trova nel proprio ufficio di Londra, e il presidente della BTA, che si trova a bordo di un quadrigetto di linea in volo sull’Atlantico. Il sistema sarà chiamato “skyphone "... Washington, 12 settembre: Tremila medici di cinquanta nazioni... assistono via Telstar ad una trasmissione televisiva a colori di un’ora, che mostra foro in ripresa diretta dall’Inghilterra un consulto di cinque specialisti inglesi su quattro pazienti... 27 novembre: Nel confermare che il Telstar ha cessato di funzionare, un portavoce dei Bell Laboratories precisa che il satellite ha portato a termine tutti gli esperimenti programmati. Dal momento del lancio, il Telstar è stato adoperato per 400 collegamenti transcontinentali e transoceanici sperimentali per comunicazioni radiotelevisive, telegrafiche, telefoniche e telefotografiche. Quarantasette programmi televisivi, tra cui 5 a colori, sono stati trasmessi dal satellite tra le due sponde dell’Atlantico... Il Telstar avrebbe ripreso a funzionare ai primi di gennaio 1963, grazie ad un prodigioso intervento compiuto da terra dai Bell Laboratories... 4 gennaio 1963: Le immagini elettroniche provenienti d’oltre Atlantico via Telstar sono giunte alla stazione italiana installata nella Conca del Fucino...».
La seconda parte – Le manifestazioni – comprende due sezioni: sui convegni di Studio, congressi e tavole rotonde (una ventina), e sui festival e premi (trentacinque, una vera inflazione!), con ampia documentazione di relativi Atti e Regolamenti. Tutto il materiale, che ad apertura di volume si direbbe un arido repertorio, apre la via a considerazioni, non tutte liete, di carattere culturale-morale circa la presenza ed il dinamismo di iniziative non bilanciate da quelle cattoliche.
La terza parte – La produzione – contiene il catalogo dei principali programmi televisivi, suddivisi per generi, allestiti in Italia nel 1962, e, sotto il titolo Che cosa hanno fatto, un elenco di persone (attori, registi, scenografi, sceneggiatori, costumisti, ecc.) che vi hanno collaborato. Sono circa 80 pagine di titoli e nomi che, a chi sa leggerli, propongono sì quesiti di scelte già fatte dalla RAI, anche qui con tendenze culturalmente e moralmente opinabili, bensì anche quesiti di scelte da fare da parte dei recettori. Nota, infatti opportunamente, i1 Guarda:
«Con la sua costante presenza nelle nostre case, la TV fa pensare ad una immensa iconoteca che si rinnova incessantemente e che non si esaurisce mai. La vera ricchezza di questa fonte di immagini elettroniche in movimento consiste non nell’abbondanza della sua disponibilità, ma proprio nel fatto che essa è disponibile nella misura in cui la nostra discrezione ci suggerisce. Per il produttore il problema consiste nel coprire un certo numero di ore di trasmissione, così come il servizio ferroviario tende ad offrire il maggior numero di treni. Per il consumatore, è soprattutto un problema di scelta».
Ma per il sociologo ed il sacerdote, forse, la parte più istruttiva è, o dovrebbe essere, la quarta, su La Pubblicità. Già alcuni dati economici inducono a sospettare, sotto rubriche apparentemente innocue e divertenti, interessi e condizionamenti macroscopici. Chi di noi sa, per esempio, che le tariffe per uno short pubblicitario di 30” di Gong, di Intermezzo e di Tic-Tac sono rispettivamente di mezzo milione, di un milione e di un milione e mezzo di lire? E che i 35” di Arcobaleno all’inserzionista vengono a costare la bellezza di due milioni, mentre i 2’ e 55” di Carosello (di cui solo 35” destinati alla pubblicità) gli vengono a costare L. 2.700.000? Con questi dati avanti agli occhi ci sembra veramente rivelatrice, per i nostri lettori, una pagina del Guarda, che perciò riportiamo quasi per intero:
«... la pubblicità televisiva in Italia ha sei anni, e in questi sei anni si è imposta al pubblico – Carosello è la rubrica seguita dal maggior numero di telespettatori in assoluto – sia ai propri utenti, i quali ormai sanno che una campagna pubblicitaria senza la TV è, in partenza, una campagna fallita.
