Articolo estratto dal volume I del 1953 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Dal 15 al 21 settembre, promo dalla Federazione Internazionale di Documentazione (FID) ed organizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), si svolgeva a Roma il XVIII Congresso mondiale di Documentazione, il primo con sede in Italia. Dopo poco più di un anno, allo scadere del 1952, ne sono usciti gli Atti riferiti alla partecipazione italiana, con aggiunta di contributi e di studi riguardanti l’attività di documentazione in Italia1.
Un libro certamente fatto non per divertire. Già solo la sua presentazione incute soggezione: il formato in-4º, le pagine a doppia colonna, i riassunti quadrilingui che seguono ogni relazione, le note bibliografiche curate nei più minuti particolari, gli indici minuziosi e perfetti: tutto manifesta serietà e rigore scientifico, inconsueto, almeno in Italia, in raccolte di questo genere. Ma non meno impegnativo n’è il contenuto: il testo delle venti relazioni italiane2, inquadrate tra i dati del congresso3 ed alcuni complementi4 alle materie trattate in esso, con relative bibliografie. Queste si possono dividere in quattro classi, secondo l’argomento in esse svolto. La prima, più ricca delle altre, comprende i temi di documentazione in genere e le sue applicazioni ad alcuni campi particolari; la seconda verte sui sistemi di classificazione, e prevalentemente sulla Classificazione Decimale Universale (CDU); la terza indaga il settore particolare delle recensioni di articoli e di libri; la quarta, ed ultima, i mezzi tecnici sussidiari moderni di documentazione5.
Invece di fermarci su punti particolari, che interessano piuttosto gli specialisti, pensiamo di fare cosa utile ai lettori mettendoli a parte di alcune impressioni generali, che, a nostro parere, si possono ricavare dal libro. E la prima è questa: che il congresso mondiale di documentazione, e il volume che ne riferisce, sono un’altra prova, se ce ne fosse bisogno, della crisi della civiltà moderna, cioè del suo forzoso trapasso dall’era dell’uomo all’era della macchina; vogliamo dire: dell’uomo che aveva lo sguardo fisso al suo luogo di lavoro, ch’era tranquillo nell’usare il lento fluire del suo tempo, e della macchina, la quale, abolite le distanze e raccorciato il tempo, impone all’uomo il ritmo febbrile del pieno rendimento, per un lavoro svolto su piani e preoccupazioni mondiali. Ai sistemi di codificazione personale di bibliotecari e di archivisti, geniali forse e pittoreschi, ma di difficile intelligenza perché prevalentemente soggettivi, subentrano sistemi freddamente oggettivi e logici, quali per accennare ai due più noti ed universali, quello della Library of Congress e quello decimale universale escogitato da Malwil Dewey; i quali, con le loro combinazioni di lettere e di cifre, ai non iniziati potranno forse sembrare complicate espressioni algebriche o cabalistiche, ma intanto costituiscono ormai un linguaggio universale ed una divisione razionale dello scibile e della tecnica, accessibili alle mentalità e alle civiltà più disparate. L’opera paziente, ma anche lenta e difettosa dell’uomo, viene così sostituita dalla velocissima opera della macchina; al povero bibliotecario, capace di fare e smistare appena qualche centinaio di schede al giorno e di rispondere a richieste di clienti solo dopo lunghe indagini, ai cinquecento domenicani impiegati nel- 1200 per comporre la prima concordanza biblica latina, nonché ai cinquanta monaci occupati in un’altra concordanza nel 1700, succedono oggi, in attesa degli strabilianti selettori elettronici, i già meravigliosi congegni meccanografici, che interpretano 84.000 schede in 24 ore lavorative (le macchine non sentono la fatica!), ne selezionano 546.000, ne inseriscono 345.600, ne riproducono 144.000, ne tabulano o 103.200 o 216.000 secondo che lavorano in lista e ne stampano i soli totali (p. 89); ai lentissimi copisti di documenti, e agli ancor lenti fotografi non modernamente attrezzati, succedono le modernissime macchine automatiche per microfilm, capaci di riprodurre un articolo di cinque pagine in un minuto e mezzo, e in otto ore lavorative un volume di 4.000 pagine; in fotogrammi, di cui ben 120 entrano in una scheda formato internazionale mm. 125x75, con vantaggi non solo di tempo ma anche di consultazione e di maneggio.
