Articolo estratto dal volume I del 1955 pubblicato su Google Libri.
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I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.
Fino all’anno 1909 chi, per studiare l’argomento specifico e le associazioni ecclesiastiche dei laici in genere, avesse voluto orientarsi nella massa di documenti ecclesiastici che direttamente o indirettamente riguardano le Congregazioni Mariane, doveva cavarsela affidandosi alla sua sagacia di ricercatore, perché non ne esisteva una raccolta ordinata e completa. In detto anno, il p. Franz Beringer S.I. cercò di ovviare all’inconveniente pubblicando il suo De congregationibus marianis documenta et leges1. Però la pubblicazione delle nuove Regole comuni, promulgate dal p. Francesco Saverio Wernz nel dicembre del 1910, dopo meno di un anno rese sorpassata la fatica del dotto canonista tedesco: ragion per cui l’americano p. Elder Mullan S.I. si accingeva a sua volta al lavoro e nel 1911 pubblicava, per i tipi della Civiltà Cattolica, il suo grosso volume: La congregazione mariana studiata nei documenti2, in cui tutti quegli interventi venivano analiticamente studiati e poi integralmente riportati in ordine cronologico, cominciando da mezzo il secolo decimosesto su su fino appunto alle nuove Regole comuni, che segnavano una tappa capitale nella vita delle congregazioni mariane.
Però anche l’opera monumentale del Mullan dopo poco più di un decennio apparve già invecchiata; infatti la promulgazione del Codice di diritto canonico (1917) e l’impronta personalissima che Pio XI (1922-1939) dette all’apostolato compiuto dai laici alle dipendenze della gerarchia, da una parte resero superflui i moltissimi riferimenti che il Mullan faceva al precedente diritto ecclesiastico non codificato, dall’altra dettero alle congregazioni mariane una formalità giuridica nuova, alla quale i documenti del grosso volume non si riportavano affatto; perciò, studiosi di pastorale, teorici e pratici dell’apostolato dei laici, furono di nuovo ridotti a ricorrere, per documentarsi in argomento, a riviste di non larga diffusione, a raccolte parziali ufficiali od anche a informazioni confidenziali di enti o di persone particolari. Ora l’inconveniente risultava tanto più rilevante quanto più numerosi si erano fatti gli interventi dell’autorità ecclesiastica sotto gli ultimi pontificati: una decina sotto quello di san Pio X, una trentina sotto quello di Pio XI, e, finora, più di cinquanta sotto quello di Pio XII3.
Una nuova silloge, dunque, si rendeva ormai necessaria, specialmente da quando la costituzione apostolica Bis saeculari, nel 1948, è venuta a segnare nella vita delle CC.MM. una tappa ben più importante di quella del 1910; essa, infatti, per la forma e il contenuto eguaglia in certo modo e supera anche i massimi atti prima elargiti dai papi alle CC.MM., tra i quali la bolla Omnipotentis Dei, con cui Gregorio XIII nel 1584 dava loro il primo essere giuridico nella Chiesa, e la stessa bulla aurea Gloriosae Dominae di Benedetto XIV, nel secondo centenario della quale la stessa costituzione veniva promulgata. Il volume Al servizio della Chiesa4, che presentiamo ai nostri lettori, viene a coprire appunto questa lacuna. I criteri del compilatore seguono dappresso quelli del p. Mullan, al quale, del resto, la silloge materialmente si allaccia, riportando ad litteram quanto in quello si trova sotto gli ultimi numeri 1896-2022, riferentisi agli atti del pontificato di san Pio X. Encicliche, costituzioni, lettere apostoliche e lettere autografe, esortazioni, chirografi, telegrammi, discorsi e radiomessaggi pontifici, atti delle Sacre Congregazioni, dei Tribunali e degli Uffici romani e altri documenti vari vengono riportati in ordine strettamente cronologico, tutti distinti per numeri marginali progressivi ad ogni capoverso5. Ciascuno dei quattro pontificati è preceduto da una notizia sommaria; tutta la raccolta è introdotta da uno sguardo panoramico su Le congregazioni mariane nel pensiero degli ultimi quattro papi; tre indici per documenti, per luoghi e persone e per materie, completano il volume e ne rendono più agevole l’uso6.
