NOTE
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1 Monete del 1920.

2 PHAROS, febbr. 1948, doc. 613; febbr. 1949, doc. 759.

3 Sapere, 1950, p. 293.

4 PHAROS, febbr. 1949, doc. 759.

5 Sapere, 1947, p. 123.

6 Enciclopedia Italiana, appendice, II, 1052: Giappone.

7 Ivi, 1040: Germania.

8 PAHROS, 1945, doc. 143.

9 G. LEYH, Die deutschen wissenschäftlichen Bibliotheken nach dem Krieg, Tubinga 1947, passim.

10 Cfr. Notizie degli Archivi di Stato, Roma 1950. Dei distrutti, almeno 97 lo furono dai tedeschi, 42 dagli alleati, 58 dagli italiani, 30 dai partigiani. E ciò, nonostante che tutti e due gli occupanti avessero creato organi per la salvaguardia dei monumenti e dei documenti: i tedeschi la Kunstchutz, gli alleati la Sub-Commission for Monuments, Fine Arts and Archives.

11 PHAROS, 1949, doc. 259. A 11 milioni e mezzo vengono calcolati i suoi feriti, dei quali il 30% non ricuperabili.

12 Per gli Stati Uniti si conoscono questi dati: morti dell’esercito 310.797; feriti sopravvissuti (molti per la penicillina e per il plasma sanguigno): 672.843. (Cfr. in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 897-898: Stati Uniti).

13 Sapere, 1947, 331.

14 Revue des deux mondes, 1º 1950, p. 478.

15 Sapere, 1950, 293.

16 Ivi, 1948, 148, da Interavia, genn. 1948.

17 Il Tempo, 1º maggio 1951.

18 Revue des deux mondes, cit.

19 Il Tempo, cit.

20 Nella migliore delle ipotesi serve solo per buttare inutilmente il danaro, come avviene quando la strategia del nemico, o il suo contrarmamento o altri imponderabili rendono inutilizzabili apparecchiamenti offensivi e difensivi che hanno dissanguato intere nazioni. Si pensi alla linea Maginot, non servita a nulla: alla Sigfrido, restata quasi inutilizzata; ai pensi agli stock di gas asfissianti, grazie a Dio, non adoperati da nessuno per paura di riceverne di ritorno maggior danno; ai 350.000 italiani sconfitti da 113.000 colonial soldiers armati ed equipaggiati del necessario e del superfluo (C. SILVESTRI, I responsabili della catastrofe italiana, Milano 1946, p. 145); ai mastodontici carri armati russi in Corea fatti fuori dai moderni bazooka... proprio come il terribile e costoso elefante del re Antioco fatto fuori dalla lancia dell’eroico Eleazaro (1 Mach. 6,43-46).

21 Ancora incerti sono i dati dei due bombardamenti atomici. I più attendibili pare siano questi: a Nagasaki, su 200.000 abitanti: 50.000 i feriti curati, 40.000 i morti; a Hiroshima, su 300.000 abitanti: 85.000 i feriti curati, 80.000 i morti (Sapere, 1948, p. 87): altra fonte per Hiroshima dà su 260.000 abitanti: 60.000 morti sul colpo, solo 10.000 del tutto indenni (PHAROS, sett. 1945, doc. 160).

22 Sapere, 1948, p. 148.

23 «Il napalm è benzina resa chimicamente pesante o gelatinosa in modo che si spande sul terreno, bruciando, anziché esaurirsi in una fiammata di pochi secondi, come farebbe la benzina normale. La materia per renderla pesante, trovata durante la seconda guerra mondiale, fu un miscuglio di naftanato di alluminio e alcuni composti grassi estratti dalle noci di cocco, donde li nome di napalm (nap: da naftanato; palm: in relazione alle noci di cocco). In Corea il napalm viene trasportato dagli aerei in recipienti di 500/700 litri innescati con detonanti al fosforo bianco. Una bomba di napalm brucia con fuoco a 1.600 centigradi per un raggio di 25 m. I marinai U.S. e i C.Is l’amano; ma si hanno abbondantissime prove che i russi la temono più di qualsiasi altra arma dell’arsenale degli U.S.» (Time, atlantic edition, 12 febbr. 1951, p. 16).

24 H. C. UREY, riportato da Sapere, 1947, pp. 308, 331; 1950, p. 83.

25 Diamo solo l’ordine di grandezza calcolato su questi dati approssimativi: costo delle due bombe, insieme con tutti i laboratori preparatori: 2 miliardi di dollari; morti 140.000 (cfr. R. F. HARROD, Portata economica dell’energia atomica, in L’età atomica, Bari 1951, p. 87). Otto Hann, premio Nobel, nel 1949 tenne a Monaco di Baviera una conferenza, in cui disse che nella città atomica di Oak Ridge furono impiegati, per la produzione degli isotopi dell’uranio e del plutonio, 86.000 persone (Sapere, 1949, p. 380).

26 G. Bufarini Guidi alla Camera dei Fasci, il 116 apr. 1940, in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 97: Italia.

27 Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Milano 1941, p. 300.

28 G. Gigli, in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 1130: Guerra mondiale.

29 Ivi, 1040.

30 Ivi, 1084 a.

31 C. SILVESTRI, op. cit., pp. 149, 37, 191-192.

32 Nella Mostra della Ricostruzione, organizzata dal Ministero dei Lavori Pubblici col concorso delle altre Amministrazioni dello Stato, restata aperta a Roma per molti mesi nel 1950, si leggeva la seguente «distinta» dei danni causati dalla guerra in Italia: Abitazioni: vani distrutti: 1.878.500; danneggiati: 4.921.500. Edifici pubblici (uffici, scuole, caserme ecc.): vani distrutti: 10.030; danneggiati 176.150. Edifici importanti distrutti (ospedali, chiese, alberghi, cinema, teatri ecc.): 10.200. Strade danneggiate: km. 42.090. Ferrovie danneggiate: km. 7.000. Ponti distrutti (stradali e ferroviari): 18.950. Acquedotti distrutti: 910. Canali di bonifica danneggiati: km. 9.460. Linee elettriche ad alta tensione distrutte e danneggiate: km. 27.980. Centrali elettriche distrutte per una potenza istallata di kwh. 1.400.000. Naviglio mercantile distrutto: tonn. 3.263.960.
Nella stessa Mostra il visitatore veniva a sapere che nel sessennio 1945-’50 la ricostruzione ha fatto notevolissimi progressi, per un totale di 2.700 miliardi, di cui 700 dei privati e 2.000 dello Stato. Ma questa nostra meravigliosa ripresa, giustamente ammirata dagli stranieri, non impediva ai visitatori tristi considerazioni sull’immane disastro che per l’Italia era stata la guerra, e quanto sarebbe stato meglio se i 2.700 miliardi, la tenacia dei lavoratori e l’opera coordinatrice e propulsiva del governo, fossero stati sfruttati non per ricostruire beni già esistenti e ridotti in macerie, ma per creare nuova prosperità oltre quella che la pace avrebbe assicurato all’Italia!

