Articolo estratto dal volume II del 1971 pubblicato su Google Libri.
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I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Ad un anno di distanza1, mette conto di riprendere il discorso sulle cine-video-cassette (=CVC), per concluderlo, almeno rispetto al tono profetico (o deprecatorio) che finora l’ha accompagnato in molta pubblicistica2. Perché, ormai, se si riprenderà il discorso sulle CVC, sarà per rilevarne fatti compiuti e programmi operativi.
Infatti le CVC sono già arrivate. L’abbiamo potuto costatare de visu al primo Marché International des Programmes et Equipements Video-cassettes et Video-disques (=VIDCA), svoltosi a Cannes dal 17 al 22 aprile di quest’anno. Nel rinnovato Palazzo dei Festival, 400 espositori di 25 paesi – Usa, Giappone ed Olanda in testa – e 1700 partecipanti vi hanno presentato e spiegato quanto l’industria offre in apparecchiature (Hardware) di registrazione e di riproduzione di immagini e suoni, e quanto offre in programmi (Software), incassettati o meno.
Anche se soltanto gli operatori del settore, ai quali questo primo VIDCA era principalmente rivolto, sono stati in grado di comprendere appieno gli aspetti tecnici ed economici connessi con i prodotti esposti, il visitatore aperto ai fenomeni socio-culturali della comunicazione in genere, ed in particolare dei mass media, ha potuto trarre sufficienti elementi per valide – ci sembra – considerazioni sull’avvenire immediato di questo nostro “Villaggio planetario” (l’espressione è del McLuhan), tutto e definitivamente avvolto dall’atmosfera audio-iconica, infittita dal medium novissimo.
Facciamo il punto tecnologico
Tanti prodotti esposti sollecitano innanzitutto rilievi di carattere tecnologico, vale a dire sui sistemi e materiali-base usati nella registrazione e riproduzione dei programmi. Sembra, infatti, che essi – una buona dozzina – si riducano a quattro principali.
Il primo sistema, a pellicola fotografica, adottato, per esempio, dall’americana CBS nell’EVR (= Electronic Video Recording), a prima vista sembra una variante del cinema tradizionale, ridottone al minimo l’ingombro della pellicola (siamo alle dimensioni del Super-8) e, conseguentemente, delle “cassette”3: di circa 18 cm di diametro per un’ora in bianco-nero, o per mezz’ora in colore. Sembra, ma non è. Perché la pellicola è, sì, fotografica, ma, intanto, non è perforata, ed è a grana finissima4, e, poi, non viene impressionata (immagini e suono) dalla luce, bensì, su fotogrammi appaiati, da fascetti di elettroni, nel vuoto, su “segnali” che possono provenire da una telecamera, da un nastro magnetico oppure da un film normale. La “proiezione” avviene collegando il player all’antenna di normali televisori.
Il secondo sistema, a nastro magnetico – adottato, per esempio, nel VCR (= Video Cassette Recording) dell’olandese Philips5, nella CTV (= Cartridge Television) dell’americana AVCO, e dalle Instavision, National e Video recorder delle giapponesi Toshiba, Matsushita e Sony – adopera nastro magnetico simile a quello dei correnti registratori per soli suoni. È il più semplice – si fa per dire! – e più agevole di tutti i sistemi finora proposti.
Il terzo sistema, ad ologrammi su nastro di plastica, è usato nella Selectavision (o PREVS = Pre Recorded Electron Video Scanning) dell’americana RCA. Tra tutti è il sistema più complesso. Parte da un normale film in 16 mm, che un raggio laser esplora trasportando i singoli fotogrammi in altrettanti ologrammi (= incisione integrale) su nastro di sostanza fotoresistente; il quale nastro, sviluppato in bagno alcalino e galvanizzato in nikel, fornisce il master (=matrice), da cui, per stampaggio in rotativa, si moltiplicano i nastri di plastica (vinile) pronti per l’uso: questi, infatti, a loro volta esplorati da un raggio laser, ricreano sul televisore, in bianco-nero o a colori – ed, in futuro, anche su tre dimensioni – il filmato originale.
Il quarto sistema registra e riproduce usando dischi di cloruro di polivinile, simili a quelli dei comuni sistemi sonori ad alta fedeltà; soltanto che i dischi girano, su cuscino d’aria, a 1.500 giri al minuto, perciò forniscono programmi per un massimo di cinque minuti a facciata. È adottato nell’Occhio di Leonardo, della giapponese Matsushita, e nella Teldec, della AEG-Telefunken di Francoforte e della Decca di Londra.
Questa varietà di sistemi – ai quali altri si affiancheranno, ancora in fase sperimentale o di ricerca6, ed altri certamente se ne aggiungeranno del tutto nuovi – dimostra che il sistema ideale ancora non è stato trovato. Chi vanta un pregio non può vantarne un altro; a cominciare dai costi. Per esempio, l’EVR, che finora ha dato i risultati più brillanti, è anche il più caro: sul mezzo milione di lire il player, sulle 25mila le cassette. Viceversa, i players dei sistemi su disco non superano le 200 mila lire; ma i dischi, rispetto agli altri supporti, come s’è visto, permettono programmi non superiori ai cinque minuti e – sempre a differenza degli altri sistemi, che permettono centinaia ed anche migliaia di passaggi –, sono più soggetti all’usura. A sua volta, la cassetta RCA costa una sciocchezza – sulle 3mila lire –; ma il player sfiora le 300mila. li sistema VCR vanta su tutti gli altri la possibilità di indefinite riutilizzazioni del supporto, la registrazione diretta di programmi televisivi o di riprese in proprio con telecamere, e quindi l’immediata ri-riproduzione su televisore; ma, a parte il costo del player (sulle 300mila) e delle cassette (sulle 12mila), a differenza di tutti gli altri sistemi, non permette l’immagine fissa.