Il suo interesse è duplice: il primo è ristretto a un’associazione ecclesiastica particolare, quale sono le congregazioni mariane; l’altro investe non pochi punti essenziali comuni all’apostolato dei laici in genere, e perciò anche all’azione cattolica: collaborazione dei laici all’apostolato della gerarchia. Si restringono al primo i numerosi documenti sui privilegi e le indulgenze che via via dalla S. Sede sono stati concessi, rinnovati e precisati alle CC.MM., sanazioni e dichiarazioni giuridiche, nonché precisazioni sulle loro note caratteristiche: divozione alla Madonna, servizio della Chiesa, totale dipendenza dai direttori, trafila di accettazione, candidatura e consacrazione dei congregati, loro impegni di santificazione propria e di apostolato, sia occasionale nel proprio ambiente sia organizzato su piano locale, nazionale ed internazionale; si estendono al secondo specialmente i documenti che precisano la natura dello stesso apostolato e i suoi rapporti con la gerarchia, particolarmente abbondanti sotto i due pontificati di Pio XI e di Pio XII. E appunto su questi intendiamo fermare alquanto l’attenzione del lettore.
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Non c’è cattolico appena appena a notizia della vita della Chiesa in questo ultimo trentennio che non sappia che l’azione cattolica, in un certo senso antica quanto la Chiesa (104, 114, 132, 152), in altro senso non meno vero del primo si possa dire non solo pupilla degli occhi e fibra più intima del cuore di Pio XI (211), ma anche sua creatura; infatti, se come attività generica dei laici a servizio della gerarchia, nella più ricca varietà di forme, essa è presente in tutti i secoli della Chiesa (116, 134), ed anche negli stessi tempi apostolici, come associazione particolare è genuina opera del grande Pontefice, che le assegnò fini specifici (117 ss., 138 ss.), ne fissò lo snodamento organizzativo (145, 153) e le dette esistenza propria e distinta tra le associazioni ecclesiastiche di laici. In ciò fare egli provvidenzialmente ubbidiva a quel suo genio ordinatore e risoluto, ma soprattutto si sforzava di rispondere alle necessità e alle possibilità proprie del suo tempo. Scarsezza di clero (115, 149, 174) e maggiori mezzi di azione a portata di laici (169) lo indussero a concedere loro maggiori mandati e più ampie responsabilità; esperienze liete e dolorose passate dalle organizzazioni cattoliche, specialmente nel primo ventennio di questo secolo, e nuove o più precise realtà politiche in Italia e fuori l’indussero a definire nette distinzioni di scopi tra le forze laicali chiamate alle dirette dipendenze della gerarchia ed altre organizzazioni, sia pure di laici cattolici, ma con intenti prevalentemente politici, economici e culturali; situazioni di fatto, italiane e mondiali, che approfittavano delle possibilità organizzative proprie dell’età moderna coi suoi tipici fattori storici, psicologici e tecnici, lo portarono ad opporre alle organizzazioni del male, che in più d’una nazione d’Europa stavano assumendo consistenza sempre più unitaria e nazionale, un’altra organizzazione santamente unitaria e nazionale (124 ss., 144 ss., 148, 219, 238); cosi, sotto il suo impulso vigoroso, ebbero vita ed attività, insieme autonome e collegate, quelle sei branche di adulti, di giovani e di universitari, uomini e donne, che insieme costituirono l’Azione Cattolica Italiana, con la fisonomia caratteristica contenuta negli statuti degli anni 1931 e 1940, e che dura quasi inalterata dopo gli ultimi del 1946. Nella mente del grande Pontefice l’associazione cosi creata doveva polarizzare e far confluire ad unità tutte le forze valide del laicato; non solo quelle sparse dei non associati, ma anche quelle che già militavano in altre associazioni; egli dava in proprio all’A.C.I. sia il nome specifico sia il mandato apostolico, per cui solo essa poteva dirsi «collaborazione dei laici all’apostolato della gerarchia». Questa disposizione sovrana pose problemi nuovi e non semplici alle associazioni che già avevano fini e forme di apostolato organizzato, e tra esse alle congregazioni mariane, per la conoscenza e la soluzione dei quali i documenti di Al servizio della Chiesa portano la più meridiana luce. In essi è dato trovare l’affermazione che esse non erano «letteralmente e formalmente azione cattolica, per dir così ufficiale» (154, 173), pur condividendone «i nobili fini di formazione delle coscienze e di apostolato cristiano» (221); torna ripetutamente il concetto che esse erano «forze ausiliarie» della stessa Azione Cattolica (154, 171, 173, 196, 222; cfr anche 238). Non si distruggano, ma si potenzino (87, 112, 173, 212): tra esse e l’A.C.I. è raccomandata non solo «mutua benevolenza, cordiale intesa e mutua cooperazione» (125, 155, 169, 222), ma anche la simultanea appartenenza di militanti cattolici a tutte e due le associazioni (156, 173, 212, 219; cfr anche 113), la quale, in alcuni casi speciali, viene regolata, o mediante opportuni accomodamenti (relazioni tra F.U.C.I. e congregazioni mariane universitarie: 186, 188), o mediante inserimento di circoli di A.C. interni alle CC.MM. (212, 229).
