Articolo estratto dal volume I del 1961 pubblicato su Google Libri.
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Sulla fine del 1930 l’Hays Organization, ovverossia la M.P.P.D.A., per la tutela della moralità del cinema disponeva, dunque1, di un “Ufficio Soggetti”, istituito nel 1924, di un “Ufficio Titoli”, istituito nel 1925, dello Studio Relation Committee, incaricato di applicare il Production Code, e, finalmente, di un Advertiser’s Advisor Council, con la mansione di applicare un “Codice di pubblicità” (Advertising Code), concordato dalla stessa M.P.P.D.A. nel giugno di quell’anno2. E le circostanze permisero che, almeno per il 1931, da tanto apparato non nascesse il solito ridiculus mus; di che gioirono produttori, esercenti pubblico onesto e, con essi, naturalmente, il Joy e l’Hays. Ma quando, nel biennio che seguì, la prova del fuoco si abbatté sul cinema americano, purtroppo – Cosa bella e mortal passa e non dura! – tanto apparato venne meno alle lusinghiere promesse. E così, contro le ottimistiche speranze del Quigley circa il potere dell’Hays per fare osservare il Codice, la vinse la realistica previsione del padre Dinneen: «I produttori — egli aveva detto — non avrebbero avuto difficoltà a firmare l’accordo, bensì a mantenere la parola data!»3.
La prova si chiamò crisi economica. Nel 1929, mentre tutte le industrie degli Stati Uniti vi soccombevano, quella cinematografica riusciva a scapolarla per miracolo rischiando l’avventura del sonoro; anzi con questo, come abbiamo visto, attuò benefici tanto superlativi che Wall Street, che già aveva investito in essa ingentissimi capitali per lo sfruttamento dei brevetti sonori, si precipitò ad investirne altrettanti nell’acquisto di sale, così rendendosi definitivamente totalmente arbitra, oltre che della produzione, anche dell’esercizio. Ma la grascia, che appunto nel 1929 toccò il colmo, durò poco. Come avviene, il pubblico si abituò al sonoro, che non riuscì più a riscattare la produzione, mediocre e monotona come nel 1925-’26; intanto la disoccupazione aumentava. Conclusione: nel 1933, con quattro anni di ritardo rispetto alle altre industrie, anche il cinema toccava il più profondo della crisi. Gli spettatori, che il sonoro aveva portato dai 50 milioni settimanali del 1926 ai 90 milioni del 1930, nonostante il diminuito costo dei biglietti, calarono a 75 milioni settimanali nel 1931, ed a 60 milioni negli anni 1932-’33; nell’estate di quest’ultimo anno, dei 16.000 cinema che funzionavano negli Stati Uniti se ne chiusero ben 5.000!4.
Nel 1932 l’ex presidente della R.K.O., Merlin Aylesworth, prevedeva il caos di tutta l’industria entro il termine di tre mesi se i suoi responsabili non adottavano le più drastiche economie5: e non drammatizzava davvero, perché, ad eccezione della Metro Goldwyn Mayer, tutte le grandi case consorziate nella M.P.P.D.A. erano in stato prefallimentare... Ma tirare sulle spese non era facile, anche perché proprio in quegli anni, con l’acuirsi della crisi, pure ad Hollywood venivano acuendosi i contrasti tra datori di lavoro, artisti e maestranze. Non fa dunque meraviglia se finanzieri, industriali e gestori furono presi dal panico. Qualcuno propose di salvare il salvabile abolendo temporaneamente il Codice; altri cominciarono ad agire come se questo già fosse sospeso, chi buttandosi decisamente a film violenti ed a titoli stuzzicanti, chi abilmente aggirando il nuovo direttore del Committee, il pignolissimo ex capo della censura dello Stato di New York, signor James Wingate, succeduto al colonnello Joy appunto nel 1932. Come abbiamo visto, il Codice, nel suo insieme, non era poi tanto accio; tuttavia, quando i firmatari cominciarono a trovarne troppo onerosa l’osservanza, esso accusò i punti deboli del suo dispositivo di funzionamento. Secondo gli equilibrati giudizi del Quigley e del Mercillon6, essi erano principalmente tre: 1) la tendenza a cristallizzare in lettera morta fa situazione del 1930 non seguendo l’evolversi delle reazioni morali (o di altro genere) del pubblico, con conseguenti tentazioni, da parte degli autori e dei produttori di film, di ricorrere a sotterfugi per ottenere quel che volevano, pur salvando l’intangibile lettera del Codice; 2) la partigianeria delle grandi case: i membri delle commissioni di appello, scelti, come si è visto7, tra gli stessi produttori, facilmente si sostenevano a vicenda, approvando l’uno i film incriminati dell’altro, e facendo tutte insieme blocco contro il giudizio dello Joy (e poi del Wingate), mentre infierivano senza misericordia contro i film incriminati delle case indipendenti; 3) il mancato appoggio e lo stimolo dell’opinione pubblica. Al primo, come vedremo, col tempo si cercò di rimediare mediante ritocchi, emendamenti ed aggiunte; il secondo, purtroppo, era insito nella natura stessa dell’autocontrollo, praticamente dimostrandone l’inefficienza nei casi limite, e quindi la necessità d’integrarlo con una censura esterna, almeno finché non operasse efficacemente su di esso lo stimolo persuasivo dell’opinione pubblica: ma questo, negli Stati Uniti, avvenne, come vedremo, soltanto nel 1934... Nel 1933 risultò, dunque, che i frutti arrecati dal Codice erano andati praticamente perduti: «Continuandosi nel cinema l’esibizione del vizio e del delitto — rileva amaramente la Vigilanti cura, che si fondava su documenti di prima mano dell’episcopato degli Stati Uniti — sembrava ormai quasi preclusa la via dell’onesto svago mediante i film»8 [64].
I cattolici si muovono
Contrariamente a quanto, forse, comunemente si crede, le prime energiche reazioni a questo deplorevole stato di cose non provennero da parte dei cattolici. Ancora nel 1930 il padre W. Parsons li tacciava come «inesplicabilmente assenti ed inerti»9, mentre i protestanti, che si erano dati da fare, attribuivano proprio al mancato appoggio, anzi ai consigli di moderazione e di prudenza dei cattolici, l’insuccesso di una loro campagna in favore del Patnam Bill, patrocinante l’istituzione di una censura federale sui film ed il divieto del Blind and Block booking10.
Tuttavia bisogna non esagerare su questa “assenza”; consta infatti, per esempio, che prima del 1933, proteste ed azioni di boicottaggio di film immorali erano state tentate dalle Congregazioni Mariane, e che la Federazione internazionale delle ex alunne delle scuole cattoliche (International Federation of Catholic Alumnae), fin dal 1922 si era sobbarcata all’esame della produzione hollywoodiana, affin di indicare ai cattolici i film che si potevano vedere senza danno, ed in tal modo favorirne il successo commerciale, e poi, nel 1930, lanciato il Codice, aveva messo disinteressatamente la sua preziosa attività a servizio anche dell’Hays Association. Inoltre, nell’agosto 1933, su invito dello stesso, Hays – sollecitato da qualche vibrata protesta del padre Lord11 – due cattolici qualificati, il banchiere A. H. Giannini ed il procuratore di Los Angeles, Joseph Scott, si fecero portavoce presso gli industriali della West Coast, in termini quanto mai energici, delle proteste e dei desiderata dei cattolici, anzi dello stesso vescovo di Los Angeles, John J. Cantwell, contro le insopportabili prevaricazioni del cinema; ed il Giannini, che poteva farlo, minacciò che, d’allora in poi, avrebbe considerato suo grave problema di coscienza il continuare o meno a finanziare codesta produzione... Ma, con tutta probabilità, quei signori, sapendolo loro compagno di viaggio sulla stessa pericolante barca, non lo presero troppo sul serio. Quel qualche cosa d’insolito che occorreva per smuoverli si verificò sulla fine del 1933.
Si interessava, allora, più che ogni altro negli Stati Uniti ai problemi della morale cinematografica, un quintetto di cattolici, composto dai tre padri gesuiti che già conosciamo: Daniel Lord, Wilfrid Parsons e Fitz George Dinneen, e dai due laici: Martin Quigley, anch’esso noto, e Joseph I. Breen, amico di alcuni membri della N.C.W.C. (National Catholic Welfare Conference); e ne assecondava i progetti e l’opera il paolista padre John Burke, segretario generale della stessa N.C.W.C. Ora, se era stato merito dei primi due gesuiti, nel 1930, interessare al cinema i cardinali arcivescovi di Chicago, G. Mundelein, e di New York, P. Hayes, merito del padre J. Burke fu l’interessare ad esso il nuovo delegato apostolico (ora cardinale) mons. Amleto Giovanni Cicognani12, sicché questi, la prima volta che parlò in pubblico negli Stati Uniti, toccò lo scottante argomento, e così, per dirla pittorescamente con l’Hays, «dette fuoco alle prime cannonate» di quella che doveva essere una delle più brillanti battaglie dei cattolici americani13.
ll 1° ottobre 1933, nel Metropolitan Opera Housc di New York, trattando alla National Conference of Catholic Charities l’argomento “Il Papa e l’Azione Cattolica”, egli tratteggiò la natura di questa, quindi, esemplificando, aggiunse:
In ogni dove la Chiesa adempie la sua santa missione ed ha i suoi gravi bisogni, ma dappertutto anche le forze del male operano incessantemente per ostacolare la missione divina di salvare le anime. Esempio odierno ne è il cinema, col suo incalcolabile potere malefico. Quale strage di anime innocenti è fatta ogni ora! Come possono valutarsi i delitti che hanno origine dai film immorali? I cattolici sono chiamati da Dio, dal Papa, dall’episcopato, dal clero ad unirsi in una coraggiosa impresa di bonifica del cinema, divenuto ormai un pericolo mortale per le anime. Questo non è che uno dei molti aspetti delle forze del male avverse a Dio ed al suo Cristo, contro le quali l’Azione Cattolica deve restare sempre sul piede di guerra14.