* * *
In sintesi: si esce dal VIDCA con due convinzioni. La prima è che, tecnicamente parlando, le CVC sono un fatto compiuto: la pluralità dei sistemi lo prova ad abundantiam. Come avvenne sulla fine del secolo scorso per il cinema, quando l’invenzione dei Fratelli Lumière s’impose, per selezione naturale, su una mezza dozzina di altre più o meno coetanee, così oggi non resta che attendere che, tra gli Hardware, il o i più semplici e pratici vinca(no) sugli altri. Probabilmente, in un primo tempo, saranno i sistemi a nastro magnetico ad avere la meglio; per essere superati, in un secondo tempo, da quelli ad ologrammi; mentre – salvo impreviste innovazioni tecnologiche – incerto resta l’avvenire dei sistemi a dischi.
La seconda convinzione riguarda la resa tecnica. Per il bianconero (segnale di luminanza), le apparecchiature di codificazione e di decodificazione si possono considerare quasi perfette; ma non così per il colore (segnale di crominanza)7. Tuttavia, i rapidi progressi tecnologici ai quali ormai siamo assuefatti – stimolati, in questo caso, da una concorrenza a coltello tra le varie case e nazioni – autorizzano a tutto attendersi in un futuro, non prossimo, ma imminente8.
A quando il C-Day?
Trattandosi di primi modelli, costosi e rapidamente obsolescenti, finora l’acquisto ne è stato modesto, e quasi solo limitato a settori didattico-professionali, o ad hobbies di benestanti9: ma, senza dubbio, il boom delle CVC è vicino. C’è chi lo rimanda agli anni ’80. Altri, meno cauti (o meno allarmati?), l’anticipano al 1975. Personalmente non andremmo più in là del 1972-’73, gli anni, appunto, previsti da molte ditte per l’invasione dei mercati10.
Tra i fattori che tenteranno di ritardare il C-Day (= CassetteDay) – come viene detto – ci saranno le reazioni degli operatori economici di case editrici, enti televisivi, cinema ecc., che, a torto o a ragione, vedono nelle CVC temibili concorrenti11. Le avvisaglie già sono cominciate. Per esempio, la televisione, in USA, sta cercando di distrarre i potenziali “cassettisti” propagando, dopo la Tv a gettone, la filovisione: cioè la trasmissione di programmi-tv via-cavo, che, mediante un esiguo canone – 3mila lire al mese – assicura agli abbonati l’eccellente recezione, durante tutta la giornata, di una trentina di canali12. A loro volta i cinematografari, più minacciati, moltiplicano i convegni e decidono il boicottaggio dei propri film ai “cassettari”:
“L’assemblea degli esercenti ha deciso di chiedere a tutti i produttori e distributori di film che sia conservata all’esercizio cinematografico la priorità su ogni altro mezzo di diffusione audiovisiva. In particolare, gli esercenti chiedono alla FIAPF (= Fédération Internationale Associations Producteurs de Film) e alla FIDC (= Fédération Internationale Distributeurs Cinématographiques) di non cedere alle cinecassette, sia direttamente sia indirettamente, i loro film destinati al normale mercato cinematografico nei primi cinque anni di sfruttamento. L’assemblea ha infine invitato le associazioni aderenti dei vari paesi ad impegnare gli esercenti a non prendere a noleggio nessun film prodotto o distribuito da chiunque abbia fornito alle cinecassette un film destinato alle sale cinematografiche prima del quinto anno dalla data della sua presentazione al pubblico cinematografico”13.
Ma è una politica di vista corta, che ricorda quella seguita, nel secolo passato, dalle sartine e dai vetturini contro le macchine da cucire e le automobili. Se n’è persuasa l’inglese Associazione Esercenti Cinema (= CEA), che, pur aderendo alla ventilata moratoria dei cinque anni, ha proposto che siano le stesse sale cinematografiche a vendere le cassette, almeno dei film14. È la politica seguita anche dalle case editrici librarie, che, in un primo momento, si sono, sì, preoccupate della “difesa del libro”, ma poi hanno giudicato più pratico organizzarsi per la produzione e smercio delle CVC15; ed è la politica sulla quale verosimilmente, almeno come alternativa, ripiegheranno anche le televisioni, quella italiana – come vedremo – non esclusa. Sicché, in definitiva, se non proprio il cinema, saranno appunto l’editoria e la tv ad affrettare il C-Day, aiutando le CVC a risolvere i problemi tecnici ed economici che potrebbero ritardarlo.
I quali problemi sono principalmente due. Il primo, minore, è l’ancora scarsa diffusione della televisione a colori e l’incompatibilità dei sistemi finora adottati; perché è ovvio che il mercato stenterà ad acquistare CVC a colori finché potrà usarle soltanto su televisori in bianco-nero; oppure se le CVC fossero, poniamo, predisposte sul sistema francese SECAM, ed i televisori, invece, sul sistema tedesco PAL.