Passando ai documenti del pontificato di Pio XII, una cosa colpisce immediatamente l’attenzione del lettore: la sua instancabile sollecitudine e il suo particolare amore per le congregazioni (347, 517), sicché, anche se egli stesso non avesse un giorno affermato: «Durante il Nostro pontificato non abbiamo perduto alcuna occasione di esprimere la Nostra viva sodisfazione per il costante progresso fatto dal movimento delle congregazioni mariane» (359), la quantità e la qualità dei suoi interventi non gli lascerebbe il minimo dubbio. Anche le radici che alimentano questa sua sovrana benevolenza affiorano inequivocabilmente: stima dell’opera in sé, collaudata in secoli di vita (326, 403) e sperimentata personalmente da lui negli anni del suo ministero sacerdotale (302), divozione tenerissima alla Madonna, luce e gloria del suo pontificato, e il ricordo della sua giovinezza fiorita e santificata nella consacrazione a Maria in una congregazione mariana (248, 278, 279, 327, 328, 347).
Già dai suoi primi interventi, egli si manifesta munifico donatore ed incitatore pieno di attenzioni. Con chiarezza le rileverà come e scelte truppe ausiliarie», non di un’associazione particolare, ma della Chiesa stessa (249); ripetutamente riconosce loro e fini e forme di apostolato» come elementi essenziali (250 e 270), le proclama dipendenti dalla gerarchia, e quindi e vere collaboratrici nell’apostolato gerarchico» della Chiesa (250, 269, 414); dunque esse verificano in pieno la definizione di azione cattolica. Per gradi Pio XII arriverà all’autoritativo formale riconoscimento. Nel 1940 egli parla ancora di circoli di A.C. interni ad esse con lo scopo di imprimere ad «associazioni ecclesiastiche, aventi anche fini e forme organizzate di apostolato», «nuovo impulso allo spirito e alle forme di apostolato, con l’inquadrarle nella grande organizzazione centrale» (253); nel 1946 loda la «collaborazione con l’Azione Cattolica, raggiunta mediante l’adesione collettiva delle congregazioni mariane e della stessa (loro) confederazione, senza che sia necessaria l’adesione individuale dei congregati» (333); nel 1947 e 1948 raccomanda e costanza nel mantenere vostro carattere e sante tradizioni affine rendere tanto più proficua a lato Azione Cattolica collaborazione autonoma» (340, 354 e 360) e contemporaneamente, con un paragone calzantissimo, dà i principi teorici che devono normare la stessa collaborazione autonoma: «Come negli eserciti della terra, diverse armi e corpi assicurano con la loro differenza l’armonica cooperazione comune che porta alla vittoria, nello stesso modo, insieme con altre forme di zelo, quantunque importanti ed anche principali, la Chiesa incoraggia l’esistenza di organizzazioni di apostolato laico, come le CC.MM., e desidera che prosperino e si sviluppino secondo le loro forme e i loro metodi, costituendo in seno all’esercito di Cristo una bella dimostrazione della feconda molteplicità dell’apostolato cattolico, manifestantesi in diverse forme e organizzazioni, che lavorano tutte intensamente sotto la guida e la protezione del Capo supremo della Chiesa» (351; cfr anche 496).
Arriviamo così alla Bis saeculari, la magna carta ormai delle congregazioni mariane (518): in essa tutte le lodi e le caratteristiche delle congregazioni mariane sono ricapitolate, rinnovate e riconosciute (574, 609), e in particolare il loro essere di azione cattolica viene per la prima volta autoritativamente proclamato, tanto nella parte dichiarativa quanto in quella costitutiva (421 ss., 442 ss.; cfr anche 469 ss., 574, 581, 635). Ormai veramente da parte del Papa tutto era stato detto e non c’era altro da aggiungere (517). I documenti che seguono precisano il suo pensiero, e se vi aggiungono qualche cosa di nuovo è per esortare i congregati a rispondere con prontezza e generosità a quanto la Chiesa si attende da loro, cosa che, senza dubbio, costituisce un onore e una responsabilità per i promotori e per i membri di esse.