«Le rubriche della pubblicità televisiva, e in particolare Carosello, costituiscono un appuntamento, una sosta consueta nella routine dell’esistenza quotidiana per decine di migliaia di famiglie. Per i bambini il divieto di vedere Carosello è la punizione più temuta. I divi della TV commerciale, siano essi attori o pupazzi o disegni animati... sono popolari quanto quelli del cinema e dello sport. Le battute, le musichette, gli atteggiamenti, le situazioni che costituiscono il fragile tessuto connettivo delle varie scenette, contrappuntano la giornata dei più giovani tra i telespettatori. Da titolo, Carosello si è trasformato in aggettivo ed è divenuto sinonimo di short pubblicitario.
«Superato brillantemente il problema di imporre agli spettatori la pubblicità televisiva, ora rimangono altri due grossi problemi da risolvere... che diventeranno sempre più ardui, via via che il boom economico consentirà ad un maggior numero di aziende di aspirare alla pubblicità televisiva. Il primo problema riguarda gli utenti..., e consiste nell’ottenere del “tempo” nelle rubriche televisive commerciali. Le prenotazioni si fanno con enorme anticipo sulla data di trasmissione, e la coda degli aspiranti è sempre più lunga. Ottenere un “turno” è divenuto un vero e proprio privilegio, che gioca non tanto sulla potenza economica di questo o quell’aspirante utente, quanto sul prestigio di cui godono determinate agenzie pubblicitarie.
«Il secondo problema riguarda le agenzie pubblicitarie e le case di produzione specializzate, e consiste nella crescente difficoltà di offrire agli utenti (e alla RAI, la quale esercita una vera e propria supervisione) delle idee non soltanto valide, ma soprattutto capaci di reggere la concorrenza. A quest’ultimo proposito risulterebbe che la pubblicità televisiva si trovi in un periodo piuttosto critico: scarseggerebbero uomini e idee. Un ultimo problema non meno serio riguarda la RAI, e consiste nel conflitto che essa sostiene con gli editori della stampa quotidiana e periodica, e con gli esponenti degli altri veicoli pubblicitari. Costoro sono convinti che la RAI, come azienda di Stato che gestisce la televisione (e la radio) in condizioni di monopolio, non potrebbe sottrarre all’iniziativa privata una grossa fetta degli investimenti pubblicitari: nel 1962, circa 20 miliardi di lire, su cento miliardi spesi complessivamente; vale a dire, la quinta parte...».
Dopo queste premesse, si resta pensierosi nello sfogliare le pagine che seguono, recanti la lista degli utenti della pubblicità televisiva, il numero di trasmissioni utilizzato da ciascuno e gli organismi pubblicitari internazionali (cinque) e nazionali (ben settanta!). E ci chiediamo: — Quanta parte della nostra vita non viene condizionata da questi persuasori più o meno occulti? In quale misura le «nostre» scelte rimangono effettivamente libere o non, piuttosto, imposte da massicci interessi economici, che, nella migliore delle ipotesi, poco o nulla hanno che fare con i valori culturali e morali? Un’umanità che, fin dalla prima infanzia, e poi su su negli anni, sino a quelli della vecchiaia, viene assuefatta con massicce dosi giornaliere di pubblicità massificante, come si comporterà nelle scelte autonome (?!), imperate ogni giorno dalla prassi democratica? Il continuo ricorrere della pubblicità ad una ristrettissima rosa di (pseudo) valori ed il continuo ignorarne altri (veri) e, ancora, la creazione sistematica di bisogni, proposti come assoluti e da sodisfare perentoriamente con l’acquisto di merci, tutto ciò mettendo in opera processi mentali non persuasivo-logici, inadatti alle immagini, ma suggestivo-patici, più adeguati al mezzo, insomma questo ormai onninvadente organismo, che sembra partire da premesse di servizio all’uomo, ma che, di fatto, tende a servirsi dell’uomo come mezzo a fini di mercato, come va giudicato? E come, eventualmente, va controllato, equilibrato, dimensionato?