L’altro problema, più difficile, è quello dei programmi (Software) da registrare nelle cassette. Presumibilmente ne occorreranno migliaia e migliaia, in milioni di esemplari, per calmare, domani, la fame delle Hardware, come oggi ne occorrono migliaia e migliaia, in milioni di copie, per saziare i mangiadischi e i mangianastri. Se ne rendono bene conto le industrie interessate, che già fanno a scavalcarsi nella ricerca e nell’accaparramento di materiali comunque registrabili, investendo capitali da capogiro16.
Previsioni, timori, speranze
Che cosa ci daranno da vedere e da sentire le CVC? – È presto detto: “Tutto”. Reduci dalla lettura di 180 scritti in argomento, due studiosi ne sintetizzano le previsioni così17:
”È parere comune a tutti gli scritti da noi esaminati che l’avvenire delle CVC sia da vedere nelle categorie, qui sotto precisate, di programmi, beninteso in tempi e quantità diverse:
- informazione giornalistica (o settimanale, o quindicinale, o mensile) di cronaca (sportiva, nera, bianca) e per contenuti divulgativi (tecnica, hobbies, scienze, lettere);
- galatei e guide di vita (educare i figli, arredare, educare al sesso, mangiare, giocare);
- manualistica sui mestieri, scuola per corrispondenza, istruzione programmata;
- romanzi sceneggiati (gialli, amore, guerra, fantascienza, spionaggio);
- versione in immagine di testi da biblioteca (rari o costosi);
- musica leggera in forma di spettacoli, teatro musicale e di prosa leggera; recitals di poesie;
- esercizi di ginnastica, cure di bellezza e di forza;
- fumetti e romanzi di eros, violenza, viaggi;
- comizi, discorsi, riunioni politiche; resoconti di tavole rotonde, seminari, congressi diversi;
- sussidi didattici per tutte le materie e di tutti i gradi; schede di ricerca scolastica per tutte le materie; saggi documentaristici;
- programmi pubblicitari offerti, pubblicità diretta, campagne istituzionali, di promozione e di prestigio;
- aggiornamenti di opere enciclopediche scritte;
- varie forme di cinema: documentaristico, politico, sperimentale, amatoriale, ecc.”.
Questa globalità di contenuti e di prestazioni, unita alla loro duttilità d’uso, induce il sociologo a considerare la CVC, non come un nuovo medium tra i tanti, ma come un fattore determinante ed, insieme, una prova palese della generale evoluzione in atto nella comunicazione umana, e perciò anche della nostra cultura e civiltà. Con esse – collegate, s’intende, alle realizzazioni già raggiunte ed alle promesse della tecnologia elettronica dei computers e dei satelliti di telecomunicazione18 – inizia, forse, l’ultimo atto della rivoluzione avviata cinque secoli fa da Gutenberg con i caratteri mobili, ed esplosa in questo ultimo secolo con l’avvento degli strumenti di comunicazione sociale.
Questo è certo: che l’età degli strumenti di comunicazione quali noi li abbiamo conosciuti ed usati sta finendo. Stampa, cinema, radio e televisione si susseguirono ed accavallarono, nel tempo, come mass media più o meno autonomi nei propri modi di comunicare, differenziati nelle proprie prestazioni, rivaleggianti per la difesa o la conquista di mercati, spesso lasciando ai recettori esiguo o nullo spazio di scelte. Poi divennero sempre più interdipendenti e complementari, ed andarono riducendo le loro differenze interscambiandosi mezzi espressivi e prestazioni caratteristiche. Oggi il processo unificatore sembra avviato al suo termine. Si direbbe che le CVC vengano a completare la cultura-civiltà iconica, iniziata un secolo e mezzo fa con la fotografia e la litografia; cresciuta col cinema, prima muto e poi sonoro; maturata con la televisione; e che stampa, cinema, radio, televisione ed apparecchi registratori s’integrino in un medium unico: per una globale sovrabbondante comunicazione iconico-sonora, nella quale le convenzionali funzioni d’informazione, di formazione e di spettacolo non si distinguono più19.
Tutto e da tutti, ormai, potrà essere ricevuto (anche direttamente: via satelliti), registrato (in casa e fuori), conservato e ritrasmesso; nel televisore personale, magari tascabile, ed anche, contemporaneamente, su decine di televisori familiari o di convivenze (scuole, officine, alberghi, pensionati, ospedali...) collegati ad un unico player; usando cartucce che costeranno poco più di un rotocalco, in vendita o in noleggio (come i libri nelle biblioteche circolanti) presso librerie, negozi di dischi, supermarkets, l’edicola all’angolo, i distributori di benzina; e magari offerte gratuitamente da uffici pubblicitari, partiti, enti culturali, chiese. Anzi, potremo “montare” noi stessi le nostre CVC ad una specie di moviola (telemontaggio), direttamente collegati in terminale, via cavo o ponte radio, con depositi di “memorie”: cittadini, nazionali, orbitanti; oppure programmarci corsi didattici, serate, ecc. con l’aiuto di piccoli computers...