L’energia di queste parole, l’autorità di chi le pronunciava e l’eccelsa dignità della quale esse interpretavano il pensiero15, scossero gli animi, e subito se ne videro gli effetti. Già ai primi di novembre, mons. Cantwell, partecipando ad un pranzo dei Cavalieri di Colombo della sua sede episcopale di Los Angeles, li esortava a dar vita ad un movimento in favore dei film sani; e mons. Michael Gallagher, vescovo di Detroit, denunciata la corruzione propagata dallo schermo, per infrenarla formava un Detroit Council of Catholic Organizations...16.
A Buffalo il padre Lord faceva appello ai giovani.
Ero stato invitato — egli ricorda — a parlare a cinquemila giovani sul cinema. Quando mi trovai sul palcoscenico avanti a quella moltitudine di giovani e di ragazze, alle quali lo schermo offriva le sue scene immorali di donne svestite, di vizio, di seduzione e di rapine, misi da parte gli appunti che mi ero portato e trattai del Codice, di quanto le case di produzione cinematografiche avevano promesso e di come poi avevano contravvenuto agli impegni presi. Li invitai, poi, a giudicare quanto veniva loro mostrato nei cinema, e i danni che potevano riportarne gli adolescenti, come essi. Poi, ex abrupto, alzai il tono ed interrogai con accento di sfida: «Non credete che voi potreste fare qualche cosa per bonificare il cinema?». Dopo un momento di sorpreso silenzio la sala rimbombò di un «Si» altissimo, e poi di applausi; ed allora stabilimmo il nostro piano.
Siccome allora io curavo la pubblicazione di The Queen’s Work, con la quale sapevo di poter raggiungere praticamente ogni scuola e collegio cattolici, nonché tutte le migliaia di congregazioni giovanili della nazione, proposi loro che, a cominciare dal prossimo numero, io avrei cominciato a pubblicare delle «liste nere» di case, attori e film, mettendone alla gogna ogni volta due dei peggiori di ogni casa; ai giovani l’impegno di boicottarli, di scrivere lettere di protesta alle case, di convincere i genitori a non vedere quei film, e così indurre i violatori del codice a difendersi, tornando ai loro impegni. I giovani promisero rumorosamente. Il giorno dopo rivolsi lo stesso appello, con la stessa risposta entusiasta, agli alunni dell’istituto dei gesuiti di Toledo. Quindi, tornato a St. Louis, cominciammo a segnalare in prima pagina le «liste nere», invitando i ragazzi e le ragazze a boicottarli; e questi, con meraviglia di qualcuno, non se lo fecero dire due volte. Naturalmente mi fioccarono lettere indignate, violente proteste e minacce di perseguimenti legali17.
A queste e ad altre iniziative a carattere sporadico ne seguiva una che doveva decidere le sorti della battaglia. Verso la metà di novembre 1933 si radunava a Washington l’annuale Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, la quale, da una circostanziata relazione di mons. Cantwell, veniva edotta del reale stato delle cose in cui si dibattevano la produzione cd il mondo cinematografico americano 18; di conseguenza, il18 novembre la Conferenza nominava una commissione di quattro vescovi (Episcopal Committee on Motion Pictures), incaricandola di approfondire il problema e di formulare proposte concrete per una campagna nazionale di bonifica dello spettacolo. La componevano: l’arcivescovo di Cincinnati, mons. John Th. McNicholas, presidente; mons. John Cantwell, vescovo di Los Angeles; mons. Ugo Boyle, vescovo di Pittsburg, e mons. John Noll, vescovo di Fort Wayne19.
Nei primi mesi del 1934, questa commissione ebbe contatti con personalità dell’industria cinematografica e con molti membri qualificati del clero e del laicato, cattolico e non cattolico; il suo presidente fece nella propria diocesi una specie di prova generale del piano di azione che andava concretandosi20. Una volta messo a punto, esso venne approvato dalla Commissione episcopale, riunitasi per la prima volta l’11 aprile 1934, a Washington21; e sùbito gerarchia, fedeli ed onesti si buttarono ad attuarlo con ammirevole slancio, unità di intenti e brillanti frutti, tanto da meritare poi questo del tutto inusitato elogio pontificio: «Possiamo affermare con profonda sodisfazione che abbiamo visto presso di voi fedeli e gerarchia collaborare così concordi per il successo di questa impresa, come mai altre volte ai nostri tempi ci è stato concesso di vedere» [66].
La santa crociata
Il piano di combattimento comprendeva, elemento principale ed essenziale, l’azione di una Legion of Decency, o Legione dell’onestà;22: vale a dire, il più vasto possibile movimento di fedeli i quali, mediante pubblica promessa, si impegnavano a boicottare ed a far boicottare i film immorali e le sale che li proiettassero. La formula della Promessa (Pledge), lanciata subito in milioni di esemplari tra cattolici e non cattolici, fu del seguente tenore:23
Desidero far parte della Legione dell’onestà, contraria ai film immorali e malsani.
Mi unisco a quanti li denunciano come grave pericolo per la gioventù, la famiglia, la nazione e la religione.
Condanno risolutamente tutti i film immorali, che insieme con altri strumenti di corruzione, minano il costume pubblico e diffondono la febbre sessuale nel nostro paese.
Collaborerò quanto più mi sarà possibile a sollevare l’opinione pubblica contro la rappresentazione dell’immoralità come cosa normale, e contro fa presentazione dei delinquenti in luce di eroi e di eroine, e della loro sudicia morale come degna di persone oneste.
Mi associo a quanti condannano i manifesti indecorosi, le notizie scandalistiche o di richiamo per i film immorali.
Considerando questi mali, mi impegno a disertare tutti i film, fatta eccezione per quelli non contrari all’onestà ed alla morale cristiana; inoltre prometto di attirare quanti più iscritti potrò alla Legione dell’onestà.
Formulo la presente protesta nella consapevolezza del mio proprio decoro, e persuaso che il pubblico americano non chiede film sudici, bensì divertimenti onesti e spettacoli formativi.
Occorreva, per raggiungere la bonifica morale del cinema, scopo del piano di guerra, raccogliere nel più breve tempo il maggior numero possibile di aderenti alla Legione, ma soprattutto assicurarsi della loro fedeltà all’impegno assunto, sì da ridurre sensibilmente gli incassi dei film immorali: unico argomento intelligibile da parte dei gestori e produttori, insensibili alla morale, o atterriti dalla crisi. Si ricorse, dunque, ad un’azione di pressione sull’opinione pubblica – per adoperare un termine di pubblicistica –, che, per qualità, quantità e sistematicità degli strumenti usati, non lasciò molto da invidiare alle grandi campagne commerciali americane. Primi ad entrare in lizza furono i quattro cardinali arcivescovi: di Boston, di Filadelfia, Chicago e New York; il primo, Guglielmo O’Connell, con due discorsi, del 23 e del 27 maggio; il secondo, Dionigi Dougherty, con due scritti, del 23 maggio e seguenti; il terzo, Giorgio Mundelein, validamente aiutato dal suo giovane vescovo coadiutore Bernardo J. Sheil, con una dichiarazione del 5 giugno, e l’ultimo, Patrizio Hayes, con una lettera al clero del 10 dello stesso mese. Seguì il resto dell’episcopato, totalizzando nell’anno 1934 circa cento scritti indirizzati ai fedeli, e sette ai gestori di sale24. Quindi fu mobilitata la radio, mediante la quale i quattro vescovi della Commissione e, primo tra essi il loro Presidente25, con discorsi e conferenze spiegarono ai fedeli ed agli altri gli scopi e l’importanza della Legione. Contemporaneamente fu mobilitata la stampa, specialmente cattolica: trecentodieci tra giornali e periodici, con una tiratura di sette milioni di copie, mediante editoriali e cronache, lanciarono ed appoggiarono la crociata, pubblicarono settimanalmente le quote raggiunte dai Pledges a persuasivo ammonimento degli industriali di Hollywood; ed alcune pubblicazioni specializzate per azionisti arrivarono a sconsigliare di investire il proprio danaro in un’industria si dannosa alla nazione26. Infine, i parroci e tutto il clero furono sollecitati a formare nei fedeli una coscienza rispetto ai problemi del cinema, quindi a trattare l’argomento specifico della Legione leggendo e commentando durante le messe domenicali le istruzioni dei vescovi, invito al quale aderirono entusiasticamente migliaia di sacerdoti; tutte le associazioni religiose: congregazioni mariane, cavalieri di Colombo, cavalieri di san Giovanni, associazione del Santo Nome, ordine cattolico delle guardie forestali, unione dei genitori cattolici... furono esortati ad arruolarsi nella Legione ed a favorirne l’espansione, ed i maestri cattolici perché con i loro alunni organizzassero spettacolari adunanze di protesta...
