Articolo estratto dal volume IV del 1975 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Sulla urgente; necessità di educare gli spettatori – primi tra essi i giovani – allo schermo, non mancano richiami ed esortazioni autorevoli. In campo laico basti ricordare la Raccomandazione del Meeting Internazionale svoltosi a Leangkollen (Oslo: 7-13 ottobre 1962) sotto gli auspici del Centre International du Film pour la Jeunesse e dell’UNESCO1:
“L’educazione dello spettatore alle arti dello schermo è richiesta dappertutto ove giovani ed adulti frequentano cinema e televisione. Perciò le autorità competenti dovrebbero organizzare su larga scala questa educazione, anche fuori delle scuole”.
Anche più categorici, ed a più largo respiro, i richiami e le norme del Magistero cattolico: primo e più solenne tra essi quello del decreto conciliare Inter mirifica2:
“Poiché il retto uso degli strumenti della comunicazione sociale – che sono a disposizione dei recettori diversi per età e preparazione culturale – esige una loro adatta e specifica formazione teorica e pratica, le iniziative atte a questo scopo, soprattutto se destinate ai giovani, siano favorite e largamente diffuse nelle scuole cattoliche d’ogni grado, nei seminari e nelle associazioni dell’apostolato dei laici [...]” (n. 16).
A dieci anni da questi richiami, che essi abbiano trovato larga eco nella pratica non si può dire. Anzi, anche e soprattutto per l’Italia, si deve affermare piuttosto il contrario. Sia nella scuola sia fuori, l’educazione allo schermo, dove si fa, è ancora fatto sporadico, iniziativa personale di qualche volenteroso; inoltre, le metodologie ne sono, non solo – com’è legittimo – diverse, ma spesso tanto “orientate” da far dubitare se si tratti ancora di “educazione” allo schermo, o di più o meno velata circuizione ideologica.
Ben vengano, dunque, le pubblicazioni come quella, recentemente riedita, di P. Baldelli ed E. Tarroni3, che tornano a riproclamare e a ridimostrare questa necessità urgente, ed a proporre indicazioni metodologiche, confortate, oltre che dalla conoscenza di quanto altri hanno scritto in argomento4, anche da una lunga esperienza personale in vivo. Rileva Raffaele Laporta nella Prefazione:
“Nel campo educativo occupato dal cinema serve oggi soltanto quel che può essere preso come guida e come orientamento rispetto alla letteratura in circolazione. Gli Autori di questo libro sono stati scelti in primo luogo per le loro qualità orientatrici: l’una e l’altro da decenni impegnati in Italia e fuori in esperienze e confronti culturali e pedagogici; l’una e l’altro operanti professionalmente, con diverse funzioni, nel campo del cinema educativo e del film didattico; l’una e l’altro all’origine di alcune fra le più valide iniziative pubbliche e private nella materia; l’una e l’altro, infine, già noti largamente per le interpretazioni e le sistemazioni teoriche portate in materia”5.