Per il molto di vero che la tesi del McLuhan ha – The Medium is a massage –, è una prospettiva quantitativa che coinvolgerà, più di quanto gli odierni media già non facciano, tutta la nostra vita culturale: individuale e sociale: tutte le sedi tradizionali dell’apprendimento e dell’educazione: famiglia, scuola, chiesa; e la stessa vita politica: nazionale ed internazionale. Una prospettiva, perciò, che non può essere ignorata da nessuno, per quanto riguarda la sua crescita umana e spirituale; tanto meno da quanti abbiano responsabilità nella difesa e promozione culturale e politica, morale e religiosa di altri. Ma non va ignorato neanche il contenuto delle CVC. È chiaro, infatti, che anche esse potranno essere, in tutti i sensi, polivalenti. Sussidi di istruzione scolastica, o giocattoli inutili; mezzi provvidenziali per l’educazione permanente generale o professionale, o perditempi; veicoli di informazione libera e liberante, o ulteriori strumenti di massificazione ideologica; rodaggio all’esercizio responsabile della propria libertà, o ulteriore condizionamento della civiltà dei consumi verso il marcusiano “uomo unidimensionale”; predicazione evangelica, o eccitamento all’odio e alla violenza; avvio a genuine esperienze artistiche e divertimenti ricreanti, o alimenti pornografici20.
Chi deciderà delle scelte? – Quanto si è verificato in passato, e si verifica al presente, nella stampa, cinema e radio-televisione non permette previsioni ottimistiche. Nei paesi “a regime”, ancora una volta decideranno, a senso unico, i partiti; negli altri, ancora una volta decideranno, secondo le esigenze (auto-create) di mercato, i grossi capitali. Tiranni gli uni e gli altri, non si sa quali più cinici, sulla pelle dei greggi, ideologici o consumistici. Soltanto che nei paesi capitalisti, almeno in teoria, resta la possibilità di produzioni alternative. Si tratta di non farla restare possibilità solo teorica. A questo scopo occorre l’intervento anche del potere pubblico.
Prospettive per l’Italia
Anche in Italia le CVC muovono le acque. Se ne interessano, ovviamente, operatori economici e culturali. Tra i primi: Zanussi e De Laurentis; tra i secondi: Mondadori, i Fratelli Fabbri e Rusconi; Paravia, la Domus. l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, il Centro Minerva Medica...21. Se ne interessano partiti politici e fondazioni (Agnelli); e se ne interessano enti pubblici; per esempio: il ministero dei Trasporti, che organizza un servizio di CVC nei treni di lusso; il ministero del Turismo e dello Spettacolo, che investe della materia un apposito comitato di studio; mentre dalla fase di studio a quella operativa pare che stiano per passare la RAI-TV, attraverso le società collegate ERI e SACIS22, e l’Ente Autonomo Gestione Cinema, il cui comitato di studio "Sulle moderne tecniche della comunicazione di massa” ha concluso i suoi lavori nel gennaio 197123.
Quali le funzioni, le speranze ed i limiti di questi interventi? Intanto è pacifico che
“ai tempi nostri, la complessità dei problemi obbliga i pubblici poteri ad intervenire più frequentemente in materia sociale, economica e culturale, per determinare le condizioni più favorevoli che permettano ai cittadini ed ai gruppi di perseguire più efficacemente, nella libertà, il bene completo dell’uomo”24;
ed altrettanto pacifico è che le CVC riguardano da vicino quello “sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica” che, secondo l’art. 9 della Costituzione, “la Repubblica promuove”. È ovvio, quindi, che lo Stato – come già s’interessa al teatro ed alla musica, ed in particolare s’interessa al cinema considerandolo “mezzo di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale”, nonché di rilevante “importanza economica ed industriale”25 –, possa e debba interessarsi anche alle CVC. Tuttavia, non contro “l’iniziativa economica privata e libera”, se non quando questa si svolgesse “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (Art. 41 Cost.); a completamento di “quelle iniziative che – benché siano di grande utilità, specialmente alla gioventù – non potrebbero essere realizzate da altri”26; in ogni caso, non imponendo una “sua” informazione, ma “difendendo e proteggendo – specialmente riguardo alla stampa – la vera e giusta libertà d’informazione, che è necessaria alla odierna società per il suo progresso” (ivi).
Dovrebbe, perciò, lo Stato rivolgere le sue attenzioni, prima e soprattutto, ai Software di contenuto ed a scopo didattico, per ogni ordine di scuole, da quelle materne a quelle universitarie, campo dove è dubbio che il capitale privato troverebbe mercati redditizi per programmi di eccellente livello scientifico e didattico. Nota il prof. Aldo Visalberghi27:
“Uno dei punti più delicati è costituito dal problema dei Software, cioè dei contenuti didattici, del nutrimento con cui alimentare delle macchine che devono servire l’uomo in rapporto a quei delicatissimi meccanismi che presiedono alla sua crescita culturale. È ben vero che in taluni casi il nutrimento delle macchine può essere apprestato dall’insegnante, o addirittura dagli stessi allievi; ma sono casi rari e che, comunque, implicano abilità pedagogiche eccezionali. In generale le nuove tecniche didattiche hanno bisogno di molto materiale, preparato in modo estremamente accurato e in gran parte anche organizzato in modo preciso, in sequenze di unità intervallate da apposite prove di controllo. Il costo di produzione di tale materiale è molto elevato e corrisponde ad un ammontare tra le 100 e le 200 ore di lavoro specialistico di esperti, in media, per ogni ora di utilizzazione didattica. Il problema economico si pone a questo livello, molto più che a quello delle apparecchiature”.
