NOTE
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1 Cfr Scuola e cinema scolastico in Francia, uno dei quattro quaderni didattici del Branca, di cui parleremo. Esso dà una visione generale di come sia organizzato l’insegnamento nella Repubblica Francese, della preparazione degli insegnanti e dell’introduzione di sussidi audiovisivi, e in specie del cinema, nell’insegnamento di Stato.

2 In massima parte proprio a queste sue numerose pubblicazioni ci rifacciamo per notizie e dati. Ma non sempre ne citiamo la fonte, anche quando ne riportiamo ad verbum frasi e periodi, per non appesantire un articolo che vuol essere di divulgazione e non di documentazione scientifica. In Italia, tra gli altri, scrissero di cinema didattico, prima del Branca: L. De Feo, A. Perna, L. Talamo e G. Calò; tra i più benemeriti che l’accompagnarono e lo seguirono ricordiamo: E. Fulchignoni, E. Tarroni, L. Volpicelli e A. Mura.

3 Frutto immediato di questa sua esperienza fu l’articolo Il cinema nella scuola, pubblicato nell’Annuario del R. Istituto Magistrale di Novara nel 1939, prima sua pubblicazione sul cinema didattico ed educativo.

4 Il tuo cinema, Torino, S.E.I., 1941, pp. 183 con 223 ill. f. t. Nel 1943 ne usciva la seconda edizione; aveva leggere modifiche, ma le illustrazioni aumentavano a centocinquanta. La terza edizione, rinnovata, usciva nel 1953. Chi oggi rilegge la prima edizione, anche nello stile e nel lessico vi avverte l’atmosfera di pionierismo; gli avvenimenti poi, che proprio in quegli anni accelerarono il volgersi disastroso delle sorti della patria, vi aggiungono una nota di tristezza.

5 Se ne veda il testo nell’opuscolo citato, a pp. 13, 15 ss.

6 Il cinema nella scuola italiana, Roma, Cineteca centrale, 1948, p. 94.

7 La scuola e il film, Rovigo, I.P.A.G., 1952, pp. 168. Riporta in gran parte quanto fu nel cit. Il problema del cinema didattico.

8 L’occasione di parlarne era stata fornita al Branca dai corsi di cultura cinematografica per gli studenti delle scuole medie superiori nell’anno scolastico 1952-1953, organizzati, con l’approvazione del Ministero della Pubblica Istruzione. a Roma, Napoli, Palermo, Siena, Sassari, Frosinone e Viterbo, ai quali egli partecipi, attivamente. A questo proposito egli così esprime il suo pensiero: «Il film, come opera d’arte, può e deve essere materia di studio. Si tratta di definire la natura figurativa e narrativa di quello che altra volta abbiamo chiamato “processo finale delle arti figurative”, intendendo con la parole finale non di chiudere definitivamente il libro della storia dell’arte, ma di vedere se in questo processo di sintesi il film non riveli la sua piena e vera natura di linguaggio espressivo e narrativo. Problemi, questi, degni tanto degli scolari del liceo classico, quanto degli insegnanti di letteratura e di quelli di storia dell’arte. Infatti, lo sviluppo narrativo del tema avviene per immagini, ma è evidente che queste immagini semoventi raccontano tutto prevalentemente attraverso simboli e forme che costituiscono la retorica del linguaggio filmico. Si aggiunga il colore (pittura), il rilievo (scultura), la scena (teatro), la colonna sonora (musica), e la tendenza costante del film che non è soltanto figurativa. ma anche narrativa. Spetta alla scuola il compito di esercitare la gioventù all’apprendimento grammaticale del nuovo linguaggio e allo studio, dunque, dell’arte nuova.
«In secondo luogo, interessa, da un punto di vista della psicologia generale, constatare (non essendo per il momento possibile il controllo) la reazione dei giovani di fronte alla visione di film presentati non più come spettacolo popolare e come novità, ma come opera da vedere e giudicare in ordine al posto che occupa storicamente nella evoluzione espressiva delle immagini semoventi.
«In terzo luogo (e questa a me pare nella società di oggi lo scopo principale) creare una coscienza cinematografica nella gioventù scolastica, cioè servirsi anche del film per la formazione degli scolari sotto la guida degli insegnanti, dando ad essi una capacità critica generale rispetto alle opere dello schermo. Qui veramente consiste la responsabilità pedagogica della scuola. La scuola risponde non di fronte a orientamenti polemici di teorie e discussioni o informazioni, ma concretamente di fronte a Dio, di fronte alla famiglia e di fronte allo Stato» (pp. 15-16).
L’argomento era stato già incignato dal Branca con La Scuola e il film come arte, Roma, Ars nova, 1951, pp. 16, ricco, tra l’altro, di proposte concrete.