33 Cfr A. ASCARELLI, Le Fosse Ardeatine, Roma 1945, p. 52.

34 PHAROS, 1945, doc. 143.

35 Cfr in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 1039: Germania.

36 E. MEAD EARLE, Creatori della strategia moderna, Princeton 1944, p. 489; cfr. in Enciclopedia Italiana, appendice, I, 699 ss.: Guerra aerea. Il metodo fu già preconizzato tra le due guerre mondiali, quando l’aviazione passava dall’infanzia alla giovinezza, da due italiani, i quali, se avessero saputo che proprio la loro patria sarebbe stata tra le prime a farne la dura esperienza, certamente non avrebbero con tanta spregiudicata baldanza caldeggiato l’uso dell’aviazione in massa sui civili a fin di fiaccare il morale di una nazione.

37 Quel poco che riesce a trapelare tra le nubi della cortina fumogena che avvolge tutto ciò che si fa in Russia, sufficiente per dare un’idea del pacifico lavoro dei colombofili moscoviti. Nel 1950, ai 11.400.000 soldati del blocco occidentale, quello orientale ne poteva opporre 3.770.000, di cui 11.500.000 russi, su 130 divisioni, di cui 30 motorizzate e 30 corazzate, con circa 40.000 carri armati (cfr. Civ. Catt. 1950, III, 105-106; 1951, I, 575-576). Le spese di guerra denunciate da Zverev, attuale ministro delle Finanze dell’U.R.S.S., per il 1950 furono 79,4 miliardi di rubli, pari a circa 10.000 miliardi di lire italiane, che costituivano il 18% di tutte le spese statali; per il 1951 le spese sono state portate a 96,4 miliardi di rubli. Per apprezzare però questi numeri bisogna tener presente col Russkaja myls (Parigi, 18 aprile 1951) 1) che in quel bilancio non rientrano le spese per l’industria aeronautica, per le officine militari, per le ricerche scientifiche belliche (arma atomica), per il mantenimento dell’armata di sicurezza interna (circa 600.000 uomini) ecc.; 2) che i rubli delle spese di guerra sono calcolati a meno di metà del loro valore ordinario; 3) che non rientra nel bilancio la spesa del mantenimento degli eserciti d’occupazione sovietici, cioè del 20% di tutto l’esercito, dislocato in Germania e nell’Europa orientale.

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Articolo estratto dal volume III del 1951 pubblicato su Google Libri.

Il testo è stato corretto dai refusi di stampa e formattato in modo uniforme con gli altri documenti dell’archivio.

I riferimenti ai documenti del magistero pontificio sono stati resi interattivi e portano al sito del progetto “Chiesa e Comunicazione”, la biblioteca digitale online che prosegue l’attività iniziata da p. Baragli con le opere Cinema cattolico: documenti della Santa Sede sul cinema e Comunicazione Comunione e Chiesa.

ARTICOLO SU

È stato detto che la storia è, sì, la maestra della vita, ma che di scolari volonterosi ne deve aver ben pochi se gli uomini, non ostante le sue lezioni e ripetizioni, continuano da millenni a ripetere sempre gli stessi errori. Già due secoli fa Federico il Grande melanconicamente scriveva: «Chi legge la storia con ponderazione troverà che quasi sempre si ripetono le stesse scene: non occorre che cambiare i nomi degli attori».

Tra le scene che invariabilmente si ripetono prevalgono le guerre: si che la storia appare un’interminabile serie di guerre. Monotona serie si direbbe, se due fattori non ne mutassero la monotonia in angoscia opprimente. Il primo n’è il crescendo dei suoi mezzi di distruzione e delle sue masse d’urto: le frombole e le saette sono diventate picche e archibugi, poi mitragliatrici, cannoni, siluri, bombe atomiche; l’urto di qualche migliaio di armati, cui era sufficiente teatro di operazioni uno specchio d’acqua come Salamina o una pianura come Wagram, è diventato quello dei milioni di armati della guerra moderna, ai quali non bastano più i continenti, non gli oceani, non i cieli. E intanto si raccorciano gli intervalli di respiro tra un conflitto e l’altro. Se cinquantasei anni separarono dal 1814 al 1870 due guerre tra Francia e Germania, quarantaquattro furono sufficienti per portarle al terzo urto del 1914, vent’anni maturarono la seconda guerra mondiale, e purtroppo tutto fa temére che meno di dieci anni di pace separeranno la seconda dalla terza, se di pace si possono dire questi anni d’armistizio.

Quest’ingigantirsi di misure rende sempre più difficile giudicare la guerra senza troppo allontanarsi dalla realtà. Per quanto panoramica si sforzi di essere la visione dello storico, il suo racconto, di fronte a realtà mondiali, rischia sempre di restare parziale ed episodico. Ma se tale è la condizione dello storico, figurarsi quella dell’uomo comune! Per lui spesso la guerra si riduce a pochi particolari dolorosi da lui sofferti: la fila per il pane, la fuga nel rifugio all’urlo delle sirene, la vigna rasa a terra dai carri armati, figli dispersi o fucilati, cari sepolti sotto le macerie della casa...: disastri, nella vita d’un uomo o d’una famiglia, ma che non si differenziano poi molto dagli incidenti più o meno dolorosi del tempo di pace.