Tuttavia, già in questo settore scientifico-tecnico ed artistico – dato che “L’arte e la scienza sono libere, e libero ne è l’insegnamento” (Art. 33 Cost.) – è desiderabile che lo Stato non produca in proprio; preferisca, invece, sostenere con l’assistenza tecnica e opportune previdenze, anche creditizie, l’iniziativa privata. La produzione in proprio, poi, da parte dello Stato sarebbe difficilmente giustificabile ed, anzi, socialmente pericolosa, qualora si estendesse a programmi culturali o, peggio, d’informazione giornalistica. Anche nel caso di enti pubblici, quali la RAI-TV e l’Ente Gestione Cinema – a parte i dubbi che qualcuno potrebbe avere sui titoli del loro intervento in materia28 –, la produzione in proprio di CVC, pur legittimata dalla necessità di opporre un’alternativa culturale a produzioni concepite sostanzialmente come bene di consumo può facilmente degenerare – quanto è avvenuto per il cinema insegni – in “cultura di Stato”, ideologia: di partiti, o di correnti di partito.
L’obiezione viene mossa pure in campo marxista, anche se per proporre soluzioni inequivocabilmente orientate. Scrive U. Rosso (art. cit.):
“II tema principale è quello del condizionamento di larghi strati popolari causato dall’estendersi dell’informazione eterodiretta, il che vuol dire mettere in primo piano il problema della libertà e dell’uguaglianza dell’informazione. La struttura stessa delle CVC ne farà un tipico strumento dei tradizionali centri di potere [...]; non si devono chiudere gli occhi avanti al pericolo. Ci si deve battere affinché i pubblici poteri, i soli in grado di fronteggiare e limitare il dilagare dell’’inquinamento dell’opinione pubblica’ [per dirla col compagno Longo], predispongano gli strumenti legislativi e tecnici e che siano costituiti, anche nel settore delle CVC, spazi liberi in cui possano confrontarsi tendenze e ideologie, riflettersi le istanze di una società in trasformazione”.
Concorda G. De Luca, che sull’Unità; (3 genn. 1971) scrive:
“Scarsa utilità può essere intravista nelle CVC se prima non viene modificata la natura della fonte da cui parte l’informazione, ed indirettamente la possibilità di costruire CVC. E la modificazione della fonte è squisitamente politica, realizzabile cioè attraverso un ribaltamento della struttura socio-politica sui cui si innestano i processi di scelta e selezione delle informazioni, ed attraverso una gestione sociale, nel senso della partecipazione popolare, della fonte, e non privatistica e monopolistica, come accade tuttora”.
Esplicita, in proposito, è la proposta di legge sull’attività e disciplina dell’Ente Gestione Cinema, presentata da nove deputati del PCI il 15 marzo 1971, contenente modifiche ed integrazioni alla legge n. 1330, del 2 dic. 1961. Commentandola alla stampa, l’on. Giorgio Napolitano ha detto:29
“La nostra proposta è tutta tesa a fare delle società statali un perno strutturale della cinematografia italiana [...] Non alludiamo soltanto alla realizzazione di film artisticamente impegnativi e a una più stretta collaborazione fra cinema e TV, ma riaffermiamo l’esigenza che lo Stato sia coinvolto nel ramo delle CVC, e che, su larga scala, si proceda alla produzione di cine-enciclopedie, cine-manuali pedagogici, cine-monografie di argomento storico e scientifico, ecc.”.
* * *
Piuttosto, l’attenzione dello Stato dovrebbe dirigersi ed impegnarsi su di un settore che viene ignorato in tutti i progetti, statali o meno, ed in tutta la stampa: quello della sensibilizzazione dei recettori alla problematica culturale e sociale delle CVC, che viene ad integrare quella generale dei mass media; e quello della iniziazione degli stessi all’uso umanamente arricchente di esse. Sensibilizzazione ed iniziazione che dovrebbe essere compito primario dell’insegnamento ed educazione scolastici, oggi anche mediante quegli strumenti provvidenziali che sono le CVC30.
1 E. BARAGLl, Arrivano le video-cassette (Civ. Catt. 1970 II 59 ss).
2 Ricordiamo, tra i più recenti, i seguenti scritti di anonimi o in collaborazione: The Videocassettes: The Systems, The Market, The Future (Beverly Hills, USA, 1970); A New Medium and a Lot of Messages (in Newsweek, 10 ag. 1970); Il futuro delle videocassette, Tavola rotonda de Il Tempo: Milano ag. 1970 (resoconto in Il Tempo, 2 ag. 1970); I giganti si alleano (in Il mondo, 11 ott. 1970); I padroni delle nostre Immagini (in Astrolabio, 1º nov. 1970); La scatola delle nostre serate (in Il Mondo, 25 ott. 1970).
