NOTE
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1 Due presenze cattoliche, in Civ. Catt. 1963, I, 565-567.

2 Il cinema e l’educazione allo schermo, Milano, Centro Studi Cinematografici, 1965, in-16º, pp. 175.

3 MARIOLINA GAMBA, Il mondo delle immagini, Milano, Centro Studi Cinematografici, 1965, in-16º, pp. 143.

4 Cinema e televisione come realtà temporali, Milano, A.C.E.C., 1965, in-16º, 282.

5 N. TADDEI, Trattato di teoria cinematografica - I: L’Immagine, Milano 1963 (Civ. Catt. 1964, IV, 153).

6 Civ. Catt. 1961, I, 293.

7 Non è senza un po’ di commozione che ricordiamo la primavera del 1959, data alla quale rimonta la prima prova della, allora, insolita iniziativa, di cui, per bontà del caro Presule, fummo testimoni e parte. Ne riferimmo poi subito su questa rivista in Per una iniziazione cinematografica del pubblico, in Civ. Catt. 1959, III, 25.

8 A parte, anche qui, in alcuni capitoli, numerosi refusi tipografici (tra i più sorprendenti: un mulum che pascola abusivamente a p. 199, ed un – a molti ignoto – regista Fralino, a p. 256), rileviamo una certa imprecisione nell’uso dei termini «mezzi» e «strumenti», rispetto alla esatta terminologia dell’Inter mirifica, e l’adozione di una traduzione di questo stesso Decreto che non migliore di quella – per quanto non ufficiale – forse più attendibile, pubblicata dalla Pontificia Commissione delle Comunicazioni Sociali (Bollettino d’informazioni, Città del Vaticano 1964, n. 71). Specialmente, poi, trattandosi di formare il clero, la Bibliografia l’avremmo preferita più abbondante e, soprattutto, ragionata; siccome poi lo riteniamo molto utile allo scopo per il quale unicamente è stato molto faticosamente compilato, avremmo gradito di trovarvi menzionato anche il nostro Cinema Cattolico (2ª ediz., Roma 1965).

9 La distinzione è nettamente tenuta presente da Pio XII nella Miranda prorsus, là dove (n. 154), circa il sacerdote recettore, scrive: «Se il sacerdote ne usa per sé, il suo esempio di prudenza, di temperanza e di senso di responsabilità riesca di edificazione a tutti i fedeli»; mentre, circa il sacerdote pastore di anime, specifica: «Egli deve conoscere tutti i problemi che il cinema, la radio e la televisione pongono alle anime dei fedeli... Egli può e deve sapere quel che affermano la scienza, l’arte e la tecnica moderna, in quanto riguardano il fine e la vita religiosa dell’uomo. lmpàri ad utilmente servirsi di questi strumenti quando... lo richiederà la natura del suo ministero sacro e la necessità di giungere a un più gran numero di anime» (E. BARAGLI, Cinema Cattolico, Roma 1959, n. 662).

10 Una prova in questo senso l’ha tentata lo Studio Romano della Comunicazione Sociale editando un Corso elementare di filmologia (Roma 1965) ad esclusivo uso di quanti seguano lezioni ed esercitazioni nei corsi, appunto, elementari, indetti dalla stessa Associazione.

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Articolo estratto dal volume I del 1966 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

Già una volta non ci lasciammo sfuggire l’occasione di dire bene del Centro Studi Cinematografici di Milano1; e non ce la lasciamo sfuggire neanche oggi che veniamo a conoscenza di altre tre sue iniziative, ancora di carattere editoriale, tutte intese a quella formazione dei recettori degli spettacoli cinematografici e televisivi, su cui tanto insiste il decreto conciliare Inter mirifica. Presentiamo, perciò, (brevemente) la prima2 – diretta ai maestri-, e la seconda3 - ad uso degli alunni della scuola media inferiore; e poi (meno brevemente) la terza4, diretta al clero in formazione.

Il cinema e l’educazione allo schermo contiene appunti delle lezioni tenute dai docenti Mariolina, Lucia e Antonio Gamba – un trio, pare, veramente in gamba! – e da Camillo Bascialli, don Francesco Ceriotti e don Natale Soffientini, in un corso ministeriale di addestramento svoltosi nel 1964-1965. Vi si avvertono, anche espliciti, molti echi del noto volume del p. Taddei5. Tra le cose buone: specialmente una visione globale degli aspetti del cinema (oltre i soliti: estetici e moralistici), posti anche in relazione e in parallelo con quelli similari della televisione. Tra le cose meno eccellenti: qualche genericità ed inesattezza, ed abbondanti refusi tipografici.