Presto il primo obiettivo della campagna si poté dire raggiunto. Una stima prudente faceva ascendere a cinque milioni gli arruolati nella Legione nel 1935, saliti poi a punte tra i sette e i nove milioni negli anni seguenti27. Qualche anno dopo, ricordando l’esperienza esaltante di quei giorni di fervore, il padre Lord scriveva: «I fedeli risposero con entusiasmo. Impressionava vedere il popolo, nelle domeniche a ciò stabilite, alzarsi durante le sante messe come un sol uomo e recitare ad alta voce l’impegno solenne di boicottare gli spettacoli immorali...»28. E dentro due mesi si dimostrava praticamente raggiunto anche il secondo obiettivo, perché finanza ed industria cinematografiche già a mezzo il giugno, come vedremo, chiedevano un onorevole armistizio.
Ragioni e motivi
È a tutti ormai noto quanto oggi possano alcune tecniche di campagne propagandistiche – ideologiche o pubblicitarie che siano –, quando gli agenti che le mettono in opera ci sappiano fare, indipendentemente dalla bontà delle ideologie o dei prodotti propagandati. Errerebbe tuttavia chi nel caso della Legion of Decency attribuisse il buon successo solo alle tecniche adoperatevi: vi influirono infatti almeno altri quattro fattori determinanti. Nel rilevarli, approfitteremo dell’occasione per fornire alcuni brani del molto che allora fu scritto, notevoli perché, oltre che sul contenuto, documentano sulla maniera energica con cui la campagna fu condotta.
1 – Primo fattore determinante fu la certezza indiscussa nutrita dalla gerarchia e dai fedeli di tutelare un loro dovere sacro ed un diritto inalienabile. I film, infatti, avevano toccato sì vergognose e frequenti punte di malcostume e di esaltazione del male che i fedeli non potevano non attendersi dai loro pastori norme ed indirizzi estremamente chiari rispetto ad essi.
Poiché gran parte dei film in circolazione sono pericolosi per la fede e la morale — ammoniva il card. Dougherty —, essi costituiscono un’occasione prossima di peccato, e come tali devono essere assolutamente evitati. Quindi lo starne lontani è non soltanto un consiglio, sibbene un obbligo di coscienza, sotto pena di peccato. Esortiamo il nostro clero a spiegare ai fedeli la dottrina della Chiesa intorno a questo argomento.
I cattolici — riprendeva il card. Mundelein — sono in coscienza tenuti a fuggire le occasioni prossime di peccato. Perciò, recarsi a vedere siffatti film corruttori costituisce una grave offesa alla legge morale.
D’altra parte la composizione del pubblico americano, nota ai vescovi ed agli educatori cattolici, li autorizzava a temere in siffatto cinema non tanto un pericolo generico quanto il primo ed assoluto distruttore di tutto il sistema di pastorale adottato dalla Chiesa cattolica in America. Notoriamente esso puntava soprattutto sull’educazione della gioventù nelle scuole cattoliche, tanto che frequentemente, nelle parrocchie di nuova erezione, prima di costruire la chiesa si assicurava l’edificio ed il personale stabile della scuola. Non per nulla, il maggiore sforzo economico dei cattolici americani veniva assorbito dall’organizzazione scolastica, la quale, nel 1934, reclutava la bellezza di due milioni e mezzo di alunni! Che ne sarebbe stato di tanti sforzi se il cinema corruttore continuava ad insidiarli alla radice, dato che, come le statistiche dimostravano, un buon terzo dei suoi spettatori non raggiungeva i ventun anno, e quasi un sesto era formato di ragazzetti sotto i quattordici?
Oggi, in America — affermava il card. Dougherty —, la più grande minaccia contro la fede e la morale sono i cinema, frequentati da circa settantasette milioni di spettatori la settimana, ventitre milioni dei quali sotto i ventun anno 29. Il loro influsso deleterio sta corrompendo particolarmente i nostri giovani ed i nostri ragazzi. Invano noi avremo costruito le nostre scuole cattoliche ed avremo preservato da ogni infezione le menti ed i cuori dei nostri giovani se ora non adottiamo adeguate misure per proteggerli da questa alluvione, che sta sommergendo il nostro paese, quando l’esperienza ci ha dimostrato che un’ora passata nel buio di certi spettacoli può rovinare anni di educazione impartita dalla scuola, dalla Chiesa e dalla famiglia.
Ed il card. Hayes: — Non è possibile lasciare che i produttori rendano, a dir poco, inutile tutto il lavoro compiuto dalle nostre scuole, che ci costano milioni e milioni di dollari ogni anno, per formare ed educare la gioventù. Il dottor Campbell, che sovrintende ad esse, è il primo a temere che tanto lavoro e tanti frutti di formazione e di educazione siano minacciati e vanificati dai film immorali...
Se non abbiamo reagito ugualmente contro il teatro immorale — precisa il card. Mundelein — è perché esso si indirizza prevalentemente agli adulti, capaci di criterio morale. Ma non può dirsi lo stesso del cinema, frequentato in larga parte da ragazzi: delicati di coscienza, fantasticamente impressionabili, impreparati avanti alle passioni ed immaturi di carattere. Noi cattolici abbiamo creato un sistema scolastico che ci è costato milioni di dollari ed innumeri sacrifici col fine di educare – oltre che culturalmente – moralmente e religiosamente i nostri figli. I fedeli avrebbero motivo di accusarci come codardi se noi, loro guide spirituali, restassimo inerti avanti alla minaccia contro tanti nostri sforzi oggi costituita dai film immorali.
2 – Secondo fattore di successo fu il sentimento patriottico, sollecitato opportunamente dai vescovi col rilevare sia la pessima fama che alla nazione infliggevano molti film esportati all’estero, sia lo sfibramento al quale gli stessi sottoponevano le sue più sane energie.
Il cinema — scriveva in una sua pastorale mons. Francis Kelley30 —, è divenuto una minaccia non solo contro la religione, ma contro gli ideali della stessa civiltà americana. Se pochi popoli sulla terra manifestano più calorosamente del nostro il proprio patriottismo... il punto a cui è arrivato il cinema ci deve far chiedere se in questo nostro entusiasmo non abbiamo dimenticato quali siano i nostri doveri... L’amor di patria richiede che si ponga fine a questo pericolo...
La Chiesa, nei suoi secoli di esperienza, ha ben individuato le cause che portano al progresso o alla rovina di una nazione...: queste ultime quasi sempre si ritrovano nella lussuria e nell’immoralità, distruttrici delle energie del popolo... Io quindi, proprio per patriottismo, accuso di indifferenza criminale i genitori che non adempiono il loro dovere. Lasciando da parte i motivi sacri e soprannaturali che impegnano ad una vigilanza sui giovani, intendo che le mie parole valgano anche per quelli che quei principi non riconoscono. Io accuso i miei concittadini, proprio come cittadini, di permettere ad una cricca di affaristi senza coscienza di iniziare i loro figli all’immoralità ed al delitto... Ed aggiungo che anche lo stupido culto accordato ai divorziati divi ed alle dive dello schermo è un pericolo per la nostra patria. Abbiamo un bell’onorare la nostra bandiera nelle scuole ed un bel pregare per la patria nelle feste nazionali: ben più che da queste cerimonie i nostri figli vengono impressionati dal culto offerto ad attori e ad attrici vuoti e spudorati.
3 – Terzo non trascurabile fattore di successo fu l’indeclinabile incriminazione di tradimento alla parola data nella quale vennero a trovarsi avanti all’opinione pubblica di tutti gli Stati Uniti i finanzieri e i produttori cinematografici; se, infatti, gli accordi del 1930 non avevano riscosso troppo ampia risonanza nel pubblico, in questa occasione essi divennero noti a tutti gli americani. Così, perciò, poteva accusarli, per esempio, il card. Hayes:
Finora né i teatri né i cinema avevano osato offendere sì apertamente e sì frequentemente la morale come oggi. Le forze oneste della nazione, sperando che i produttori capissero la loro convenienza a fare un po’ di pulizia nei film, hanno pazientato e tollerato anche troppo. Io personalmente qualche anno fa invitai il National Motion Pictures Congress a proporre un autocontrollo all’industria...: ma, purtroppo, come me, anche altri hanno protestato invano contro la sempre crescente immoralità e dannosità del cinema...
Ed il card. Dougherty, di rincalzo: — Sono stati fatti appelli ai produttori... ma tutto invano... Le cose sono andate di male in peggio... Il solo argomento cui essi sono sensibili è quello del botteghino. Non possiamo sperare un miglioramento finché non si accorgeranno che, producendo film immorali, non incasseranno più quattrini. Non ci resta, dunque, che il boicottaggio...
Ma, com’è comprensibile, espressioni ben più vibranti usarono i tre che erano stati collaboratori del Codice, e come tali avevano speciali motivi di ritenersi corbellati:
Per molti anni — scrive il card. Mundelein —, mi sono interessato al cinema... ritenendolo, se usato convenientemente, molto utile, come la stampa. Perciò, insieme con altri, quattro anni fa ho cooperato a formulare il Codice morale poi proposto a tutte le case di produzione della California... Esso fu accettato all’unanimità, e solennemente firmato da essi, sicché pensammo di aver compiuto un passo decisivo nel rendere i film accettabili ad ogni sorta di persone. Credevamo, infatti, di aver a che fare con persone intelligenti e leali. Ma eravamo in errore. Per la maggior parte di essi il Codice non fu che un pezzo di carta...