9 La scuola e il film come arte, cit., p. 9.

10 Una manchette pubblicitaria lo presenta così: «Studioso e organizzatore, è lecito all’autore di Questioni del cinema, confermarvi, ampliandole, le sue idee di dieci e più anni fa, e che oggi stanno sempre più diventando patrimonio comune della cultura cinematografica italiana: altro è il cinema (storia di un progresso), altro è il film (storia estetica). Il cinema sarà sempre più in rilievo e a colori; La base estetica del film non è il montaggio, ma la luce, suo vero principio ricreativo; Il film è arte e processo finale delle arti figurative; Il cinema, e il suo prodotto, il film, nella scuola italiana sarà un nobile servo, mai un padrone commerciale e didattico; Il cinema è tale potenza morale e informativa che, inserendosi nella tradizione classica, produrrà il rinnovarsi dell’insegnamento. Questo è il primo libro di cinema illustrato esclusivamente da opere di arte, capolavori di pittura e scultura, e non da fotogrammi, in quanto l’A. afferma che il neorealismo non è che uno degli aspetti permanenti dell’arte italiana, a datare dal sec. IV a.C. (realismo etrusco), attraverso la miracolosa età dell’arte, proseguendo nel sei e settecento fino a tutto il sec. XIX».

11 Cinematografia scolastica: problemi tecnici, Roma, Biblioteca Nuovo Cinema, 1954, pp. 187. Oltre a R. Branca vi hanno collaborato gli ingegneri V. D’Alessio, L. Innamorati e P. Uccello. Scuola e cinema scolastico in Italia, Roma, Cineteca Ministero P. I., 1954, pp. 101.

12 Gianni de Tommasi (Bianco e Nero, 1949, n. 6, p. 64) gli rimprovera il termine scorretto: passo ridotto, proponendo quello corretto: formato ridotto.

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Articolo estratto dal volume II del 1956 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

«Là dove occorrerebbero cinque lezioni di un’ora per spiegare un argomento, lo stesso risultato può essere ottenuto, a mezzo della proiezione di un film, in non più di cinque minuti»; sicché «il cinema è indispensabile con scolari insufficienti, efficacissimo con scolari d’intelligenza media, non inutile coi migliori»: queste due affermazioni, benché dette da due americani – i proff. J. Sterling Livingstone, dell’Università di Harward, e Carleton Washburne – sembrano paradossi e non lo sono, perché poggiano su argomenti facili e persuasivi, tanto che, qualora fossero da tutti conosciuti, non si spiegherebbe come in Italia ci possano essere ancora docenti, organizzatori e dirigenti che del cinema scolastico o non s’interessano affatto o se ne interessano per combatterlo. Argomenti a priori, che suffragano l’introduzione del cinema nella scuola, ne fornisce la natura stessa del linguaggio cinematografico, il quale, rispetto a quello verbale, è più immediato (perché l’immagine in movimento è intuitiva), più rapido (perché fondato su una realtà figurativa che è sintesi di tempo e di spazio) e più facile (perché fondato sulla grammatica dell’evidenza); argomenti a posteriori li dà l’uso scolastico, fruttuosissimo, che del cinema da tempo fanno tutte le nazioni che dispongono dei mezzi occorrenti. In Francia, infatti, la cinematografia scolastica, nata nel 1906 e stabilita per legge nel 1915, conta oggi circa 10.000 proiettori scolastici, più di 1.500 film diversi, che circolano con una media di sette copie1. Nella Germania d’anteguerra si contavano 60.000 proiettori scolastici a passo ridotto, e si proiettavano film didattici stampati su carta cellofane. In Austria risultano esistenti novantasette cineteche scolastiche, che dispongono di 32.000 copie di film scolastici corrispondenti a quattrocento soggetti, i quali vengono proiettati da 2.660 proiettori a formato ridotto 16 mm. Nel Belgio, nel Lussemburgo, in Olanda e negli stessi paesi della penisola balcanica, il film come sussidio didattico è in costante e rapida diffusione con un confronto che risulta, in proporzione al numero degli abitanti, nettamente sfavorevole all’Italia. Negli Stati Uniti d’America la diffusione dei film didattici raggiunge limiti in Europa inimmaginabili. Per dare un’idea dell’importanza assuntavi da essi, basti ricordare l’organizzazione del Consiglio dell’Educazione di Detroit, con 8.000 copie di 1.500 soggetti e con 200.000 noleggi alle 300 scuole della città, nonché le non poche università che pubblicano cataloghi dei film a disposizione dei professori: quello dell’università di California, per esempio, elenca oltre 3.500 film scientifici, documentari o didattici.