Autrice di Il mondo delle immagini è la già ricordata Mariolina Gamba, che ripresenta oggi, largamente ritoccato, quanto due anni fa pubblicava in prima edizione ed a titolo sperimentale. Si tratta di un sussidio ai corsi di educazione allo schermo che da anni lo stesso Centro Studi Milanese va organizzando nell’àmbito scolastico. Anche se chiaramente ispirato, tra l’altro, ai testi francesi Film et jeunesse6, rivendica con diritto il merito di rappresentare il primo tentativo del genere in Italia. Giustamente insiste molto sul cinema e sulla televisione come «linguaggi» (noi diremmo: come «comunicazione»); non disgiunge le nozioni teoriche dai consigli pratici, ed accompagna il testo con spiritosi disegni e con la necessaria esemplificazione fotografica; la quale ultima, siamo certi, in una terza edizione otterrà una resa tipografica migliore, con incremento di utiliità didattica.

Al volume dal titolo, molto impegnativo, Cinema e televisione come realtà temporali hanno, invece, collaborato nove sacerdoti (E. Bruno S.I., E. Cappellini, Fr. Ceriotti, L. Finetti, F. Fossati, R. May, L. Pignatiello, G. Scalvini e N. Soffientini) ed il professor Fiorenzo Viscidi. La materia – parzialmente proveniente dalle due pubblicazioni precedenti e d’altronde – si sviluppa in quattro parti. Nella prima delle quali si trattano gli Aspetti e problemi del fenomeno cinematografico e televisivo; argomento della seconda è La società civile e la Chiesa di fronte agli stessi; la terza è dedicata a Lo spettatore e, finalmente, nella quarta il Viscidi tenta una panoramica sulle Concezioni ed interpretazioni dell’uomo nella storia del cinema. In Appendice: Norme e disposizioni per l’esercizio cinematografico in Italia, ovviamente consigliate dal fenomeno, tutto italiano, delle cosiddette sale parrocchiali.

Ambito e limiti della raccolta vengono lealmente ammessi in una Precisazione (p. 4), dove si nota che il volume vuol essere «un sussidio per i corsi di formazione cinematografica che da alcuni anni, per desiderio del compianto mons. Giuseppe Piazzi, si vanno tenendo in tutti i seminari della Regione Lombarda7. Il volume non è un testo organico, ma una raccolta di brevi saggi... sugli argomenti da proporre nei suddetti corsi. Più che un punto di arrivo, un qualcosa di definitivo, esso rappresenta un punto di partenza, un materiale da collaudare e da perfezionare attraverso il cordiale apporto della critica costruttiva di quanti lo vorranno usare».

In realtà, quasi tutto di quanto vi si espone è ormai comune e pacifico tra i competenti. Tuttavia, alcuni aspetti e cose vi sono eccellenti – per esempio: l’aderenza fedele al magistero della S. Sede –, ed anche inediti nell’editoria del settore; così certi rilievi del p. Bruno, e vari autonomi giudizi del Viscidi, lodevolmente estranei a certo confusionismo, oggi più che mai fomentato da parte anche di cattolici e di sacerdoti, più bene intenzionati che preparati in materia di cinema ed affini. Qua e là, invece, qualche punto opinabile (e discusso) è dato per certo, e perciò andrebbe ridimensionato (per esempio, a pag. 23), mentre alcune inesattezze o sviste andrebbero rivedute e corrette8.

A questo punto potremmo finire la nostra presentazione con i rituali auguri di buon successo, magari vantandoci di aver bene meritato rispetto all’A.C.E.C. Lombarda, dato che chiude la sua Precisazione promettendo la propria riconoscenza «a quanti, usando il volume, vorranno segnalarne limiti e difetti». Ma l’argomento della formazione dei recettori, specialmente tra il clero, ci sembra troppo grosso ed urgente per chiuderlo in questa maniera. Preferiamo, perciò, offrire anche un modesto contributo positivo alla sua soluzione. Crediamo, prima di tutto, che, indiscutibili restando i meriti dei pionieri, in argomento di strumenti della comunicazione sociale sia ormai giunto il tempo di chiudere la fase dei tentativi, e, sulla traccia e con la spinta del Decreto conciliare, sia ora di passare decisamente a quella delle realizzazioni sistematiche e stabili. Di realizzazioni, diciamo, che partano da una programmazione, su piano nazionale, di mete da raggiungere, di uomini da preparare e mobilitare, di mezzi da impiegare; o, quanto meno, di realizzazioni che in detto piano s’inseriscano come parti integranti.