Le autorità ecclesiastiche e le associazioni cattoliche sollecite della morale almeno nella vita pubblica — continua mons. Cantwell — hanno fatto giungere ai produttori le loro proteste e le loro richieste, col bel risultato che i produttori dei film immorali, tanto per contentarle, hanno promesso e promesso; ma gli attesi miglioramenti non si sono visti, segno che le promesse sono state fatte semplicemente per tacitare la pubblica indignazione... Ma, vuota o no, dall’industria cinematografica abbiamo ottenuto una promessa, ed ora i limiti della nostra pazienza sono stati sorpassati di molto...
E finalmente, puntando risolutamente il dito sugli spergiuri, il padre Lord:31 — Io accuso l’industria cinematografica degli Stati Uniti del più enorme tradimento della pubblica fiducia che ricordi la storia del nostro paese. La accuso di aver posto il guadagno sopra ogni rispetto del pudore, sopra ogni rispetto della legge, sopra ogni cura della salute e del benessere della nazione. La accuso di tradire i più sacri interessi del nostro popolo, di corrompere la morale fondata sopra i Dieci Comandamenti dati a Mosè, e la morale predicata da Gesù Cristo al mondo. Perciò, insieme con milioni di persone che vedono e paventano il grave pericolo, io invito tutti gli americani a dimostrare il loro disgusto per siffatti tradimenti, nel solo punto che i produttori conoscono e difendono: la cassa!
4 – Con ragione la Vigilanti cura loda che «non soltanto cattolici, ma anche ragguardevoli protestanti, israeliti e molti altri aderirono alla... iniziativa e si unirono agli... sforzi per ridare sagge norme artistiche e morali al cinema» [67], perché ciò valse ad impedire che il mondo cinematografico si facesse passare per vittima di una intollerante minoranza religiosa; la Legion of Decency si impose, invece, come volontà e movimento dell’intera nazione, argomento apodittico nell’ordinamento democratico vantato dall’America.
Abbiamo visto come i protestanti avessero preceduto i cattolici nel suggerire e tentare azioni persuasive contro l’immoralità dei film, tuttavia con scarsi risultati, data la loro carenza di connettivo disciplinare, oltre che dottrinale. Quando però i cattolici mostrarono di volersi muovere, essi esultarono, e – Chiese e singoli – aderirono, allora ed in appresso, numerosissimi.
Non combatteremo soli questa crociata di morale cristiana — poteva scrivere il card. O’Connel —. Ho ricevuto molte lettere da parte dei protestanti di tutta l’America, che ringraziano Dio perché la gerarchia cattolica ha finalmente denunciato questo flagello e si è mossa contro di esso.
Un mese dopo, la protestante Christian Century, di solito non dolce con i cattolici, scriveva: — Conforta la reazione protestante a questa impresa lanciata dai cattolici. Raro esempio di cordiale collaborazione tra differenti gruppi religiosi in iniziative morali e sociali. Innumerevoli laici protestanti ringraziano Dio perché i cattolici sono finalmente scesi alla battaglia campale contro tanta corruzione, e chiedono che cosa possano fare per dare una mano.
Tra il giugno ed il novembre dello anno il New York Times riferì di ventisette Chiese protestanti differenti che partecipavano alla crociata; quarantuno relazioni inviate dalle diocesi alla Commissione riferivano di contributi attivi prestati da protestanti o ebrei. Un elenco curato dal Time (America) numera cinquantaquattro tra organizzazioni protestanti ed ebree, ministri e rabbini, che annunciarono pubblicamente la loro adesione, ed il dott. Tippy, dirigente del Federal Council of the Churches of Christ, assicurò che i protestanti sottoscrivevano a centinaia di migliaia i Pledges della Legion 32.
Per quanto riguarda la collaborazione degli ebrei mette conto riportare la bella lettera inviata dal capo rabbino David Philipson presidente della Commissione episcopale, mons. McNicholas:
Voi cattolici state recando un incalcolabile servizio alla causa del divertimento sano combattendo quei produttori senza coscienza, i quali, per brama di lucro, convertono in una delle più corruttrici calamità dei nostri giorni un’industria che, invece, potrebbe recare utilità immense. Potrà interessarvi sapere che in una recente adunanza del Consiglio delle sinagoghe americane — organizzazione che raccoglie le varie correnti del giudaismo: liberale, conservatrice ed ortodossa —, io ho presentato una mozione per la costituzione di una commissione di ebrei contraria ai film ed ai drammi immorali. Alla riunione annuale dell’associazione centrale dei rabbini americani, che è la massima organizzazione del genere nel mondo, svoltasi la scorsa settimana a Wernesville, è stata votata una protesta contro il deleterio influsso di molti film sulle idee e sui costumi del pubblico, e la nomina di un comitato incaricato di esaminare la modalità con la quale la Conferenza Centrale dei rabbini potrebbe cooperare efficacemente con altri gruppi religiosi e civili nel richiamare i produttori cinematografici alla loro responsabilità per migliorare moralmente i film 33.
La resa del giugno
Sulle prime, secondo quanto racconta l’Hays, almeno apparentemente Hollywood e New York non si allarmarono del maremoto causato dai cattolici, pensandosi che esso si sarebbe presto sbollito come tante altre manifestazioni di fanatismo religioso. Presto, tuttavia, dovettero ricredersi. Sentirono dire di trecentomila Pledges smaltiti in due giorni, di milioni raggiunti in poche settimane. Allora cominciarono a temere la Legione. Dopo tutto, i cattolici, come costituivano una fonte di proventi per il cinema, totalizzando un quinto della popolazione degli Stati Uniti, prevalentemente concentrato nei maggiori centri urbani, così potevano metterlo in difficoltà, essendo il gruppo religioso più consistente e più disciplinato; inoltre non era escluso che una loro opera di disturbo potesse nuocere anche in alcuni mercati europei... Misero, dunque, in opera, non sappiamo con quanta buona fede, l’arma del ridicolo e gli altri classici spauracchi polemici del caso: «La Chiesa si intromette negli affari degli altri! La Chiesa aggrava la crisi economica! La Chiesa conculca la libertà dell’arte!». Ma non passarono due mesi che capirono che non era il caso di continuare su questo tono 34. Che cosa era successo? — Niente altro che questo: allarmatissimi, gli esercenti, specialmente delle popolose diocesi dell’est e del nord, segnalavano cali sempre più preoccupanti di spettatori. Insomma, la concretezza tutta americana con la quale i vescovi avevano impostato la loro offensiva aveva sortito l’effetto desiderato.
Non sarà male riportare a questo proposito qualche altro testo, indicativo della coraggiosa lealtà osservata in questa crociata cattolica.
Ci hanno risposto — scriveva il card. O’Connell —: «Siamo abituati a queste lagne! Cento volte le abbiamo sentite. Continuate pure: finché le vostre genti continueranno a comprare biglietti ai nostri botteghini, non ci lasceremo commuovere». Rispondendo così, essi scambiano la pazienza con l’impotenza, e si scavano la fossa con le proprie mani. La loro rovina è prossima; e sarà una brutta rovina... La nostra gente è passata all’azione...: la loro assenza sarà ben notata dai botteghini che hanno apprezzato la loro frequenza!
I vescovi — aggiunge mons. Kelley — ammettono sia le possibilità educative del cinema sia il bisogno di svago della popolazione; ma i produttori ignorano tutto, eccetto i soldi. Tutta l’industria cinematografica si fonda sul danaro. Ogni considerazione morale sfuma quando è in giuoco il portafoglio di pochi privilegiati. Dato dunque che i produttori ascoltano solo la musica del danaro sonante... il rimedio è bello che trovato: arrestare il flusso di questo danaro... Una alleggerita al portafoglio non è necessariamente mortale, tuttavia può sortire buoni effetti.
E concluse il padre Lord: — I produttori ci dicono chiaro e tondo che essi non ascoltano se non la voce della cassa. La cassa è il loro dio! Benissimo! Noi moveremo contro questo loro dio, in difesa della morale del nostro Dio!
Non ci consta l’ammontare esatto dei danni causati dal boicottaggio messo in opera dalla Legione. Possiamo tuttavia valutarlo in qualche maniera su questi dati: 1) i milioni di iscritti promettevamo di non frequentare non solo i film immorali, sibbene anche le sale che li proiettavano; 2) alcuni vescovi esortarono i sacerdoti ed i fedeli ad astenersi da tutti gli spettacoli cinematografici finché l’industria non avesse completato una pulizia generale; 3) come nota l’Hays, qualche volta l’ardore dei fedeli fu tale che il clero dovette trattenerli dal boicottare anche i film buoni... 35. Fatto sta che nel giugno 1933 la situazione si era fatta insostenibile; ed ancora una volta l’Hays fu chiamato a trovare una composizione onorevole tra fa morale e gli affari ridando al Codice, che portava il suo nome, l’efficacia mancatagli. E bisogna riconoscere che il successo arriso a questa sua seconda fatica merita che gli si perdoni il tono epico con cui egli la racconta 36.
