NOTE
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1 Così Il Giorno (Milano 1967, n. 42): Occhiello: «Una nuova, interessante esperienza didattico pedagogica» Titolo: «Si gira sul set della terza. elementare» Sommario: «Nove bambini di Bosisio Parini hanno realizzato un film che costituirà buon materiale di studio a quanti sf preoccupano della percezione a livello infantile e dello sviluppo mentale dei giovani» E così il Corriere della Sera (Milano, 3 nov. 1967): Occhiello: «Un interessante esperimento psicopedagogico» Titolo: «Un film ideato e girato da nove bambini del Comasco»; Sommario: «I piccoli attori-sceneggiatori sono ospiti dell’istituzione “La nostra famiglia”. Dieci mesi di lavoro. Numerose autorità italiane e straniere hanno assistito alla proiezione cinematografica».

2 La sigla «Centro Studi Cinematografici» venne creata nel 1961, e con tale ragione sociale nello stesso anno il Centro, con atto notarile, si costituì in organismo nazionale. Nel 1966 venne riconosciuto dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo, ai sensi della Logge del 4 nov. 1965, n. 1213.

3 Ne detti tempestiva notizia segnalando la Collana Ligel in Civ. Catt. 1959, IV, 635; 1961, I, 293, cosi concludendo quella presentazione: «Per essere il primo tentativo organico del genere, queste pubblicazioni costituiscono un legittimo vanto culturale ed apostolico dei cattolici francesi. Ci auguriamo che la scuola cattolica italiana non si rassegni per troppo tempo a restare indietro». Che questa segnalazione abbia influito sui progetti del Centro Studi? Può essere. Di fatto, nel 1962-1963 il Centro Studi adottò, per la quarta e la quinta elementare, curandone la traduzione italiana, il testo di A. ROUDIER, Le language du cinéma.

4 Per più ampie informazioni sul Centro Studi Cinematografici cfr il Libro Bianco del settore educazione allo schermo, Pro manuscripto (Roma, sett. 1967). E per alcune sue pubblicazioni cfr Civ. Catt. 1964, II, 264; 1966, I, 330; 1967, III, 421. In questi giorni esce, degli autori CAMILLO BASCIALLI e LUCIA GAMBA, l’Album-sussidio per le elementari: Comunicare con le immagini, già sperimentato e perfezionato dal Centro Studi negli anni scolastici 1964-1965 e seguenti.

5 Segnalo, tra le altre, per le scuole statali, le due ottime esperienze condotte nel liceo scientifico di Matera, negli anni scolastici 1965-1966 e 1966-1967 (cfr Esperienze scolastiche, in Audiovisivi, 1967, n. 10, p. 55 ss.); e, per le scuole dipendenti dall’autorità ecclesiastica, i sette corsi scolastici svolti dallo Studio Romano della Comunicazione Sociale: di cui, cinque in scuole medie, inferiori e superiori, femminili di Roma, e due a Palermo; il primo per liceali ed il secondo per universitari; per complessivi 776 allievi.

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Articolo estratto dal volume I del 1968 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

Due giornali italiani di grossa tiratura pubblicavano recentemente, uno con un titolo su tre colonne, l’altro addirittura a piena pagina, un servizio «sensazionale»: nove bambini di terza elementare del Comasco avevano girato un film1. Bruno Munari, autore del primo, affermava apoditticamente «risultargli che è la prima volta che si fa un esperimento del genere»; meno baldanzoso, S.L., autore del secondo, notava: «Si tratta, se non proprio del primo, di uno dei primissimi esperimenti del genere in Italia».

Mi sia lecito ritenere che si tratta, invece, e nel primo e nel secondo autore, di carenza d’informazione. Infatti, per quanto riguarda l’estero, – specialmente in Inghilterra, Francia, Stati Uniti, Canadà, ecc. – il cosiddetto Film making da parte anche di bambini, sia nel quadro delle attività scolastiche, sia come attività del tempo libero, è tanto comune che non fa notizia. Riguardo all’Italia, poi, in fatto di primati c’è almeno un precedente: quello segnato dal cattolico Centro Studi Cinematografici.