Ricordiamo inoltre: F. ALBANESE, Videocassette di stato (in Lo specchio, 29 nov. 1970); F. ALBERONI, Appunti sulla evoluzione del mercato cinematografico (in Bianco e nero, 1970, n. 10, 6 ss.); E. BARAGLI, Un terremoto: le video-cassette (in Incontri, 1970, n. 2); Nuove tecniche di registrazione riproduzione e ritrasmissione delle informazioni audiovisive: le videocassette (in Informazione Radio-TV, 1970, nn. 6-7, 21-37); A. BELLOTTO – C. CORSI, Dove portano le cine-video-cassette (in SIPRA, 1971, n. 1, 62 ss., dove si sintetizzano le costanti di 180 scritti in argomento); F. FORMOSA, Il punto sulle videocassette (in Il dramma, ott. 1970); G. GAMALERI, La videocassetta alle porte (in Il Popolo, 10, 16 e 18 febbr. 1971); Videocassette strumento di sviluppo culturale (ivi, 6 apr. 1971); D. GUERRIERI, A Cannes il boom delle videocassette (in Giornale dello spettacolo, 31 apr. 1971); R. LA BORDERIE, Dall’informazione alla comunione, (in Il Popolo, 14 nov. 1970); P. REVELLO, La 10.ma Didacta (in Audiovisivi, 1970, n. 6, 22); U. ROSSI, Perché le cartucce non sparano ancora (in Rinascita, 12 mar. 1971); F. VENTURINI, Le caratteristiche industriali delle videocassette (in Giornale dello spettacolo, 20 e 27 marzo, 3, 10, 17 e 24 apr. 1971).
3 Da qualche parte si è proposto di chiamarle sinteticamente Visette, e, in rima con juke-box, di chiamare Videobox il player. Anzi, sulla scia del fortunato “Metti un tigre nel motore”, si è proposto lo slogan pubblicitario: “Metti una Visette nel Videobox”.
4 È noto che la normale pellicola fotografica tanto è meno sensibile quanto più fine ne sia la grana dell’emulsione. Perciò questo sistema è possibile in quanto usa pellicola, insieme, sensibilissima ed a grana finissima, tanto da permettere un’ottima definizione anche in fotogrammi microscopici, di millimetri 2,2 x 3,5.
5 Sistema e sigla sono comuni a molte ditte europee, quali, per esempio, le tedesche AEG-Telefunken, Blaupunkt e Grundig, e l’italiana Zanussi.
6 Per esempio: altri sistemi di dischi, magnetici, oppure fotografici più laser (così la 3M-Minnesota), o l’accoppiamento di film convenzionali col televisore (l’inglese Vidicord)...
7 Questo, del resto, vale anche per la televisione in diretta, tanto nel sistema tedesco PAL quanto in quello francese SECAM: dove una resa appena soddisfacente si rileva, sì e no, nei colori compìti dei disegni animati.
8 Notizie recenti segnalano sempre nuovi progressi tecnologici sotto la spinta della concorrenza. Per esempio, nel settore cinema: la ricerca di pellicola senza argento, di basso costo; oppure di pellicola sensibile agli elettroni, cancellabile e rifilmabile a piacere; di cineprese che sviluppano all’interno la pellicola come nelle ocmuni Polaroid; il lancio sui mercati di cineprese Super-8 interamente di plastica, obiettivi compresi, per meno di 10.000 mila lire. Per le video-tapes a sistema magnetico: aumenti di sensibilità delle telecamere, sì da rendere possibile la registrazione anche a lume di luna. Sino ad oggi, nei tentativi di superare le difficoltà riguardanti la rapida moltiplicazione delle copie, si era arrivati già a ridurre il tempo ad un quinto di quello reale di registrazione-riproduzione, ma l’americana Memorex promette già la “stampa” – immagine-colore e suono – di un nastro (master) di mezz’ora, in soli 18 secondi!
9 Si parla però già di 30.000 mila players per cassette venduti in Giappone nel 1970, e di 1.500 scuole che ne sono provviste in Svezia... In quanto a previsioni, si afferma che entro cinque anni vi saranno in USA 30 milioni di utenti di CVC, e in Italia un milione e mezzo. Si apprende, inoltre, che giapponesi ed americani si stanno preparando a creare in Italia una catena di “minisalette” per la visione di CVC; da parte sua la RAI pensa di istituirne 40.000.
10 Per gli anni ’80 sta, esempio, Jack Valenti, presidente dell’americana MPEAA; ma opportunamente il presidente dell’italiana ANICA, E. MONACO, osserva: “Non mi sembra azzardato prevedere che una grossa massiccia concorrenza allo spettacolo cinematografico sia imminente. Ma è anche vero che i progressi della scienza sono estremamente rapidi. Quindi anche i 10 o 12 anni di Jack Valenti paiono decisamente troppi. È assai probabile che già verso la metà degli anni ’70, televisione e spettacolo cinematografico dovranno fare i conti con un concorrente, che a quell’epoca sarà già diventato assai forte e pericoloso” (Cinema d’oggi, 1970, n. 41).
11 Timori speranze e proposte al Colloquio internazionale Video-cassette presso il XXII MIFED (Milano 28-30 ott. 1970), dove si notò la presenza di un rabbino (J. Eisenberg), di un lama buddista (G. J. Sange Ati) e di un monsignore (E. Pisoni). Cfr, in Cinema d’oggi, 1970, n. 41, i due interventi di E. MONACO (L’industria cinematografica internazionale e le videocassette), e di M. FERRARA SANTAMARIA (Riflessi giuridici). Cfr anche, in Giornale dello spettacolo, 7 nov. 1970, l’intervento stroncatorio di F. DE LUCA.