Abbiamo visto che l’inagibilità diel Codice si doveva soprattutto al fatto che lo Studio Relation Committee, incaricato di farlo osservare, dipendeva proprio dalla West Coast Association hollywoodiana, che doveva osservarlo; quindi che, nei casi controversi, la giuria d’appello si reclutava tra gli stessi interessati, oggi giudici e domani accusati. Occorreva perciò un’autorità interna, sì, al mondo del cinema, per restare nell’autocontrollo, ma esterna dalla produzione. Ciò si attuò il 13 giugno 1933, quando da Hollywood furono avocati ai dirigenti M.P.P.D.A. di New York i casi di appello, con potere di giudicarli definitivamente. Inoltre, nella stessa occasione, Hollywood e New York convennero che, per far parte della pubblicità che li riguardava, le stesse norme che valevano per la produzione sarebbero valse d’allora in poi anche per fa distribuzione e l’esercizio.
Le cose stavano a questo punto quando la Commissione episcopale decise di riunirsi, per la seconda volta, a Cincinnati, sede del suo presidente, con lo scopo di definire l’organizzazione della Legion of Decency, fin allora sviluppatasi in maniera piuttosto tumultuaria. La riunione doveva avere carattere del tutto privato; però le solite indiscrezioni della stampa ne diffusero la notizia, sicché anche l’Hays venne informato non solo di essa, ma anche che il suo amico Quigley doveva parteciparvi, ospite di mons. McNicholas. Lo invitò subito a pranzo allo Howard Club e, insieme con alcuni dirigenti di New York, gli diede notizia delle nuove pattuizioni da essi prese il 13, ed in vigore dal prossimo 1º luglio, assicurandolo che da parte loro c’era tutta la buona volontà di osservarle. Gli chiese quindi se se la sentisse di riferire le stesse assicurazioni alla Commissione, ed anzi di rappresentarli presso di essa per chiedere a che altro dovessero impegnarsi per far porre termine a questa disastrosa campagna. M. Quigley si disse disposto a patto che quei della M.P.P.D.A. gli concedessero i pieni poteri, sì da poter trattare con la Commissione senza dover continuamente consultarsi con essi. Alcuni dirigenti si mostrarono riluttanti; ma, come rileva l’Hays, non c’era altro da fare. Erano essi che chiedevano l’armistizio, per giunta forzando i cancelli di un’adunanza tutta privata. Del resto potevano fidarsi del Quigley, bene addentro nei problemi dell’industria cinematografica, come pure dei vescovi cattolici, anch’essi, ahimè, addentro agli stessi problemi almeno quanto lui. In queste condizioni, dunque, i pieni poteri gli furono concessi, e al Quigley fu accompagnato il signor Joseph J. Breen, anche lui cattolico ed irlandese, chiamato per telefono da Hollywood e incaricato di spiegare ai quattro vescovi il nuovo funzionamento dello Studio Relation Committee, di cui era il direttore.
Durante la permanenza dei due a Cincinnati, dal 20 al 22 giugno, per tre giorni – come ad Enrico IV avanti a Canossa – all’Hays ed ai suoi amici non restò da fare altro che aspettare cum timore et tremore. Finalmente, preceduti da un telegramma anodino, e con un supplemento di cinque ore di attesa a causa del ritardo del treno, verso le una pomeridiane del 22, i plenipotenziari furono di ritorno presso i penitenti di New York. Da buoni irlandesi li tennero ancora un po’ sulla corda, stuzzicandoli ad indovinare. Poi comunicarono la grande notizia: La guerra era cessata! Così almeno cercò di prendere le cose e di presentarle ai suoi amici l’Hays, perché in realtà si trattava per essi di una pura e semplice capitolazione 37. Infatti la Commissione, rilevata con soddisfazione la notevole contrazione delle frequenze causata dal movimento, aveva preso atto che i produttori riconoscevano di non essere stati ai patti e si era rallegrata con loro per le innovazioni del 13 giugno, con cui ne garantivano una migliore osservanza per l’avvenire; memore, tuttavia, di quanto era successo, non si faceva troppe illusioni circa quelle loro nuove promesse; quindi, non solo non intendeva interrompere l’avviato e tanto promettente movimento della Legione, ma dava disposizioni di potenziarlo e di estenderlo a tutte le diocesi degli Stati Uniti, protestando però che con ciò non intendeva affatto spingere alla rovina tutta l’industria cinematografica, bensì soltanto svellere la produzione immorale; esigeva quindi da New York e da Hollywood il ritorno puro e semplice al Codice concordato, impegnandosi a non ostacolare i film che lo rispettassero, ma decisa a continuare nel boicottaggio di tutti quelli che fossero in contrasto con esso 38.
L’Hays Organization ne prese atto a sua volta e con zelo edificante si mise all’opera. Joseph J. Breen – poi coadiuvato dall’ottimo cattolico Charles M. Liscka –, su proposta di M. Quigley 39, fu confermato alla direzione dello Studio Relation Committee, che per l’occasione fu ribattezzato Production Code Administration, denominazione con la quale ancor oggi opera 40. Fu fissata una multa di venticinquemila dollari contro le case che avessero posto in circolazione film senza il certificato di approvazione; infine fu riconosciuta ai gestori la facoltà di rifiutare quei film che in qualche luogo avessero motivato critiche di carattere morale. E pare certo che, da allora, almeno da parte delle case firmatarie, le cose siano andate più onestamente. L’Hays ne fornisce una prova, si direbbe, convincente rilevando che non fu mai necessario irrogare la grossa multa minacciata, mentre la Production Code Administration non perse mai un appello circa i soggetti dei film, e ne perse soltanto tre o quattro circa film già terminati. Qualche mese dopo Clifford Howard ne riferiva dall’America in Italia in questi termini: 41
È difficile valutare quanti milioni di dollari siano stati finora sacrificati nel frenetico sforzo di coprire le esigenze della Legion of Decency. Comunque, assodato che un dato numero di pellicole costosissime, già pronte ad essere visionate, siano state scartate, altre abbiano subito modifiche e tagli, e altre ancora, in corso di realizzazione, o siano state abbandonate, o rivedute e corrette. Scenari già pronti ad essere girati hanno subito importanti modifiche. Commedie e libri, acquistati per essere filmati, sono stati gettati in un canto. Pellicole già in noleggio sono state ritirate, oppure rifatte in una seconda edizione. In altri termini, Hollywood ha compiuto un vero repulisti. Resta ancora a vedere se queste misure siano indici di una vera e duratura resipiscenza.
La Legione dell’onestà
Esula dal compito che ci siamo prefissi il seguire l’operato dell’Hays Association e della sua Production Code Administration dopo il 1934. Avremmo voluto, invece, imbastire intorno ai fatti che siamo venuti narrando, riguardanti l’avventurosa storia della morale nel cinema americano, le considerazioni pratiche che ne erano lo scopo ultimo: ma esse sono tante e tali, che preferiamo rimandarle ad un ultimo articolo conclusivo, mentre, ad appendice di questo, aggiungiamo alcune poche notizie e giudizi riguardanti la Legione in se stessa.
Come abbiamo accennato, la riunione di Cincinnati segnò per la Legione dell’onestà; il passaggio dalla fase, diciamo così, primitiva e carismatica, a quella organizzativa e metodica. Per prima cosa, presso la National Catholic Welfare Conference, in aiuto dell’Episcopal Committee on Motion Pictures, venne creato un segretariato esecutivo di sacerdoti; quindi furono istituiti: un Consiglio Nazionale della Legione 42, e consigli diocesani, alle dipendenze, questi, dei rispettivi ordinari, composti anche di laici, ma ordinariamente diretti da sacerdoti. Infine si discusse e si avviò una prima soluzione del problema delle qualifiche morali dei film.
Come abbiamo già visto, fin dal 1922 la sezione cinematografica del’I.F.C.A. (International Federation of Catholic Alumnae) veniva redigendo liste periodiche di film raccomandati. Col 1930, approvato il Codice Hays, la stessa estese la sua attività apostolica cominciando a comunicare regolarmente gli elenchi anche alla Hays Association, tanto a New York quanto ad Hollywood 41. Della loro utilità non c’erano dubbi, perciò altre diocesi proposero di fare lo stesso 44. Si discuteva, invece, sulla opportunità o meno di pubblicare anche delle “liste nere”, vale a dire di film da evitare. Molti le stimavano moralmente controproducenti, temendo da esse una gratuita réclame di merce che non ne aveva affatto bisogno; ma il lancio della Legione sembrò dimostrarne la necessità pratica: dato che milioni di fedeli promettevano «di astenersi dai film contrari all’onestà e alla morale cristiana», così dovevano pur conoscere quali fossero questi film! Inoltre, altro punto controverso era chi dovesse compilare, approvare e promulgare queste liste di giudizi morali: laici, sacerdoti o vescovi? La riunione di Cincinnati, come ovvio, rimise ogni decisione alla Conferenza Episcopale, che doveva riunirsi a Washington il 14 del prossimo novembre 48, pur stabilendo chiaramente due punti: 1) che, senza dubbio, la maggiore preoccupazione dei vescovi e dei sacerdoti doveva essere quella di tenere lontani i fedeli dai film pericolosi; 2) che la risposta alla obiezione mossa contro le “liste nere” poteva essere data soltanto dall’esame comparato tra i film segnalati come da evitare e gli incassi da essi attuati nei botteghini.
