Articolo estratto dal volume IV del 1973 pubblicato su Google Libri.
Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.
I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Nella magra estiva, per circa un mese ha fatto notizia nella stampa italiana, europea e mondiale il progetto di un vergognoso film su Gesù1. La cosa merita qualche riflessione.
Cominciamo col riassumere i fatti. Come in quasi tutti i Paesi della Comunità Europea, anche in Danimarca vige una legge di aiuti per la cinematografia. Il dispositivo funziona così. Oltre a un’IVA del 12,50%, dagli incassi del cinema lo Stato preleva una sovrattassa del 15%, con la quale alimenta un Fondo aiuti, amministrato dalla Fondazione Danese del Cinema, che ha iniziato la sua attività nel 1964. Le sovvenzioni, che sino a qualche tempo fa erano automatiche, oggi vengono assegnate volta per volta a singoli film, su parere favorevole di esperti. Proprio in seguito al parere favorevole di un esperto, a estate inoltrata, una sovvenzione di 600 mila corone, pari a circa 61 milioni di lire, veniva assegnata al progetto di un film su Gli amori di Gesù (Jesus filmen), di Jens Jörgen Thorsen2.
Come se il titolo non fosse sufficientemente esplicito, il regista precisò che col suo film "extrémement obscène, il réglerait son compte au complexé Jésus”, al quale “per due mila anni era stata negata una vita sessuale”. Di qui la reazione di molti danesi, cattolici cristiani o non, che sollecitarono il governo a revocare la concessione. Questo, pur negando, pare, il permesso di girare il film in Danimarca, per bocca di Niels Matthiasen, ministro degli affari culturali, respinse la richiesta. Per tutta risposta, la vigilia di Ferragosto, dieci mila danesi marciarono protestando nelle strade di Copenaghen3.
Verso la fine di agosto la stampa informava che la troupe del film si era trasferita a Lacoste (Vaucluse, in Francia), e che il sindaco di Apt, M. Jean, si era riservato di prendere in considerazione la revoca del permesso concesso “solo nel caso di indignate reazioni della cittadinanza”. Le proteste, infatti, cominciarono; e non solo in Francia.
Anche Paolo VI, il 26 agosto, avanti ai pellegrini convenuti a Castelgandolfo per il consueto Angelus domenicale, stigmatizzò la sacrilega iniziativa4. La notte seguente, a Roma, da un’auto in corsa, ignoti sconsiderati lanciarono tre bottiglie Molotov contro l’ambasciata danese, ed anche volantini con la scritta: “I cattolici contro il governo danese, che ha finanziato il film blasfemo. Danimarca: porcile d’Europa”. E, forse anche in conseguenza della risonanza che lo scandalo andava riscotendo a livello mondiale, il 28 agosto, André Astoux, direttore generale del Centro Francese del Cinema, rifiutava il permesso di girare il film in Francia5.
Le reazioni in Danimarca aumentarono. Leif Feilberg, direttore della Fondazione Danese del Cinema, pur ribadendo che "Il s’agir d’un film absolument digne de recevoir ce soutient financier, et nous maintenons ce point de vue”, ne metteva in forse il conferimento, sollecitando i produttori a presentare nuove proposte entro il 26 settembre, dato che “col divieto delle autorità francesi di far girare il film in Provenza, erano mutati i presupposti materiali del progetto esposti nell’istanza”. l due partiti danesi fecero pressioni sul governo: quello dei conservatori invitando il primo ministro Anker Joergenscn ad annullare senz’altro la sovvenzione; quello dei liberali agrari chiedendo al ministro Matthiasen “di fare in modo che la legge non servisse a fini offensivi”.
Questi, in due interviste del 29 e del 30, replicava – sunteggiamo – che la libertà di espressione artistica in Danimarca era inviolabile; che egli non poteva prendere sul serio l’indignazione di una Chiesa cattolica, reazionaria ed oppressiva per secoli; e che, in ogni modo, non provava "aucune sympathie pour les prêtres de cette Eglise, qui protestent contre un ruban de celluloid inerte, et qui ont totalement dépassé leurs prérogatives”. Poi, cercando di coprire lo sgarro con una toppa peggiore, rettificava che il quotidiano Kristeligt Dagblad aveva condensato quelle sue considerazioni senza tener conto che esse andavano inquadrate in un più largo contesto: “Le mie critiche alla Chiesa cattolica volevano particolarmente rivolgersi all’atteggiamento negativo del Papa nella questione dell’aborto e nell’uso della pillola, nonché dei mezzi meccanici di prevenzione”6.