Formare l’utente
ll volume a ciò non risponde, le altre cinque sue parti essendo quasi esclusivamente informativo-tecniche5. Ma sappiamo che la questione è avvertita già in sede giuridica, in una visione che congloba l’aspetto eminentemente pubblicistico in quello, più vasto e totale della TV, che è l’etico-sociale. Infatti, per merito del C.I.D.I.S. (Centro Internazionale di Studi Giuridici), per fa prima volta in Europa si sono affrontati in un Congresso ad hoc (Venezia: 17-20 ottobre 1962) i problemi giuridici, etici e sociali della televisione, costatando «la gravità delle questioni trattate» ritenendo «che detti problemi devono essere approfonditi e risolti nel piano internazionale, nell’osservanza dei principi di libertà e di rispetto della personalità, consacrati dalle costituzioni democratiche», ma altresì costatando che «la disciplina giuridica della radiotelevisione in alcuni Stati, compresa l’talia, non risulta conforme... alle esigenze etico-sociali in relazione al potenziale suggestivo delle trasmissioni», ed, infine, auspicando una «riforma organica e sistematica delle legislazioni sulla radiotelevisione, ispirata ai principi fondamentali e generali della libera espressione del pensiero, del rispetto della personalità e della tutela del buon costume, “nonché” l’attuazione di studi e di incontri a livello internazionale allo scopo di raggiungere una regolamentazione unitaria»6.
Ma, per essere attuata, la tutela giuridica dei diritti personali dei singoli e dei valori della collettività, insidiati dagli assalti o dalle circuizioni della TV, comporta lunghe indagini, seri studi, accordi e formulazioni, che richiedono tempo; la tutela, poi attuata con interventi censòri, sempre che sia possibile, rischia di diventare controproducente, non solo non salvando quel che dovrebbe salvare, bensì anche reclamizzando il dannoso, e gratificando gli organi giudiziari ed amministrativi con occasioni di dileggio pubblico, veramente superflue. In ogni caso, anche se ottimamente predisposta, la tutela giuridica diviene del tutto inefficiente là dove manchi l’interesse, da parte dell’esecutivo e della magistratura, ad applicarla, e da parte del cittadino, ad esigerne l’applicazione; e questo interesse certamente mancherà finché la TV sarà ritenuta un passatempo privo di pericoli da evitare e scarsa di vantaggi da conseguire, o, almeno, suscettibile, sì, degli uni e degli altri, ma in maniera sì ovvia o in misura sì scarsa da far ritenere all’utente che siano sufficienti, ad evitare i primi e ad assicurare i secondi, il comune buon senso e una normale attenzione. Infatti, non c’è utente che non si ritenga provvisto di buon senso e di normale attenzione.
La verità è che, prima e soprattutto, urge chiarire all’utente che la TV è ben altro che un semplice passatempo; quindi renderlo consapevole della situazione specifica nella quale egli, come utente, viene a trovarsi; infine, disporlo ed approntarlo ad usarne non passivamente, ma mediante scelte illuminate e responsabili. Ora, come e dove compiere questo triplice avviamento: culturale, morale-teorico ed educativo-pratico? – Ovviamente in corsi ad hoc, scolastici ed extrascolastici, di addestramento all’uso culturalmente e moralmente utile di tutti i moderni strumenti della comunicazione sociale, che, già nella vita di oggi e più in quella di domani, sono e saranno realtà ben più massicce ed invadenti di altre, all’uso delle quali ci prepara l’insegnamento corrente, scolastico o meno. Ma, purtroppo, anche in Italia, pochi ancora avvertono la necessità di questi corsi, pochissimi li organizzano, e quasi nessuno lo fa sistematicamente. Giocoforza è, dunque, ripiegare sulle poche pubblicazioni attendibili in argomento, vale a dire rispondenti insieme ad un minimo di serietà scientifica – eh, sì, checché se ne pensi, qui non basta il buon senso! – e di sensibilità morale.
A questo proposito ci pare che, nell’abbondante editoria francese, il volumetto di Jules Gritti: Télévision et conscience chrétienne7, può rendere ottimi servizi. Infatti, nellla prima parte: Au delà du petit écran, fornisce le indispensabili notizie tecniche, economiche, organizzative, politiche e produttive della TV, utili sia a rapportare ad un piano di concretezza quel tanto di fascinoso che, nei profani, s’accompagna, come a quello del cinema, anche al mondo della TV; e sia a mostrarne i meccanismi interni che condizionano qualità e quantità dei programmi. Nella seconda parte: L’écran donne à voir, enuclea e spiega ile caratteristiche della comunicazione televisiva in relazione al mezzo tecnico da cui dipende, nella sua duplice prestazione: di registratore-trasmettitore nello spazio e nel tempo, e di rappresentatore nella contemporaneità; quindi tocca delle relazioni tra la TV e gli altri mezzi e strumenti di espressione e di comunicazione (cinema, teatro, oratoria, libro...), e, finalmente, delle rubriche più caratteristiche dei programmi televisivi. Se l’interesse di questa parte è d’ordine prevalentemente culturale, quello della terza ed ultima parte, dal titolo: En-deçà du petit écran, è piuttosto di carattere pedagogico-apostolico; indirizza, infatti, figli e genitori al retto uso della TV, ed informa sugli organismi e sulle iniziative cattoliche in funzione di una presenza qualificata tanto nella produzione quanto nel consumo dei programmi.