Proprio la fruttuosa esperienza che il cinema ha dato nella scuola ha fatto sì che durante la guerra, per impostare e portare rapidamente a termine l’istruzione generale e specifica di milioni tra reclute ed ufficiali, il governo americano ricorse appunto al cinema didattico con una larghezza di mezzi favolosa.

In Italia, purtroppo, il cinema scolastico finora non ha segnato molte pagine in attivo. La pubblica autorità si decideva non prima del- 1923 (circolare Lupi) a parlarne; solo nel 1926 il professore Vincenzo Guzzanti, del Visconti di Roma, produceva un’ottantina di film didattici con materiale di repertorio dell’Istituto Luce; un decreto legge del 1938, tuttora vigente, «considerata l’importanza della cinematografia come sussidio scolastico» (era ora!), ne fondava la Cineteca Autonoma; ma le disposizioni e i buoni propositi che manifestava ci pensò la guerra a volatilizzarli. Passata la bufera, nel 1949 il commissario Lo Savio (circolare del 7 aprile), ricominciando il lavoro per le 1.500 scuole fomite di proiettore, disponeva di soli ventotto film a 16 mm. composti dalla Cineteca scolastica. Poi le cose cominciarono ad avviarsi. Nel dicembre ’53, il ministro Segni, presentando il disegno legge per l’istituzione di un Centro nazionale per i sussidi audiovisivi, poteva enumerare in bilancio: «Il numero dei film in dotazione della Cineteca è stato portato a duecento, e il numero delle copie a 3.500. Inoltre, dalla Cineteca centrale è stata creata un’organizzazione periferica mediante l’istituzione presso ogni Provveditorato agli studi di un Centro provinciale della cinematografia scolastica, che ha il compito di creare cineteche stabili provinciali e di essere di controllo didattico, di distribuzione locale e di raccolta dei film e di controllo amministrativo». Oggi, gennaio 1956, i soggetti sono saliti a 350, di cui 55 muti e 295 sonori; le copie a 5.000; gli apparecchi sonori in dotazione alle scuole si possono calcolare sui 3.500. In amichevole emulazione con la Cineteca nazionale, società industriali ed editori scolastici (Shell, Montecatini, S.E.I., La Scuola ecc.) si sono messi a produrre film didattici; uno di questi, La fisica cos’è, alla Mostra di Venezia del 1952, è stato premiato come il migliore film didattico della Categoria B, in concorrenza con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna; la Cineteca spedisce film didattici parlati in italiano a Basilea, a Bordeaux, in Danimarca e in Inghilterra, a Mogadiscio, Algeri, Tunisi, il Cairo, Tripoli, Stato d’Israele e in alcuni stati dell’America Latina; nell’agosto 1952 Paderno del Grappa raccolse il primo convegno nazionale dei Centri provinciali per la cinematografia; un Notiziario quindicinale e la rivista specializzata la Lanterna (già Il nuovo cinema) portano dal centro alla periferia informazioni, sussidi organizzativi, iniziative.

Uno dei pochi uomini di scuola che non ha colpa nel ritardo con cui la didattica italiana ha accolto il cinema, e che ha più meriti nello sviluppo ch’esso sta prendendo in questi ultimi anni, è certamente il prof. Remo Branca, autore di decine e decine tra articoli, opuscoli e volumi sul cinema in genere e su quello scolastico in particolare2.

* * *

Il primo incontro del Branca col cinema avvenne nella nativa Sassari, nel 1905, quando l’invenzione aveva appena dieci anni di vita. Sassari non aveva ancora la luce elettrica e il nostro ragazzetto non sempre aveva i quindici centesimi necessari per penetrare nel baraccone, dove il colto e l’inclita si affollavano curiosi per uscirne strabiliati. Fu così che si dovette adattare «a spingere alcuni nodi delle tavole del baraccone e a scoprire, da quei pertugi, di che cosa fosse fatta la meraviglia del secolo: una lanterna magica animata, che aveva il merito di farci ridere molto, anche quando le immagini in movimento non ne mostravano l’intenzione», il tutto accompagnato dal rumore di «un motore tutto nero, che ansava come una bestiaccia, facendo tremare le tavole dei palchetti e del loggione». La prima esperienza dello stesso, ma questa volta professore, col cinema nella scuola, avvenne a Nuoro nel 1936-38; là egli raccolse avanti a una Pathé Baby una parte degli alunni dell’istituto magistrale e proiettò loro alcuni film scientifici, storici e di svago; indi proiettò un documentario ai bimbi del locale giardino d’infanzia. Terminato l’esperimento n’ebbe una prima «rivelazione viva, cioè non discendente dall’intelletto e dallo studio, ma dalla vita, che gli dette tale fede nel cinema come fattore educativo nella vicenda scolastica quotidiana, da persuaderlo che valesse la pena di fare un’esperienza più vasta e più completa».