Per finire, in seguito al tambureggiamento della stampa, ed anche ad una ventina di proteste ufficiali pervenute alle sedi diplomatiche danesi all’estero, ai primi di settembre il ministero degli esteri inviava istruzioni urgenti a tutte le ambasciate, ribadendo la completa estraneità del governo in una decisione che restava di competenza esclusiva della Fondazione Danese del Cinema, ente autonomo da ogni ingerenza politica. Dal canto suo, il regista Thorsen, insistendo nello scherno blasfemo, dichiarava al giornale Julland Posten che, “per girare il film, il posto più adatto sarebbe la Luna, lontano dal Papa e più vicino allo Spirito Santo”; che, se fosse ritirata la sovvenzione statale, si farebbero avanti finanziatori privati; e che, intanto, egli stava esaminando la ’opportunità di trasferire la troupe del film in Iugoslavia, in Algeria o addirittura a Cuba...
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Alcune riflessioni
Ecco ora alcune riflessioni sommarie, della stampa e nostre, a rincalzo di quelle giustamente accorate di Paolo VI.
La prima riguarda la infelice difesa d’ufficio del Signor Matthiasen. Sembra incredibile che un Ministro della cultura, e nella democratica Danimarca, possa cucire un discorso tanto poco culturale e tanto poco democratico come il suo. Secondo lui, protestando contro un film osceno e blasfemo, i preti avrebbero dépassé leurs prérogatives. Ma di che cosa mai dovrebbero interessarsi, i preti, se non dell’onore di quel Dio di cui si ritengono, e sono, ministri? E, al limite, posto anche che avessero protestato per un altro film di tutt’altro argomento, dove sta scritto – forse nella Costituzione danese? nella Carta dei diritti dell’uomo? – che i preti vanno considerati cittadini, o uomini, di seconda categoria? E, preti a parte, se un film è un ruban inerte, perché sovvenzionarlo? In ogni caso: è Cultura sovvenzionare un film osceno e blasfemo “perché la Chiesa cattolica è stata reazionaria ed oppressiva”? È democrazia offendere con oscenità e bestemmie un Uomo che, non solo la piccola minoranza cattolica, ma anche la maggioranza protestante del suo Paese, ed, anzi, quasi un miliardo di credenti fuori della Danimarca, adorano come loro Dio e Redentore? E che altri milioni di esseri umani, non credenti, venerano come il modello sommo, tra gli uomini, di sapienza e di purezza, di bontà e di giustizia?7.
Vero è che il Signor Ministro – in verità, con scarsa fantasia – si è appellato alla libertà dell’Arte, e che, pronta come sempre, certa stampa gli si è affiancata a difesa della Cultura. Ma, in quanto all’Arte, possibile che, per rilevarla in un film, in Danimarca, basti leggerne il copione osceno e blasfemo? Oppure che basti il nome oscuro del Thorsen? Forse per questo il grande Dreyer dovette elemosinare fuori del suo Paese i mezzi per girare un suo capolavoro, e morì senza poter attuare – con un suo Christus, certamente non osceno e non blasfemo – il sogno di tutta la sua vita di artista!
In quanto poi a Cultura: siamo seri! È forse storia, è còlta esegesi, è scavo psicologico, sfigurare un personaggio inventando di sana pianta ciò che di lui tutte le fonti storiche ignorano, e manipolando i dati storici, tutti in funzione di sporche calunnie? Non sarebbe più còlto chiamare le cose col loro nome, e dire che, anche in questo caso, tutto si riduce a manovra, oggi comune a tutti grandi e piccoli cinematografari, di avventurieri in cerca di guadagni?
“E il regista Thorsen – scrive R. Ronza – pare essere uno di questi avventurieri... Il congegno è molto semplice, e non richiede nemmeno un gran lavoro intellettuale, poiché tutto si risolve in un meccanico sotto-sopra. Se faccio un film in cui si vedono dei pesci che nuotano sul fondo ,del mare, e delle mucche che brucano su dei pascoli alpini, al massimo sarò citato come un buon documentarista, e non farò i milioni. Ma se faccio vedere i pesci al pascolo sul Cervino e le mucche che guizzano fra le alghe, allora qualcuno dirà certamente che la mia è un’opera stimolante, dissacratrice di un ’immagine ormai superata della natura, e non mancheranno richiami a Hieronymus Bosch, il grande pittore fiammingo maestro famoso di grottesco. Girare quel film su Gesù è un’operazione di questo genere e di questo livello...”.