Mentre andiamo in macchina, riceviamo dal MIFED il volume Secondo Colloquio Internazionale Videocassette e loro impiego (editore l’Ente Autonomo della Fiera di Milano, 1971, 519. L. 6.000) con gli Atti completi del Colloquio, in italiano francese e inglese.
12 Detta CATV (= Community Antenna TV), conta in USA già 2 milioni di abbonati.
13 Mozione approvata all’unanimità nella riunione degli esercenti (UIEC) a Vienna (2 apr. 1970). A sua volta, il Consiglio direttivo della FIAD, riunito a Madrid il 3-4 nov. 1970, si chiudeva “raccomandando a tutti i distributori aderenti – cioè, in pratica, a tutta la distribuzione europea – di prendere tutte le misure necessarie per proteggere i loro diritti ed interessi dalle conseguenze del sempre crescente sviluppo dell’impiego dei film attraverso i nuovi audiovisivi”. – Più recentemente, allo stesso scopo, presso l’UNESCO (Parigi 26 febbr. 1971), la FIAPF s’incontrava con i fabbricanti di CVC, ed a Zurigo (18-19 marzo 1971) s’incontravano le associazioni internazionali cinematografiche UIEC e FIDC.
14 Ma c’è una ragione, ed è che l’esercizio inglese è quasi tutto nelle mani di due organizzazioni interessate al mercato delle “In via generale — scrive J. McGregor su Today’s cinema — la cassetta dovrebbe essere ormai considerata dall’esercente come un naturale prolungamento dello spettacolo in sala. Quando un cinema proietta un film dovrebbe dare allo spettatore la possibilità di scegliere fra l’acquisto del biglietto o l’acquisto della cassetta. Molti spettatori che sono restii, o addirittura impossibilitati, a venire al cinema (vecchi, malati, madri con bambini da sorvegliare ecc.) avrebbero così la possibilità di vedersi il film in casa. Si tratterebbe — precisa McGregor — di realizzare delle cassette che, mediante speciali e facili accorgimenti tecnici, possano essere utilizzate una sola volta e non possano essere ri-registrate su nastro. Quando il distributore invia all’esercente la copia del film da proiettare in sala, invia anche un certo numero di cassette (contenenti lo stesso film, s’intende), che verrebbero vendute, una per volta, solo a chi acquista, poniamo, due biglietti. Una volta “smontato” il film, la cassette invendute verrebbero restituite al distributore”.
15 Anche a questo scopo, nel febbraio 1971, sei grandi editrici europee si sono associate in una potente International publishers’ Audiovisual Association, con sede a Zurigo. Ne fanno parte: l’italiana Mondadori (Presidente), la svedese Bonnier, la tedesca Bertelsmann, la svizzera Rencontre, la francese Hachette, l’olandese VNU (Verenigde Nederlandse Uitgeversbedrijven).
16 Si parla di 34 miliardi di lire stanziati in Giappone, soltanto per i primi cinque anni; di un miliardo di dollari in USA, di cui 50 milioni della sola RCA...
17 A. BELLOTTO – CL. CORSI, art. cit.
18 Scrive PAUL LEGLISE (Verso la libera circolazione internazionale dei film, Roma, RAI, 1970, 3): “Tutte le nazioni saranno soggette, in un avvenire più o meno prossimo, a una profonda revisione dovuta ai rapidi progressi tecnici dei satelliti di telecomunicazione. La fase dei satelliti per la trasmissione da punto a punto è già in piena attività. Quella dei satelliti di distribuzione è tecnicamente realizzabile, e la sua utilizzazione è prevista nei prossimi tre o cinque anni. I satelliti di radiodiffusione diretta (invio diretto di immagini televisive, o di facsimili, agli apparecchi individuali) molto probabilmente non saranno utilizzabili prima di 10 o 15 anni; ma il lancio di un satellite di questo tipo è previsto, nel piano tecnico, intorno al 1973. Quest’ultimo tipo di satellite rivoluzionerà le formule attuali di circolazione internazionale dei film, ed anche i procedimenti di utilizzazione: ricezione diretta nelle scuole e senza dubbio anche, perché bisogna pensarci fin d’ora, sui grandi schermi di nuove sale cinematografiche. E i problemi da risolvere saranno parecchi, di natura al tempo stesso politica, tecnica, economica, amministrativa, giuridica, culturale...”.
A proposito di globalità di mercato e di media, cfr anche A. ALBERONI, art. cit., 6 ss.
19 Tra l’altro, con le CVC, cade uno degli argomenti usati dagli apocalittici in difesa della “vera cultura” del libro, contro la midcult dei mass media; infatti, con esse, non solo sarà possibile conservare e leggere i libri, ma pure le immagini “restano”, e ne sarà possibile la rilettura, anche in tempi rallentati o accelerati.