Questa fu tentata nel Ferrandi e nel Tornielli Bellini di Novara, dove nel frattempo (1938-1940) era stato trasferito con l’ufficio di preside. Stimolato dal già menzionato decreto legge del 1938, non solo proiettò agli alunni, ma con la loro cooperazione riprese dei film, iniziandosi cosi ed iniziandoli ai più elementari problemi di sceneggiatura e d’illuminazione, di ripresa e di montaggio, ignorando i quali, il cinema scolastico minaccia di diventare una vaga astrazione e non quella cosa concreta e seria che è3. Incoraggiato da questa esperienza, nell’anno 1941 diede alla luce il suo primo volume: Il tuo cinema4, il primo del genere pubblicato in Europa, che è un’introduzione elementare dei giovani e della scuola ai segreti dell’allora misteriosa tecnica arte industria, con un abbozzo di bibliografia ragionata sul cinema (di voci italiane in quell’anno c’era solo l’allora recentissima Storia del cinema di Fr. Pasinetti), un dizionarietto cinematografico e un amplissimo albo fotografico, che, forse, con le sue didascalie, è la parte più riuscita, certo la più originale ed utile del volume: è infatti un pratico avvio alla tecnica della ripresa e alla lettura estetica del fotogramma cinematografico: ci si sente il tecnico che ha consuetudine con la macchina da presa, ma anche lo studioso di arti figurative, nonché lo xilografo e il pittore, noto per alcune sue opere esposte in gallerie nazionali e private, italiane ed estere.

Nello stesso 1941, l’allora ministero dell’Educazione Nazionale, quasi per riconoscergli la sua specifica competenza, lo chiamava a Roma con l’incarico di studiare il problema del cinema per la gioventù, e qualche anno dopo lo passava all’Università di Roma come assistente comandato per la storia dell’arte e con l’incarico di studiare i possibili rapporti fra università e cinema. Né l’organizzazione né l’insegnamento gli fecero interrompere l’attività di scrittore e di sperimentatore sul cinema scolastico. Suoi articoli uscirono sulla Rivista del cinematografo, in Gioventù italica e specialmente in Scuola italiana moderna, tra i quali ultimi di particolare significato fu Il problema del cinema didattico (maggio 1946), che metteva a punto quel problema alla luce di nuove esperienze da lui condotte presso enti educativi romani, anche per iniziativa del Centro Cattolico Cinematografico, di cui era assistente ecclesiastico mons. Luigi Civardi. Sfruttando esperienze attivistiche fissate in Francia dal Quinet, e divulgate in Italia da studi del fratel Leone di Maria e del prof. Gesualdo Nosengo, il Branca mise a punto uno schema didattico generale per lezioni cinecatechistiche, e l’applicò in una cinelezione tipo: Chi è Dio?, di cui approntò la sceneggiatura, affidandone l’attuazione tecnica al regista Vincenzo Sorelli5. L’opera non riuscì perfetta, ma valse al Branca a provare che il criterio didattico del cinecatechismo è superiore a quello spettacolare, adottato nell’esperimento parallelo fatto su sceneggiatura di Fabbri e Zavattini e regia di Mario Soldati; esperienza ch’egli ritenne valida ed acquisita per tutte le materie d’insegnamento della scuola italiana. Nel 1948 il Branca pubblicava, nel volumetto Il cinema nella scuola italiana6, le quattro relazioni da lui svolte al Corso sul cinema didattico, tenuto nel salone delle assemblee del ministero della Pubblica Istruzione nei primi mesi dello stesso anno; ivi, pur notando che «le sole trattazioni metodiche stampate in Italia sull’argomento sono di chi vi parla» (p. 22), dando ormai per pacifico il diritto di cittadinanza del cinema nella scuola, comincia ad interessarsi dell’organizzazione pratica, diremmo legislativa, logistica ed economica del problema, valendosi di opportuni paralleli con le esemplari esperienze attuate, ad esempio, in Inghilterra e negli Stati Uniti. Gli stessi argomenti egli tratta in una dozzina di articoli su diverse riviste e nell’altro volumetto La scuola e il film, del 19527, nel quale per la prima volta lancia un grido d’allarme sugli interessi commerciali del mondo del cinema, che minacciavano d’inquinare la cinedidattica.