Su queste premesse, il gruppo di Detroit già pubblicava saltuariamente elenchi di film da evitare; presto anche la Queen’s Work cominciò ad indicare, insieme con quelli raccomandati, anche cinque film al mese condannati; finalmente, sotto la direzione del padre Dinneen, il consiglio diocesano di Chicago – che fu il primo ad essere stabilito dopo fa riunione di Cincinnati – iniziò la compilazione e la pubblicazione più o meno completa delle qualifiche morali di tutti i film in programmazione; ed il suo servizio parve, per allora, tanto ben fatto che quelli di Detroit e della Queen’s Work senz’altro lo adottarono, e la Conferenza Episcopale del ’34 lo raccomandò a tutte le diocesi, pur precisando di attribuire alle sue qualifiche un valore puramente indicativo e non ufficiale. Così per due anni funzionarono due commissioni di esame: una a Chicago, con liste bianche e nere, l’altra a New York, solo con liste bianche. Ma ambedue si scontrarono con le stesse difficoltà: quella della tempestività (sì da battere i produttori, che cercavano di noleggiare i film prevenendo il giudizio di esse, in maniera che i membri della Legione non sapessero come regolarsi), e quello, più grave, della disparità di giudizi morali, teologicamente spiegabile, in teoria, ma dannosa, in pratica. Ciò indusse l’episcopato americano (Washington 1935?) a farne sussistere soltanto una, e precisamente la commissione di New York. In tal modo le Catholic Alumnae divennero i revisori ufficiali della Legion of Decency 47, sotto la direzione di un segretario esecutivo che ne rispondeva direttamente alla commissione episcopale del cinema: schema di lavoro che, come molte altre caratteristiche della Legion americana, doveva venire additato come modello a tutto il mondo cattolico dalla Vigilanti cura.
In questa occasione fu convenuto pure che i film sarebbero stati divisi in tre categorie: A-I: visibili a tutti; A-II: visibili a soli adulti; B: visibili con riserve; C: dannosi, o positivamente cattivi [106], e che tali qualifiche varrebbero normalmente per tutte le diocesi degli Stati Uniti [107], pur rimanendo libero ogni ordinario di adottare criteri diversi per la propria diocesi [104]; infine fu anche stabilito che i fedeli iscritti alla Legione dell’onestà, ogni anno, in tutte le messe della domenica fra l’ottava dell’Immacolata, patrona degli Stati Uniti, rinnoverebbero la promessa, redatta ora in questa formula abbreviata:
Condanno i film indecenti ed immorali, o che esaltano il delitto e i delinquenti.
Prometto di fare quanto sarà in mio potere per sollevare l’opinione pubblica contro i film indecenti ed immorali, e di appoggiare quanù protestano contro di essi.
Riconosco l’obbligo che ho di formarmi una retta coscienza intorno ai film che potrebbero nuocermi moralmente, e come membro della Legione mi impegno a tenermi lontano da essi. Prometto, inoltre, di non frequentare le sale che usualmente li programmano.
* * *
Naturalmente, come non il Production Code, così neanche la Legion of Decency, che quale suo primo scopo ne propugnò e ne ottenne la leale osservanza, godé di buona stampa tra i laicisti; ed altrettanto naturalmente qualche marxista italiano si è in ciò distinto, come al solito rifacendo il verso a G. Sadoul, autore, tra l’altro, di queste amene precisazioni storiche 48:
Ma dopo il 1935 (errato: 1934)... la Legione della decenza, che vescovi americani avevano fondata su richiesta del Papa (dove l’ha letto?), condussero una violenta campagna, che portò all’applicazione rigorosa del Codice...
Questa potente organizzazione era stata fondata nel 1933 (ancora errato: 1934) dai vescovi americani dietro l’incitamento personale (!?) di Pio XI, che aveva recentemente (cioè: due anni dopo, nel 1936) consacrato al cinema l’enciclica Vigilanti cura. Il suo ambasciatore straordinario (!?), il nunzio Cicognani, aveva affidato (!?) la direzione della Legione a uno stato maggiore di preti di origine irlandese (quali?)... La Legione poté imporre, (davvero?), con la sua supercensura (!?), una produzione di film che servisse alla sua propaganda (quale? Lo dice subito). A dire il vero (!?) la decenza ed il pudore, e perfino gli interessi religiosi, non sono gli scopi principali del Codice e della Legione (Infatti); le sue organizzazioni (!?) manifestarono una grande indulgenza per i film gangsters, ma condannarono, accusandoli di violenza, film ove si esprimevano (molto indirettamente) certe tendenze progressiste (ma quali e quando non lo dice, e soprattutto non lo prova!).
Quale differenza dai giudizio oggettivo di un tecnico da tutti stimato, H. Mercillon: «La National Legion of Decency mira essenzialmente a difendere la gioventù. I suoi metodi in generale sono accettabili anche ai non credenti, ed i suoi scopi sembrano disinteressati: così si spiega la sua potenza negli Stati Uniti» 49; e quale differenza dal giudizio di due sommi pontefici: di Pio XI, che, come abbiamo visto, nella Vigilanti cura la esaltò e la additò all’imitazione di tutto il mondo cattolico; e di Giovanni XXIII, che, commemorando il 25° anniversario di «questa ardita impresa dei cattolici americani», ne loda quanti ne sostennero «il brillante inizio», e ne incoraggia ed esorta i continuatori «a non ristare dal sostenerla».
I cattolici americani – conclude questo secondo documento pontificio riguardante direttamente la Legione – possono dunque andare fieri delle attività da essi suscitate e, nello stesso tempo, restare persuasi che la necessità della Legione dell’onestà; non è affatto diminuita; anzi, al contrario, essa è aumentata oggi, quando, purtroppo, molti, investiti anche di cariche ufficiali, non riescono più a distinguere, tra le situazioni della vita, quel che sempre ed in ogni luogo deve essere giudicato morale o immorale 50.
1 Cfr Civ. Catt. 1960, IV, 483 ss.
2 Cfr Cronache del cinmea e della televisione, 1957, n. 21, p. 111; e Lo Spettacolo, 1957, n. 1, p. 63.
3 D. LORD, Played by Ear, Chicago 1960, p. 299.
4 H. MERCILLON, Cinéma et monopoles, Parigi 1953, pp. 68 e 22; L. JACOBS, L’avventurosa storia del cinema americano, Torino 1952, p. 465.
5 Per queste notizie e le seguenti cfr W. HAYS, The Memoirs of Will H. Hays, New York 1955, p. 466 ss.; La cinéma dans l’enseignement dell’Église, Roma 1955, 259 ss.
6 M. QUILLEY, Decency in Motion Pictures, New York 1937, p. 74; H. MERCILLON, op. cit., pp. 61 e 62.
7 Cfr Civ. Catt. 1960, IV, 497, nota 26; D. LORD, op. cit., p. 306.
8 I numeri chiusi in parentesi quadre nel testo rimandano ai numeri marginali del volume: BARAGLI, Cinema Cattolico, Documenti della Santa Sede sul cinema, Roma 1959. – Per l’episcopato, cfr Relazione Cantwell (in Le cinéma dans..., cit., p. 264): «In pratica si può affermare che il 25% di tutti i film prodotti da Hollywood ogni anno sono radicalmente dannosi ed immorali».
9 W. PARSON, Motion Picture Morality, in America, 15 nov. 1930, pp. 131-133.
10 Cfr G. KELLY – J.C. FORD, The Legion of Decency, in Theological Studios, 1957, vol. 18, pp. 392-393; W. HAYS, op. cit., p. 449. – Forse a ciò si riferisce anche la notizia del padre BARBERA: «Un’altra associazione di chiese protestanti, la Società ecclesiastica e missionaria di Brooklyn, per mezzo del suo comitato per la riforma morale e civile, deliberò di formare un gruppo di protestanti, cattolici ed ebrei per sollecitare la vigilanza della Commissione di polizia di New York sui pericoli del cinema nella metropoli» (Civ. Catt. 1935, I, 14). – Blind e Block booking equivalgono a “contratti in bianco o in blocco”, e valgono per il metodo di distribuzione di film nel quale l’esercente si impegna a noleggiare, insieme con uno o più film di valore, o di cassetta (“locomotive”) che egli desidera, tutto un lotto di altri film scadenti (“vagoni”): cfr H. MERCILLON, op. cit., p. 120.
11 Dettero il tracollo alla pazienza del padre gesuita i due film: No bed of Her Own (con C. Gable e C. Lombard) e Hell’s Angels, di H. Hughes (con J. Harlow) (D. LORD, Played by Ear, cit., p. 307).
12 G. KELLY – J.C. FORD (op. cit., p. 391), i quali, pero, attribuiscono questo merito non al Burke, bensì a «mons. Joseph M. Corrigan, rettore dell’Università Cattolica di America»; ma errando, perché questi nel periodo 1933-1936 non era ancora di scena, essendo rettore del seminario di Filadelfia; soltanto il 27 marzo 1936 fu nominato rettore della Catholic University of America. (Da una cortese comunicazione del card. A.G. Cicognani).
13 L’immagine guerresca gli deve essere stata suggerita dal rapporto ufficiale della Commissione episcopale, che adopera un «dar fiato alle trombe» (cfr Report of the Episcopal Committee on Motion Pictures, Washington 1935, p. 1).
14 Discourses of his Excellency the most reverend Amleto Giovanni Cicognani, Apostolic Delegate ..., Washington 1933, p. 13.