Naturalmente il giudizio morale della guerra segue spesso questa parziale visione che se ne ha. Tutti gli uomini, è vero, se buoni ed equilibrati mettono la guerra tra le maggiori sciagure dell’umanità; ma quanto più severo ne sarebbe il loro giudizio, se lo potessero fondare sulla somma di tutte le sofferenze, le distruzioni, gli sperperi, le angosce, le deportazioni e le morti ad essa imputabili! Prova ne è che quando, col passar degli anni, viene a conoscere dati meno parziali sul tragico bilancio di una guerra moderna, l’uomo comune prima resta incapace di comprenderli, tanto li trova fuori della sua misura, poi resta incredulo, infine esterrefatto; e si domanda se l’umanità può trovare mezzo più rapido e sicuro della guerra moderna per distruggere se stessa; se ci può essere pazzia maggiore della guerra.

* * *

Passiamo, per esempio, in rivista alcuni dati riguardanti la prima guerra mondiale. Nei cinquantun mesi ch’essa imperversò (luglio ’14 – novembre ’18), secondo dati ufficiali smunse le nazioni combattenti per l’astronomica somma di 1.195 miliardi di franchi oro! Quanto sia pazzamente enorme lo sperpero rappresentato da questa somma appare se si ricorda che tutto il debito pubblico degli stessi Stati alla vigilia della guerra non superava i 130 miliardi di franchi oro! Ma a cifre non meno astronomiche si computarono i danni di guerra, tanto che nel trattato di Versailles le stesse Potenze dell’Intesa – e siamo autorizzati a pensarle tutt’altro che benevole verso la vinta Germania! – dovettero riconoscere che le sue risorse non sarebbero state sufficienti a ripararli tutti, e perciò nelle loro note di conto si limitarono ad elencare solo i danni sofferti nelle popolazioni civili, e non quelli delle opere e del materiale degli eserciti e delle flotte. Eppure, anche con quei temperamenti, l’Inghilterra denunciò danni per 2.543.000.000 di sterline; la Francia per 214 miliardi di franchi carta, il Belgio per 36 miliardi e mezzo, l’Italia per 86.800.000.000 di lire1.

Però Intesa e Imperi Centrali si trovarono accomunati in un ben più macabro bilancio: quello delle vite umane falcidiate. Basti dire che, non tenendo conto della mortalità ordinaria, né delle varie epidemie che la seguirono un po’ in tutta l’Europa, la prima guerra mondiale cancellò dalla faccia della terra ogni giorno l’equivalente di un grosso paese: 20.000 anime; ogni mese la popolazione di una grande città di 700.000 abitanti; ogni anno quella di una metropoli grande come Londra o Nuova York, più di otto milioni di anime; in poco più di quattr’anni l’equivalente di tutta la popolazione della Spagna e del Portogallo, in un’ecatombe di 35 milioni di vite, di cui 10 milioni di soldati morti in guerra! Ebbene, queste cifre, per quanto tragiche, impallidiscono avanti al bilancio, tuttora parziale, della seconda guerra mondiale.

Cominciamo dalle spese di guerra. Per l’Inghilterra esattamente la metà di tutto il bilancio preventivo della nazione del 1939-’40 veniva destinato per la difesa nazionale: per lo stesso anno questa proporzione già assurda veniva superata dalla Francia, che per le spese di guerra stanziava il 60% del suo bilancio. Com’era da prevedere, a quei pazzeschi preventivi corrisposero non meno pazzeschi consuntivi nelle nazioni impegnate nel conflitto; si sa infatti che nel 1944 l’Inghilterra spese per la guerra il 54% del suo bilancio, il Canadà il 52%, la Nuova Zelanda il 49%, gli Stati Uniti il 46%, l’Australia e l’U.R.S.S. il 44%2. Quanto sia costata in particolare la guerra agli Stati Uniti si può arguire da questi soli dati: negli anni ’41-’43 l’U.S.A. costruì più di un milione e mezzo di autocarri militari; nel solo 1944 costruì 100.000 aeroplani, per il costo complessivo di sedici miliardi di dollari, pari a 9.000 miliardi di lire italiane attuali3; in 44 mesi gli aeroplani costruiti salirono a 274.674.

Parallela a quella delle spese salì nei sei anni di guerra la curva delle distruzioni materiali. Calcoli ufficiali toccano per la sola Europa un totale di 131.500.000.000 di dollari (circa un milione di miliardi di lire italiane), equivalenti ad una taglia di circa un milione per ogni famiglia d’Europa. Ancora più spaventosi in proporzione sono i dati per l’U.R.S.S.: essa ha denunciato 128 miliardi di dollari di danni (circa 90.000 miliardi di lire italiane), corrispondenti ad una taglia di circa mezzo milione per ognuno dei suoi 193 milioni d’abitanti4.

Vista dall’alto, passato il ciclone, la terra dovè sembrare un unico enorme cumulo di ferri contorti, calcinacci e cenere.

Valgano, per rilevare tutta la grandezza del disastro, solo alcuni dati: i paesi belligeranti persero navi per 36.787.000 tonnellate, cioè più della metà di quante ne possedevano nel 1939 (69.970.000 tonn.)5. Il Giappone contò una quarantina di città con più di 100.000 abitanti rase in gran parte al suolo, ed altrettante città rovinate nel 30% delle loro superfici6; in Germania furono distrutte per il 45% Monaco e Mannheim-Ludwigshafen; per il 50% Berlino, Amburgo, Düsseldorf, Duisburg, Monaco-Gladbach; per il 55% Stoccarda, Norimberga, Essen, Hann, Kiel, Friburgo; per il 6o% Francoforte sul Meno, Dresda, Hannover, Dortmund, Münster, Darmstadt; per il 65% Colonia e Aquisgrana, per il 75% Kassel, Magonza, Bochum, Emden, Soest; per l’80% Paderborn, Würzburg, Hanau. Particolare da meditare: agli abitanti di Berlino, Essen e Stoccarda corrisposero m3 10 di macerie a testa; per quelli di Amburgo e di Francoforte m3 20, a Norimberga m3 307.