Queste, che fin allora erano state per il Branca idee ed aspirazioni, col 1952 divennero dirette responsabilità, perché, eletto commissario della Cineteca scolastica, si trovò in diritto e in dovere di disporre, creare ed organizzare. Non sta a noi presentare bilanci: quel che è certo è che, passata la fase dell’avanguardismo, anche in quella delle attuazioni, l’attività pubblicistica del Branca è stata rilevante. In tre anni egli ha dato quattro Quaderni didattici e tre volumetti. In L’immagine fotografica e cinematografica nell’insegnamento artistico (Roma 1952) sostiene l’utilità e la necessità dei due sussidi, e specialmente del secondo, come mezzo di scoperta e d’indagine, aiuto della conoscenza e dell’insegnamento, prodigioso divulgatore della tecnica e dell’applicazione delle arti, propagatore delle immagini artistiche (p. 14): Cultura cinematografica e responsabilità pedagogica (Roma 1953) apporta qualcosa di nuovo; lasciato, infatti, da parte il cinema didattico, si occupa del cinema spettacolo, sempre però riferendosi alla scuola, rilevando le delicatissime e nuove responsabilità che incombono sull’insegnante nell’auspicato nuovo uso scolastico del cinema8. I quaderni Scuola e cinema scolastico in Francia (Roma 1953) e Curva di fatica del bambino nella visione del film a colori e in bianco nero (2ª ed., ivi 1953), trattano problemi del tutto particolari.

* * *

I tre volumetti meritano qualche battuta di presentazione. Questioni del cinema, primo volume della Biblioteca Nuovo Cinema, rappresenta un punto di partenza e un punto di arrivo nel pensiero del Branca. Nel 1943 – egli racconta – «scrissi un libro: Polemiche sul cinema... per confutare sistematicamente la teoria del cinema come arte del montaggio creativo. Era un problema dell’arte, prima che problema del cinema. Fui forse giudicato dai soloni dei circoli sperimentali del cinema, un eretico, ed il volume non ebbe, pur letto, una sola recensione»9. Prescindendo da soloni e da eresie, noi crediamo che il silenzio della critica sia imputabile più che altro al buio di quegli anni, quando gli italiani, in alto e in basso, erano occupati in ben altri problemi che di arte e di cultura; ma quidquid est del valore intrinseco del libro, il Branca, applicato l’aureo oraziano nonum prematur in annum, nel 1952, rivede e critica le sue posizioni, mette a punto problemi ed argomenti, smussa le più aspre punte polemiche, e in Questioni del cinema offre al pubblico italiano un saggio sul cinema come fenomeno della cultura e dell’arte, e a se stesso una specie di sintesi maturata dei suoi principi ed esperienze10, quanto appunto giustifica tutto il valore rappresentativo del volume. Ci pare che ormai, dopo questo, il Branca potrà, sì, rifinire e confermare, ma poco o nulla aggiungere di nuovo, e ciò anche circa il Cinema didattico scientifico, dodicesimo e più disteso dei suoi capitoli.

Le sue due ultime pubblicazioni: Cinematografia scolastica, Scuola e cinema scolastico in Italia11, hanno carattere ormai del tutto pratico. Il primo rappresenta un incontro fra scuola ed industria in Italia; dato che la scuola, una volta organizzato il cinema scolastico, può diventare per l’industria un buon acquirente, e dato che solo la produzione in serie può assicurare agli apparecchi di proiezione l’ottima qualità, la facile trasportabilità, la semplicità d’impiego e il prezzo moderato che si richiedono, è giusto che la scuola fissi all’industria un capitolato che tuteli gli interessi delle due parti: il volume raccoglie appunto i principi informatori e il testo di siffatti capitolati, tabelle e modalità di collaudi, notizie e precisazioni tecniche. L’altro fornisce quanto riguarda la regolamentazione giuridica della cinematografia scolastica in Italia nei suoi lineamenti storici: cioè, per disteso, le più importanti circolari ministeriali, i decreti legge e le ordinanze, che dal 1923 ad oggi hanno normato siffatta attività in Italia. Percorrendoli, più che sull’attività del Branca, ormai essi ci illuminano sul grado di efficienza raggiunto dalla Cineteca a lui commessa. Veniamo a sapere, tra l’altro, che fin dal 1952 funziona presso di essa il reparto tecnico, assistito da ingegneri e da esperti specializzati, il quale ha pubblicato norme di collaudo ed omologazione degli apparecchi, terzo esempio, dopo gli Stati Uniti e la Francia, tra le nazioni che vi sono pervenute; che cinema didattico e filmologia hanno cominciato a far capolino anche nelle nostre università, e che un disegno di legge è stato presentato alla Camera l’8 dicembre 1953, destinato a sostituire i precedenti ordinamenti, «adeguando la funzione della cinematografia scolastica sia allo spirito della Costituzione della Repubblica, sia all’ordinamento democratico attraverso il quale si realizza la nostra libertà d’insegnamento, sia alle attuali esigenze didattiche della scuola», mediante l’istituzione di un «Centro nazionale per i sussidi audiovisivi», che assorbirebbe, tra l’altro, anche la Cineteca...: notizie che, se illuminano il profano su di un problema del massimo interesse per la scuola e per la cultura italiana, lo fanno riconoscente verso chi, per risolverlo, gli ha consacrato, si può dire, una ventina dei migliori anni della sua vita.