15 Non consta di «un incitamento personale del papa Pio XI», di cui scrive SADOUL (Vita di Charlot, Torino 1952, p. 206). Ma il suo pensiero era stato sufficientemente espresso, oltre che con accenni nelle due encicliche Divini Illius Magistri, del 31 dic. 1929 [8-11], e Casti connubii, del 30 dic. 1930 [12-13], nei due discorsi del 16 febbr. 1931 [14-17] e del 18 marzo di quell’anno 1933 [18-20]. È naturale che poi Roma si interessasse della cosa. Consta, infatti, che il card. Pacelli, Segretario di Stato, chiese una relazione minuta di tutta la campagna, richiesta che l’Episcopato americano sodisfece ad abundantiam, curando il citato volume Report of the Episcopal Committee on Motion Pictures (ivi, p. 379). Sulla risonanza delle parole del Delegato Apostolico, cfr ivi, pp. 76, 152, 184, 192; sulla sua presenza alla promessa di 55.000 fedeli di Cleveland, p. 347.
16 W. HAYS, op. cit., p. 450.
17 D. LORD, op. cit., p. 310. Tra gli scottati ci fu anche il De Mille per il suo Segno della Croce, (1932), che al padre Lord parve intollerabile con le sue sadiche crudeltà, la smodata rappresentazione dei vizi, della crudeltà e della corruzione romana. Un dirigente della casa gli rilevò che il film non faceva cassetta. Lo stesso De Mille gli scrisse una lettera chiedendogli se poteva convincere i giovani a mutare quel loro atteggiamento. Il padre Lord gli rispose che il responsabile di «quel loro atteggiamento» era lui, e che sperava che lo continuassero.
18 J. CANTWELL, The Motion Picture Industry, in Ecclesiastical Review, febbraio 1934. Il testo inglese ai trova anche in Le cinéma dans, cit., pp. 258,269; la traduzione italiana, non sempre fedele, in Osservatore Romano, 12 luglio 1934, e in Rivista del Cinematografo, 1934, n. 7, p. 155 s.
19 Le cinéma dans..., cit., p. 247.
20 Con lettera del 6 marzo 1934 (ivi, pp. 276-277), comunicava al clero la Relazione Cantwell; quindi lo incitava 1) ad ammonire i fedeli dei pericoli morali del cinema; 2) a boicottare quelli immorali; 3) ad unirsi in una “santa crociata” con altri gruppi per la moralizzazione del cinema; 4) e ad istituire a questo scopo un ufficio parrocchiale; finalmente: 5) spronava tutte le associazioni cattoliche ad unirsi all’impresa, e 6) prometteva di interessare alla stessa tutte le scuole cattoliche.
21 Il Report of ... , cit., p. 25, riferisce semplicemente: At the first meeting the Pledge of Legion of Decency was approved. L’HAYS (op. cit., p. 451), non sappiamo su quali fonti, scrive che la campagna fu proclamata ufficialmente a Washington il 28 aprile. Pare tuttavia che il giorno preciso della nascita della Legion non si conosca. Anche la lettera gratulatoria della Segreteria di Stato in occasione del 25° della Legion scrive, senza precisare, «nel mese di aprile» (Bulletin d’information, 1959, D. 58, p. 5).
22 Neanche il padre LORD (op. cit., p. 311) sapeva a chi attribuire la paternità di questo termine. La nostra rivista ha trattato quattro volte della Legione dell’onestà e di quanto l’ha preceduta: M. BARBERA, L’autocensura dei produttori della cinematografia in America (Civ. Catt. 1931, III, 209-217); (in Cronaca estera: 1934, III, 218-219); Cinematografo, stampa: Legione della decenza (1935, I, 3-16); E. BARAGLI, Vent’anni dopo la Vigilanti cura (1956, IV, 521-532). Tra gli altri hanno scritto sull’argomento il padre A. DULLES S.I. (The Legion of Decency, in America, 2 giugno 1956, pp. 240 e 242, e poi, con lo stesso titolo, in un opuscolo a parte, dell’America Press, 1956).
Il termine Legion of Decency si incontra per la prima volta in un documento ufficiale nel testo della “Promessa”, che qui sotto riportiamo. Per l’Italia, fin dal 1935, il nostro padre Barbera notava che «si potrebbe da noi tradurre: Legione dell’onestà, o del decoro» (1935, I, 13); di fatto, però, egli adoperò sempre la dizione Legione della decenza, che noi non riusciamo a giudicare accettabile. Considerando quindi che essa non viene mai usata nei documenti ufficiali della Santa Sede –, i quali usano soltanto l’originario Legion of Decency, reso in latino con Legio a decentia –, in un primo tempo noi preferimmo la dizione Legione dell’onestà; (Civ. Catt. 1956, IV, 524), poi in Cinema cattolico (cit.) ripiegammo su Legione del decoro [56, 65, 66, 72]; ma oggi torniamo alla prima, che ci sembra, insieme, più conforme all’indole della lingua italiana ed alla natura della Legione, come apparirà da queste pagine.
23 G. KELLY - J.C. FORD, op. cit., p. 395; ivi anche la formula ridotta, che riportiamo verso la fine di questo articolo.
24 Notiziario della Pontificia Commissioni, per la Cinematografia, 1° dic. 1952, p. 2. Nel volume ciné0ma dans..., cit., si riportano, di questo periodo, i quattro documenti cardinalizi (pp. 236-249) e due di vescovi (pp. 278-285). Per tutta la serie completa cfr Report of ..., cit., dove, tra l’altro, si riportano anche 73 lettere di vescovi e del clero alla Commissione, 42 articoli e radioconversazioni di sacerdoti e di laici, 92 relazioni di diocesi.
25 Ivi, ed anche cinéma dans..., pp. 270-275. Dopo l’adunanza di Cincinnati anche la signora Roosevelt parlò alla radio in favore della crociata (Rivista del Cinematografo, 1934, n. 7, p. 161).
26 J.F. LOORAM, Revue Internationale du Cinéma, 1949, n. 1, pp. 21-23; D. LORD, in Rivista del Cinematografo, 1938, n. 2, p. 27.
27 Report of ..., cit., p. 331, e Notiziario della Pontificia Commissione per la Cinematografia, cit., p. 2; G. KELLY – J.C. FORD, op. cit., p. 395. – Il padre BARBERA scrive di dieci milioni (Civ. Catt. 1935, I, 14). Manifestamente infondata è la somma di venti milioni data da M. BARDÈCHE - M. BRASILLACH, Histoire du cinéma, Parigi 1954, vol. II, p. 106, perché a venti milioni arrivavano tutti i cattolici degli Stati Uniti.
28 Rivista del Cinematografo, cit., p. 27.
29 Il padre LORD (ivi, p. 25) dà i seguenti dati per il 1934: Spettatori: milioni 70, di cui 28 sotto i 21 anno, 11 sotto i 14.
30 Vescovo di Oklahoma City e Tulsa (10 giugno 1934), in Le cinéma dans..., cit., p. 278 ss.
31 Riportato in Civ. Catt. 1935, I, 10-11. Supponiamo che il brano si riferisca all’opuscolo The Motion Pictures Betray America, di cui il padre Lord scrive: «Vi pubblicai fredde statistiche su tutte le rapine, le seduzioni, adultèri, i figli illegittimi, gli assassini e gli orrori. Feci i nomi, e manifestai apertamente quel che pensavo di alcuni produttori che facevano recitare le loro mogli in ruoli di donne spudorate ed immorali. Accusai l’industria di aver imbrogliato col Codice, che le sue società erano un pericolo per la moralità, che pregiudicavano l’avvenire dell’America e che divulgavano in Europa la corruzione americana, e che i loro autori erano furfanti irresponsabili, i quali, per brama di danaro, avrebbero prostituito le loro sorelle. Il signor Quigley vi rilevò qualche inesattezza circa l’organizzazione dell’industria, poi mi comunicò che l’Hays e la sua organizzazione divisavano di citarmi in tribunale. Risposi che sarei stato felice di poter esporre in pubblico tutte le edificanti cose su cui mi ero documentato, perciò che l’Hays procedesse pure. Ciò convinse me ed il padre Dinneen che i nostri contatti con l’industria erano stati uno sbaglio... e che era ormai tempo di passare a quella più persuasiva arma che è il boicottaggio» (Played by Ear, cit., p. 308).
32 20 giugno 1934, riportato da G. KELLY - J.C. FOllD, op. cit., p. 394 ss.
33 Rivista del Cinematografo, 1934, n. 7, p. 161. – Secondo il Corriere della Sera (Il corriere di cinelandia, 29 giugno 1934), mons. John Duffy, vescovo di Syracuse, parlando alla radio «avrebbe invitato gli ebrei, popolazione così intimamente morale, a far pressione sui loro correligionari, che occupano una parte preponderante nell’industria, affinché questa sia ricondotta al rispetto dei principi morali e della decenza».
34 Così CLIFFORD HOWARD ne riferiva su Intercine (1935, n. 5, p. 262 ss.) l’anno appresso: «Sul principio dell’estate scorsa il cinema americano dovette fronteggiare una delle situazioni più critiche della sua movimentata storia, situazione senza precedenti, tanto nelle sue caratteristiche quanto nelle sue possibili disastrose conseguenze. Sotto gli auspici della Chiesa cattolica romana, la parte migliore del pubblico americano iniziò un movimento di rivolta contro Hollywood e un boicottaggio in grande stile dei film da essa provenienti. La profonda impressione che si produsse nel paese in seguito a questa subitanea e pericolosa campagna è nulla in paragone della costernazione in cui piombiò Hollywood: fu come una bomba scoppiata senza preavviso, in una fortezza fino allora considerata inespugnabile. La campagna del boicottaggio, e l’immediata adesione che suscitò ovunque, cadde come un fulmine a ciel sereno sull’industria cinematografica... Attaccare la sorgente dei guadagni dell’industria significava minacciarne la stessa esistenza».