Ben vengano, dunque, guide sicure come questo volumetto, pregi del quale sono l’accessibilità del discorso, che evita qualsiasi preziosismo tecnico, lo schietto spirito apostolico ed un simpatico ottimismo, col quale, pur riconoscendosi i pericoli dello strumento, tutta l’iniziazione viene indirizzata a far buon uso della TV, e non, secondo certe mentalità timorose, contro la TV. Ma, sotto questo rispetto, ha anche meglio meritato l’UNDA – Associazione Cattolica Internazionale per la Radio e la Televisione –, che nel 1957, riunitasi in assemblea generale a Ginevra, affidava alla propria Commissione Radio-TV e infanzia l’incarico di elaborare un codice degli educatori che utilizzano la TV; commissione che, riunitasi a Friburgo, sede del segretariato generale dell’UNDA, assolveva l’incarico redigendo appunto un TV: Code et commentaire à; l’usage des éducateurs, che recentemente, a cura del Centro Cattolico Televisivo, è uscito in veste italiana8.
Questo Codice, dopo un’introduzione: TV: finestra aperta sul mondo, dispone 34 norme in altrettanti capoversi, divisi nei cinque capitoli: 1) Norme imposte dall’età del fanciullo; 2) Norme per la durata dell’ascolto televisivo; 3) Condizioni ideali dell’ascolto televisivo; 4) Compiti dei genitori nell’ascolto televisivo; 5) Compito dei genitori di fronte ai programmisti della TV. Al testo del Codice seguono sette commenti, per la parte introduttoria – La Chiesa e le tecniche di diffusione – opera di E. Marny, professore di pedagogia nell’Università Cattolica di Lione, nelle altre parti, opera di L. Barbey, direttore dell’istituto di pedagogia presso fa stessa università e redattore del Codice stesso, nonché di K. Holzamer, professore di psicologia e pedagogia dell’Università di Magonza.
Se i titoli accademici dei redattori-commentatori garantiscono a priori la bontà del contenuto, la lettura diretta del volumetto costituisce una vera rivelazione, non solo per genitori ed educatori, ma per tutti, data la relativa novità dell’argomento e la rarità di specialisti capaci di trattarlo con la doppia preparazione, di cui sopra; ed una rivelazione tutt’affatto che “tranquilla”, perché alla scoperta di una realtà insospettata segue il salutare turbamento di un esame di coscienza circa la nostra condotta avanti alla TV, e circa la condotta da noi tenuta, o permessa, rispetto ai giovani a noi affidati; quindi un senso di acuta responsabilità.
Attivizzare l’utente
Benché la televisione, non diversamente dagli altri strumenti moderni – legata com’è a complessissimi fattori tecnici, a radicali e generali situazioni psicologiche ed a smisurati interessi economici e politici – si vada sviluppando e diffondendo con violenza, si direbbe, inarginabile, sarebbero seri guai per le sorti culturali e morali degli individui e delle collettività se i suoi recettori si comportassero con essa passivamente, come avanti ad eventi fatali, rispetto ai quali non resti altro che accettare, e – secondo i propri punti di vista – o rallegrandosene, o subendo indifferenti, o protestando. Si tratta, dunque, – una volta resi consapevoli gli utenti delle possibilità e dei pericoli dello strumento in quanto tale e nelle forme concrete che via via vada assumendo – di mobilitarli e di organizzarli, affinché mettano in opera quanto è in loro potere – che è molto più di quanto non, si creda! – per influire sulle qualità e quantità dei programmi: scopo, questo, assunto in Italia, da parte cattolica, dall’AIART (Associazione Italiana Ascoltatori Radiofonici e Telespettatori).