* * *

Non tutto negli scritti del Branca ha resistito e resisterà alla prova del tempo. Ad esempio, quanto riguarda il cinema in genere, egli ha difeso, con ragione ed efficacia, che il cinema può essere arte, e grande arte, e non c’è sereno conoscitore dell’argomento che non gli darà ragione; ma, forse, pochi, oltre all’incorreggibile Blasetti, lo seguiranno in quel suo troppo magnificare l’opera del soggettista. Così, pochi egli troverà consenzienti quando sostiene che «il montaggio non è il momento essenziale della costruzione del film»: probabilmente egli in ciò s’è fatto fuorviare dalla sua deformazione professionale di pittore-xilografo-fotografo, e dall’avere sorpreso una dipendenza logica tra la teoria del montaggio del Pudovchin e quella della collaborazione spersonalizzata e materialistica, difesa dallo stesso regista e teorico e, in generé, dalla scuola sovietica, quando invece non è escluso che l’una possa essere sostenuta indipendentemente dalla validità della seconda. Che Biancaneve e i sette nani sia pittura animata e capolavoro, «il quale ha stupito di gioia l’universo intero», si può anche ammettere, ma che «Walt Disney sia il più grande poeta vivente», qualcuno lo troverà un tantinello esagerato. In questioni di lessico poi, crediamo ormai del tutto improbabile la vitalità del termine cineologia, proposto dal Branca, e l’attributo di ottava arte da lui conferito al cinema: dispiaccia o meno alla xilografia e all’acquaforte così sacrificate, temiamo molto che l’uso ormai introdotto la vincerà, e il cinema resterà la settima arte12.

Nel suo complesso, però, ci pare meno incerta per posizioni caduche la battaglia da lui combattuta per il cinema scolastico. Egli distingue bene tra cinema didattico, cinema artistico, cinema documentario e cinema spettacolare; sostiene soprattutto l’utilità e la necessità d’introdurre nella scuola quello didattico, ed aggiunge che, in linea di massima, sia narrativo e muto, non dispensi lo scolaro dalla fatica di pensare, come di solito fa quello spettacolare; sia sussidio del maestro e non lo supplisca. Se veramente didattico, sia legato ai programmi e si organizzi per classi e per età; se genericamente istruttivo, si rivolga pure ad un pubblico indifferenziato per cultura e per età. Anche il film spettacolare può venire accolto nella scuola, in aula magna, a svago degli alunni, ma specialmente a loro formazione; però prima d’introdurvelo, si aspettino che esistano i classici del cinema, come ci sono quelli della letteratura e delle arti figurative; i film siano moralmente e religiosamente sani: in ogni caso, gli insegnanti, prima di adoperare un’arma tanto utile quanto pericolosa, imparino in tutti i sensi ad adoperarla. Indipendentemente dal film, la proiezione sia tale da non nuocere alla salute fisica e psichica degli alunni: perfezione di macchine, sicurezza di ambienti e di dispositivi, capacità di operatori. Allo Stato compete non solo la vigilanza, ma anche l’organizzazione dell’ingente e dispendiosissima attività. L’industria privata non cerchi nella scuola un terreno da sfruttare per i suoi più o meno puliti interessi, anzi concorra all’efficacia del suo lavoro tutto umano e spirituale, stornando una parte dei lauti guadagni che ad essa fruttano i film spettacolari e documentari. Ma anche la scuola concorra: con la volenterosa cooperazione degli insegnanti, non spendendo più nelle ormai inutilizzate «oche impagliate» e in altri simili materiali da gabinetti scientifici; infine sollecitando, dove le condizioni economiche lo permettono, il concorso delle famiglie... Alla fine, non si creda che il cinema risolva tutti i problemi della scuola: per esempio, le diapositive, per alcune materie e lezioni, restano insostituibili...

