Articolo estratto dal volume IV del 1968 pubblicato su Google Libri.
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I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Sul fenomeno, tutto moderno, della propaganda-pubblicità abbiamo già trattato, chiedendoci se nelle sue manipolazioni di opinioni il pubblico finisse con l’essere trattato come cavia o come libero recettore1; e ciò in occasione di saggi e di trattati in argomento di E. Morin, E. Dichter, B. Voyenne ed altri. La stessa domanda ci poniamo oggi presentando nuovi saggi e trattati in argomento.
Dopo l’eccellente Les propagandes2, del 1962, Jacques Ellul ci dà una breve Storia della propaganda3. Prendendo le mosse ab ovo, inizia con l’età pre-tecnica, – dall’antica Grecia al secolo XV –; passa a descrivere la prima grande svolta concomitante l’introduzione della stampa come editoria – dal secolo XV alla rivoluzione francese –; quindi la seconda svolta, grosso modo legata alla stampa come informazione (il giornale) – dal 1789 al 1914 –; e finalmente ,la propaganda tipicamente moderna – 1914-1920 – prosperata in clima di guerra totale, prima armata e poi ideologica, e resa possibile (e necessaria) dall’irrompere dei moderni strumenti della comunicazione sociale. E qui si arresta, rimandando, per il resto, al già ricordato Les propagandes, e soprattutto alla Propaganda politica, di J.-M. Domenach4, che del fenomeno aveva già tentato un’analisi sufficientemente attendibile, dopo aver descritto – per la verità, un po’ troppo sommariamente – le caratteristiche delle propagande ideologiche marxista e fascisto-nazista.
A parte la nota costante in quasi tutti gli scrittori di quella Nazione, di tutto riferire alla storia ed alla letteratura della Francia, il volumetto, pur nella sua sinteticità, si raccomanda per bontà d’informazione e – particolare utile per quanti s’interessano all’apostolato cattolico – per le precisazioni, quasi tutte esatte5, circa le genuine e spurie forme di propaganda religiosa per la diffusione ed il mantenimento in essere del cristianesimo e della cristianità.
Passiamo alla pubblicità. In Italia Dino Villani6 ce ne insegna storia, forme, mezzi ed organizzazione in un manuale, almeno per i non specialisti, più che esauriente, con un discorso sempre piano ed accessibile, scarso di diagrammi e privo di formole e note. Insomma: quasi un libro di dilettevole lettura, ricco tuttavia di consigli utili anche a chi in Italia – egli infatti non esce da questo ambito – promuova attività, e non soltanto economiche, poco più che casalinghe. Certi suoi consigli, infatti, oltre che alla vendita di prodotti e di servizi, giovano semplicemente al buon nome di chi, trattando con gli altri, prima di tutto li rispetti7.
Dalla Francia, invece, ci arriva una vera e propria enciclopedia, teorica e pratica, sulla pubblicità8, e di ben altro impegno e stile. Intanto è il frutto di un’équipe di specialisti. Sì, perché ormai, anche nella pubblicità, la specializzazione è diventata tanto sottilmente settoriale che non è più possibile ad un solo autore, per quanto testone, affrontarne con competenza tutti gli aspetti. Poi è quasi privo di testo corrente, tutto zeppo di schemi, diagrammi e tavole. Con questa rigorosa sistematicità vi vengono trattati – nell’ordine –: la funzione, la campagna e la ricerca pubblicitaria, i médias (i francesi li dicono così, noi diremmo: veicoli, mezzi, strumenti...), le relazioni pubbliche e la legislazione pubblicitaria (tra parentesi: un vero caos).
Si tratta chiaramente di un’opera indirizzata a specialisti. Tuttavia, anche quelli che si interessano ai fenomeni d’opinione, in generale ed in relazione alle loro risonanze culturali-etico-pastorali, vi troveranno, magari per analogia, molto da apprendere; per esempio: circa l’idoneità pubblicistica comparata tra stampa, cinema, radio, televisione e manifesti, e circa le loro soglie minimali perché il danaro speso in propaganda o pubblicità non sia da considerare letteralmente danaro buttato dalla finestra.