Almeno rispetto alla TV, la sua volontà d’intervento è stata, non si poteva più, tempestiva, essendosi costituita nel 1953, vale a dire nell’imminenza delle programmazioni TV in Italia. Suo fine costitutivo era «contribuire al miglioramento ed al progresso dei programmi radiofonici e televisivi italiani, mediante una partecipazione diretta degli ascoltatori nei confronti della Radio Italiana e della TV». Per il raggiungimento di questo fine, l’AIART si proponeva «di esercitare un continuo controllo e un costante giudizio sui programmi...; controllo effettuato preventivamente sulle proposte di programma presentate dalla RAI e dalla TV, e consuntivamente sui programmi realizzati»; perciò ogni membro dell’AIART si impegnava, «con la sua iscrizione, ad un ascolto assiduo e critico di trasmissioni... e di dare relazione al consiglio direttivo dell’Associazione dei suoi rilievi». Questi i lodevoli propositi, attuati con rinnovato fervore in questi ultimi anni9, e tardivamente emulati dalla parallela Associazione dei Radio e Teleabbonati (ART), di ubbidienza marxista-laicista, costituitasi nel maggio 196110. Ed oggi la competizione tra le due Associazioni è in atto. Da una parte l’AIART – rinnovati lo statuto, la presidenza e la sede – ormai «si propone di impostare i problemi, così teorici come pratici, connessi alle trasmissioni radiotelevisive, su un piano di studio, con lo scopo di riunire il maggior numero possibile di radioascoltatori e di telespettatori in un unico organismo, moralmente ben collaudato, ove le voci singole possano trasformarsi in voci collettive, ed i suggerimenti e le proteste in proposte concrete e documentate da rivolgere alla RAI senza paura di finire nel cestino»; mentre, da parte sua, la marxista-laicista ART asserisce: «Il rafforzamento organizzativo dell’Associazione Radioteleabbonati è la condizione necessaria perché possa assolvere alle sue funzioni e finalità peculiari, che sono quelle di favorire e rendere operante un controllo ed una iniziativa democratica, in cui si esprimano le volontà e le esigenze migliori dei radioteleabbonati».
L’Associazione ha quindi – commenta il capo-ufficio stampa Trasatti – tra le sue attività principali quella di raccogliere le proposte, le critiche e le osservazioni degli associati sui programmi radio-televisivi, di promuovere inchieste di opinione sull’argomento e quella di organizzare commissioni di esperti per lo studio dei problemi derivanti dall’influenza della radio e della televisione sui fanciulli, sugli adolescenti, sui giovani, sulla famiglia, negli ambienti rurali e, in genere, su quelli meno provveduti.
Fino a questo momento sono al lavoro due commissioni: quella dedicata all’influenza del video sui nostri ragazzi e quella dedicata alla posizione della donna di fronte ai problemi della radio e della TV. Presto si riunirà anche una commissione di studio che esaminerà il problema della radio e TV nelle zone in via di sviluppo. Ciò sta a dimostrare il particolare risalto che viene dato, in seno all’AIART, all’aspetto positivo della critica e delle proteste, il che si risolve in una costruttiva collaborazione del pubblico con l’ente radiotelevisivo, affinché il servizio offerto sia sempre più rispondente alle giuste esigenze del pubblico stesso.11
Parte essenziale e caratteristica sono le inchieste, che ormai tutta la stampa commenta e diffonde. Si tratta di sondaggi prevalentemente qualitativi, miranti a conoscere in profondo le motivazioni delle scelte e dei giudizi dei telespettatori, più che gli e indici», non sempre attendibili, dell’interesse delle trasmissioni. Frutti concreti di questi sondaggi sono una ventina di schede», pubblicate e diffuse nel 1963, sulle trasmissioni televisive di maggiore impegno, con giudizi, a dir la verità, non sempre lusinghieri da parte degli spettatori, ma anche non senza motivati riconoscimenti.