Queste linee maestre della sua tesi non possono non trovare consenzienti la massima parte di quanti s’interessano al cinema scolastico. C’è però chi sarebbe stato più grato al Branca se nella sua ventennale fatica si fosse affidato un po’ meno all’intuito, per quanto geniale, e un po’ più alla ricerca scientificamente controllata. Con bonaria spavalderia egli si vanta di non aver mai studiato la pedagogia sui libri e, invocando il senechiano turpe est ex commentario sapere, si fa forte delle esperienze da lui condotte sui suoi scolari e sui suoi figli; ma anche se egli non l’avesse avvertito, il lettore se ne sarebbe accorto, tanto in alcuni casi lo trova approssimativo, anche là dove l’argomento stesso sembrava doverlo impegnare di più.

Ma queste poche ombre non invalidano la rilevante attività del Branca come scrittore di cinema scolastico; se gliele abbiamo notate, prima di tutto abbiamo riconosciuto l’ardimento e la coerenza nel difendere una buona causa, la quale, se oggi, sotto molti aspetti, alla parte più progredita degli insegnanti sembra ovvia ed evidente, l’è appunto perché ancora qualche anno fa c’era chi non sdegnava di affrontare, con ardite idee, la comoda inerzia dei più. Qualunque sia il giudizio da darsi su alcune sue idee, per lo sviluppo che la cinedidattica ha preso in Italia nel dopoguerra, e per quello più rapido che ci auguriamo di vedere nei prossimi anni, non c’è dubbio che alunni cd insegnanti dovranno essergli riconoscenti.

1 Cfr Scuola e cinema scolastico in Francia, uno dei quattro quaderni didattici del Branca, di cui parleremo. Esso dà una visione generale di come sia organizzato l’insegnamento nella Repubblica Francese, della preparazione degli insegnanti e dell’introduzione di sussidi audiovisivi, e in specie del cinema, nell’insegnamento di Stato.

2 In massima parte proprio a queste sue numerose pubblicazioni ci rifacciamo per notizie e dati. Ma non sempre ne citiamo la fonte, anche quando ne riportiamo ad verbum frasi e periodi, per non appesantire un articolo che vuol essere di divulgazione e non di documentazione scientifica. In Italia, tra gli altri, scrissero di cinema didattico, prima del Branca: L. De Feo, A. Perna, L. Talamo e G. Calò; tra i più benemeriti che l’accompagnarono e lo seguirono ricordiamo: E. Fulchignoni, E. Tarroni, L. Volpicelli e A. Mura.

3 Frutto immediato di questa sua esperienza fu l’articolo Il cinema nella scuola, pubblicato nell’Annuario del R. Istituto Magistrale di Novara nel 1939, prima sua pubblicazione sul cinema didattico ed educativo.

4 Il tuo cinema, Torino, S.E.I., 1941, pp. 183 con 223 ill. f. t. Nel 1943 ne usciva la seconda edizione; aveva leggere modifiche, ma le illustrazioni aumentavano a centocinquanta. La terza edizione, rinnovata, usciva nel 1953. Chi oggi rilegge la prima edizione, anche nello stile e nel lessico vi avverte l’atmosfera di pionierismo; gli avvenimenti poi, che proprio in quegli anni accelerarono il volgersi disastroso delle sorti della patria, vi aggiungono una nota di tristezza.

5 Se ne veda il testo nell’opuscolo citato, a pp. 13, 15 ss.

6 Il cinema nella scuola italiana, Roma, Cineteca centrale, 1948, p. 94.

7 La scuola e il film, Rovigo, I.P.A.G., 1952, pp. 168. Riporta in gran parte quanto fu nel cit. Il problema del cinema didattico.

8 L’occasione di parlarne era stata fornita al Branca dai corsi di cultura cinematografica per gli studenti delle scuole medie superiori nell’anno scolastico 1952-1953, organizzati, con l’approvazione del Ministero della Pubblica Istruzione. a Roma, Napoli, Palermo, Siena, Sassari, Frosinone e Viterbo, ai quali egli partecipi, attivamente. A questo proposito egli così esprime il suo pensiero: «Il film, come opera d’arte, può e deve essere materia di studio. Si tratta di definire la natura figurativa e narrativa di quello che altra volta abbiamo chiamato “processo finale delle arti figurative”, intendendo con la parole finale non di chiudere definitivamente il libro della storia dell’arte, ma di vedere se in questo processo di sintesi il film non riveli la sua piena e vera natura di linguaggio espressivo e narrativo. Problemi, questi, degni tanto degli scolari del liceo classico, quanto degli insegnanti di letteratura e di quelli di storia dell’arte. Infatti, lo sviluppo narrativo del tema avviene per immagini, ma è evidente che queste immagini semoventi raccontano tutto prevalentemente attraverso simboli e forme che costituiscono la retorica del linguaggio filmico. Si aggiunga il colore (pittura), il rilievo (scultura), la scena (teatro), la colonna sonora (musica), e la tendenza costante del film che non è soltanto figurativa. ma anche narrativa. Spetta alla scuola il compito di esercitare la gioventù all’apprendimento grammaticale del nuovo linguaggio e allo studio, dunque, dell’arte nuova.
«In secondo luogo, interessa, da un punto di vista della psicologia generale, constatare (non essendo per il momento possibile il controllo) la reazione dei giovani di fronte alla visione di film presentati non più come spettacolo popolare e come novità, ma come opera da vedere e giudicare in ordine al posto che occupa storicamente nella evoluzione espressiva delle immagini semoventi.
«In terzo luogo (e questa a me pare nella società di oggi lo scopo principale) creare una coscienza cinematografica nella gioventù scolastica, cioè servirsi anche del film per la formazione degli scolari sotto la guida degli insegnanti, dando ad essi una capacità critica generale rispetto alle opere dello schermo. Qui veramente consiste la responsabilità pedagogica della scuola. La scuola risponde non di fronte a orientamenti polemici di teorie e discussioni o informazioni, ma concretamente di fronte a Dio, di fronte alla famiglia e di fronte allo Stato» (pp. 15-16).
L’argomento era stato già incignato dal Branca con La Scuola e il film come arte, Roma, Ars nova, 1951, pp. 16, ricco, tra l’altro, di proposte concrete.