Sembra, quest’ultimo, un particolare poco più che curioso, ed è invece uno dei segni di un mondo che tramonta e di un altro che sorge. Come, millenni fa, si passò dall’epoca della parola all’epoca della grafia pura, e da questa, sul finire del medio evo, all’epoca della grafia meccanica a pressione, oggi, dopo 500 anni di civiltà del libro, trapassiamo all’epoca della grafia meccanica per proiezione6. Volge al tramonto il libro come mezzo comune di diffusione della cultura e viene relegato nelle “biblioteche deposito”; si diffondono in sua vece i mezzi di stampa e di lettura magnetici su disco e su filo, quelli elettronici, e le microfotografie su carta, su film o su schede! Ci vuole giusto l’abitudine che ormai abbiamo fatta alle continue novità del progresso tecnico per non meravigliarci prevedendo – e non ci vuole molta fantasia! – le profonde variazioni che in tutto il mondo produrrà, un po’ in tutti i campi dell’attività umana, siffatta innovazione!
Altra considerazione, occasionata un po’ da tutte le relazioni, ma specialmente da non pochi elementi messivi qua e là in risalto, è la tendenza ad un prepotere del mondo della tecnica su quello della cultura umanistica, causato, si badi bene, dalla stessa natura degli elementi in giuoco. La cultura umanistica, infatti, per l’indole del suo oggetto, mal si piega alle esigenze del tutto meccaniche ed impersonali della macchina; la quale, invece, si adatta meravigliosamente a quelle della ricerca e della cultura tecnica; inoltre, la cultura umanistica direttamente tende ad affinare le qualità superiori dell’homo sapiens, le quali, troppo spesso, ahimè!, come la poesia: non dant panem!; mentre invece la tecnica, teoria e pratica, direttamente tende ad aumentare i ritrovati e i consumi dell’homo faber, o addirittura dell’homo lupus, per la guerra: i soli scopi che, secondo la mentalità materialistica del capitalista (individuo e Stato) moderno, mettano conto d’esporre gli ingenti capitali che di regola sono richiesti dalla macchina per la sua progettazione, esecuzione ed impianto. È naturale perciò che, anche sul piano della cultura (biblioteche, documentazione, schedari, sussidi bibliografici ecc.), la macchina venga applicata alla tecnica su larghissima scala. Si stabilisce così un processo d’influsso reciproco tra tecnica e cultura tecnica, che porta il progresso dell’una e dell’altra a punte altissime, mentre la cultura umanistica, lusso, sembra, di tempi ormai tramontati, resta costretta a fare la figura dignitosa, ma dimessa, di parente povera. Sì, nelle relazioni riportate nel volume, si è spesso parlato di biblioteche, e, trattandosi di biblioteche d’Italia, non s’è potuto ignorare il loro ricchissimo patrimonio umanistico, molto superiore a quello tecnico, del quale abbondano invece quelle di altri paesi, specialmente anglosassoni. Ma si legga l’elenco delle relazioni estere (pp. 155-159) e si vedrà che la tecnica vi tiene il campo incontrastata! La stessa applicazione delle macchine per la compilazione di sussidi di cultura umanistica, quali sono gli indici e le concordanze, anche supponendo che possa dare quei frutti che alcuni, forse troppo ottimisti, ne attendono, non crediamo che potrà avere molte attuazioni, almeno finché qualcuno, naturalmente in America, non vi vedrà un affare! In quanto, poi, all’auspicato centro nazionale di documentazione umanistica, le probabilità di successo, almeno per l’Italia, per le ragioni sopra addotte, a nostro parere sono ancora minori per un prossimo futuro.
E già che siamo caduti col discorso sull’Italia, proseguiamolo, facendone argomento della nostra terza ed ultima impressione.