Un’altra considerazione riguarda certi aiuti di Stato al cinema. Contro troppi sostenitori, anche in campo cattolico, personalmente ne abbiamo sempre diffidato, pur riconoscendo, con l’Inter mirifica (n. 12), all’autorità civile, anche per il cinema, “il compito di appoggiare quelle iniziative che, per quanto di grande utilità [...], non potrebbero essere altrimenti realizzate”. La ragione è che, restando il cinema ciò che oggi è, e guardando come da decenni sono andate le cose un po’ dappertutto, l’Italia non esclusa, gli Stati - vogliamo dire le autorità pubbliche, i governi, o chi per essi – sono portati a considerare il cinema, o prevalentemente come industria lucrativa, e quindi a premiare solo i film di cassetta (e allora la qualità artistica e culturale poco importa), oppure soprattutto come strumento di manipolazione ideologica (altro che un ruban inerte!), e quindi a privilegiare soltanto i film ossequenti alla “Voce del Padrone” di turno.
Certo, questo rischio di cadere dalla padella consumistico-alienante nella brace massificante-ideologica permane intero lasciando il cinema – come la stampa, e come la radio e la televisione – all’iniziativa privata; ma, almeno, i cittadini non potranno accusare le autorità pubbliche di usare del loro danaro per scopi l’uno e l’altro contrari al bene comune, còmpito primario ed essenziale dello Stato.
Un’ultima considerazione riguarda la condotta degli uomini onesti, e dei cristiani, nella situazione socio-culturale determinatasi, soprattutto nel mondo d’oggi, con l’irrompervi dei mass media.
È un fatto che, mentre gli antichi mezzi e veicoli di espressione-comunicazione, data anche l’esiguità, e perciò la relativamente adeguata preparazione dei recettori, di fatto privilegiavano promotori – oratori, poeti, letterati, scienziati, educatori... – provvisti, se non sempre di onestà, almeno di un certo livello di sapere, gli strumenti odierni, a prevalente caratteristica tecnico-economica, e con udienze tanto mente culturalmente qualificate quanto più vaste ed anonime, di fatto finiscono col privilegiare, non chi più sa, o chi sia migliore, ma chi più senza meno scrupoli traffica ed osa. E siccome il mercato – da essi reso succubo con la pubblicità, e per giunta guidato da certi critici galeotti, che passano ogni loro nuova impudenza come civile abbattimento di vieti tabù – assorbe la loro offerta scadente e ne domanda di peggiore, si spiega l’incivile escalation di Kitsch, di triviale. di osceno, di dissacrante e di blasfemo alla quale, specie nel cinema, stiamo assistendo. Escalation che, per il momento, nel progettato film del Thorsen, ha toccato il sommo, ma che tutto fa prevedere che non si arresterà, in un mondo che va via via perdendo quel che gli resta di senso dei valori.
In questo stato di cose, che cosa possono e debbono fare gli onesti, i credenti? – Senza dubbio, almeno questo: far sentire la propria voce, fare opinione contro l’opinione dissennata di altri, che magari sono sparute minoranze; se necessario anche con denunce e proteste pubbliche. Ma ci sono denunce e denunce, proteste e proteste.
Ci sono quelle, incivili e vigliacche, alle bombe Molotov8. E ci sono anche quelle che, con tutte le buone intenzioni di chi le promuove e di chi le esegue, finiscono soltanto col procacciare un’efficacissima e gratuita pubblicità ai mercanti d’immondizia; e non è da escludere che nel caso del Thorsen ciò si sia, ancora una volta, verificato.
“Ciò che mi irrita – scrive Umberto Terracini – è la certezza che le contrastate e pubblicizzate vicende del film [...], suscitando la più vasta e morbosa curiosità, gli procacceranno, indipendentemente dai suoi pregi eventuali, platee gremite e cassette traboccanti in tutti i paesi del mondo, i cristiani compresi. Il che costituirà un premio immeritato per una iniziativa che non è nata certamente né da un travolgente empito di artistica ispirazione, né da un imperativo culturale di ricerca storica. Ma semplicemente dal desiderio di sfruttare l’attualità spettacolare della figura di Gesù, la quale ’marcia bene’ oggi sui palcoscenici e sugli schermi, come dimostra il successo clamoroso del Jesus Christus Superstar che è stato onorato alla sua prima londinese dalla presenza della principessa Margaret”.