Seguono gli incontri ed i dibattiti a carattere nazionale sui problemi della Radio e Televisione. Nel dicembre 1962, infatti, l’AIART organizzava a Roma una Tavola Rotonda sui Diritti e doveri del cittadino nei confronti della RAI; l’11-13 maggio 1963 seguiva il 1° Congresso nazionale, sul tema La televisione nella vita italiana (di cui recentemente sono usciti gli Atti)12, che doveva suscitare ampie risonanze nazionali. Ma, «le relazioni e le discussioni del Congresso — si legge nella prefazione — non costituiscono un punto di arrivo, bensì l’avvio ad un dialogo impegnativo con quanti intendono collaborare con serenità d’intenti al vero bene dell’uomo, al quale questo mezzo è destinato». Vogliamo ben crederlo e ce lo auguriamo con tutto l’animo. Il ritardo con cui ci moviamo dovrebbe essere stimolo a dare più pronta e degna risposta alle consegne che, appunto dieci anni fa, Pio XII rivolgeva nella sua Esortazione agli Ordinari d’Italia sulla Televisione 13. Dopo aver esortato direttamente i membri dell’Episcopato al foro urgente dovere nel nuovo campo di attività, che allora si apriva alla loro missione pastorale, così egli sollecitava la presenza dei laici:
«Ci rivolgiamo ai laici stessi, che desideriamo vedere sempre più numerosi e compatti intorno ai loro pastori anche in questa santa crociata. Coloro specialmente che la Chiesa chiama nell’azione cattolica a fianco della gerarchia, comprendano la necessità di intraprendere opportune iniziative, per far sentire la loro presenza in questo campo, prima che sia troppo tardi. A nessuno è lecito contemplare inerte i rapidi sviluppi della televisione, quando si sa il potentissimo influsso che essa indubbiamente è in grado di esercitare sulla vita nazionale, sia nel promuovere il bene, come nel diffondere il male. Né, al verificarsi di eventuali abusi e degenerazioni, ai cattolici basterà di starsene semplicemente a deplorarli, quando invece sarà necessario additarli con segnalazioni ben precise e documentate, alle pubbliche autorità. Come non riconoscere, infatti, che una delle cause, forse non avvertita, ma non meno vera, del dilagare di tanta immoralità, non è data dalla mancanza di provvedimenti, ma dalla mancata o fiacca reazione degli onesti, i quali non hanno saputo denunciare tempestivamente le infrazioni contro Ja legge del buon costume?
Chi scorre lo Statuto dell’AIART vi ritrova echeggiate, quasi ad verbum, queste consegne del grande Pio XII, consegne che il Vaticano II ha fatte sue, integrandole, oltre che per la Radio e la Televisione, anche per tutti gli altri strumenti della comunicazione sociale, nel decreto Inter mirifica, solennemente approvato. Ai teleutenti onesti, dunque, l’invito ad arruolarsi per un apostolato così cattolico e personale, così democratico ed urgente.
1 Annuario RAI, Giugno 1963, Roma, Edizioni Rai Radiotelevisione Italiana, 1963, pp. 534.
2 Si tratta di dati quantitativi, ma non è difficile al lettore integrarli in quelli più qualitativi del fenomeno. Per esempio: del totale delle ore di trasmissione, il 45.5% va ai programmi ricreativi-culturali, il 22,6% ai programmi scolastici, il 26,7% a quelli informativi. Le ore di pubblicità in TV, in un anno sono state 103, usate da 241 inserzionisti: per il 23,19% di alimentari, il 15,86% di igiene e toeletta, l’11,13% di bevande, l’8,74% di dolciari, il 7,69% di detersivi.
3 TV LEXICON 1963, a cura di GUIDO GUARDA. Roma, The TV Lexicon International ltd., 1963, in-8°, pp. 566. L. 5.000.
4 Riferisce circa la polemica tragicomica seguita al «piccolo rifiuto» dell’attore Dario Fo in Canzonissima, da segnare nei (ne)fasti di certo costume morale e politico italiano.
5 Se non, forse, indirettamente e riguardo ad una situazione particolare, la Parte 8ª, contenente documentazioni sul «Rapporto Pilkington», elaborato per conto del Parlamento inglese (in vista della scadenza delle licenze di gestione alle reti televisive della BBC e della ITA), sulla TV a contatore e sui rapporti tra cinema e televisione.
6 Il tema generale ne è stato: Rilevanza etico sociale della radiotelevisione e limiti alla disponibilità di controllo. Ne riferiremo più particolareggiatamente non appena disporremo degli Atti, in corso di stampa.
7 Toulouse, Privat éditeur, 1963, pp. 158. Fa parte della collana Questions posées aux catholiques. L’autore, sulpiziano, dirige il seminario di Rodez. Naturalmente, nel volumetto, dati, esemplificazioni di programmi e proposte non escono dall’esperienza francese; tuttavia il metodo vi è ottimo.