L’amarezza cresce se si bada alla qualità delle distruzioni. Si pensi, per esempio, alla Francia, che ha avuto distrutti 4.000, cioè un settimo, di tutti i suoi edifici storici; si pensi ai volumi distrutti nelle sole due biblioteche di Tours e Caen in numero di 1.270.0008, e all’ecatombe di libri e di manoscritti avvenuta nelle biblioteche della Germania, dove «non è stata distrutta l’una o l’altra biblioteca, ma il complesso totale delle migliori biblioteche». Bastino queste cifre indicative: la biblioteca nazionale di Amburgo ha perduto 600.000 volumi, la regionale di Stoccarda 580.000, la nazionale di Monaco e la regionale di Darmstadt mezzo milione ognuna, l’universitaria di Münster 400 mila volumi e mezzo milione di dissertazioni, quelle di Karlsruhe, di Monaco, di Kassel, di Dresda, di Francoforte sul Meno, di Kiel, di Dresda, di Würzburg, di Lipsia, di Brema, di Magdeburgo, di Hannover e di Norimberga complessivamente più di tre milioni di volumi e più di 600.000 dissertazioni. Eppure in Germania, come altrove, in previsione della guerra si era cercato di salvare il salvabile «con uno spostamento di libri senza paragone nella storia delle biblioteche», specialmente per il materiale pregiato: manoscritti, codici, incunaboli ecc. Ma il fuoco e l’acqua sono penetrati nei rifugi e nelle cantine: cosi sono andati perduti quasi tutti i codici medievali dell’università di Münster, 7.000 manoscritti della regionale di Dresda, 320 manoscritti e 25 incunaboli della comunale di Wuppertal, 50 manoscritti e 752 incunaboli del museo bibliologico di Lipsia9. Gli stessi disastri il fuoco e l’acqua hanno causato negli archivi. Un’indagine esatta compiuta intorno a quelli d’Italia informa che dei 1 .649 archivi della nazione, solo un quinto è uscito indenne dall’uragano; ben 873 risultano danneggiati e 409 distrutti10.

Ma anche nella seconda guerra mondiale l’ombra più nera è data dalla cifra delle vite umane che essa ha falcidiato. I soli morti per azione bellica in Europa ammontano a 13 milioni e 450.000, di cui quasi 9 milioni di civili e più di 4 milioni e mezzo di militari: il che fa, in termini economici, un cruento tasso d’interesse del 4,70% sull’ammontare della sua popolazione. Ma quest’enorme cifra è superata dalla Russia; il suo tasso di sangue arriva all’8,91% della popolazione del 1946, allineando essa ben 17 milioni di cadaveri: sette milioni di militari e dieci di civili, di cui ben cinque milioni morti per freddo e per fame11. Quale vuoto nella popolazione del globo risulterà imputabile alla guerra se si computeranno anche le non meno sanguinose ecatombe sopportate dall’America12 e dal Giappone, dalla Cina, dall’India e dall’Africa? e se ai morti in azioni belliche si aggiungeranno le decine di milioni d’uccisi in conseguenza di essa, dalla fame, dagli stenti e dalle malattie? Se si aggiungessero infine tutti i bambini che dovevano nascere – e non son nati – dai milioni di famiglie che la guerra ha violentemente separate, o disperse o vietato di costruire?

* * *

Dove e quando si fermerà quest’umanità impazzita? Di quante cifre dovranno essere i numeri del consuntivo di una deprecata terza guerra mondiale? Si considerino un po’ questi numeri pubblicati su giornali o su riviste – segno dei tempi! – come «curiosità». Una mitragliatrice pesante oggi costa poco meno di due milioni di lire; un modesto cannone di 105 mm. sette milioni; un carro armato pesante circa 140 milioni; una telearma (nota: che si adopera una volta sola!) circa 200 milioni13, un cacciatore notturno F. 89 più di 800 milioni14: un bombardiere B. 36 tre miliardi e mezzo; uno a reazione B47 quasi quattro miliardi15. Nel novembre 1947 faceva il volo di collaudo un Conwair XC.-99, di 120 tonnellate, capace di portare 400 uomini a 2.600 km. di distanza: era costato più di 10 miliardi e mezzo16; sulla fine di aprile di quest’anno al Congresso dell’U.S.A. venivano chiesti 30 milioni di dollari, pari a circa 20 miliardi di lire, per la costruzione di un sommergibile a propulsione atomica, e 218 milioni di dollari, cioè circa 150 miliardi di lire, per una portaerei con pista per bombardieri atomici...17. Questi essendo i costi unitari correnti, se si pensa che una guerra moderna si fa con milioni di mitragliatrici, centinaia di migliaia di aerei e di carri armati, migliaia di navi e di sommergibili, si spiegano i numeri chilometrici che già oggi occorrono per i bilanci di guerra. In Francia, per esempio, nonostante che tutto il bilancio della nazione prevedesse un deficit di 400 miliardi di franchi, per il 1951 non bastano più i 500 miliardi andati in spese di guerra nel 1950, ma se ne preventivano altri 80, e si calcola un programma supplementare di 2.000 miliardi di franchi in tre anni18; il presidente degli Stati Uniti chiede per le spese di guerra dell’anno 1951-52 non meno di 40.000 miliardi di lire19, che è quanto dire più di cento miliardi al giorno, pari ad una tassa a sangue di mille lire al giorno per abitante U.S.A., neonati inclusi!

Il pensiero va alle opere di bene che con tali mezzi l’umanità rinsavita potrebbe costruire; che forse a quest’ora si sarebbe vinto il cancro e la poliomielite; si sarebbero tolte tutte le ansietà economiche che spingono milioni di sposi a non dare la vita o a soffocarla al suo sorgere; si sarebbero tagliati i tendini al comunismo abolendo la miseria e la fame; si sarebbe portato il cristianesimo a tutti gli infedeli se, non diciamo tutta, ma solo la millesima parte di queste spese si fosse stanziata non per uccidere ma per sanare!