La protesta più efficace, anche perché è la sola che tocca i trafficanti di sporcizia nell’unico punto in cui sono restati sensibili, il portafogli, è quella di astenersi sistematicamente dalla visione, soprattutto se profumatamente pagata, dei loro film ignobili. Pur dubitando dell’opportunità di “campagne rumorose”, che potrebbero risultare controproducenti non meno di quelle da lui sopra lamentate, crediamo che abbia ragione, ancora una volta, l’on. Terracini così concludendo:
“Se il Thorsen porterà a compimento il suo lavoro, io do appuntamento a tutti i suoi odierni contestatori per la sola azione legittima che conseguentemente essi potrebbero e dovrebbero svolgere: dissuadere il pubblico, con una campagna altrettanto rumorosa, dall’accorrere in massa alle proiezioni, magari gratuite; salvo, naturalmente, le Margaret di sempre o d’occasione”.
Infatti, se tanti “onesti” e “cattolici” avessero seguito questa norma di elementare buon senso e coerenza, e non si fossero, invece, gregariamente imbrancati nella visione di film osceni e blasfemi, premiandoli con sonanti milioni e miliardi, per poi, magari, ipocritamente dirsene scandalizzati, oggi registi, produttori ed aiuti statali non oserebbero tanto.
Confessiamolo: nell’oltraggio intentato dal cinema a Gesù Cristo, un po’ di colpa è anche nostra9.
1 Qui teniamo presenti, soprattutto, per la stampa francese: Le Monde, del 12, 20, 30 ag. e del 10 sett.; L ’Humanité, del 29 ag.; La Croix, del 4 sett., e Le Figaro del 30 ag., con una Lettera del protestante A. DUMAS, poi riportata dalla valdese-italiana La Luce, del 7 sett. – Per l’Italia: L’Osservatore Romano, del 20 ag., 6 e 12 sett.: L ’Avvenire, del 27, 28 e 29 ag., 1º sett.; Corriere della Sera, del 25 e 28 ag., 1º sett.; La Stampa, del 31 ag. e del 7 e 11 sett.; Cinema d’oggi, del 3 sett.; e finalmente Epoca del 9 sett.: con interventi di A. GUERRIERO, del senatore comunista U. TERRACINI, del domenicano R. SPIAZZI, del giornalista laico V. GORRESIO e del giornalista cattolico R. RONZA.
2 Salvo errori, questo quasi sconosciuto regista, dopo Jours tranquilles à; Clichy, (dall’omonimo scritto di Henry Miller), sarebbe al suo secondo film. Di lui, così A. GUERRIERO: "...è un bruto. Si consideri un momento la foto che egli si è fatta fare nell’atto di eseguire una mossa di Karatè: seminudo, la barba irsuta, un piede levato a tirare un calcio...: Gesù nelle mani di quella specie di urang utang!”.
3 Così varie fonti. Secondo don Vincenzo Mecheroni, direttore della missione cattolica italiana in Danimarca, la data sarebbe stata l’11 agosto, e si sarebbe trattato (cfr La Stampa, cit.) di un Festival for Jesus, condotto da migliaia di ragazzi del gruppo Udfordringen, con croci di legno, chitarre e vangeli agitati in aria: “Non c’era nessun cristiano ufficiale tra quei fedeli hippies: né protestante né cattolico. Si tratta di un gruppo spontaneo non legato ad alcuna Chiesa. La sede di lavoro è un fabbricato del centro, frequentato assiduamente da drogati”.
Secondo un altro sacerdote, il domenicano Martin Drouzy (ivi), l’intervento dell’Osservatore Romano, opportunamente tradotto, venne inviato in lettura anche a numerosi pastori luterani, ottenendo consensi e iniziative. In alcune chiese protestanti si promosse una raccolta di firme per far revocare il contributo; una petizione analoga venne proposta anche ai praticanti cattolici. “Fino all’altro giorno s’erano ottenute trecento firme tra i primi, e novantanove tra i secondi”.
4 Disse: "È stata diffusa la notizia che sarà quanto prima promosso in Danimarca (Paese celebre e caro per ben altri motivi), e prodotto e diffuso in altri Paesi, un turpe film erotico su Gesù. Se ne è già parlato molto, e vi sono già state critiche anticipate e proteste pubbliche e private, piene di disgusto e di deplorazione.
“Non possiamo noi stessi tacere la nostra pena personale per l’ignobile e blasfemo oltraggio, in cui si intende deformare la figura intangibile del nostro Salvatore, supremo oggetto della nostra fede e del nostro amore. Ne rimarrà offesa tutta la religione cristiana. Anche molti Protestanti hanno già apertamente reagito.
“Non può essere invocata, a noi pare, nel caso presente, la libertà dell’arte, della storia, della cultura, e nemmeno di certe tendenze mistiche filocristiane di alcuni gruppi di gioventù moderna, per giustificare un simile vilipendio, a quanto si dice, di ciò che il mondo ha di più sacro, e il popolo credente ha di più caro.