Leggendo i due volumi – e specialmente il secondo – con l’animus del consumatore – e tutti siamo consumatori, compresi i pubblicitari, almeno dei prodotti e servizi da loro non trattati –, si prova la strana impressione del topolino che curiosi in un trattato teorico-pratico di... trappole, con tante molle e mollette, pezzetti di cacio di varie forme ed odori, e diagrammi sconsolanti di pochi topolini sfuggiti e di masse topesche intrappolate. E siccome siamo uomini e non topi, vien voglia di ribellarsi nel sorprendere pochi specialisti contarci i soldi in tasca, scrutarci dentro, etichettarci e catalogarci: punti anonimi dell’incrocio tra ascisse e coordinate in curve ascendenti di consumi, che accelerano di più, sempre di più, il ritmo delle macchine. Inoltre, da soggetti «etici» quali siamo, cioè che valutano gli atti umani non soltanto in cifre di acquisti e di produzione, ma anche in valori spirituali, poco ci garba la disinvoltura con la quale, pur di far consumare e, loro, di realizzare profitti, si consiglia l’appello a stimolazioni ed a motivazioni del nostro meno nobile sottofondo.
In argomento di pubblicità, col saggio di Giampaolo Fabris entriamo nel campo dell’alta specializzazione9. Non manuale, ma studio dei problemi socio-psicologici riguardanti la comunicazione publicitaria in quanto tale, l’autore vi tratta la materia con rigore e profusione, si direbbe, cattedratica. Comincia con le caratteristiche della comunicazione persuasoria10; da queste scende a quelle specifiche della comunicazione pubblicitaria ed all’analisi dei dinamismi psicologici attivi tra motivazioni del consumatore ed immagine della marca e del prodotto. Indi tratta, con esemplare equilibrio, dei rapporti tra libera creatività e metodica ricerca nella publicità, della classificazione e strategia dei suoi simboli, dell’incidenza che la struttura sociale esercita nella comunicazione in genere ed in quella pubblicitaria in particolare. Discute i vari modelli esplicativi ed operativi proposti per una sistemazione scientifica della materia, avanzandone uno suo proprio; e dedica gli ultimi due capitoli ai fattori socio-psicologici da tener presenti nella scelta dei «mezzi», ed alla misurazione dell’efficacia della comunicazione pubblicitaria.
Un profano facilmente ci si sperde, anche a causa dei molti termini tecnici – e, diciamo pure, di gergo – inglesi, non sempre introdotti da adeguati chiarimenti. Per fortuna lo aiuta la linearità e semplicità dello stile, l’esemplificazione frequente chiara e precisa, la perspicuità con la quale il Fabris sintetizza teorie complesse, sfrondandole di quanto non essenziale le accompagni. Del resto, l’impegno applicativo che il volume richiede è largamente compensato: esso segna un punto di arrivo in materia, tenendo presenti gli studi e le teorie che l’hanno preceduto, discutendole con competenza, teorica e professionale, pari all’equilibrio.
Personalmente, essendo a notizia della presuntuosa sicurezza con la quale in materia di comunicazione sono state avanzate come definitive ed assolute alcune teorie, abbiamo giudicato efficace il Fabris soprattutto quando ridimensiona l’apporto della psicologia nello spiegare i fenomeni della pubblicità (pp. 105 ss.), e rivendica lo spazio loro dovuto alle discipline sociali; come pure quando discute e riduce la validità delle varie teorie psicologiche, quali il behaviorismo di Watson e Ciacotin, la Gestalt di Köhler, Lewin, ecc. e la psicanalisi di Fromm, Sullivan...: nonché quanto (p. 246) pone delle giuste riserve su altri teorizzatori circa i «modelli» pubblicitari (Rewes, Ogilvy, Martineau...).
Qualche assenza etica si spiega col carattere strettamente psicosociologico dello studio; al lettore, quindi, integrarlo in una visione superiore dell’uomo totale11. Qua e là, poi, qualche passo dà ansa a dubbi; per esempio quando il Fabris (p. 25) se la prende con le «novelle Cassandre, che, periodicamente riprospettano la prospettiva [sic!] pantoclastica di un’umanità mass-medianizzata», adducendo a sua difesa che «l’effetto più frequente dell’esposizione a un processo di comunicazione, lungi dall’essere la conversione, è il potenziamento e la persistente dell’opinione preesistente». L’analisi del Klapper12 ce ne aveva più che edotti; ma non è già questo massiccio potenziamento e questo persistere delle opinioni preesistenti un, culturalmente umiliante e politicamente pericoloso, processo di massificazione?