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Questo privilegio singolare conferito da Pio XII alle CC.MM. dà un valore tutto speciale alla silloge che ne contiene la documentazione; questa singolarità infatti assume il valore e una portata dimostrativa universale nel preciso pensiero del Papa sulla collaborazione dei laici all’apostolato della gerarchia ecclesiastica. L’essenziale dell’Azione Cattolica è stato sempre e resta tuttora la collaborazione dei laici all’apostolato gerarchico della Chiesa; ma il laico non può compiere ufficialmente questa collaborazione se la gerarchia non lo chiama, e dopo avergli partecipato un mandato, non lo riconosce come esecutore di esso. Di fatto, o implicitamente o esplicitamente, la Chiesa nei secoli questo mandato l’ha conferito ora a laici singoli ora ad organismi più o meno complessi, e in questi ultimi tempi storici, ad associazioni con forte organizzazione. Ma il suo mandato non è necessariamente condizionato dalla loro forma di organizzazione. Può benissimo la gerarchia, se vuole, far coincidere di fatto la collaborazione ufficiale con un solo tipo di organizzazione, da essa ex novo escogitata o semplicemente approvata, come, mutate le circostanze, può riconoscere come propri collaboratori autorizzati altri laici riuniti in forme organizzative diverse e già esistenti (505); può benissimo, se vuole, dare a un’associazione particolare il mandato di coordinare l’opera delle altre, come può riservare direttamente a se stessa quest’incombenza, lasciando alle diverse forme di azione cattolica vicendevole indipendenza giuridica, pur spingendole alla più fraterna reciproca collaborazione... I documenti di questa silloge provano appunto, coi fatti, questa libertà di movimento costituzionalmente propria della Chiesa di Gesù Cristo. Essi ci dicono che oggi, accanto a tipiche associazioni ecclesiastiche di laici, che sono e si chiamano Azione Cattolica, almeno un’altra ce n’è che fa ed è azione cattolica, pur non chiamandosi con questo nome; e questa precisazione di concetti e di realtà non può non influire beneficamente nell’armoniosa collaborazione e nell’efficacia delle stesse associazioni cattoliche.
1 F. BERINGER S.I., De Congregationibus Marianis documenta et leges, Graz 1909. L’autore moriva il 21 gennaio dello stesso anno.
2 E. MULLAN S.I., La Congregazione Mariana studiata nei documenti, Roma 1911, pp. 330.
3 Di BENEDETTO XV, il papa della prima guerra mondiale, c’è un solo documento: l’esortazione fatta ai congregati di Roma, radunatisigli intorno nel quarantesimo anniversario della sua ammissione nella Congregazione Mariana del Colegio Capranica, la stessa nella quale, nel 1894, veniva ammesso il giovane seminarista Eugenio Pacelli.
4 Al servizio della Chiesa: I documenti pontifici riguardanti le Congregazioni Mariane da S. Pio X a Pio XII, raccolti dal p. G. CAPRILE S.I., con prefazione del p. V. INSOLERA S.I., Roma, Stella Matutina, 1954, pp. XVI-260. L. 800.
5 A questi numeri marginali si riferiscono i rimandi in parentesi che si trovano in questa nostra Rivista della stampa.
6 Su qualche criterio ci permettiamo di dissentire dal diligente compilatore. Noi, tra l’altro, avremmo abolito alcuni documenti: per esempio i nn. 1, 182-183, 454-460, 573, interessanti solo indirettamente le congregazioni mariane; viceversa, per amore di completezza, avremmo veduto con piacere riportato intero il testo del n. 31, e il testo dei principali canoni del Codice di Diritto Canonico che riguardano le Congregazioni Mariane, ad uno dei quali rimanda il n. 479; il testo del n. 245 avremmo preferito trovarlo o nella notizia introduttiva al pontificato di Pio XII, o in nota; a proposito di note, ne avremmo desiderata qualcuna quando il testo sembra richiedere speciali delucidazioni ai non competenti, per esempio al n. 185, per spiegare meglio quanto viene speditamente accennato nel cappello che l’introduce; poco ci piacciono i fondini al piede delle pagine 30, 48, 114, 124, 156, 179, 198 e 208 per il loro tono reclamistico e non di semplici indicazioni bibliografiche; infine, per alcuni documenti, tradotti dalle lingue straniere in cui l’Autorità li ha scritti o detti, avremmo gradito, almeno in nota, il testo originale. Ma si tratta, come è chiaro, di opinabili, che possono fornire materia di amichevole conversazione senza intaccare la bontà fondamentale del lavoro.