Nato nel 1951 come movimento, per iniziativa del compianto don Giuseppe Gaffuri, e poi istituzionalizzato2, questo Centro sin dal 1959-’60 passò ad integrare l’educazione dei ragazzi al cinema nel quadro dell’insegnamento scolastico, attuando le prime esperienze nell’anno 1960-’61 in due classi elementari: una statale ed una ecclesiastica. E proprio gli alunni di quel primo corso, negli anni scolastici seguenti passarono ai primi esperimenti di Film making, prima (1961-’62) limitandosi alla fase, cosiddetta, letteraria del film – tema, soggetto, scaletta, sceneggiatura... – e poi passando a quella tecnica esecutiva, diciamo pure: scendendo sul set, con i primi filmetti a soggetto (1962-’63); vale a dire: girando e montando essi stessi i film: cosa, invece, che i bambini del Comasco non hanno fatto, la ripresa vera e propria del loro filmetto di sei minuti essendo stata eseguita dall’operatore Andrea Piccardo, della Cineteca Monte Olimpino. E, da allora, quest’attività nel Centro Studi Cinematografici, almeno nel settore milanese, è prassi corrente, non solo, ma i suoi giovanissimi cineasti hanno partecipato più volte al Concorso Decima Musa (S. Fedele, di Milano, e Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia), riportando più di un lusinghiero riconoscimento.

Tutto questo ho voluto precisare non per rivalsa campanilistica – personalmente ritengo che l’iniziativa divulgata dai due giornali sia degna di lode e di imitazione –, quanto per richiamare l’attenzione, anche a conforto dei molti piagnoni di casa nostra, su di un settore – quello dell’educazione allo schermo – in cui, grazie a Dio, i cattolici, una volta tanto, fanno da battistrada e non da retroguardia. Veramente in ciò l’Italia non è stata la prima. Il buon esempio ci è venuto dalla Francia, dove le Sessions Nationales d’Educateurs, negli anni 1955 e 1956 trattarono di come comporre in un piano organico l’uso saltuario ed empirico che del cinema si andava facendo nelle scuole cattoliche, e dove nel marzo 1957 il Segretariato generale della scuola libera cattolica all’unanimità decideva di introdurne l’insegnamento nei programmi di tutti gli istituti, previo approntamento dei relativi sussidi e testi3. E lo stesso decidevano, nell’ottobre 1959, gli insegnanti cattolici belgi.

Il Centro Studi, dunque, è arrivato buon terzo, col vantaggio però di aver allargato la sua attività nel campo scolastico ben oltre quelle dei colleghi d’oltr’Alpe. Infatti – per tacere quanto ha curato per la qualificazione specifica degli insegnanti – nel 1962-’63 portava l’educazione al cinema dalle medie inferiori alle medie superiori; l’anno seguente allargava i suoi interessi alla televisione, programmando ormai non più un’educazione al cinema, ma allo schermo, a cominciare fin dalla scuola materna; dopo il 1964-’65 passava dall’ambito quasi esclusivamente milanese ad un respiro nazionale, e finalmente nel 1966-’67 tentava il primo esperimento a livello universitario presso la facoltà di magistero Maria Assunta, in Roma4 Come se non bastasse, facendo tesoro delle esperienze fin qui raccolte, nel novembre scorso, a Firenze, ha dato l’avvio al Progetto SPESS (Sperimentazioni Parallele per l’Educazione allo Schermo nella Scuola):

«Nel suo ambito agirà, secondo linee coordinate, circa un centinaio di educatori-sperimentatori, dislocati in otto città di tutta Italia. L’anno scolastico 1967-1968 avrà come centro di interesse la terza classe elementare, la prima classe media inferiore, la prima classe dell’istituto magistrale; ma il progetto prevede, con successive fasi, e per gli anni successivi, di coprire lo spazio di tutte Ie classi scolastiche» (L’Osservatore Romano, 20-21 nov. 1967).

Questo primato nell’educazione allo schermo, segnato da cattolici, se, da una parte, motiva legittimi sensi di compiacimento, dall’altra ne sollecita altri non proprio festevoli. Per quanto, infatti, anche altre istituzioni, o continuino o si preparino ad attuare iniziative simili5, è ovvio che l’impreteribile impresa non può essere condotta a termine in modo sodisfacente da iniziative sporadiche a carattere privatistico, per quanto volenterose siano; ma occorre che la Scuola stessa, statale o non statale, se ne assuma in toto la responsabilità e l’onere, possibilmente allargando gli indirizzi formativi dallo «schermo» (cinematografico e televisivo) a tutti in blocco gli strumenti della comunicazione sociale, ed avvalendosi delle esperienze già maturate, specialmente in campo cattolico.

Le scuole ecclesiastiche, in particolare, oltre tutto, dovrebbero tener presente quanto in questa materia dispone tassativamente il Decreto conciliare Inter mirifica, là dove, premesso che «gli strumenti della comunicazione sociale sono a disposizione di recettori diversi per età e preparazione culturale», e perciò «il loro retto uso esige un’adatta e specifica formazione teorica e pratica», ordina che «nelle scuole cattoliche d’ogni grado siano favorite e largamente diffuse le iniziative atte a questo scopo».