Prima autrice
La Tarroni svolge l’argomento attenta ai ragazzi della scuola d’obbligo: sino ai quattordici anni. Due capitoli introducono ai problemi generali culturali-psicologici del cinema: ll film di oggi (natura dell’immagine audiovisiva, e del cinema come strumento di comunicazione; sue caratteristiche di “linguaggio”; suoi rapporti con la scuola e la cultura); ll ragazzo e il film (stato odierno delle ricerche psicologiche, specialmente circa le reazioni emotive, il fenomeno dell’identificazione e la memoria filmica dei ragazzi). Il terzo capitolo è dedicato al Film nella scuola d’obbligo (equivoci ricorrenti circa i contributi dei film nell’acquisizione delle conoscenze; rapporti tra didattica del film e le varie discipline; nuove possibilità offerte dall’odierno sviluppo tecnologico, specialmente con i nuovi formati sub-standard). Segue il quarto, il più attinente al titolo del volume: Il cinema nella formazione culturale del ragazzo fuori della scuola (l’esperienza filmica del ragazzo; natura e fini, metodi, tecniche e strutture per l’educazione allo schermo; rapporti tra scuola e cinecircoli). L’ultimo capitolo tratta della Situazione attuale in Italia: prospettive e problemi (nella scuola e fuori; nell’educazione degli educatori). Piace in questo quasi trattatello – come già notato – la sistematicità, la documentazione e la chiarezza; ed anche la persuasione, tranquilla ma ferma, con la quale l’Autrice porta avanti la sua battaglia culturale-pedagogica, con una visione della cultura, del cinema e dei ragazzi di oggi, aggiornata ma non eversiva, ottimista ma oggettiva. Perciò, nell’insieme, possiamo tranquillamente seguirla – come ci propone il Laporta – quale guida sicura in argomento. Alcuni punti poi ci sembrano particolarmente felici. Tali, per esempio, la funzione non nozionistica della scuola, auspicata come temperamento armonico tra learning e training; le precisazioni su “film didattico”; e, soprattutto, il rifiuto del dogma “film-arte”, imposto da tanta teorizzazione e critica di estrazione idealistica, per una visione più realistica del cinema come veicolo di multiforme espressione-comunicazione e, quindi – con P. Baldelli e A. Mura, contro U. Barbaro – della “possibilità di una prosa filmica in contrapposizione con la tesi che il film non possa essere che poesia” (p. 63)6.
Alcuni punti, invece, – pensiamo – meriterebbero ulteriori approfondimenti7 Tale, per esempio, quello di presentare il film (meglio, diremmo, “il cinema”) come “linguaggio”: terminologia ambigua, che apre la via alle “cosiddette equivalenze cinematografiche del linguaggio letterario”, giustamente rifiutate dal Baldelli (p. 135); e tale l’annosa questione, più che non sembri connessa con la precedente, se al cinema sia connaturata o no, o almeno possibile, l’espressione-trasmissione di contenuti concettuali, ed a quali condizioni. Distinguendo tra cinema-modo (specifico) di espressione-comunicazione (”con immagini in tempo interno”), e cinema-veicolo di immagini (e, perciò, anche di altri modi di espressione, il "linguaggio” compreso), forse si giungerebbe a vedere nel cinema, non un modo inferiore di espressione-comunicazione – e, quindi, da nobilitare rispetto al linguaggio (verbale) –, ma semplicemente un modo diverso8.
Secondo autore
Invece, il Baldelli tratta dell’educazione allo schermo rispetto agli adolescenti della scuola secondaria superiore. Anch’egli dedica un capitolo – Audiovisivi nella comunicazione didattica – ai problemi più generali: la scuola qual è e quale dovrebbe essere; diversa natura ed uso dei film didattici, dei film d’informazione e dei film ricreativi; limiti delle tecniche audiovisive e loro attrezzature nella scuola. Più attinente all’argomento specifico è il secondo capitolo – Guida all’esame del film –, nel quale l’Autore espone la sua teoria e – come vedremo – il suo metodo, di un dialogo tra insegnante e scolari che, partendo dalle ragioni dello spettatore, lo metta in guardia dagli adescamenti dell’eroe positivo, l’orienti nel labirinto dei contenuti, l’affranchi dal fascino dell’attore e da ogni trucco sentimentale, per renderlo capace, senza imposizioni paternalistiche, di formulare giudizi sui film criticamente motivati, autonomi. Un ultimo capitolo – che, per la verità, nell’economia del lavoro sembra una zeppa – è dedicato al Nuovo cinema (di Jean-Luc Godard).
L’Autore non indulge troppo all’esposizione metodica; con la facondia torrentizia che lo distingue – si vedano le decine di pagine senza capoversi –, scrive piuttosto a ruota libera, usando senza risparmio della sua invidiabile duttilità culturale, delle molte letture e, soprattutto, del largo materiale – ma non è un po’ stantio? – delle esperienze didattiche di cui dispone; sicché, in pratica, il pezzo forte di queste pagine sono quattro saggi-esempi di (eccellente) maieutica critica di film9, più un’analisi critica (anche questa, ottima) di un regista, appunto Godard.