Se abbondano nelle venti relazioni elementi positivi a onore suo, sia per le applicazioni sia per le innovazioni nel campo della documentazione, frequenti sono anche le lamentele sulle sue lacune, tanto che il lettore si domanda, dopo che forse se lo saranno domandato anche i partecipanti al congresso, se quella era l’occasione giusta per esporre al mondo le nostre deficienze. Tanto più che non si esclude che qualcuno, ascoltando allora o leggendo ora siffatti rilievi, sia indotto a confondere la tecnica della documentazione nella cultura con la cultura stessa, e conseguentemente a negare all’Italia un primato di cultura, corrivamente attribuito ad altri paesi solo perché avanzatissimi nella tecnica, anche documentaria. Del resto, non mancano ragioni che piegano questo nostro attardarci, quali per esempio, la nostra cronica povertà di mezzi, nonché la natura del materiale di cultura di cui siamo ricchissimi (biblioteche ed archivi), che, come s’è detto, è prevalentemente umanistico, al quale perciò non sempre né facilmente si adattano metodi e sistemi confacentisi invece alle biblioteche e agli archivi del mondo americano, che sono prevalentemente di cultura tecnica7.
Ma sembra che gli autori delle relazioni pensino anche a un’altra ragione, non del tutto onorifica per noi. Parlano, infatti, di «un’innata pigrizia a studiare problemi di una certa difficoltà, e di una coscienza ancora scarsa di ciò che ogni centro ed ogni singola industria può offrire ad altri delle proprie conquiste» (p. 47); di mancata efficienza «delle bibliografie correnti italiane..., che presta il fianco a critiche anche severe» (p. 51), di «suscettibilità ed individualismi esasperati, che in definitiva danneggiano il progresso dell’industria nazionale» (p. 178); e, a rincalzo della reprimenda, citano fatti che lasciano dolorosamente perplessi: «solo settanta su duecento enti rispondono favorevolmente ad un invito da parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche per una maggiore collaborazione nel campo della documentazione» (p. 47), «disinteresse nell’utilizzazione di mezzi tecnici e un certo pessimismo nell’avvalersene» (p. 119), stupefacente arteriosclerosi di una nazione che su problemi tecnici si avvale di schemi arrestatisi al 1902! (p. 125); nella quale nazione «si continua troppe volte ad affidarsi ai numerosi ed improvvisati documentatori, che, naturalmente, non solo non riescono a concludere nulla, ma gettano discredito su d’una tecnica ancora così giovane e bisognosa di cure attente e serie», ove e si continua a confondere la bibliografia con la tecnica documentaria e ad impiantare schedari il più delle volte ingombranti ed inutili. In conseguenza di questo deplorevole stato di cose, si seguita ad affermare (e lo si sente in bocca di elementi studiosi) che «la documentazione ognuno se la può fare per conto proprio, non riflettendo che una simile affermazione, allo stato delle cose, è piuttosto presuntuosa e lontana dalla realtà» (p. 181); e, per finire, sbalorditiva faciloneria verificata nelle bibliografie correnti di molti periodici tecnico scientifici (!) d’Italia, «manchevole, e su larga scala, sì da infirmare il risultato più saliente a cui devono aspirare lavori di questa natura, quello, cioè, della loro più rapida ed integrale utilizzazione» (p. 50).
E qui l’autore della rampogna sottopone al vaglio un’ottantina di quelle riviste tecniche e scientifiche, ne rileva «la penosa situazione dell’ordinamento, che, nella maggioranza dei casi, è costituito dal più pittoresco confusionismo..., che rivela un’incompetenza tecnica inconcepibile, e, si dovrebbe dire, intollerabile se confrontata con analoghi lavori di altri Paesi. Scarso il rispetto per le più comuni norme catalografiche..., indicati i dati bibliografici con metodi anarcoidi...; empirismo..., secondo prassi di lavoro che rivelano impreparazione e fretta; carenza quasi assoluta di sistemi classificatori... Nel campo delle bibliografie delle riviste mediche... le caratteristiche esteriori si potrebbero definire anarchiche, tanto sono discordanti, caotiche, avulse da prassi normative... e solo in base alla faciloneria dell’empirismo tra indolente ed incompetente... Su poco più di ottanta riviste, quasi sessanta hanno i dati incompleti, cioè il 75%; e si tratta di dati essenziali, d’importanza basilare ai fini della consultazione, dati che sono stati normalizzati, standardizzati in tutto il mondo con regole fisse!».