8 TV: Codice e commento ad uso degli educatori, Roma, Centro Cattolico Televisivo, 1963, pp. 98. L. 250. La traduzione e la presentazione è di LUCIANO GUARALDO, direttore di Radiocorriere.
9 Cfr SERGIO TRASATTI, L’AIART: che cos’è; e come funziona (in L’Assistente Ecclesiastico, 1963, 4, p. 238 ss.), al quale ci documentiamo largamente. La sede dell’Associazione è a Roma, Via Federico Cesi 44. Presidente ne è il Sen. Giovanni Carrara; vice presidenti: Olga Barbieri ed Enrico Vinci.
10 Presidente ne è il sen. Ferruccio Parri; vice presidenti: Leopoldo Piccardi, Alberto Jacometti e Davide Lajolo. All’ART aderiscono naturalmente i circoli dell’ARCI (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana), marxista, e le «Case del popolo». Promosso dall’ART si svolgeva a Roma (10-11 febbr. 1962) un Convegno nazionale sulla televisione (cfr TV Lexicon 1963, cit., pp. 446, 135 e, per la relazione conclusiva del Convegno p. 156). Il volume Rai come pubblico servizio (Roma, Biblioteca dello Spettacolo, 1963, pp. 307. L. 1.500) ne raccoglie gli Atti, con appendice legislativa. Di essi l’osservazione più immediata che nel difendere la libertà e la democraticità della televisione contro la prepotenza del potere politico, non si fa mai verbo della Russia e colonie del suo impero, per l’ovvia ragione che non sta bene parlare di corda in casa dell’impiccato...
Sempre l’ART nel 1963 istituiva il Premio e Convegno «Città di Perugia» con lo scopo di «segnalare quella trasmissione televisiva che, nell’anno, a giudizio di una Giuria appositamente nominata, ha meglio contribuito alla formazione civile e culturale dello spettatore» E la stessa ART, sulla fine del ’63, elaborava un progetto di legge, da presentarsi al più presto alle Camere «per la democratizzazione della RAI-TV».
11 Come nota il prof. Orio Giacchi nella relazione, alla quale accenneremo subito, la RAI-TV in Italia subisce due controlli generali da parte dello Stato: «infatti, non soltanto ha la maggioranza delle sue azioni in possesso dell’IRI, ma, poiché esercita un esercizio pubblico ed in regime di concessione, è, come tale, sottoposto all’ulteriore controllo del Governo attraverso il Ministro delle Poste e Telecomunicazioni». A questi controlli generali se ne aggiungono altri due specifici: la Commissione Parlamentare, col compito limitato all’indipendenza politica ed alla obiettività delle informazioni, ed il Comitato di vigilanza governativo, e che ha per compito la determinazione delle direttive di massima culturali, artistiche, educative dei programmi di radiodiffusione circolare e la vigilanza della loro attuazione». Presidente ne è Bonaventura Tecchi; tra i membri rappresentanti di utenti privati vi prendono posto, per l’ART, Bruno Widmar, e per l’AIART il prof. Gabrio Lombardi.
12 La televisione nella vita italiana: Atti del Primo Congresso Nazionale dell’AIART, Roma, 1963, pp. 160. L. 500. – Nel volume, che si apre con l’introduzione al Congresso del sen. Giovanni Carrara, la posizione del telespettatore di fronte alla televisione è presa in esame sotto quattro distinti aspetti. Dapprima considerando gli effetti culturali di tale posizione (Relazione: TV e cultura, del prof. A. Ferrabino), poi quelli del costume (Relazione: TV e costume, del prof. P. Prini, preceduta da Inchieste AIART, della dott.ssa I. Magli), quindi le caratteristiche che differenziano il mezzo televisivo dagli altri strumenti della comunicazione sociale (ottima e documentata relazione del dott. A. Ciampi, sempre presente là dove si dibattono i problemi della cultura nel campo cattolico); infine la situazione è esaminata sotto il profilo giuridico, con particolare riguardo alla natura ed alla funzionalità dei controlli che la legge impone alla RAI-TV per far valere i giusti diritti del telespettatore (Relazione: Radio e TV nella legislazione italiana, del prof. Orio Giacchi, tanto giuridicamente fondata quanto cristianamente coraggiosa).
13 Documenti Pontifici sulla Radio e sulla Televisione, Città del Vaticano 1962, p. 269 (dove, purtroppo, il testo originale è riportato con inesattezze rilevanti).