“Cristo è fatto zimbello di sacrileghe ed immonde falsità: questa è la realtà. Dov’è la nostra comune coscienza morale e civile? Possiamo ammettere che si degradi a tal punto la nostra convivenza sociale? Purtroppo un largo e triste mercato pornografico si diffonde oggi con estrema facilità, e sembra non trovare più argine, a causa di un moderno malcostume, progressivamente permissivo, al quale non sono estranei bassi calcoli di vili guadagni.
“Ma ciò non dispensa noi dall’essere uomini sani, dall’essere cristiani fedeli, e dall’esserlo con tanto maggior rispetto verso i supremi valori dello spirito e della società. Ed è per questo, figli carissimi, che noi accenniamo con intimo dolore a codesti penosi fenomeni per tributare a Cristo, purissimo e crocifisso, l’adesione della nostra fedeltà, e per ottenere al nostro secolo la resipiscenza verso il Cristo divinamente trasfigurato e umanamente salvatore”.
5 L’art. 20 del Decreto del 18 genn. 1961, riguardante la Commissione di controllo dei film stranieri e delle co-produzioni, prevede che “ogni film straniero di carattere professionale, girato tutto o in parte in Francia, richiede un’autorizzazione da parte del direttore generale del Centro nazionale del cinema, visto il soggetto e tutti gli altri documenti utili”. Nel negare il permesso, A. Astoux ha detto: "Il y a un milliard de chrétiens dans le monde pour qui Jésus-Christ est Dieu vivant, et, plus que tout, la foi des hommes en Dieu, quelles que soient leurs croyances, mérite le respect. J’aurais pris une telle décision pour n’importe quel autre prophète ou divinité de n’imporre quelle religion qui aurait été blasphémée”.
6 In proposito, il vescovo protestante delle Isole di Lollan e Falster, Thorkild Graesholt, ha osservato: “Le dichiarazioni del ministro sono sfacciatamente discriminatorie nei confronti dei seguaci di una fede diversa. In Danimarca ci siamo liberati dai preconcetti del genere nei confronti dei negri e degli ebrei, ma, a quanto pare ,non nei confronti dei cattolici”.
7 È il rilievo sopra riportato di A. Astoux; ed anche di A. Guerriero, che, forse un po’ crudamente, scrive: “Sotto il punto di vista della cultura, e anche semplicemente dell’intelligenza, questo Ministro non si colloca molto più su del regista dell’ignobile film. Ha detto: ’La Chiesa cattolica si è dimostrata per secoli oppressiva, oltre che reazionaria’. E perciò egli approva e sovvenziona il film? Quale argomento! Per dispetto, perché una volta la Chiesa cattolica era oppressiva! A parte il fatto che la Chiesa cattolica non è più oppressiva, né reazionaria, quest’inclito Ministro non capisce che offendendo Gesù si offende non soltanto la Chiesa cattolica, ma anche la Chiesa protestante; non solo la piccola minoranza di Danesi cattolici, ma anche la grande maggioranza dei Danesi protestanti: in una parola, tutto il popolo danese [...]. Perciò non basta che il Ministro dica, come villanamente ha detto: ’Non prendo in considerazione le proteste che mi giungono da quella parte (da parte cattolica)’. Deve dire: ’Non prendo in considerazione le proteste, da qualsiasi parte esse provengano’”.
8 Così, ottimamente, L’Avvenire: “Se gli ignoti attentatori avessero seguito con più attenzione l’intera vicenda, avrebbero potuto risparmiarsi un gesto al tempo stesso vandalico e irrazionale, in ogni caso stupido come ogni violenza. La protesta rimane legittima, come del resto hanno provato cristiani e non cristiani in Danimarca; il moralismo a colpi di bottiglie Molotov, e specialmente il moralismo di chi fugge nella notte senza testimoniare di persona, è solo anonima vigliaccheria, alla quale è assolutamente arbitrario imporre l’aggettivo di ’cattolica’”.
9 Per un’ulteriore documentazione sull’argomento, cfr: I danesi finanzieranno il film sulla vita e gli amori di Gesù; (Corriere della Sera, 5 ottobre 1973); Lettera del card. Suenens al vescovo di Copenhagen (Agenzia KIPA, 22 ottobre 1973); N. ABBAGNANO, Sessualità e nuovi teologi (La Stampa, 26 ottobre 1973). L’agenzia KNA in data 29 novembre scorso dà la notizia che è stato ritirato il sussidio di 600 mila corone promesso per il film in parola.