E invece, tutto ciò, – e ancora di più – servirà solo per uccidere: per uccidere sempre più e sempre più in fretta20. Cominciammo la prima guerra mondiale col fucile, che uccideva un uomo alla volta, e coi cannoni dal tiro ragionevole, e la finimmo coi gas asfissianti che uccidevano gli uomini come le mosche, con le mitragliatrici, che li falciavano come il grano, coi mortai da 420, e i cannoni che tiravano a cento chilometri! Abbiamo poi cominciato la seconda guerra con gli stukas e con le bombe da una tonnellata, e l’abbiamo finita con quella da sei tonnellate, coi V.2 e con l’atomica: un ordigno due mila volte più potente delle bombe fino allora conosciute, che in qualche frazione di secondo sprecò energia per 23 milioni di kw, equivalente a tutta l’energia elettrica adoperata oggi in Italia in dodici ore; e la sprecò per uccidere di colpo a Nagasaki 40.000 inermi, a Hiroshima 80.000!21. Quali ordigni appronteranno per la guerra di domani le spese pazzesche che oggi la preparano? Già abbiamo il bombardiere Consolitaded Vultee B-36, che trasporta 33 tonnellate di bombe22: nella martoriata Corea già funzionano «soddisfacentemente» le bombe al napalm;23 si parla di nuove bombe atomiche, rispetto alle quali quelle tipo Nagasaki e Hiroshima sarebbero antieconomiche. Sì, proprio cosi: oggi si parla di bombe per incenerire i nostri fratelli come si parlerebbe di insetticidi. Si legge scritto: «L’arma atomica è l’arma più a buon mercato che esista»; «Le armi teleguidate avranno carica atomica, perché sarebbe antieconomico il solito esplosivo». Con questo criterio, molto economica pare che sarà la bomba a idrogeno, che avrà «rendimenti» superiori migliaia di volte a quelli delle bombe tipo Hiroshima: tant’è vero che proprio una bomba atomica le servirebbe da semplice innesco, come il fulmicotone di mercurio in una carica di dinamite!24.

Cosi pare che ci siamo messi nella via definitiva della civiltà! Calcoli approssimativi fanno concludere che i 140.000 morti di Hiroshima e Nagasaki costarono appena 10 milioni di lire l’uno...25. Coraggio, coraggio, o uomo civile, ché presto basterà qualche centinaio di lire, come per andare al cinema, per uccidere in massa quelli che una vecchia morale diceva «tuoi fratelli»! E allo stesso prezzo, senz’altre aggiunte, le tue intelligenti invenzioni daranno ai morti un accompagnamento almeno dieci volte maggiore di ustionati, di deformati, d’accecati e d’impotenti! Sorriderai allora ricordando i tempi quando le radio di tutto il mondo si lanciavano l’una l’altra la richiesta di una medicina rara per salvare la vita di un bambino; irriderai l’antieconomico andirivieni di aerei e di navi per salvare una decina di esploratori sperduti nel pack polare, e l’angoscioso seguire, ora per ora, nei comunicati dei giornali, la sorte tragica di pochi marinai cui faceva da tomba un sommergibile, e l’affievolirsi delle voci di dieci minatori schiacciati da una miniera; compatirai quei strani uomini vestiti di bianco che oggi ancora sudano intorno ad un tavolo operatorio, e impallidiscono quando temono che una vita sta per andarsene, e ridono e piangono di gioia quando l’operazione, difficilissima, salva una vita! Via questi romanticismi d’altri tempi! L’eroe di oggi lo fa la guerra: freddo calcolatore, cui un ordine spinge a distruggere d’un colpo un milione di persone, e torna alla base sorridente, applaudito, senza rimorsi come se avesse distrutto non una città di fratelli ma semplicemente un termitaio!

* * *

Quanto mai labile deve essere il ricordo che gli uomini conservano degli orrori delle guerre se alla prima rivendicazione che trovano o al primo senso di potenza che avvertono tutto dimenticano per esaltarsi in una nuova psicosi di guerra. Allora c’è gente che dice senza fremere, o applaude senza arrossire, slogan come questi: «Soltanto i popoli guerrieri sono ammessi a ordire il grande ed eterno tessuto della storia!»26. Allora l’uomo si sforza di credere che la guerra ch’egli vuole e prepara sarà senz’altro l’ultima, quella che darà la soluzione definitiva di tutti i problemi pendenti, più presto e meglio di tutte le trattative, le quali perciò vengono rifiutate come inopportune e dannose; anzi che questa volta la guerra sarà una Blitz-krieg, e che perciò deve essere feroce e senza scrupoli.

Invano, per esempio, era passata per la Germania la severa lezione dell’avventura 1914-’18, iniziata con baldanzosa sicurezza e terminata in un disastroso collasso; invano, a rincalzo di quanto la storia le doveva aver insegnato, il 24 agosto 1939, quando già fosco era l’orizzonte e le nubi minacciavano i primi lampi, ragione e religione ammonivano per bocca di Pio XII: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra»27. No: le parole del Papa incrociavano quelle dell’isterico maniaco che qualche ora prima, a Berchtesgaden, aveva detto ai suoi generali: «C’è da temere solo che qualche sozzo maiale avanzi una proposta di mediazione. In questo caso sta all’esercito agire con la massima brutalità: dopo che si sarà conseguita la vittoria nessuno si ricorderà delle violenze. Genghiz Khan fece uccidere milioni di uomini e, tuttavia, la storia non vede in lui che un grande conduttore d’impero»28. Ma bastano oggi tutti gli occhi dei tedeschi sopravvissuti per piangere le sciagure seguite alla facile profezia del barbaro e presuntuoso condottiero? Nel sessennio ’39-’45 la Germania ha subìto distruzioni e perdite più che in tutto il resto della sua storia millenaria. Caute valutazioni fanno ascendere a sei milioni i suoi morti e scomparsi29; i suoi uomini validi furono deportati, il suo territorio invaso e occupato dagli eserciti di quattro nazioni, le sue industrie smantellate, mentre si prepara, in questi anni di agonia più che di armistizio, la lunga distinta delle riparazioni.