Ed ecco la prima eco di quei fatti nella stampa laica italiana: «Pluit super Sodomam et Gomorrham sulphur et ignem... Sta davvero per rovesciarsi su Hollywood il flagello che incenerì le sue consorelle bibliche? Così parrebbe se dobbiamo credere agli anatemi premonitori. Mai, dopo le agitazioni del ’20-’22, l’industria cinematografica americana si è trovata a dover fronteggiare una levata di scudi tanto vasta e minacciosa come quella che sta sollevando in questo momento una parte dell’opinione pubblica degli Stati Uniti. Chiese, fondazioni educative, associazioni femminili hanno iniziato una vasta crociata per la moralizzazione del cinematografo. È un movimento abilmente preparato, abilmente diretto e che può avere per l’industria conseguenze gravissime: un movimento paragonabile, per il suo carattere nazionale e per la sua violenza riformatrice, a quello che portò al proibizionismo... Come si vede, è una cosa seria. E Hollywood? Chi dice che è annichilita, chi dice che si prepara alla controffensiva e che i produttori abbiano già stanziato un fondo segreto di venti milioni di lire per controbattere la campagna. Probabilmente aspetta, fidando anche nelle possibili intemperanze degli avversari. Quest’azione in grande stile dei cattolici americani va attentamente seguita perché potrebbe avere degli effetti anche in Europa...» (Il Corriere della Sera, cit.).
35 W. HAYS, op. cit., p. 452; D. LORD, cit., p. 27.
36 W. HAYS, op. cit., p. 452 ss. – Una relazione parallela è nel resoconto di Cincinnati, steso per la stampa da mons. McNICHOLAS: Le cinéma dans..., cit., 250 ss., che erroneamente ivi porta la data del 16 dicembre, quando invece è manifestamente posteriore al 22 giugno 1934.
37 Gli impegni furono presi a nome delle undici case: R.K.0., Fox, M.G.M., Paramount, Warner Brothers, First National, Columbia, United Artists, W. Disney Production, Pathé, Principal Pictures; e mons. McNicholas ne dette comunicazione nell’Ecclesiastical Review (Report of ..., p. 26). La stessa Commissione, poi, tenne altre due adunanze: l’una a Rome City (Indiana), dall’8 all’11 luglio, l’altra a Chicago, il 27 settembre 1934 (ivi, p. 25).
38 Il padre BARBERA aggiunge (non sappiano da quale fonte): «Se l’industria non starà ai patti, i vescovi di tutte le diocesi disporranno che i loro fedeli ai astengano da qualsiasi film per un periodo non inferiore a una settimana, da determinarsi dalla Commissione dei quattro vescovi» (Civ. Catt. 1935, I, 15).
39 Ne fanno preziosa testimonianza la lettera dell’Hays al McNicholas, del 10 agosto, e la risposta di questi all’Hays, del 14, riportate ambedue in Report of..., cit., pp. 403 e 404.
40 Per le sue mansioni e per il suo funzionamento cfr M. QUIGLEY, op. cit., pp. 78 ss.
41 Intercine, cit. – Venti anni dopo, H. MERCILLON, di solito equilibrato e ben documentato nei suoi giudizi, stimava sul 40% il calo di frequenza massimo che il boicottaggio della Legione poteva causare (op. cit., p. 59). Non sappiamo con quale fondamento poi siano state numerate tra le vittime illustri della Legione: Modern Times (1936) e Monsieur Verdoux (1947) di Chaplin (SADOUL, Vita di Chaplin, cit., pp. 206 e 205), Two-Faced Woman (1941) della Greta Garbo, con conseguente definitivo ritiro della “divina” (J. BAINBRIDGE, Greta Garbo, Milano 1956, p. 227).
42 Ne furono membri: mons. Hugh L. Lamb, don Edward Robert Moore, don George F. Johnson, padre Fitz George Dinneen e don John J. Devlin (Report of...,cit., p. 27).
43 Ne era presidente la signora Thomas A. McGoldrick. – Contro maligne supposizioni, il padre W. PARSONS (cit.) precisava: «L’ufficio non riceve sovvenzioni dall’industria sotto nessun titolo, neanche per rifusione di spese. Esso a proprio carico esamina i film, li qualifica, stende il suo giudizio su quelli buoni e, una volta terminato il lavoro, ne invia, tra gli altri, una copia all’Hays Association, la quale poi, con i mezzi propri lo riproduce e lo invia a quanti ne fanno richiesta». Per gli anni 1931-’32 il padre LORD (p. 28) fornisce questi dati: 89 esaminatrici, a New York e a Hollywood, esaminarono complessivamente 3.740 film della M.P.P.D.A. ed esteri, con da 8 a 12 voti ciascuno, totalizzando 22.400 voti, impiegando gratuitamente 179.520 ore. I produttori in due anni ebbero motivo di sporgere solo una mezza dozzina di reclami.
44 «Il nostro bollettino diocesano The Southwest Courier, appena si sarà attrezzato per ciò, pubblicherà una lista bianca di film permessi» (mons. F. KELLEY, in Le cinéma dans..., cit., p. 282).
45 Difendeva ancora questa opinione W. PARSONS scrivendo: «La prassi di ignorare i film dannosi fu adottata quando fu palese che il combatterli come immorali costituiva per essi la più ambita delle réclame. L’unico mezzo efficace indicato dallo slogan adottato dalla commissione dell’I.F.C.A.: “Col vostro biglietto d’ingresso manifestate la vostra scelta migliore”» (op. cit.).
46 Per tutte queste notizie cfr specialmente la Relazione McNicholas, in Le cinéma dans..., cit., p. 253 ss., e G. KELLY - J.C. FORD, op. cit., pp. 397 ss.; D. LORD, ivi. Per il verbale e le decisioni di questo incontro cfr Report of..., cit., pp. 379-383.
47 Usarono come guide il Decency in Motion Pictures, di M. QUIGLEY, cit., e le due pubblicazioni della N.C.W.C.: How to Judge the Morality of Motion Pictures, e RICHARD DANA SKINNER, The Morals of the Screen (estratto di The Catholic Educational Review, ottobre 1935); G. KELLY - J.C. FORD, op. cit., p. 398.
48 G. SADOUL, Histoire du cinéma mondial, 1949, p. 258, e Storia del cinema, Torino 1951, p. 333; Vita di Charlot, cit., pp. 205 ss. – G.N. FENIN, ragguagliando Cinema Nuovo (1956, p. 131), scrive: «La Legion of Decency un’associazione cattolica che opera in base ai principi di questa fede, arrogandosi una sorta di monopolio in materia di questioni religiose. In tal modo, ad esempio, data la nota avversità cattolica al divorzio, i film sfioranti l’argomento vengono tagliati, ed ecco protestanti, luterani, israeliti, in una parola i seguaci di altre confessioni, obbligati a sottostare al diktat parrocchiale di una sola fede, con quale piacere e con quale libertà di pensiero è facile immaginare». Per TOM GRANICH (prima in Cinema, nuova serie, 1949, n. 11, p. 338 ss., e poi, recidivo, nel volumetto Humphrey Bogart, 1956, pp. 12-16) la Legione, «organizzazione puritana a sfondo cattolico... ebbe un’influenza decisiva nell’evoluzione dei film gangster», in funzione dei quali, del reato, sarebbe stata creata. Infatti il Nostro, non sappiamo su quali documenti, la ricollega all’uccisione del notissimo gangster Vincent Coll, detto Baby Killer, al rapimento ed uccisione del figlio di Lindberg ed infine allo svaligiamento della Koch and Co. Real Estate, di Chicago, avvenuti rispettivamente nel febbraio, marzo e settembre del 1932. Con evidente senso di tempestività, «censori e moralisti si unirono nel 1934 in un gruppo compatto ed organizzato, che si chiamò Legion of Decency», la quale assiduamente indagò sulle cause del gangsterismo e cercò di spiegare il suo impressionante sviluppo. Le conclusioni delle ricerche furono disarmanti. Non era difficile – continua la prosopopea marxista del Nostro – in verità, formulare un giudizio obiettivo sul fenomeno... Come ogni difetto della società, anche il gangsterismo traeva origine e sviluppo dalle contraddizioni della società stessa. Eliminando le contraddizioni, si sarebbero eliminati, almeno in parte, anche i difetti. Tutte le persone intelligenti si trovarono d’accordo su questo concetto... Ma la Legion of Decency (evidentemente refrattaria ad ogni forma d’intelligenza!) non fu d’accordo. La società, per i dirigenti della Legione, non aveva bisogno di essere cambiata, tutto andava benissimo com’era. Le cause dei difetti andavano cercate altrove; e altrove andavano cercate le soluzioni. Una delle conclusioni che uscì dai meetings della Legion of Decency (ma dove l’ha trovata?) fu la seguente: «Il film di gangster non è riuscito ad eliminare il gangsterismo. Quindi il film di gangster lo incoraggia. Stronchiamo il film di gangster ed avremo risolto il problema». (Dopo di che, vittoriosamente, conclude: «Hollywood non fu in grado di reagire ai banali sillogismi della Legion of Decency!»).
49 H. MERCILLON, op. cit., p. 59.
50 Bulletin d’information, cit., pp. 5 ss.