9 La scuola e il film come arte, cit., p. 9.

10 Una manchette pubblicitaria lo presenta così: «Studioso e organizzatore, è lecito all’autore di Questioni del cinema, confermarvi, ampliandole, le sue idee di dieci e più anni fa, e che oggi stanno sempre più diventando patrimonio comune della cultura cinematografica italiana: altro è il cinema (storia di un progresso), altro è il film (storia estetica). Il cinema sarà sempre più in rilievo e a colori; La base estetica del film non è il montaggio, ma la luce, suo vero principio ricreativo; Il film è arte e processo finale delle arti figurative; Il cinema, e il suo prodotto, il film, nella scuola italiana sarà un nobile servo, mai un padrone commerciale e didattico; Il cinema è tale potenza morale e informativa che, inserendosi nella tradizione classica, produrrà il rinnovarsi dell’insegnamento. Questo è il primo libro di cinema illustrato esclusivamente da opere di arte, capolavori di pittura e scultura, e non da fotogrammi, in quanto l’A. afferma che il neorealismo non è che uno degli aspetti permanenti dell’arte italiana, a datare dal sec. IV a.C. (realismo etrusco), attraverso la miracolosa età dell’arte, proseguendo nel sei e settecento fino a tutto il sec. XIX».

11 Cinematografia scolastica: problemi tecnici, Roma, Biblioteca Nuovo Cinema, 1954, pp. 187. Oltre a R. Branca vi hanno collaborato gli ingegneri V. D’Alessio, L. Innamorati e P. Uccello. Scuola e cinema scolastico in Italia, Roma, Cineteca Ministero P. I., 1954, pp. 101.

12 Gianni de Tommasi (Bianco e Nero, 1949, n. 6, p. 64) gli rimprovera il termine scorretto: passo ridotto, proponendo quello corretto: formato ridotto.

In argomento

Cinemaideale

n. 3008, vol. IV (1975), pp. 155-159:
n. 2970, vol. I (1974), pp. 582-585
n. 2861, vol. III (1969), pp. 390-394
n. 2831, vol. II (1968), pp. 472-474
n. 2824, vol. I (1968), pp. 376-378
n. 2815, vol. IV (1967), pp. 55-58
n. 2793, vol. IV (1966), pp. 263-268
n. 2776, vol. I (1966), pp. 350-353
n. 2744, vol. IV (1964), pp. 151-156
n. 2723, vol. IV (1963), pp. 473-486
n. 2706, vol. I (1963), pp. 565-567
n. 2636, vol. II (1960), pp. 124-39
n. 2617, vol. III (1959), pp. 17-31
n. 2612, vol. II (1959), pp. 113-124
n. 2605, vol. I (1959), pp. 66-69
n. 2555, vol. IV (1956), pp. 521-532
n. 2545, vol. III (1956), pp. 30-42
n. 2532, vol. IV (1955), pp. 601-609
n. 2519, vol. II (1955), pp. 526-535

In argomento

Cinema-arte

n. 2808, vol. II (1967), pp. 573-576
n. 2672, vol. IV (1961), pp. 165-169
n. 2667, vol. III (1961), pp. 306-311
n. 2567, vol. II (1957), pp. 504-515, 619-627
n. 2559, vol. I (1957), pp. 288-302
n. 2562, vol. I (1957), pp. 610-619
n. 2524, vol. III (1955), pp. 396-407