Una simile lezione, anche se provvidenzialmente meno disastrosa, toccò all’Italia, quando un altro esaltato, sordo a tutti i consigli e a tutte le offerte, volle disporre di qualche migliaio di morti per non rischiare di rimanere senza nulla al tavolo del bottino; e invece la sprofondò in un baratro, a uscire dal quale non basteranno decenni. Gli occhi versano le ultime loro lacrime a vedere oggi tradotti in cifre i nostri dolori e le nostre vergogne. Tra la fiorente giovinezza spedita a «spezzare le reni» della Grecia, 14.000 furono i morti, 50.000 i feriti, 25.000 i prigionieri o dispersi, 12.000 i congelati.30. L’ancora più tragica avventura dell’ARMIR ingoiò 1.350 cannoni, 18.000 automezzi, 129.000 quadrupedi, 220.000 uomini. Dopo l’armistizio dell’8 settembre, 700.000 furono i soldati italiani deportati in Germania. Totale delle spese: civili internati o deportati: 345.000; profughi: 469.000; prigionieri: 1.480.000; feriti 262.000; morti 442.00031. Totale del bottino: un esercito volatilizzato, un impero perduto e 6.000 miliardi di danni in casa!32. Ma poi chi farà il computo di tutti gli altri danni non computabili, come la rovina e la perdita di opere storiche ed artistiche (Montecassino, per ricordarne solo una), lo sfrenamento degli istinti di vendetta, di ferocia, di furto e di lussuria causati dall’indebolimento delle leggi, dalla fame, dalla reazione al terrore crescente delle azioni belliche, dai sùbiti arricchimenti di avventurieri senza scrupoli, dal passaggio di eserciti che su tutti i loro passi lasciarono gli inequivocabili segni del vizio: nugoli di bastardi per i brefotrofi e di luetiche per gli ospedali? E chi non ricorda l’infanzia abbandonata, avviata alla rapina e al lenocinio, sovrabbondante semenzaio per la malavita avvenire? Chi non ricorda il brigantaggio, spontaneo succedaneo della lotta partigiana, e il diffuso oscuramento della coscienza morale, che guardava impassibile i più atroci delitti, cancellare secoli di diritto, di retto sentire e di civiltà? Ecco a Roma i 335 massacrati alle Fosse Ardeatine33; ceco in tutta l’Italia le rappresaglie su inermi e innocenti; ecco fuori d’Italia a Katyn, il massacro di 11.000 ufficiali polacchi freddamente predisposto e condotto a termine dalla Russia; in Germania i 7 milioni di seviziati, asfissiati, vivisezionati come cavie nei campi di concentramento di Dachau, Auschwitz...34; entro e fuori l’Italia, sanguinosa eco di guerra, ecco a centinaia di migliaia gli spietatamente assassinati per ragione politica, o per vendetta lungamente covata, da volgari assassini, premiati poi, a nostra vergogna, con la nomina a deputati o a senatori...

Tutto questo è la guerra; anzi, tutto questo fatalmente tende a diventare ogni guerra; giacché, è, sì, in potere dell’uomo non scatenarlo, il mostro, ma una volta scatenato non è in suo potere limitarne i danni, il più delle volte imprevisti; si ripete invariabilmente in essa la leggenda dell’apprenti sorcier, ch’evocò gli spiriti e ne restò lo zimbello e la vittima.

E non farà davvero eccezione a questa lezione della storia una guerra avvenire: guerra totale, che non risparmierà nessuno; guerra non solo di tutte le nazioni, ma di tutti i cittadini. Anche sotto quest’aspetto la seconda guerra mondiale è stata di un’eloquenza inoppugnabile. Fatta eccezione delle poche nazioni che non hanno avuto in casa la guerra guerreggiata, i danni sofferti dai civili sono stati più gravi di quelli sofferti dai soldati. Così, per esempio, in Francia, a 200.000 morti e a 230.000 invalidi soldati corrisposero 450.000 morti e 255.000 invalidi civili35. In Germania «soldati combattenti al fronte dichiaravano senza ambagi che il combattimento nelle prime linee era più tollerabile degli incessanti allarmi aerei e dei tappeti di bombe sui quartieri abitati delle grandi città, dell’incenerimento d’intere città prodotto da bombe incendiarie e da bombe al fosforo, della morte per combustione di migliaia di persone nei ricoveri antiaerei»36. In Giappone, contro 554.349 tra morti (241.309) e feriti (313.040) soldati, ci furono più di 8 milioni tra morti, feriti o sinistrati civili. Ormai si può dire che il portare la guerra, scientemente, fin dalla dichiarazione (e anche prima!) in casa del nemico, con tutti i mezzi a disposizione, nessuno escluso, fa parte dell’abc dell’arte della guerra. E non c’è dubbio alcuno che a questo criterio ubbidirà l’uso dell’arma atomica, tanto più efficace quanto più improvvisa potrà colpire, trasportata a velocità supersoniche, senza dare neanche il tempo di far sonare le sirene e di scendere nei rifugi!

* * *

Questo mostruoso espandersi della guerra moderna, il pazzesco sperpero di ricchezze ch’essa esige e le infinite atrocità che l’accompagnano hanno fatto porre con insistenza a più di un moralista la questione se oggi valgano ancora le antiche distinzioni della morale tra guerra lecita e guerra illecita, o se ormai non si debba dire che ogni guerra, di difesa o di offesa, sia sempre illecita, delitto. E non è mancato chi, aderendo a questa soluzione estremista, ne ha fatto l’argomento fondamentale per predicare la pace a tutti i costi, ed ha presentato il suo pacifismo come dottrina genuinamente evangelica, ed ha dichiarato non solo lecito, ma doveroso il rifiuto che obiettori di coscienza hanno opposto di prestare il loro concorso ad azioni di guerra. Ma non c’è bisogno di dire che né la pratica di chi cosi agisce né la teoria di chi così la difende trovano nei principi della morale naturale o nella rivelazione la benché minima giustificazione; perché, come nella vita dell’uomo, così nella vita della società ci sono valori e diritti supremi, per tutelare o per riavere i quali la difesa può essere non solo lecita ma doverosa, comportasse anche l’accettazione della più terribile delle guerre. Ma allora tremenda sarà la responsabilità di chi avrà reso necessaria la guerra, e ancora più tremenda la responsabilità di chi la guerra, per i suoi diabolici interessi, ha freddamente meditato, voluto e lungamente preparato.