lpemutriti con letture tanto sostanziose, siamo in grado di approfittare di tutto l’apporto pratico-esemplificativo che, con invidiabile larghezza di mezzi e di buon gusto, ci va via via approntando fa Collana di studi e di ricerche sulla pubblicità, curata dall’Ufficio Stampa e Pubbliche Relazioni della SIPRA (Società Italiana Pubblicità per Azioni). Come supplementi alle riviste Sipra Uno e Sipra Due13, finora sono uscite sei monografie, una più interessante dell’altra. Tre studiano altrettanti personaggi «famosi» del programma televisivo Carosello: Calimero, il pulcino nero dei fratelli Pagot (argomento, nientedimeno, di una tesi di laurea all’Università di Torino!); il Caballero misterioso, alias Paulista, creatura di Armando Testa; e, finalmente, Toto e Tata, bisticcianti creature di Paul Campani e Max Massimini-Garnier: analizzati da Ofelia Ragazzini, autrice della tesi sopra ricordata. Gli ultimi due documentano l’imperversare dei temi Amore-sesso-morte nei recenti film italiani14, e quell’espressione tutta moderna dell’antica auri sacra fames che è la colluvie, in fondo pietosa, dei premi D’oro.
Si possono leggere divertendocisi; ma anche meditandoci su, ed un poco ,vergognandosi, quando ci si vede trattati – passi ancora come i topolini, di cui sopra, o come bambini vogliosi di caramelle –, ma come immaturi e viziosi da adescare e da truffare. Il tutto affinché «la macchina non si arresti», anzi giri sempre più veloce.
1 Civ. Catt. 1964, III, 246-254.
2 J. ELLUL, Les propagandes, Paris, Armand Colin, 1962.
3 J. ELLUL, Histoire de la propagande, Paris, P.U.F., 1967, pp. 127.
4 J.-M. DOMENACH, La propagande politique, Paris, ,P.U.F., 1950, ,pp. 127.
5 Qualche inesattezza, per esempio, su Propaganda Fide, a pp. 58-59.
6 D. VILLANI, La pubblicità e i suoi mezzi, Milano, Giuffrè, 1966, 262. L. 2.200.
7 Chi vi cercasse, invano, un capitolo sull’aspetto giuridico, potrà supplire almeno in parte, consultando il volumetto di M. PAPESCHI, La realtà giuridica dell’agenzia di pubblicità in Italia, Milano, Franco Angeli, 1968, pp. 133. L. 2.000. Diciamo «almeno in parte», perché l’autore, come il titolo precisa tiene d’occhio quasi esclusivamente la figura giuridica dell’agente di pubblicità ed i negozi cui questi partecipa. Molto più ampio e completo, invece, ma per’ la Francia, il trattato di R. FOURÈS, Le droit et la publicité, Paris, Delmas, 1968, pp. 250. Fr. 36.
8 Principes et pratique de la publicité, Paris, Delmas, 1968.
9 G. FABRIS, La comunicazione pubblicitaria, Milano, Etas/Kompass, 1968, pp. 427. L. 7.000. L’autore è direttore dell’istituto Demoskopea, specializzato nelle ricerche di pubblicità e di marketing (termine che il prof. Pacces propone di rendere con mercatistica); incaricato di psicologia dei consumi e ricerca motivazionale alla Scuola di amministrazione industriale dell’Università di Torino, autore di altre pregevoli pubblicazioni in argomento, editore della rivista Ricerche motivazionali.
10 Si osservi la precisazione terminologica, a cominciare dal titolo, che inserisce la pubblicità nel fenomeno generalissimo della comunicazione, e poi nel genere persuasorio, cui appartiene anche la propaganda.
11 Per esempio dove afferma (p. 236): «È irrilevante che l’opinione del pubblico, sul fatto che il prodotto sia acquistato o consumato dal gruppo di riferimento, sia o meno rispondente al vero: è rilevante soltanto che il pubblico, a cui ci si vuol rivolgere, sia convinto che il gruppo referenziale sia consumatore del prodotto e che perciò sia suo dovere fare altrettanto” Il che, in termini di efficacia pubblicitaria, è senz’altro vero; ma è altrettanto vero che verità e lealtà etica ne fanno le spese.
12 Cfr Civ. Catt. 1968, I, 509.
13 Con Sipra Uno l’azienda intende proporre contributi di alto livello culturale ai problemi propri della società dei consumi. Nel 1967 ha analizzato i diversi media nelle foro implicazioni espressive, psicosociali ecc.; i sei fascicoli del 1968 sono dedicati interamente ai giovani. Con Sipra Due si rivolge ai tecnici pubblicitari, ai professionisti di relazioni pubbliche, agli esperti di organizzazioni aziendali, offrendo loro materiale essenzialmente e «tecnico».
14 Cfr Civ. Catt. 1968, I, 567-572.