Molte sue posizioni sono senz’altro, ed utilmente, condivisibili. Tale, per esempio, la sua convinzione-proposta che occorra prendere in considerazione anche e soprattutto i film di ordinaria programmazione, non esclusi certi di consumo e di evasione, per farne, entro e fuori della scuola, occasione e strumento di educazione. Diffidiamo, invece, della sua visione esclusivamente sociale-politica del cinema e dell’educazione allo schermo: ignorato, se non escluso, ad esempio, qualsiasi aspetto etico-morale personale. Giustamente egli rileva che “la lettura di un film può diventare polivalente, secondo vari codici e strati d’interpretazione” (p. 191), ma che una critica oggettiva dovrebbe “limitarsi a cercare di veder chiaro, senza preconcetti di alcun genere, cercando capire quello che il regista ha inteso esprimere” (p. 194). Ma è egli, poi, proprio sicuro di salvare, nella sua maieutica critica, questa oggettività? Nella sua rabbia contro certi disvalori della società odierna (borghese), e nella sua carente proposta di valori alternativi, non entra, forse, qualche suo preconcetto ideologico? Anzi, non orienta egli tutto secondo una certa sua ideologia? In questo caso: è certo che l’educazione allo schermo resti ancora autentica “educazione”? O non rischia, piuttosto, di scadere in, più o meno consapevole, subdolo “pilotaggio”?
Dalla teoria alla pratica
Un sussidio pratico per l’educazione allo schermo – anzi: all’immagine – dei bambini e ragazzi, ci viene offerto con l’albo didattico Il cinema, della L. Bascialli Gamba, anch’essa già nota per sue esperienze e pubblicazioni in argomento10. L’Autrice s’introduce trattando brevemente della necessità e dei fini di detta educazione. Nella seconda parte, la più originale, propone quindici schedine di altrettanti film per ragazzi, come esempi-guida alla ’’visione attiva” dei film. Seguono alcune essenziali nozioni di linguaggio cinematografico, ed alcuni appunti di storia del cinema (che, forse, potevano essere sfrondati da nomi titoli e data, più ingombranti che utili a ragazzi). L’ultima parte raccoglie indicazioni consigli ed esempi circa l’uso attivo-educativo di immagini, anche non schermiche.
Tra i pregi: questo allargarsi degli interessi, appunto, al campo più vasto e generale dell’immagine; ed anche la sobria attenzione concessa all’aspetto morale del cinema, ignorato dal Baldelli e dalla Tarroni. Destinato agli insegnanti, da auspicare che serva a ridurre il ritardo che l’educazione allo schermo segna ancora in Italia.
1 Gli Atti sono in AA.VV., L’éducation à l’écran, Paris, UNESCO, 1964. – Un’ampia relazione in Giovani e cinema nella società contemporanea, a cura di E. TARRONI, Roma, s.d. (1968), 201 ss.; la quale nota: “Il meeting di Oslo ha senza dubbio costituito la prima occasione per un’ampia verifica dell’attuale situazione nel campo dell’educazione dei giovani di fronte al cinema e alla tv. Non è certo la prima volta che si afferma la necessità di un impegno educativo da parte degli adulti nei confronti della influenza che il grande e il piccolo schermo esercitano sui giovani. Ma è senza dubbio la prima volta che si sono sentiti porre con tanta chiarezza, pur nel conflitto delle opposte teorie e posizioni, i principi fondamentali di una metodologia dell’educazione alle nuove tecniche; è la prima volta che si impostano i problemi relativi alla didattica di questa novissima disciplina su di una chiara visione della funzione espressiva, culturale e sociale che i nuovi tipi di comunicazione svolgono nell’attuale società’ (pp. 213-214).
2 Per altri documenti in argomento, cfr – per prima del Concilio –: E. BARAGLI, Cinema cattolico, Roma 1965, nn. 532, 537, 612-614, 674; e – per dopo il Concilio –: E. BARAGLI, Comunicazione comunione e Chiesa, Roma 1973, nn. 3359, 3409, 3411 ss., 3523.
3 P. BALDELLI – E. TARRONI, Educazione e cinema, Torino, Loescher, 1974, 8º, 219, L. 2.000. Non sappiamo perché il Baldelli, in copertina, appaia come primo autore, e la Tarroni quale secondo, quando, sia per l’ampiezza sia per completezza e metodicità della trattazione, lo studio di questa merita – come di fatto l’occupa nel testo – il primo posto.