Chi sia oggi a volere la guerra che paventiamo, tutti lo sanno. È una cricca di caporioni comunisti, che non hanno Dio nel cuore, ma l’odio; non pensiero del benessere dei proletari ma smania di potenza. Essi hanno fatto della Russia la base di operazioni per sottoporre tutto il mondo, magari col massacro, alla barbarie rossa37. Da anni, una per una, stanno ingoiando e schiacciando le nazioni che hanno la mala sorte di essere confinanti con la Russia o coi suoi satelliti. Mille volte peggiori di lui hanno fatto loro la consegna del fu «duce»: «Parlare di pace, per preparare la guerra»! Con l’aiuto di vili rinnegati, hanno fatto svolazzare dappertutto la colomba della pace, per dappertutto moltiplicare i focolai di guerra. Invitati a trattative amichevoli, non vanno; se vanno, le troncano coi loro veto a catena; se le iniziano, le menano per le lunghe con le loro interminabili e villane logomachie! Intanto con tutti i rubli, tutto il sudore e tutto il sangue dei disgraziati che gemono sotto il loro tallone preparano febbrilmente la loro guerra; invece di alleviare la miseria dei loro proletari, così profonda che un viaggio all’estero costituisce per essi la più pericolosa delle tentazioni, spendono centinaia di miliardi di rubli per mettere insieme sempre più soldati, sempre più aeroplani e sommergibili, sempre più carri armati e per potenziare le attrezzature dell’arma atomica... Intanto, nell’attesa del grande attacco, sistematicamente saggiano la pazienza e le forze dell’avversario attaccando in Corea, a spese di milioni di ingenui, illusi dalla speranza di un sole avvenire e mandati a farsi macellare per i lontani difesi criminali che li comandano...

Quale mai tribunale umano sarà capace di misurare tutta la loro iniquità?

Perciò nella trepida ora che l’umanità sta passando non c’è cuore cristiano, non c’è cuore d’uomo che non rivolga a Dio la sua fiducia e la sua preghiera: accorata, altissima come il grido del motore che ha fornita l’energia per stampare questo scritto. Apparteneva a un carro armato Shennan, che aveva due motori gemelli. Uno, chissà dov’è andato a finire; l’altro è qui, in asse con la dinamo che provvede l’energia a tutta la tipografia. Allo strappo degli accumulatori dà come un ruggito; poi ansima, canta, grida man mano che il numero dei giri aumenta; quando raggiunge la velocità di regime il nitrito e il galoppo dei suoi 125 cavalli dà un frastuono potente, cui risponde il coro di tutte le macchine: stampatrici, fonditrici, tagliatrici e cucitrici, alle quali egli invia i suoi quasi cento kwh d’energia. Frastuono e coro che noi, minacciati dagli orrori della guerra, interpretiamo cosi: — Disperdi, o Signore, i malvagi che vogliono le guerre! (Ps. 67, 32). Tu, che hai chiamato beati i pacifici e i miti perché loro è il possesso della terra, attua in questo mondo, stanco di lotte, la tua beatitudine. Che le ricchezze che tu hai nascosto nelle viscere della terra, e la luce di cui hai dotato l’ingegno dell’uomo, tornino a rasserenare la vita. Che avvenga dappertutto nel mondo quel che qui è avvenuto: il grosso motore del carro armato non serve più a sconvolgere, sotto lo sferragliare dei cingoli, i campi di tuberose dell’Olanda e i vigneti del Reno, a stritolare i feriti e i congelati sparsi lungo gli argini del Don, a sfondare le povere casette contadine dell’Italia e le muscose cappelle della Bretagna...; esso canta di gioia perché dà lavoro, pane e serenità a cento famiglie di operai, perché serve a diffondere attraverso la stampa di libri e di riviste l’arte e l’economia, la medicina e le scienze, l’amore, la religione e il sereno divertimento, per dare all’umanità quel che le abbisogna a rendere meno gravoso e più umano questo esilio terreno.

1 Monete del 1920.

2 PHAROS, febbr. 1948, doc. 613; febbr. 1949, doc. 759.

3 Sapere, 1950, p. 293.

4 PHAROS, febbr. 1949, doc. 759.

5 Sapere, 1947, p. 123.

6 Enciclopedia Italiana, appendice, II, 1052: Giappone.

7 Ivi, 1040: Germania.

8 PAHROS, 1945, doc. 143.

9 G. LEYH, Die deutschen wissenschäftlichen Bibliotheken nach dem Krieg, Tubinga 1947, passim.

10 Cfr. Notizie degli Archivi di Stato, Roma 1950. Dei distrutti, almeno 97 lo furono dai tedeschi, 42 dagli alleati, 58 dagli italiani, 30 dai partigiani. E ciò, nonostante che tutti e due gli occupanti avessero creato organi per la salvaguardia dei monumenti e dei documenti: i tedeschi la Kunstchutz, gli alleati la Sub-Commission for Monuments, Fine Arts and Archives.

11 PHAROS, 1949, doc. 259. A 11 milioni e mezzo vengono calcolati i suoi feriti, dei quali il 30% non ricuperabili.

12 Per gli Stati Uniti si conoscono questi dati: morti dell’esercito 310.797; feriti sopravvissuti (molti per la penicillina e per il plasma sanguigno): 672.843. (Cfr. in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 897-898: Stati Uniti).

13 Sapere, 1947, 331.

14 Revue des deux mondes, 1º 1950, p. 478.

15 Sapere, 1950, 293.

16 Ivi, 1948, 148, da Interavia, genn. 1948.

17 Il Tempo, 1º maggio 1951.

18 Revue des deux mondes, cit.

19 Il Tempo, cit.

20 Nella migliore delle ipotesi serve solo per buttare inutilmente il danaro, come avviene quando la strategia del nemico, o il suo contrarmamento o altri imponderabili rendono inutilizzabili apparecchiamenti offensivi e difensivi che hanno dissanguato intere nazioni. Si pensi alla linea Maginot, non servita a nulla: alla Sigfrido, restata quasi inutilizzata; ai pensi agli stock di gas asfissianti, grazie a Dio, non adoperati da nessuno per paura di riceverne di ritorno maggior danno; ai 350.000 italiani sconfitti da 113.000 colonial soldiers armati ed equipaggiati del necessario e del superfluo (C. SILVESTRI, I responsabili della catastrofe italiana, Milano 1946, p. 145); ai mastodontici carri armati russi in Corea fatti fuori dai moderni bazooka... proprio come il terribile e costoso elefante del re Antioco fatto fuori dalla lancia dell’eroico Eleazaro (1 Mach. 6,43-46).

21 Ancora incerti sono i dati dei due bombardamenti atomici. I più attendibili pare siano questi: a Nagasaki, su 200.000 abitanti: 50.000 i feriti curati, 40.000 i morti; a Hiroshima, su 300.000 abitanti: 85.000 i feriti curati, 80.000 i morti (Sapere, 1948, p. 87): altra fonte per Hiroshima dà su 260.000 abitanti: 60.000 morti sul colpo, solo 10.000 del tutto indenni (PHAROS, sett. 1945, doc. 160).