20 Sì, pure questo va tenuto presente; ma sarebbe un errore ridurre a questo pericolo tutta la problematica delle CVC, e perciò anche le eventuali misure di difesa. – A questo proposito, nel nov. 1970, l’on. Usvardi, sottosegretario al ministero del Turismo e dello Spettacolo, affermava, in Parlamento, che le CVC erano “una vera rivoluzione: dinamite, che metterà a soqquadro la vita di molte famiglie più di quanto abbia fatto fino ad oggi la TV della RAI, il mangiadischi, la filodiffusione o l’impianto stereofonico”; e proseguiva, allarmatissimo: “Sapete che cosa mi hanno confidato a Torino i tecnici della Sony giapponese? Mi hanno detto che la prima grossa ondata di CVC a Tokio, Osaka e Nagasaki aveva un solo punto di riferimento: la pornografia. In Giappone non esiste il problema della censura. Ne hanno vendute 800.000 mila in tre giorni. Per l’Italia quindi è evidente che si pongono subito seri problemi. Le società più in vista, come la Domus, la Mondadori e la Rusconi, non si metteranno certo a produrre CVC pornografiche, ma siamo degli illusi se crediamo che il mercato resterà isolato su questi canali. Nel giro di pochi mesi, sulla falsariga di quanto già si fa nell’editoria pornografica, che oggi conta complessivamente su circa 4 milioni e mezzo di copie vendute, assisteremo ad una tumultuosa fioritura di iniziative. Poi la merce di contrabbando proveniente dalla Svezia, dal Giappone e chissà da dove” (Giornale dello spettacolo, 21 nov. 1970).
21 Non si hanno notizie di iniziative concrete, culturali o religiose, in campo cattolico. Per l’iniziativa VOX, dell’editore Barbati, di Modena, cfr Civ. Catt. 1970.
22 Al MIFED-1970, di cui sopra, il dott Massimo Rendina, amministratore delegato delle ERI, ha dato ufficialmente la notizia che la RAI-TV produrrà e distribuirà programmi in CVC..., con lo scopo di istituire un servizio per la comunità. In particolare, il dott. Rendina ha detto che la SACIS istituirà un servizio di consulenza e di documentazione a disposizione di tutti, mentre le ERI pensano di servire soprattutto la scuola. In questo àmbito sta preparando, tra l’altro, una collaborazione con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, un’Enciclopedia Treccani – non a scopo di lucro – in videocassette e videodischi. Avverso all’iniziativa della RAI, cfr F. ALBANESE, art. cit.
23 Il Rapporto, riservato, è stato approvato con delibera del 9 febbr. 1971. Per la Relazione del direttore generale Emilio Lonero, i componenti del Comitato ed il primo verbale, cfr Cinema Italiano, 1970, n. 4.
24 Gaudium et spes, n. 75.
25 Legge 1213, del 4 nov. 1965: Nuovo ordinamento dei provvedimenti a favore della cinematografia, Art. 1.
26 Inter mirifica, 12.
27 In G. GAMALERl, art. cit., 6 apr. 1971.
28 Per la RAI-TV, il direttore generale Rendina, nel cit. MIFED-1970 ha precisato: “La RAl s’interessa vivamente al problema, dal punto di vista sia tecnico e sia produttivo [...]. Essa, però, non intende assolutamente agire in proprio nella produzione e nella distribuzione di programmi [...] Incaricate del settore sono la ERI e la SACIS”. Ma la ERI (Edizioni Radiotelevisive Italiane) e la SACIS (Società per Azioni Commerciale Iniziative Spettacolo) sono società praticamente gestite dalla RAI, detenendovi essa la maggioranza delle azioni.
Per l’Ente Gestione Cinema, il titolo ad interessarsi alle CVC si rifarebbe agli Artt. 1 dello Statuto (del 7 maggio 1958), e 4 della Legge n. 1330 (del 2 aprile 1961), secondo i quali l’Ente “provvede a gestire le partecipazioni statali nel settore del cinematografo che verranno determinate e ad esso trasferite per legge”, e “potrà costituire società per azioni aventi per oggetto l’esercizio dell’industria cinematografica e delle attività connesse, assumere partecipazioni in società aventi il medesimo oggetto...”. Ma le CVC si possono ridurre (prevalentemente) a cinema?
Per la questione: cfr C. BODO, L’intervento dello Stato nell’organizzazione della cultura in Italia, in Politica culturale? (Bologna 1970, 194 ss.).
29 Cfr M. LA FERLA, in Vita. 10 apr. 1971; dove l’articolista commenta: “Non c’è bisogno di essere cremlinologi per capire a volo che una cinematografia siffatta assomiglierebbe a quella jugoslava, polacca, cecosìovacca, russa, ungherese, eccetera”.
30 Sulla scia di quanto, già nel 1932, notava (esagerando) Brecht – “di invenzioni fatte e perfezionate solo per affermarsi sul mercato, e giustificare così la loro esistenza, invenzioni di cui nessuno ha bisogno”-, O.E. ZIMMER nota (in Die Zeit, cit. da F. FORTUNA, art. cit.): “Non vi è ormai alcun dubbio che il nuovo mezzo audiovisivo andrà avanti incontrollato, un frutto del capitalismo, non richiesto da alcuna ragionevole necessità sociale. Ma, poiché è tecnicamente realizzabile ed è sfruttabile commercialmente, esso un giorno esisterà. Studiato ed elaborato contemporaneamente in luoghi diversi, e per, lo più in modo superfluo, perché soltanto poche delle soluzioni proposte saranno poi realizzate, il suo potenziale di formazione mentale non può essere influenzato o controllato più di quanto non lo sia la vendita dei libri, dei giornali o dei dischi: e cioè in modo limitato e difficile, e magari quando sarà troppo tardi. Tuttavia, è proprio del sistema produrre un tale mezzo... Ma a che scopo? A questa domanda non c’è risposta? Spetterà al pubblico, poi, attribuire al prodotto che avrà a disposizione tutto il significato possibile”.