4 Per la bibliografia in argomento, cfr – tra gli altri – TARRONI, op. cit, 391 ss.; ID, Premesse ad un’educazione allo schermo, Roma I966, 57 ss.; J.-M.L PETERS, L’éducation cinématographique, Paris I961, 122 ss., alquanto aggiornata nella versione italiana: L’educazione al cinema, Roma 1967, 237 ss.
5 Della Tarroni, oltre alle due pubblicazioni già notate, ricordiamo: Filmologia pedagogica, Milano 1950; Problemi educativi della TV, Roma, s.d. (1956); Ragazzi radio televisione, Bologna 1960; (insieme con S. PADERNI): Cinema e gioventù, Roma 1952 (cfr Civ. Catt. 1958 II 294; 1961 I 164; 1967 III 421).
E del Baldelli ricordiamo, tra le altre: Sociologia del cinema, Roma 1963; I film di Visconti, Manduria 1965; Film e opera letterario, Padova 1964; Comunicazione audiovisiva e educazione, Firenze, I966; Politica culturale e comunicazione di massa, Pisa 1968; Cinema dell’ambiguità, Roma 1969; Comunicazioni di massa, Milano 1974 (cfr Civ. Catt. 1964 IV 370; 1966 II 284; 1967 III 60; 1970 II 202).
6 L’Autrice rimanda a BALDELLI, Comunicazione audiovisiva ed educazione, cit.; ad A. MURA, Cinema e scuola attiva, Bologna 1958 (che poi è: Scuola attiva e cinema: cfr Civ. Catt. 1955 II 313), e a U. BARBARO, Soggetto e sceneggiatura, Roma 1957 (ma, forse, equivoca con Poesia nel film, Roma 1955).
7 Sorvoliamo su alcune inesattezze oggettive, quali la data del Meeting di Oslo (1962, e non 1963), alcuni titoli di libri citati a orecchio, ed una certa allergia per i nomi propri di autori (Canalis, Balastz, Bergmann, Mac Luhan, Stuckrath..., invece di Canals, Balazs, Bergman, McLuhan, Stückrath). Altri due particolari. A p. 30 l’Autrice nota, con ragione, che “lo spettatore, nel quadro complessivo del film, isola quegli elementi che meglio corrispondono alla sua personalità e alle sue esigenze”; ma poi aggiunge che “a questo la ricerca degli autori citati non arriva”; quando poteva citare un classico, in argomento di esposizione-percezione-memorizzazione selettiva: J. KLAPPER, Gli effetti della comunicazione di massa, Milano 1955 (cfr Civ. Catt. 1968 I 509).
Passim, e specie a pp. 108 ss., l’Autrice ricorda varie iniziative di educazione allo schermo programmate in Italia. Ci sia lecito ricordare, in proposito, i più di sessanta corsi promossi, in un decennio, dallo Studio Romano della Comunicazione Sociale, frequentati da circa seimila allievi; testo il nostro Corso elementare di filmologia (Roma 1970, 204), prossimo ormai alla quarta edizione.
8 Più ampiamente, sulle due questioni, cfr E. BARAGLI, Corso elementare di filmologia, cit., 44-50.
9 Nell’ordine: a 149 ss.: Poveri ma belli (1956), di Dino Kisi; a pp. 160 ss.: On the Waterfront (Fronte del porto, 1954), di Elia Kazan; a pp. 182 ss.: Guaglione (1956), di Giorgio Simonelli; e finalmente a pp. 191 ss.: The Shoes of the Fischerman (L’uomo venuto dal Kremlino, oppure Nei panni di Pietro, 1968), di Michael Anderson.
10 L. BASCIALLI GAMBA, Il cinema, Brescia, La Scuola, I 974, 8º, 131, L. 1.500. Della stessa, cfr Educare al cinema, Roma 1963 (Civ. Catt. 1964 Il 264), e, insieme con C. BASCIALLI: Comunicare con le immagini, Milano 1967.