22 Sapere, 1948, p. 148.

23 «Il napalm è benzina resa chimicamente pesante o gelatinosa in modo che si spande sul terreno, bruciando, anziché esaurirsi in una fiammata di pochi secondi, come farebbe la benzina normale. La materia per renderla pesante, trovata durante la seconda guerra mondiale, fu un miscuglio di naftanato di alluminio e alcuni composti grassi estratti dalle noci di cocco, donde li nome di napalm (nap: da naftanato; palm: in relazione alle noci di cocco). In Corea il napalm viene trasportato dagli aerei in recipienti di 500/700 litri innescati con detonanti al fosforo bianco. Una bomba di napalm brucia con fuoco a 1.600 centigradi per un raggio di 25 m. I marinai U.S. e i C.Is l’amano; ma si hanno abbondantissime prove che i russi la temono più di qualsiasi altra arma dell’arsenale degli U.S.» (Time, atlantic edition, 12 febbr. 1951, p. 16).

24 H. C. UREY, riportato da Sapere, 1947, pp. 308, 331; 1950, p. 83.

25 Diamo solo l’ordine di grandezza calcolato su questi dati approssimativi: costo delle due bombe, insieme con tutti i laboratori preparatori: 2 miliardi di dollari; morti 140.000 (cfr. R. F. HARROD, Portata economica dell’energia atomica, in L’età atomica, Bari 1951, p. 87). Otto Hann, premio Nobel, nel 1949 tenne a Monaco di Baviera una conferenza, in cui disse che nella città atomica di Oak Ridge furono impiegati, per la produzione degli isotopi dell’uranio e del plutonio, 86.000 persone (Sapere, 1949, p. 380).

26 G. Bufarini Guidi alla Camera dei Fasci, il 116 apr. 1940, in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 97: Italia.

27 Discorsi e Radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, Milano 1941, p. 300.

28 G. Gigli, in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 1130: Guerra mondiale.

29 Ivi, 1040.

30 Ivi, 1084 a.

31 C. SILVESTRI, op. cit., pp. 149, 37, 191-192.

32 Nella Mostra della Ricostruzione, organizzata dal Ministero dei Lavori Pubblici col concorso delle altre Amministrazioni dello Stato, restata aperta a Roma per molti mesi nel 1950, si leggeva la seguente «distinta» dei danni causati dalla guerra in Italia: Abitazioni: vani distrutti: 1.878.500; danneggiati: 4.921.500. Edifici pubblici (uffici, scuole, caserme ecc.): vani distrutti: 10.030; danneggiati 176.150. Edifici importanti distrutti (ospedali, chiese, alberghi, cinema, teatri ecc.): 10.200. Strade danneggiate: km. 42.090. Ferrovie danneggiate: km. 7.000. Ponti distrutti (stradali e ferroviari): 18.950. Acquedotti distrutti: 910. Canali di bonifica danneggiati: km. 9.460. Linee elettriche ad alta tensione distrutte e danneggiate: km. 27.980. Centrali elettriche distrutte per una potenza istallata di kwh. 1.400.000. Naviglio mercantile distrutto: tonn. 3.263.960.
Nella stessa Mostra il visitatore veniva a sapere che nel sessennio 1945-’50 la ricostruzione ha fatto notevolissimi progressi, per un totale di 2.700 miliardi, di cui 700 dei privati e 2.000 dello Stato. Ma questa nostra meravigliosa ripresa, giustamente ammirata dagli stranieri, non impediva ai visitatori tristi considerazioni sull’immane disastro che per l’Italia era stata la guerra, e quanto sarebbe stato meglio se i 2.700 miliardi, la tenacia dei lavoratori e l’opera coordinatrice e propulsiva del governo, fossero stati sfruttati non per ricostruire beni già esistenti e ridotti in macerie, ma per creare nuova prosperità oltre quella che la pace avrebbe assicurato all’Italia!

33 Cfr A. ASCARELLI, Le Fosse Ardeatine, Roma 1945, p. 52.

34 PHAROS, 1945, doc. 143.

35 Cfr in Enciclopedia Italiana, appendice, II, 1039: Germania.

36 E. MEAD EARLE, Creatori della strategia moderna, Princeton 1944, p. 489; cfr. in Enciclopedia Italiana, appendice, I, 699 ss.: Guerra aerea. Il metodo fu già preconizzato tra le due guerre mondiali, quando l’aviazione passava dall’infanzia alla giovinezza, da due italiani, i quali, se avessero saputo che proprio la loro patria sarebbe stata tra le prime a farne la dura esperienza, certamente non avrebbero con tanta spregiudicata baldanza caldeggiato l’uso dell’aviazione in massa sui civili a fin di fiaccare il morale di una nazione.

37 Quel poco che riesce a trapelare tra le nubi della cortina fumogena che avvolge tutto ciò che si fa in Russia, sufficiente per dare un’idea del pacifico lavoro dei colombofili moscoviti. Nel 1950, ai 11.400.000 soldati del blocco occidentale, quello orientale ne poteva opporre 3.770.000, di cui 11.500.000 russi, su 130 divisioni, di cui 30 motorizzate e 30 corazzate, con circa 40.000 carri armati (cfr. Civ. Catt. 1950, III, 105-106; 1951, I, 575-576). Le spese di guerra denunciate da Zverev, attuale ministro delle Finanze dell’U.R.S.S., per il 1950 furono 79,4 miliardi di rubli, pari a circa 10.000 miliardi di lire italiane, che costituivano il 18% di tutte le spese statali; per il 1951 le spese sono state portate a 96,4 miliardi di rubli. Per apprezzare però questi numeri bisogna tener presente col Russkaja myls (Parigi, 18 aprile 1951) 1) che in quel bilancio non rientrano le spese per l’industria aeronautica, per le officine militari, per le ricerche scientifiche belliche (arma atomica), per il mantenimento dell’armata di sicurezza interna (circa 600.000 uomini) ecc.; 2) che i rubli delle spese di guerra sono calcolati a meno di metà del loro valore ordinario; 3) che non rientra nel bilancio la spesa del mantenimento degli eserciti d’occupazione sovietici, cioè del 20% di tutto l’esercito, dislocato in Germania e nell’Europa orientale.