Riguardo al settore particolare della formazione dei recettori, opiniamo che questa programmazione: a) rispetto al contenuto di essa, dovrebbe tener presenti tutti gli strumenti della comunicazione sociale, e non soltanto il cinema, magari accompagnato dalla televisione come sua appendice; e: b) che rispetto ai soggetti da formare, dovrebbe prevedere due momenti operativi. Il primo – chiamiamolo pure «di emergenza» – dovrebbe essere subito posto in atto, e su più larga scala possibile, essendo il suo scopo: provvedere una sufficiente iniziazione a tutti gli attuali recettori, dato che, nella stragrande maggioranza, bisogna ritenerli specificamente impreparati. In pochi anni, se l’azione sarà tempestiva ed organica, questo primo momento di emergenza dovrebbe andare via via esaurendosi in favore del secondo; cioè: della iniziazione ed educazione sistematica e distribuita nel tempo, venga essa inclusa nelle materie d’insegnamento dei normali quadri scolastici (e catechistici), o meno.

Crediamo, inoltre, che nel settore particolare della formazione specifica del clero, il problema debba ulteriormente e nettamente sdoppiarsi. Altri, infatti, saranno còmpiti e limiti di una iniziazione educazione dei chierici in quanto recettori, ed altri quelli della formazione che loro competerà come futuri (o in atto) pastori di anime (per non parlare della vera e propria competenza specifica richiesta in quanti si preparassero ad operare a più diretto contatto col mondo degli strumenti della comunicazione sociale)9. E, ovviamente, nella elaborazione dei relativi testi non si potrà non tener conto di tutto ciò. Per esempio: per il chierico-recettore (e chi non lo è?) dovrebbe bastare, sostanzialmente, quel che occorre ai recettori comuni; vale a dire: un inquadramento generale di nozioni essenziali e di principi sicuri, in armonia con lo sviluppo culturale generale mano mano raggiunto dal discente; inquadramento, però, che venga rapportato continuamente alla prassi, sia con esercitazioni opportunamente predisposte, sia nelle esperienze della vita quotidiana (normali spettacoli di cinema o televisivi, lettura di giornali e riviste, ecc.).

Tra l’altro, crediamo che, a questo livello, siano preferibili testi di un solo autore; perché presentano il vantaggio di univocità di termini e di omogeneità di dottrina, come pure, se vi si fa attenzione, di equilibrio di aspetti10; vantaggi che, invece, più difficilmente potranno riscontrarsi in opere di collaborazione, perché facilmente le singole monografie, quand’anche concordino nei termini e nelle opinioni – cosa niente affatto necessaria in testi di studio non elementari –, facilmente tenderanno a rilevare, o a troppo sviluppare, qualche aspetto a danno di altri.

Ben altrimenti, invece, dovranno impostarsi e strutturarsi i testi destinati a preparare i (futuri) sacerdoti alla loro specifica sensibilità ed attività pastorale. Intanto dovrebbe escludersi da essi, come supposto già noto, quasi tutto ciò che si sia svolto nei corsi elementari (per i recettori); ma dovrebbero escludersi anche saggi particolari, e sviluppi accessori, più adatti a libri ed a riviste di aggiornamento. Vi si dovrebbe, invece, proporre tutto e solo – ma redatto con rigore scientifico, e sufficientemente documentato – quanto occorra ad una visione globalmente pastorale degli strumenti in questione, nella duplice loro funzione: di «umanesimo» (nella plenitudine del termine): vale a dire rispetto a tutti i genuini valori umano-temporali, sia individuali sia societari; e di predicazione specificamente cristiana: vale a dire rispetto ai valori umano-eterni di divinizzazione, anche qui: così individuale come sociale.

E crediamo che questo programma sia tanto bello quanto urgente. Che, dunque, quanti finora hanno bene meritato «sperimentando», trovino energie e mezzi per passare senza indugi alla sua realizzazione. Questa la nostra speranza. Questo il nostro augurio.