Sono questi, come si vede, appunti gravi, frequenti, e purtroppo fondati, che non possono leggersi senza provocare a un ponderato esame di coscienza, non solo quanti in Italia lavorano in campi scientifici, ma pur altri ancora per settori diversi, quali per esempio morali e religiosi, in cui l’interesse della gloria di Dio e dell’efficiente opera della Chiesa dovrebbero pur spronare ad una tempestiva e coraggiosa applicazione dell’ignaziano: «I mezzi al fine»; dove, viceversa, non solo è facile sorprendere le stesse lacunosità e non sistematicità di documentazione, ma spesso l’assenza assoluta di essa. È vero: i sacramenti, la predicazione, l’apostolato, l’organizzazione della Chiesa, la santificazione delle anime... fanno parte di quei processi soprannaturali ai quali il buon successo è assicurato dal loro contenuto di verità umana e divina, nonché dalla grazia operante di Dio: e non dall’organizzazione e dalla tecnica umana. Ciò non dimostra però l’inutilità della tecnica in generale, né di quella della documentazione in particolare, potendosi alla tecnica applicare la condanna-elogio di «pessimo padrone e ottimo servitore» solita a darsi da Pio XI al danaro applicato alle opere di Dio, come pure l’adagio: «La grazia non distrugge la natura», anzi la suppone; e, in provvidenza ordinaria, il parallelo dell’anima, la quale, pur essendo spirituale nella sua assenza e nelle sue operazioni, per una migliore attuazione delle sue attività non rifugge, anzi in parte dipende proprio dall’optimum di efficienza strutturale e funzionale dell’umile corpo che le è compagno.
L’aver suscitato questo problema e accesa l’esigenza di un minimo di tecnica scientifica in chi crede di tutto poter risolvere col facile dilettantismo, è uno dei buoni risultati del Congresso, merito anche di quanti, con tecnica impeccabile, hanno presentato, nel volume da noi commentato, il prezioso contributo ad esso dato dai partecipanti italiani.
1 La documentazione in Italia, a cura del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Centro nazionale di documentazione scientifico tecnica. Roma, Consiglio Nazionale delle Ricerche, 1952, in-4º, pp. 226. L. 1.800.
2 Delle 93 estere è dato solamente il titolo e la bibliografia.
3 Comitati, partecipanti, svolgimento, voti finali e discorsi, tra i quali quello del S. Padre Pio XII.
4 L’attività della documentazione in Italia, e La Classificazione decimale in Italia.
5 Appartengono alla I classe: L’insegnamento professionale della documentazione in Italia (n. 3), Produttori ed utenti di documentazione (n. 5), Per un centro d’informazioni archivistiche (n. 8), Problemi di organizzazione e di esercizi dei centri di documentazione in Italia (n. 10), Per un’organizzazione dei servizi di documentazione in Italia (n. 13), Documentazione brevettografica (n. 14), La documentazione e l’industria (n. 16), La documentazione tecnico-scientifica e le Forze Armate (n. 19), Per un centro nazionale di documentazione umanistica (n. 20). — Appartengono alla II classe: L’applicazione della CDU in Italia (n. 1), Per un pratico potenziamento della CDU (n. 12), La CDU applicata ad una biblioteca specializzata di statistica (n. 18). — Appartengono alla III: Le bibliografie correnti, scientifiche e tecniche, pubblicate in riviste italiane (n. 2), Bibliografia delle recensioni (n. 11), Tecnica di una bibliografia nazionale analitica ed aggiornata degli articoli di riviste di notevole interesse scientifico e culturale (n. 15). — Appartengono all IV: Microriproduzioni e lettura dei testi, manoscritti, figure, anche a più colori (n. 4), La documentazione scientifica attuata con i sistemi meccanografiche e La rapidissima composizione di indici e di concordanze di parole mediante schede perforate (nn. 6 e 7), Produzione di documenti originali cartografici su fogli plastici trasparenti (n. 9), Un triennio di attività del centro di fotodocumentazione presso il Politecnico di Milano (n. 17).
6 Cfr M. ALBAREDA, Verso un mutamento radicale del libro, in Ecclesia, 5 (1946), pp. 89-95. – B. BALBIS, Il libro e le biblioteche, in Atti del primo congresso bibliologico francescano internazionale, Roma 1950, I, p. 275.
7 È la tesi di Laura DE FELICE OLIVIERI SANGIACOMO, La classificazione del libro, in Il libro e le biblioteche, cit., I, p. 223 ss.