A distanza di tre anni dalla sua approvazione e promulgazione, praticamente questa disposizione conciliare resta lettera morta. Le lodevolissime, ma scarse, iniziative prese qua e là da singole scuole dimostrano che l’insieme della scuola cattolica in Italia, almeno in questo settore, non ha ancora preso coscienza di questo problema, quando quella francese e belga l’ha, come s’è detto, quasi radicalmente risolto da almeno una decina d’anni.

1 Così Il Giorno (Milano 1967, n. 42): Occhiello: «Una nuova, interessante esperienza didattico pedagogica» Titolo: «Si gira sul set della terza. elementare» Sommario: «Nove bambini di Bosisio Parini hanno realizzato un film che costituirà buon materiale di studio a quanti sf preoccupano della percezione a livello infantile e dello sviluppo mentale dei giovani» E così il Corriere della Sera (Milano, 3 nov. 1967): Occhiello: «Un interessante esperimento psicopedagogico» Titolo: «Un film ideato e girato da nove bambini del Comasco»; Sommario: «I piccoli attori-sceneggiatori sono ospiti dell’istituzione “La nostra famiglia”. Dieci mesi di lavoro. Numerose autorità italiane e straniere hanno assistito alla proiezione cinematografica».

2 La sigla «Centro Studi Cinematografici» venne creata nel 1961, e con tale ragione sociale nello stesso anno il Centro, con atto notarile, si costituì in organismo nazionale. Nel 1966 venne riconosciuto dal Ministero del Turismo e dello Spettacolo, ai sensi della Logge del 4 nov. 1965, n. 1213.

3 Ne detti tempestiva notizia segnalando la Collana Ligel in Civ. Catt. 1959, IV, 635; 1961, I, 293, cosi concludendo quella presentazione: «Per essere il primo tentativo organico del genere, queste pubblicazioni costituiscono un legittimo vanto culturale ed apostolico dei cattolici francesi. Ci auguriamo che la scuola cattolica italiana non si rassegni per troppo tempo a restare indietro». Che questa segnalazione abbia influito sui progetti del Centro Studi? Può essere. Di fatto, nel 1962-1963 il Centro Studi adottò, per la quarta e la quinta elementare, curandone la traduzione italiana, il testo di A. ROUDIER, Le language du cinéma.

4 Per più ampie informazioni sul Centro Studi Cinematografici cfr il Libro Bianco del settore educazione allo schermo, Pro manuscripto (Roma, sett. 1967). E per alcune sue pubblicazioni cfr Civ. Catt. 1964, II, 264; 1966, I, 330; 1967, III, 421. In questi giorni esce, degli autori CAMILLO BASCIALLI e LUCIA GAMBA, l’Album-sussidio per le elementari: Comunicare con le immagini, già sperimentato e perfezionato dal Centro Studi negli anni scolastici 1964-1965 e seguenti.

5 Segnalo, tra le altre, per le scuole statali, le due ottime esperienze condotte nel liceo scientifico di Matera, negli anni scolastici 1965-1966 e 1966-1967 (cfr Esperienze scolastiche, in Audiovisivi, 1967, n. 10, p. 55 ss.); e, per le scuole dipendenti dall’autorità ecclesiastica, i sette corsi scolastici svolti dallo Studio Romano della Comunicazione Sociale: di cui, cinque in scuole medie, inferiori e superiori, femminili di Roma, e due a Palermo; il primo per liceali ed il secondo per universitari; per complessivi 776 allievi.

In argomento

Cultura - Scuola

n. 3363-3364, vol. III (1990), pp. 258-263
n. 3258, vol. I (1986), pp. 549-563
n. 3231, vol. I (1985), pp. 262-269
n. 3202, vol. IV (1983), pp. 362-368
n. 2917, vol. I (1972), pp. 30-39
n. 2856, vol. II (1969), pp. 576-580
n. 2827, vol. II (1968), pp. 58-66
n. 2744, vol. IV (1964), pp. 151-156
n. 2738, vol. III (1964), pp. 148-50
n. 2539, vol. II (1956), pp. 58-66
n. 2484, vol. IV (1953), pp. 694-697

In argomento

Mostre

n. 2830, vol. II (1968), pp. 358-364
n. 2815, vol. IV (1967), pp. 55-58
n. 2793, vol. IV (1966), pp. 263-268
vol. IV (1964), pp. 213-226
vol. III (1964), pp. 551-562
n. 2721, vol. IV (1963), pp. 234-247
n. 2691, vol. III (1962), pp. 232-245
n. 2576, vol. IV (1957), pp. 152-166
n. 2570, vol. III (1957), pp. 166-180
n. 2551, vol. IV (1956), pp. 49-62
n. 2528, vol. IV (1955), pp. 148-162
n. 2432, vol. IV (1951), pp. 141-151