1 Due presenze cattoliche, in Civ. Catt. 1963, I, 565-567.

2 Il cinema e l’educazione allo schermo, Milano, Centro Studi Cinematografici, 1965, in-16º, pp. 175.

3 MARIOLINA GAMBA, Il mondo delle immagini, Milano, Centro Studi Cinematografici, 1965, in-16º, pp. 143.

4 Cinema e televisione come realtà temporali, Milano, A.C.E.C., 1965, in-16º, 282.

5 N. TADDEI, Trattato di teoria cinematografica - I: L’Immagine, Milano 1963 (Civ. Catt. 1964, IV, 153).

6 Civ. Catt. 1961, I, 293.

7 Non è senza un po’ di commozione che ricordiamo la primavera del 1959, data alla quale rimonta la prima prova della, allora, insolita iniziativa, di cui, per bontà del caro Presule, fummo testimoni e parte. Ne riferimmo poi subito su questa rivista in Per una iniziazione cinematografica del pubblico, in Civ. Catt. 1959, III, 25.

8 A parte, anche qui, in alcuni capitoli, numerosi refusi tipografici (tra i più sorprendenti: un mulum che pascola abusivamente a p. 199, ed un – a molti ignoto – regista Fralino, a p. 256), rileviamo una certa imprecisione nell’uso dei termini «mezzi» e «strumenti», rispetto alla esatta terminologia dell’Inter mirifica, e l’adozione di una traduzione di questo stesso Decreto che non migliore di quella – per quanto non ufficiale – forse più attendibile, pubblicata dalla Pontificia Commissione delle Comunicazioni Sociali (Bollettino d’informazioni, Città del Vaticano 1964, n. 71). Specialmente, poi, trattandosi di formare il clero, la Bibliografia l’avremmo preferita più abbondante e, soprattutto, ragionata; siccome poi lo riteniamo molto utile allo scopo per il quale unicamente è stato molto faticosamente compilato, avremmo gradito di trovarvi menzionato anche il nostro Cinema Cattolico (2ª ediz., Roma 1965).

9 La distinzione è nettamente tenuta presente da Pio XII nella Miranda prorsus, là dove (n. 154), circa il sacerdote recettore, scrive: «Se il sacerdote ne usa per sé, il suo esempio di prudenza, di temperanza e di senso di responsabilità riesca di edificazione a tutti i fedeli»; mentre, circa il sacerdote pastore di anime, specifica: «Egli deve conoscere tutti i problemi che il cinema, la radio e la televisione pongono alle anime dei fedeli... Egli può e deve sapere quel che affermano la scienza, l’arte e la tecnica moderna, in quanto riguardano il fine e la vita religiosa dell’uomo. lmpàri ad utilmente servirsi di questi strumenti quando... lo richiederà la natura del suo ministero sacro e la necessità di giungere a un più gran numero di anime» (E. BARAGLI, Cinema Cattolico, Roma 1959, n. 662).

10 Una prova in questo senso l’ha tentata lo Studio Romano della Comunicazione Sociale editando un Corso elementare di filmologia (Roma 1965) ad esclusivo uso di quanti seguano lezioni ed esercitazioni nei corsi, appunto, elementari, indetti dalla stessa Associazione.

In argomento

Cinemaideale

n. 3008, vol. IV (1975), pp. 155-159:
n. 2970, vol. I (1974), pp. 582-585
n. 2861, vol. III (1969), pp. 390-394
n. 2831, vol. II (1968), pp. 472-474
n. 2824, vol. I (1968), pp. 376-378
n. 2815, vol. IV (1967), pp. 55-58
n. 2793, vol. IV (1966), pp. 263-268
n. 2744, vol. IV (1964), pp. 151-156
n. 2723, vol. IV (1963), pp. 473-486
n. 2706, vol. I (1963), pp. 565-567
n. 2636, vol. II (1960), pp. 124-39
n. 2617, vol. III (1959), pp. 17-31
n. 2612, vol. II (1959), pp. 113-124
n. 2605, vol. I (1959), pp. 66-69
n. 2555, vol. IV (1956), pp. 521-532
n. 2545, vol. III (1956), pp. 30-42
n. 2532, vol. IV (1955), pp. 601-609
n. 2519, vol. II (1955), pp. 526-535